Il
“Saggio” del mese
SETTEMBRE 2025
In molti nostri post
si è data una giusta rilevanza alle tante specifiche problematiche determinate
dall’impetuosa crescita del ruolo della tecnologia in tutti gli ambiti delle
attuali società. Un argomento sempre più difficoltoso da seguire perché la
velocità dei cambiamenti tecnologici è ormai tale da rendere comunque provvisoria
ogni loro valutazione. Lo stesso concetto di progresso che, con non poche
contraddizioni e zone oscure, ha sin qui ispirato l’agire umano sembra ormai
totalmente coincidere unicamente con quello tecnologico considerato, di
conseguenza, sempre e comunque intrinsecamente positivo. Ma è davvero
così? In luogo di una rincorsa, sempre
affannosa e perdente, alle continue mirabolanti novità non è forse il caso di
meglio capire se questo umano affidarsi in toto alla tecnologia sia davvero così
giusto e necessario? Di chiederci cioè quale sia un suo equilibrato ruolo
nell’agire umano? Il Saggio di questo mese si muove in questa direzione
Lo abbiamo scelto
perché, ristampato di recente a ben quarant’anni dalla sua prima pubblicazione
nel 1984 agli albori di quella che è stata poi definita “rivoluzione
tecnologica”, già si poneva queste domande di fondo. E poi per rendere
un giusto omaggio, a dieci anni dalla sua scomparsa, al suo autore sempre capace
di indagare, lucidamente e senza fare sconti, le tante problematiche, questa
compresa, che segnano questa fase della storia umana: Luciano Gallino (1927/2015, torinese, a lungo docente di
sociologia, autore di numerosi saggi in cui ha analizzato a fondo il mondo del
lavoro, della finanza, del capitalismo)
Gallino lo ha quindi
scritto nel 1984, un’era geologica fa rispetto alle incredibili innovazioni
tecnologiche che sono seguite, ma il suo sguardo attento alle trasformazioni
della società non poteva non proporsi di fissare criteri di giudizio critico
utili per valutare un fenomeno che già allora stava profondamente modificando
modi di produrre, relazioni sociali, processi culturali, stili di vita. La
ristampa di questo suo breve saggio ha comunque tenuto conto di questo gap
temporale e lo ha integrato con una interessante prefazione, attenta alle
situazioni in cui si sono fatte più rilevanti le novità nel frattempo
intervenute, affidandola ad un esperto del settore non meno privo di sensibilità
critiche: Juan Carlos De Martin (professore
ordinario di informatica presso il Politecnico di Torino, professore associato
presso le Università di Harvard e Tokio, ideatore e curatore della Biennale
Tecnologia organizzata dal Politecnico di Torino, saggista. Il suo testo “Contro lo smartphone”
ha ispirato la nostra parola del mese di Aprile 2024)
Questa nostra breve
sintesi punta a recuperare innanzitutto le osservazioni di Gallino che hanno
carattere molto dettagliato, tutt’altro che divulgativo, di analisi tecnica
spaziando dal punto di vista sociologico a quello antropologico evolutivo. In
quanto tali non guardano più di tanto agli aspetti dell’attualità
contemporanea, ma indicano concetti e parametri utili per comprendere le
logiche di fondo che, da sempre, ispirano il rapporto tecnologia/individuo e a
salire tecnologia/ società. Le alterneremo con altre, desunte dalla prefazione
di De Martin, più attente alla situazione attuale di tali rapporti e di più
immediata comprensione
==================================
Una riflessione sul rapporto
fra tecnologia e
società richiede, per essere condivisa nei suoi elementi di base, una adeguata
esattezza della loro definizione, quella che Gallino ritiene debba essere
applicata al concetto di tecnologia è la seguente:
….. popolazione di sistemi materiali (tipo un
calcolatore) e non materiali (tipo i programmi usati da quel calcolatore),
derivanti dall’impiego razionale delle conoscenze scientifiche presenti in una
data epoca al fine di risolvere, con la maggiore efficienza relativa, problemi
di produzione, di trasporto, di comunicazione, di cura della persona, di
deposito di risorse, di attacco e di difesa, di protezione dall’ambiente e
dell’ambiente …….
Questa
accurata definizione si oppone ad alcune sue estremizzazioni non condivisibili,
ad esempio non è vera tecnologia la versione che di essa viene data nel campo
della etnologia per comprendere l’insieme delle tecniche materiali usate in una
data società per cacciare, cucinare, coltivare, edificare abitazioni e
fabbricare utensili, allo stesso modo non lo è, venendo ai nostri giorni, la
sua estensione ad includere strutture sociali e culturali che una tecnologia, così
come definita sopra, rende possibili e sostiene (quest’ultimo
aspetto, ritenuto dirimente, verrà in seguito ripreso ed approfondito da
Gallino).
Coerentemente
con quanto precisato in apertura De Martin inizia la sua prefazione
evidenziando come l’attuale pervasività della tecnologia, entrata ormai in
pianta stabile in tutti gli aspetti del vivere umano, renda difficile
riflettere su di essa con il distacco e l’oggettività necessari. Inoltre,
proprio a causa di questa pervasività, attorno alla tecnologia si sono diffusi
luoghi comuni, al limite del mito, quasi mai giustificati, ma comunque tali da
complicare ulteriormente tale riflessione.
Il mito più ricorrente è
quello di aver consegnato alla tecnologia il ruolo di fattore, unico e
determinante, dell’intera idea di progresso umano fino a sovraccaricarla di una
sorta di carattere fideistico, la tecnologia come religione. Mettere in discussione questa sorta di aureola crea, come inevitabile
conseguenza, reazioni di rifiuto preconcetto verso ogni possibile critica e
perplessità.
Un
atteggiamento che si lega strettamente ad una seconda credenza, non meno
radicata e diffusa, quella che la tecnologia in quanto
tale non è né buona né cattiva, eventuali giudizi
etici riguardano tutt’al più gli usi che di essa possono essere fatti, ma non
mettono mai in discussione il suo crescere e perfezionarsi in quanto tale. Vale
a dire che la tecnologia, considerata come data proprio perché sinonimo di
progresso, non può essere messa in alcun modo in discussione, farlo sarebbe
come negare la propensione innata umana al continuo miglioramento.
Non sarà
né buona né cattiva, ma di certo non si può affermare che
la tecnologia sia neutra, da tempo ormai, stanti i così
alti livelli raggiunti, essa è il prodotto di complessi processi organizzativi,
scientifici, economici e politici (che partono
dall’incubazione di una invenzione, alla sua messa a punto, alla sua
ingegnerizzazione, alla sua trasformazione in un prodotto accessibile sul
mercato, ed infine alla sua produzione) ognuno dei quali chiama
in causa protagonisti di vario genere comunque chiaramente identificabili (su questo specifico e determinante aspetto si aprirà, come
si avrà modo di vedere, una diversità di opinione fra Gallino e De Martin).
Il valore
del saggio di Gallino consiste allora secondo De Martin proprio nel ristabilire
la giusta collocazione del giudizio sulla tecnologia e sul suo rapporto con
individuo e società in un contesto più di fondo e di più lungo arco temporale.
L’adozione di
tale definizione porta con sè alcune conseguenti caratteristiche che non di
meno richiedono una lora preliminare condivisione, la prima delle quali
consiste nell’essere un “concetto
esplicitamente neodarwiniano”,
vale a dire un concetto che fa sua la moderna versione di “evoluzione”,
vista come la combinazione di “gradualità” e di “discontinuità”. Un sistema tecnologico è infatti al tempo stesso
un complesso di strumenti, organi, tratti, proprietà e caratteristiche che,
trasmesso nel corso del tempo da una generazione all’altra, da una popolazione
all’altra, conosce sia una graduale modificazione, limitata nella sua essenza e
nelle sue ricadute (microevoluzione), sia improvvise accelerazioni, non
necessariamente connesse alla microevoluzione, tali da implicare comunque una
radicale modifica della precedente tecnologia piuttosto che la creazione di una
del tutto nuova (macroevoluzione).
La relazione
qui indicata tra tecnologia ed evoluzione è rafforzata dall’evidenza del
profondo influsso che la prima ha da sempre avuto sull’evoluzione umana sotto
il profilo sociale e culturale, e non di meno, come la storia dell’evoluzione
umana attesta, persino su quello più strettamente biologico. Tale innegabile e
profondo influsso richiede, per la parte sociale e culturale, uno specifico
approfondimento altrettanto propedeutico.
Nel campo
degli studi sociali di tutto il Novecento sono state davvero molte le
attenzioni rivolte agli “effetti o conseguenze
sociali” della tecnologia, di solito quasi
tutte caratterizzate da preoccupazioni e allarmismi. Ma tutte, positive o
negative che siano, scontano un preoccupante errore di base: quello di
considerare la tecnologia come
un’entità autonoma che prende forma da processi scientifici e tecnici, molto spesso
percepiti come slegati dal generale contesto socio-culturale, i cui effetti
sociali, in precedenza considerati imprevedibili ed imprevisti, vengono percepiti
solo allorquando essa venga concretamente adottata per finalità economiche,
sociali o politiche, quindi cioè solo al
termine di un percorso che sembra essersi snodato autonomamente dal suo
realizzarsi.
Si tratta di
una catena logica che in alcuni casi può in effetti avere una sua validità (si pensi ad esempio alla indubbia
relazione tra sviluppo della tecnologia aeronautica e crescita del turismo di
massa, un fenomeno certo non prevedibile al momento della sua nascita), ma che non regge se
fatta valere per l’insieme sistemico delle relazioni causa ed effetto fra
tecnologia, economia e società.
Non a caso gli studi sociali hanno via via messo a punto altre idee, fra le
altre Gallino ritiene che meriti attenzione soprattutto quella che tecnicamente
viene definita “variabile cinetica”.
Si definisce
tale, in un insieme di elementi e fattori socioeconomici, una variabile che
riesce a provocare, per le proprie caratteristiche, variazioni in tutte le
altre componenti di tale insieme che, pur essendo tra di loro indipendenti, convergono verso un obiettivo comune. L’intero percorso della modernità scientifica,
economica e sociale, occidentale attesta, senza dubbio alcuno, che l’economia di mercato capitalistico abbia rappresentato la variabile cinetica dell’intero
percorso umano essendo concretamente riuscita, seguendo le proprie logiche di calcolabilità costi/benefici e di
razionalità rispetto al fine, ad
influenzare al tempo stesso lo sviluppo della stessa tecnologia ed il conseguente
procedere dell’insieme dei fenomeni sociali e politici (Gallino indica nell’organizzazione del
lavoro l’esempio più calzante in questo senso).
L’idea di
variabile cinetica, proprio sulla base delle sue caratteristiche, si completa
con quella della retroazione
amplificatrice, vale a dire il
fenomeno in base al quale tutti gli elementi messi fra di loro in connessione
dall’influsso della variabile cinetica possono a loro volta sviluppare un circuito di retroazione, ossia di ricadute e sollecitazioni reciproche,
capace amplificare, di aumentare, i rispettivi domini d’azione.
Ed è
esattamente questo che da due secoli sta succedendo: il capitalismo, che domina i rapporti sociali
rendendoli a sé congruenti, potenzia sulla base di calcoli razionali di
costi/benefici, la tecnologia che, a sua volta, allorquando dispiegata sa rafforzare
e diffondere i rapporti capitalistici di produzione.
Nel quadro di
concetti di base che Gallino sta delineando per mettere in luce i meccanismi di
fondo che definiscono il rapporto tra tecnologia e l’insieme delle attività
umane, si aggiunge un’altra considerazione: quanto fin qui evidenziato ha una
evidente valenza macro-strutturale, che investe le categorie ampie delle società
umane, ma la capacità della tecnologia di incidere, all’interno di tale quadro,
sull’insieme generale delle relazioni economiche, sociali e culturali, poggia sulla sua pervasiva capacità di incidere sulla
vita di ogni singolo soggetto sociale, intervenendo sulla sfera delle ordinarie
scelte esistenziali quasi mai compiute
avendo consapevolezza della sua valenza a
formare un livello micro-decisionale di fondamentale importanza.
Questo
indissolubile intreccio tra l’aspetto macro e quello micro è fondamentale per
comprendere il rapporto tra tecnologia e società, per meglio svilupparne
l’approfondimento Gallino chiama in causa un altro determinante concetto base: l’idea
di “coevoluzione”.
Anche in
questo caso non è infatti casuale il richiamo al concetto di evoluzione: non
diversamente da quanto succede per quella biologica (che
pur conoscendo, come si detto in precedenza, decisivi salti improvvisi ed imprevedibili
mantiene sempre e comunque una costante relazione con i processi evolutivi
precedenti e, a maggior ragione, a ricaduta con quelli che seguiranno) che si è realizzata proprio con una strettissima
relazione le modificazioni che hanno riguardato il singolo individuo e quelle
che, conseguentemente. hanno investito l’insieme della popolazione, anche quella dei sistemi tecnologici e
socio-culturali procede, con un analogo intreccio, essendo condizionata dalle
situazioni precedenti e condizionando, a sua volta, quelle successive.
Tutte queste
forme di evoluzione trovano quindi completamento allorquando i fattori,
biologici piuttosto che tecnologici o socio-culturali, si rivelano quelli
vincenti date le condizioni ambientali in cui si
verificano (nel
nostro “Saggio del mese” dello scorso Agosto il biologo evoluzionistico Edward
Wilson ha coniato un efficace slogan per sintetizzare questo snodo: “la mutazione propone
l’ambiente dispone”). L’idea di coevoluzione, in particolare nello specifico della relazione fra
tecnologia, individuo e società, sintetizza esattamente l’interazione di questi processi
ed il loro procedere con reciproche influenze non sempre coordinate e quasi mai
immediatamente percepite nella loro piena valenza
De Martin
condivide convintamente il tipo di approccio proposto da Gallino, in
particolare la sua idea di una tecnologia che evolve in modo analogo a quello
dei sistemi viventi per selezione naturale combinando gradualità e
discontinuità, la sottolineatura della sua errata valutazione come entità a sé
stante misurabile solo in relazione agli effetti sociali che il suo affermarsi ha
comportato, la costante sottovalutazione del suo rapporto, co-evolutivo, con
l’economia di mercato capitalistico
Sulla base di
queste chiavi di lettura, tenendo ferma soprattutto quella della visione
evoluzionistica di lungo periodo, Gallino passa ad approfondire innanzitutto la relazione tra tecnologia ed individuo così come si è consolidata a
partire dalle primordiali ragioni che hanno consentito all’uomo, unico animale (finora) in grado di farlo in modo sistematico, di adottarla.
Una domanda,
relativa proprio a questo aspetto, aiuta ad entrare nel merito di questa lunga
storia: come è stato possibile che l’animale uomo,
del suo privo di particolari doti fisiche ed abilità sensoriali, si sia
affermato come specie vincente su tutte le altre fino a dominare l’intero
pianeta? Una domanda
legittima considerato che l’evoluzione biologica dell’uomo lo ha dotato di un
notevole volume cerebrale, e quindi di straordinarie capacità intellettive, ma
di certo non di particolari doti fisiche tutte decisamente inferiori per molti
aspetti a quelle di molte altre specie.
Per ovviare a
questo deficit nell’incessante lotta per la sopravvivenza, la riproduzione, la creazione di legami
relazionali con i proprio simili,
l’uomo, a differenza di tutti gli altri animali che si muovono per tali scopi
usando il loro bagaglio istintuale (memoria
endosomatica,
memoria incorporata nel corpo),
ha sviluppato, mettendo a frutto queste sue capacità intellettive, una sorta di
memoria esterna (esomatica) capace di raccogliere ed
assemblare in modo sempre più raffinato le informazioni relative al suo
muoversi, per tali scopi, nei vari contesti ambientali: la cultura. In
questo decisivo supplemento di dotazioni utilizzabili nella lotta per la
sopravvivenza della specie va collocato il concreto atto di nascita della
tecnologia:
i sistemi tecnologici
rappresentano, fin dal loro primordiale apparire, la concretizzazione materiale
e pratica di sistemi culturali.
La
strettissima relazione fra questi due ordini di sistemi, quelli tecnologici e
quelli culturali in senso lato, conosce una sottile ma determinante differenza:
nei secondi prevale una componente simbolica, ossia la capacità di racchiudere in una ampia
successione di segni (prima
solo vocali e poi anche scritti)
l’intera formidabile varietà umana di significati, concetti, idee,
rappresentazioni emotive, i primi invece, per essere efficaci, utilizzano una
componente segnale, vale a dire una
calcolata univocità di messaggio che impone al suo veicolo materiale specifici
comportamenti ed utilizzi (la
tecnologia dell’Intelligenza Artificiale potrebbe/dovrebbe rappresentare da
questo punto di vista una svolta rivoluzionaria proprio perché sembrerebbe
essere sviluppabile fino al punto di essere in grado di fare sua anche la
componente simbolica finora in capo al solo uomo).
Ciò significa
che la tecnologia, nata come applicazione della dote intellettuale umana,
conosce per definizioni limiti intrinseci imposti dalla sua limitatezza “epistemologica” (i
suoi margini di conoscenza propria)
che la confinano, strutturalmente, ad essere “strumento” al servizio (con
le forme e le modalità esaminate)
dei sistemi simbolici propri della cultura umana.
L’incredibile varietà
di sistemi tecnologici, per quanto sempre più specializzati ed efficienti,
altro non sono quindi, nella loro ultima essenza, che il prodotto evolutivo di
tale intreccio nascendo in origine in funzione del singolo individuo per
divenire, solo successivamente grazie allo sviluppo di funzioni e valenze, una
componente fondamentale per la sopravvivenza degli interi sistemi sociali.
Il rapporto
tra tecnologia, così intesa, e individuo merita quindi, secondo Gallino, uno
specifico ulteriore approfondimento per mettere meglio a fuoco quali aspetti
biologici, esistenziali e culturali ne abbiano progressivamente determinato la
successiva evoluzione a fattore con valenza sociale.
E’ utile
anticipare prima di entrare nel merito delle considerazioni di questi aspetti,
tutte ritenute da De Martin di grande acume e valore, alcune sue perplessità,
in particolare su tre aspetti tra di loro collegati, di fatto spiegabili con la
straordinaria accelerazione messa in atto dallo sviluppo tecnologico nei
decenni successivi alla stesura di questo saggio avvenuta come già precisato
nel 1984.
La prima concerne
proprio l’idea di Gallino che la crescita dell’incidenza della tecnologia sia
determinata dall’insieme dei comportamenti individuali ritenuti il fattore
dirimente in tal senso. Quanto è successo nei quattro decenni che ci separano
dalla prima pubblicazione del testo di Gallino mette radicalmente in crisi la
sua convinzione, al tempo ancora plausibile, che non esistano poteri in grado di
influenzare, avendo precisi orizzonti collettivi, la direzione dello sviluppo
dei sistemi tecnologici. Quanto si è clamorosamente manifestato in questi
quattro decenni, con la computerizzazione del mondo, l’esplosione della sfera
della Rete, la pervasività di scelte deliberatamente messe in atto da forze
economiche e politiche nel campo della comunicazione di massa, non è più
spiegabile come semplice conseguenza dell’insieme di scelte individuali
Per quanto sia
spesso una scelta non del tutto razionale e consapevole è comunque il singolo individuo che distingue, tra la crescente massa di sistemi tecnologici che
il mercato capitalistico ha esponenzialmente messo a sua disposizione, quelli che percepisce come davvero in grado di
migliorare le proprie condizioni di vita.
Allo stesso modo è innegabile che l’insieme di tali scelte e propensioni si sia
rivelata efficace e vincente, basta pensare all’allungamento della vita media e
al collegato miglioramento delle condizioni materiali di esistenza di gran
parte dell’umanità (quantomeno
di quella che ha pieno accesso a tali sistemi tecnologici). Un dato di fatto al momento così innegabile ed
impattante da spostare verso il futuro l’ipotesi che tali scelte possano non
rivelarsi così efficaci sul lungo periodo generando ricadute mal-adattative, una possibilità da tenere sempre in debito conto
quando si riflette su trasformazioni evolutive di rilevante importanza i cui
effetti possono essere valutati nella loro interezza solo sul lungo periodo
Si situa
in questo passaggio, al quale Gallino non concede in effetti particolare
rilevanza, la seconda perplessità/critica avanzata da De Martin. Per quanto sia
anch’essa in buona misura spiegabile con la mancanza, nel 1984, di evidenze
come quelle emerse, drammaticamente, nei decenni successivi, a suo avviso Gallino
non ha adeguatamente tenuto conto che la potenza dell’impatto delle attività
umane consentita dallo straordinario potenziale tecnologico sugli equilibri
ambientali e climatici fosse ormai in grado di generare ricadute mal-adattative
per la stessa specie umana
Al momento comunque
l’esito congiunto degli effetti dei sistemi tecnologici entrati in uso in tutte
le attività umane (da
quelle agricole, a quelle della velocità di trasporto e conservazione, dal
miglioramento delle condizioni di lavoro all’assistenza medica, dagli standard
igienici all’approvvigionamento idrico, tanto per citarne alcuni) ha consentito non solo l’allungamento della vita
media umana, ma ha modificato in profondità ed in modo diffuso stili di vita,
propensione alla procreazione (le
società tecnologizzate fanno meno figli),
struttura dei nuclei famigliari (l’età
media di un individuo che ha ancora ambedue i genitori viventi è salita dai
circa 20 anni di inizio secolo a quasi 50 anni), rapporto diretto con ambiente e natura (senza la mediazione di sistemi
tecnologici la stragrande maggioranza degli individui non è più in grado di
procurarsi le risorse naturali più semplici come acqua e cibi grezzi).
Restando nella sfera
individuale l’attuale crescita esponenziale di sistemi tecnologici sta inoltre avendo
effetti rilevanti sulla stessa identità personale e sulla sua auto-percezione. La
consapevolezza di sé, vissuta come certezza della propria unicità biologica e
fisiologica sulla quale poggia quella sociale e culturale, acquista una sua
concretezza solo nel rapporto con altri individui (definiti
da Gallino “affini biologici”, quelli parentali, e “affini culturali”, quelli delle varie
comunità di appartenenza) che percepiti
e vissuti nella loro diversità diventano l’indispensabile sfondo su cui
inserire la propria identità in tutte le sue sfaccettature. L’immersione
costante in contesti senza limiti che i sistemi tecnologici consentono sta
diluendo questo rapporto, che fisiologicamente è invece circoscritto a contesti
limitati, fino a divenire una fonte, tanto transitoria quanto sempre in grado
di rinnovarsi, di forme di identità. Si è di fronte ad un
fenomeno, ancora tutto da esplorare, che sta comunque avendo una evidente
influenza sulle modalità di sviluppo delle relazioni sociali diffuse.
A questo preoccupante
fenomeno si associa un ulteriore rischio: che la perdita della
consapevolezza della propria identità apra di fatto la strada ad una sorta di
omogeneizzazione, funzionale a
specifici interessi, creata ad arte grazie al continuo connesso trasferimento di
dati dall’uomo alla macchina. Questa particolare forma di tecnologia sembra
potenzialmente comportarsi come una gigantesca pompa che trasferisce
informazioni ad una parte minoritaria della popolazione sottraendola, non di
rado in modo sotterraneo, alla restante parte maggioritaria.
De Martin
fa sua la preoccupazione di Gallino, ed anzi l’accentua evidenziando come nei
decenni successivi al suo saggio quelle che al tempo si presentavano come
minacciose tendenze si siano concretizzate grazie agli enormi sviluppi delle
tecnologie informatiche che hanno reso possibile la conoscenza capillare di
aggregati umani ad ogni livello, fino alla creazione dei cosiddetti “gemelli digitali” di
straordinario potere conoscitivo, e quindi di pericolosissimo controllo di
massa
Ciò che è
avvenuto nella sfera individuale, così come si è fatto evidente in queste
ultime considerazioni, ha inevitabilmente avuto delle profonde ripercussioni
sul più generale rapporto tra
tecnologia e società. Non esiste infatti
ambito sociale che non sia stato modificato dalla progressiva affermazione di
sistemi tecnologici, l’attenzione di
Gallino si concentra in particolare sulla sfera del lavoro e su quella dei
meccanismi decisionali e delle istituzioni, considerate quelle più importanti per l’insieme degli assetti
sociali.
L’introduzione
di sistemi tecnologici nella produzione di beni e servizi necessari all’uomo è
in quanto tale finalizzata (anche
se non da sempre in modo pienamente consapevole) ad ottimizzare, riducendola ovvero impiegandola al
meglio, la quantità di energia, a partire da quella umana, immessa in essa. Lo
stesso sfruttamento del lavoro salariato è in effetti, se tradotto in termini
di bilancio energetico, la cessione di una parte della propria energia che il
salariato fa a favore di terzi in cambio di altra energia sotto forma di
salario.
La crescente
sostituzione nell’ambito della produzione (fisica
ed intellettuale) dell’energia
ricavata dal lavoro umano con quella ottenuta da sistemi tecnologici dovrebbe
consentire a chi è coinvolto a vario titolo in essa di risparmiare energia
destinandola così ad altri usi ed al tempo stesso a chi detiene i mezzi di
produzione di modificare la composizione dell’energia/lavoro utilizzata a
vantaggio della componente “capitale fisso” (macchinari e sistemi
automatizzati).
Ovviamente intervengono,
a determinare le conseguenze della tecnologizzazione del lavoro, molte altre
variabili in costante cambiamento, ed è quindi questione costantemente irrisolta
una sua completa valutazione. Appare però certa nel rapporto
tecnologia e lavoro la persistenza delle logiche di sistema capitalistiche
della ricerca del massimo profitto, d’altronde,
come evidenziato in precedenza, quelle stesse che hanno ispirato la crescente
introduzione di sistemi tecnologici nella sfera della produzione e
dell’economia in generale.
Allo stesso
modo al momento è puro esercizio teorico immaginare scenari di totale
sostituzione del lavoro umano, una prospettiva che comunque, per essere
pienamente realizzata, implicherebbe l’adozione di sistemi tecnologici in
grado di far creare in modo autonomo macchine da macchine, un’ipotesi tanto fantascientifica quanto foriera
di legittime preoccupazioni sul residuo ruolo dell’uomo sulla Terra.
Buona parte
del dibattito sul tema si articola in definitiva attorno alla discriminante “tempo di vita”,
la possibilità di una significativa riduzione delle ore di vita destinate al
lavoro apre spazi per prospettive che per essere definite imporrebbero un
ripensamento totale dei modi di vivere e di gestione dell’economia e
dell’intera società.
Per entrare
nel merito della relazione fra
tecnologia e cultura, e da qui a ricaduta con democrazia e istituzioni, è utile precisare preliminarmente che con il
termine cultura Gallino intende in questo contesto l’insieme di sistemi
culturali che, in costante trasformazione, sono evoluzionisticamente serviti
all’uomo a creare e consolidare i legami che lo legano ai suoi affini culturali
ed al tempo stesso a marcare le differenze con chi è estraneo a tali sistemi. Questi
sistemi culturali sostengono cioè i tanti “noi” che si sono stratificati nello sviluppo delle
organizzazioni sociali – noi paese, città,
nazione, noi classe sociale, noi religione, noi ideologia, noi modi di vivere – nel loro contrapporsi agli “altri”,
ossia a tutti coloro che sono diversi rispetto ai tanti noi.
I sistemi tecnologici
si collocano esattamente all’interno di questa relazione fra popolazioni e
sistemi culturali per la loro capacità di amplificare, di potenziare i canali
di comunicazione e di condivisione utilizzati per diffondere i contenuti
culturali propri di tali sistemi.
La nascita e
lo sviluppo di tutte le culture sono sempre stati connessi alle modalità di
diffusione e di circolazione di idee, elementi di conoscenza, scoperte
scientifiche e di altri elementi culturali, per il cui successo la progressiva
introduzione di sistemi tecnologici adatti a tale scopo si è rivelata
determinante.
Ciò è valso
anche nella sfera della politica, ossia là dove, all’interno di una
popolazione/comunità più o meno omogenea, si elaborano, si
adottano, si combattono tra di loro sistemi socio-culturali intesi a
strutturare, controllare e regolare il complesso della sua organizzazione
sociale, del suo sistema di potere.
La stessa nascita e diffusione della democrazia rappresentativa è stata frutto
di fermenti culturali che, nella modernità occidentale, hanno potuto conoscere una
loro diffusione sempre più rapida e capillare, grazie ad una tecnologia (in particolare dei trasporti e della
comunicazione) che ha raggiunto
nell’attuale contemporaneità livelli formidabili.
Questo
indiscutibile ruolo positivo dei sistemi tecnologici non è però privo di
aspetti negativi e contraddittori che si sono manifestati in tutta la loro
valenza proprio nell’attuale contesto iper-tecnologizzato, a partire in primis
proprio dalla sfera della politica. Le potenzialità offerte dai sistemi
tecnologici hanno infatti condizionato la definizione di proposte politiche e
la loro diffusione, le modalità,
l’intensità e la capacità attrattiva della comunicazione stanno ormai prevalendo
sulla solidità dei contenuti e sulle modalità della loro condivisione. In un contesto simile l’appartenenza politica, ma
non di meno la valutazione di contenuti culturali e scientifici in senso lato,
si sono fatti labili e provvisori proprio perché troppo condizionati dalle loro
modalità di “confezionamento”.
Non a caso,
restando in campo politico, per supplire a questa evidente fragilità dei
consensi da tempo si stia registrando una regressione verso
strati simbolici più profondi, verso valori ed idee ritenuti più saldi, quali famiglia, patria, religione, generica
solidarietà di classe, in quanto ritenuti al riparo
dalla pressione tecnologica anche se di fatto incapaci da soli di offrire efficaci prospettive di
soluzione delle tante, sempre più complesse, problematiche non di rado create
dallo stesso dominio dei sistemi tecnologici.
E tuttavia è
pur vero che questi tendono ad agire così prepotentemente ed invasivamente come
fattori di omogeneizzazione, di livellamento di linguaggio, di forme di
espressione, e quindi di formazione dello stesso mondo delle idee, da indurre,
come reazione compensatrice, un ritorno
rassicurante ai “noi” consolidati, non
di rado ricorrendo ad una strumentale accentuazione delle linee di separazione,
di differenza, da tutti gli altri stereotipicamente individuati come “inaccettabili diversi”.
L’onda lunga
di questa istintiva reazione colpisce anche la sfera dei rapporti tra Stati
nella quale però, altro aspetto paradossale, le strategie di reazione
all’influenza omogeneizzatrice dei sistemi tecnologici viene affidata allo
sviluppo e alla diffusione della tecnologia militare. Fino a (ri)considerare
plausibile, o quanto meno rientrante nel novero delle opzioni normalmente
praticabili, l’utilizzo di armi di distruzione di massa. Resta pur vero però che se in apparenza è la
tecnologia della guerra a generare simili aberrazioni della razionalità, è la
razionalità umana che ha scelta di far evolvere tale tecnologia.
==================================
Nell’ultima parte di questo suo
saggio Gallino segnala come quanto sin qui evidenziato sul ruolo della
tecnologia nelle vicende umane stia conoscendo, verso la fine del secondo
millennio (è bene sempre ricordare che
questo testo è del 1984), un’accelerazione
tale da sconvolgere i presupposti su cui si era sin qui basato il suo sviluppo.
Un cambiamento radicale sintetizzato nel titolo dell’ultimo capitolo come “L’evoluzione della tecnologia da mezzo a sistema
autotelico” (dal
greco “autos
= sé” e “telos = fine, scopo”, indica un qualcosa che possiede in sé stesso
la finalità ultima del proprio essere).
Tutte le considerazioni svolte
mantengono la loro validità di fondo, ma la dipendenza dell’umanità dalla
tecnologia è divenuta, a causa dell’impressionante sviluppo recentemente
avvenuto, tale da far ritenere una priorità assoluta
il mantenimento degli standard tecnologici raggiunti. In questo contesto a rendere autenticamente
autotelica la tecnologia concorre una sorta di corto circuito in base al quale la sola possibilità per mantenere i livelli
tecnologici raggiunti viene individuata nel loro ulteriore, sempre più invasivo
e perfezionato, implemento. Nuove
popolazioni di sistemi tecnologici vengono continuamente messe a punto generando
una rincorsa senza fine in cui sono di fatto smarrite le logiche di fondo che
hanno da sempre ispirato il rapporto tra tecnologia e società.
Si tratta tuttavia di un
processo che contiene in sé un limite che dovrebbe essere razionalmente
individuato come invalicabile, così definito da Gallino ….. la tecnologia diventa fine a sé stessa, sino a
sopravvivere e riprodursi indipendentemente dal servizio che può rendere alle
popolazioni umane, allorquando ogni suo viluppo inteso a facilitare e
perfezionare i livelli tecnologici già raggiunti non aggiunge più nulla
all’idoneità biologica e culturale da essi già assicurata ed anzi tende a
ridurle ….
Il rischio che a Gallino appare
ormai evidente è che ciò stia ormai già avvenendo e che ….
De Martin
riprende testualmente queste ultime frasi del saggio di Gallino ritenendole
“magistrali” e da condividere convintamente
……. la coevoluzione di biologia e cultura - le cui
limitate oscillazioni in direzione della massima ideoneità biologica o della
massima idoneità culturale hanno finora strutturato la morfologia e le
dinamiche delle società umane con i sistemi tecnologici che operavano
prevalentemente come mezzi asservibili all’uno o all’altro fine e con maggiore
frequenza a una loro combinazione – viene d’ora innanzi resa più complicata e
incerta dall’emancipazione di nuovi sistemi tecnologici. Limitarsi ad
etichettarli come un mero artefatto che uomini hanno generato e altri uomini
possono disfare non basterà per renderle di nuovo servilmente neutrali …..