Il “Saggio” del mese
AGOSTO
2020
Introduzione
……..
Ogni società
umana deve giustificare le sue disuguaglianze ……. E lo fa, in prevalenza, costruendo narrazioni ideologiche
finalizzate a legittimarle. Nella società contemporanea la narrazione
ideologica prevalente è quella neoliberista, “imprenditoriale, proprietarista e
meritocratica”. Sicuramente un passo in avanti rispetto a quelle statutarie e
dispotiche che l’hanno preceduta ma, coniugata com’è alla sua influenza globale
e totalizzante, appare in grado di condizionare pesantemente presente e futuro
dell’intera umanità. La crescita esponenziale delle disuguaglianze fra aree e
paesi, e di quelle interne ad ogni singolo paese, sta peraltro aprendo pericolosi
spazi a miopi reazioni populiste, identitarie e nazionalistiche. Non
diversamente da quanto, in Occidente, è già tragicamente succeduto subito dopo
la Prima Guerra, e con analoghi rischi di una catastrofe mondiale. Occorre quindi
costruire urgentemente una reale alternativa globale sapendo che la lotta per
l’uguaglianza è stata storicamente la fonte del progresso umano e dello stesso
sviluppo economico. E’ quindi necessario costruire una narrazione alternativa
fondata innanzitutto su una conoscenza storica e pluridisciplinare delle
disuguaglianze globali così come si sono sin qui manifestate. E’ questa la
finalità di questo saggio e per meglio coglierla nel seguire la sua lettura P
presenta alcuni indispensabili chiarimenti preliminari:
·
Che cos’è una
ideologia? = P la
intende come un insieme di narrazioni che forniscono un’idea complessiva della
società a cui si rivolgono e che quindi coinvolgono i suoi aspetti sociali,
economici e politici. Come tale è sempre soggetta al confronto ed al conflitto,
che confluiscono in ultima istanza nel regime politico che ne viene
determinato, ossia nell’insieme delle regole che definiscono una comunità, le
modalità con cui si prendono le decisioni, i collegati diritti politici.
Accanto a quello politico l’ideologia determina anche il regime della
proprietà, le regole che la normano, ed i rapporti sociali che ne conseguono,
in particolare il sistema fiscale e quello dell’istruzione. Questi due regimi
sono strettamente connessi ed insieme formano una idea della diseguaglianza connaturata
che l’idea generale che una società ha di sé stessa. A cascata l’ideologia
determina quindi la forma di tutte le istituzioni sociali, private e pubbliche.
·
I confini e
la proprietà = Per completarsi e divenire realtà sociale l’ideologia deve inoltre
fissare i confini della comunità di riferimento, sia territoriali che umani,
chi ne fa quindi parte e chi ne è escluso, ed i rapporti con le altre comunità.
In questo quadro il regime della proprietà stabilisce anche chi e cosa possa
essere posseduto, e le conseguenti tipologie di rapporto contrattuale. La storia ci ha fin qui consegnato tre sostanziali
tipologie di regime della proprietà:
ü quella delle
società “tradizionali” che facevano
rientrare nella proprietà cose e persone e che, conseguentemente, vedevano un
totale coincidenza tra regime politico e regime delle proprietà
ü quella delle
società “ternarie o trifunzionali”, ossia basata su tre ordini politici, una
classe religiosa, una aristocratico-guerriera, ed una plebea dei lavoratori, in
un quadro della proprietà appena meno esplicito di quello precedente, nel quale
il “signore” disponeva in toto della classe dei lavoratori
ü quella della
“società dei proprietari”, sorta in Europa in violenta contrapposizione con
quella precedente, e cresciuta, a partire dalla Rivoluzione industriale, in
modo stabile e diffuso nel XIX secolo, che opera una distinzione tra il diritto
alla proprietà, esteso teoricamente in modo universale, e il regime politico
che perde la sua titolarità proprietaria
P individua nelle forme del “regime
della diseguaglianza” la chiave di lettura del processo di evoluzione di queste
tre forme storiche del diritto di proprietà
·
Prendere sul
serio l’ideologia = Per P la
disuguaglianza, prima ancora che economica, è ideologica e politica. Se non
sono ovviamente accettabili i discorsi conservatori delle èlite che, da sempre,
la presentano come un fenomeno “naturale”, una semplice conseguenza di una
divisione di compiti e ruoli innata nell’umanità, appaiono inadeguati anche quelli
“di sinistra” che, sulla base di errate forzature meccanicistiche del pensiero
marxista, la spiegano come una automatica conseguenza della “struttura
economica”, rendendo così ininfluente la “sovrastruttura” ideologica. E’
evidente, al contrario, che, visto nei suoi presupposti strutturali, uno stesso
regime economico può essere riferito a più ideologie, non di rado fra di loro addirittura
contrapposte. Per togliere spazio a racconti troppo condizionati da schemi di
lettura aprioristici è allora necessario uno studio oggettivo, basato sui
“fatti”, sui “dati”, delle diverse traiettorie storiche delle disuguaglianze.
E’ quanto P intende fare “prendendo sul serio” i presupposti
ideologici che le hanno caratterizzate, a partire da quello che vede in ogni
ideologia, prima del suo divenire un dogmatismo, cieco e sordo per i dati di
fatto, conservatore di status quo ormai realizzato, la proiezione ideale di società
con una sua innovativa idea di disuguaglianza. Il progresso storico in fondo è
sempre stato determinato dal continuo evolvere e confliggere di idee diverse
della disuguaglianza. E non a caso occorre allora avere coscienza che anche gli
pur indispensabili “dati”, i “fatti” storici”, sono a loro volta il risultato
di una serie di interazioni così complesse da rendere problematica la loro stessa
definizione di “oggettivi”.
·
Apprendimento
collettivo e scienze sociali = La costruzione di una ideologia, di una visione della società in
grado di spiegarne le disuguaglianze, è un percorso lungo ed articolato in cui,
accanto al mondo delle idee, delle teorie sociali e politiche, gioca un ruolo
centrale un percorso comunitario, fatto di esperienze spesso anche
conflittuali, che ha le caratteristiche di un collettivo “processo di
apprendimento”. Questo processo non è mai del tutto lineare ed anzi presenta
quasi sempre non poche contraddizioni: accanto ad una parte di razionalità non
è ad esempio privo di componenti emotive, di rappresentazioni grossolane e interessate,
di una memoria collettiva facilmente suggestionabile, del peso casuale di
fattori tanto imprevedibili quanto decisivi. Non è facile districarsi in questo
insieme di componenti, ed è qui che le scienze sociali possono giocare il loro
ruolo, mettendo scientificamente a confronto esperienze e culture diverse,
individuando sulla base di riscontri il più possibile oggettivi le dinamiche
che di più hanno portato al definirsi di una ideologia e al concretizzarsi di
un sistema sociale da essa ispirato
·
Le fonti
utilizzate = Animato da questo spirito P precisa
che sono due le categorie di fonti storiche utilizzate: quelle relative
all’evoluzione delle disuguaglianze e quelle relative alla trasformazione delle
ideologie. Per le prime, in aggiunta al consistente lavoro già alla base del
“Capitale nel XXI secolo”, è stata in particolare utilizzata la
straordinaria raccolta di dati, presentata nel 2018, fatta dal World Inequality
Database (WID), un progetto pluriannuale che ha coinvolto più di cento
ricercatori in ottanta paesi di tutto il mondo, e che ha fra l’altro recuperato
diversi notevoli lavori precedenti. Esiste
inevitabilmente una diversità di valore della documentazione raccolta: in
alcuni paesi, quelli più ricchi di archivi storici, è stato possibile risalire
a due/tre secoli addietro, in altri la memoria storica è meno estesa
temporalmente. Inoltre in alcuni paesi, quelli con regimi politici non
definibili democratici, non è stato concesso l’accesso a tutte le fonti
necessarie a formare un quadro organico e completo. Complessivamente però il
database generale ottenuto è di notevole valore ed ampiezza, tale da sopperire anche
al limite, oggettivamente presente nel “Capitale nel XXI secolo”, di uno
sguardo troppo limitato all’ “Occidente”. Per quanto concerne le dinamiche
ideologiche le fonti utilizzate sono molto diversificate. Accanto a quelle
“classiche” quali: documentazioni politiche, istituzionali, di stampa, testi
vescovili, saggi teorici, trattati storici, risultati elettorali e loro
analisi, ancora una volta, come per il “Capitale nel XXI secolo”, avrà spazio
la “letteratura”. In molti romanzi, nelle vicende individuali e collettive
raccontate, emerge con limpidezza il racconto dei rapporti di potere, delle
relazioni fra i gruppi sociali, delle idee di nazione e delle opinioni degli
altri paesi, della costruzione delle identità di ceto e di genere, dei valori
etici e religiosi, e quindi di tutte le varie componenti che concorrono a formare
una ideologia.
·
Il progresso,
il ritorno delle disuguaglianze, la complessità del mondo = Iniziando ad
entrare nel vivo della materia P , in coerente ricaduta delle premesse fatte,
delinea un primo quadro storico complessivo degli ultimi secoli, quelli della “modernità”,
entro il quale dovranno essere collocate le valutazioni più specifiche sulla
evoluzione delle disuguaglianze globali. Ed è un quadro, già preceduto da una positiva evoluzione, che è indubbiamente
caratterizzato da un “progresso generale” esteso e consistente. Lo evidenziano
due grafici relativi a due aspetti fondamentali: l’evoluzione della salute
(aspettativa di vita in anni) e dell’istruzione (percentuale di alfabetizzati)
nel mondo dal 1820 ad oggi, e l’aumento del reddito medio mondiale dal 1700 ad
oggi:
Grafico 1
Grafico 2
Come tutti i dati aggregati di ampia scala anche questi contengono
al loro interno una grandissima varietà di situazioni, resta tuttavia impressionante
la crescita del valore medio: nel mondo negli ultimi duecento anni la speranza
di vita alla nascita è passata dai 25 anni nel 1820 ai 72 anni nel 2020 e il
tasso di alfabetizzazione dal 12% del 1820 all’85% del 2020. Per la curva del
reddito medio, ovviamente calcolata sulla base dei dati disponibili che per
alcune parti del mondo, quelle più povere, sono molto aleatori mentre in altre,
quelle più ricche, sono decisamente più affidabili, è comunque possibile
ricostruire un costante trend a crescere già a partire dal 1700 ed un
significativo balzo nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale. E’
persino superfluo ricordare che le evidenze storiche raccontano un percorso
tutt’altro che lineare, ambedue questi processi di crescita, se frazionati per
aree e per specifici momenti, non presenterebbero curve così linearmente
progressive. Guerre, carestie, crisi economiche sono, purtroppo, una costante
nella storia dell’umanità, ma è altrettanto vero che mai in precedenza, in
tutta la storia dell’umanità, si era verificato un progresso così consistente,
tale persino da imporre i ben conosciuti gravissimi problemi di sostenibilità,
ambientale ed economico/sociale.
·
Il ritorno
delle disuguaglianze, primi dati = I dati raccolti, come si avrà modo
di vedere nel vivo del saggio, dimostrano che questo progresso, in particolare nella
parte del mondo più interessata dalla “modernità”, è stato anche accompagnato,
lentamente ma costantemente, e con un significativo incremento nel corso di
buona parte del Novecento, da una diminuzione delle disuguaglianze. Dal 1980 questo
trend sembra però essersi prima arrestato e poi invertito. Anticipando le
successive analisi di dettaglio, P lo evidenzia in questa introduzione utilizzando un grafico che,
scomposto per singole aree, quelle in qualche modo più rappresentative della
situazione globale, fotografa la quota parte in percentuale della ricchezza
prodotta in queste aree appannaggio del “decile superiore”, ossia del dieci per
cento più ricco della popolazione:
Grafico 3
- E’ facilmente rilevabile, a partire per l’appunto dal 1980, la costante crescita della parte di ricchezza in quota al decile superiore: in una prima fase con un dato medio ancora relativamente contenuto, attorno al 30% - 35%, ma poi con un evidente salto, a partire dal 1990, fino ad un quota che varia dal 40% al 55%. Si può inoltre notare che la crescita è stata maggiore negli USA rispetto all’Europa, l’area più stabile, e molto di più in India che in Cina. Si dimostra inoltre che, fatte salve queste significative differenze che costituiranno materia di approfondimento, la crescita della disuguaglianza ha interessato tutte le aree indipendentemente dal loro regime politico. Un altro grafico, sempre relativo alla percentuale di ricchezza posseduta dal decile superiore ma circoscritto al 2018, che in aggiunta a quelle precedenti prende in considerazione altre aree mondiali, consente una seconda importante considerazione
Grafico 4
- P anticipa, guardando a questi dati, l’impressione, rafforzata nel corso del saggio, che la crescita della disuguaglianza nelle quattro aree prese in esame in ambedue i grafici sembra poter essere spiegata con l’incidenza di fattori “moderni”, ossia di variazioni determinate da elementi sorti nella contingenza contemporanea. Mentre invece il livello di disuguaglianza, decisamente più alto, delle altre regioni prese in esame, con l’inclusione dell’India, sembra essere spiegabile, in aggiunta a quelli “moderni”, anche per l’incidenza di fattori “storici”, ossia per il protrarsi di condizioni sociali ed economiche storicamente già caratterizzate da alti livelli di disuguaglianza. Questa constatazione è la premessa fondamentale per una delle caratteristiche fondamentali del saggio: la necessità di analizzare la disuguaglianza in tutte le sue storiche manifestazioni con una sguardo quindi non ristretto alla contemporaneità, ma con una “visione a lungo termine”. Vale comunque la pena di considerare, già in questo primissimo approccio dell’Introduzione, il contesto globale contemporaneo in cui si sono manifestati questi fattori “moderni”.
- Il grafico a forma di elefante: discutere serenamente sulla globalizzazione = Ed è ovviamente la “globalizzazione”, economica e finanziaria, questo contesto contemporaneo. La relazione molto stretta fra disuguaglianze e globalizzazione è dato accettato da tutti, diverso è però il giudizio critico: per alcuni, i sostenitori della “bontà della globalizzazione”, prevale il suo merito di aver comunque contribuito al miglioramento delle condizioni di vita di vaste aree dei paesi più poveri, per altri, i suoi contestatori, essa è invece la causa prima della crescita delle disuguaglianze. Nel proseguo del saggio verranno ovviamente analizzate nel dettaglio le singole specifiche situazioni che, con caratteristiche non poco diversificate, compongono il quadro dei mutamenti della struttura economica globale che vanno sotto il nome di globalizzazione, per intanto P prova a dirimere questo contrasto sulla base di un apposito grafico che riassume la distribuzione della ricchezza globale prodotta nel periodo 1980-2018 fra i diversi centili (popolazione ripartita in base alla ricchezza posseduta con unità di misura cento, dieci centili formano quindi un decile) della popolazione mondiale, vale a dire una sorta di “riassunto” generale della disuguaglianza negli anni della globalizzazione:
Grafico 5
Se la distribuzione della ricchezza mondiale prodotta nel periodo
1980-2018 fosse stata perfettamente equilibrata la curva del grafico (chiamato dagli addetti ai lavori “ad elefante”) sarebbe stata una retta piatta (“la marea che fa salire tutte le barche” citata dai teorici
neoliberisti), al contrario la sua forma dimostra che, se sono stati
“relativamente” premiati i quaranta/cinquanta centili più poveri, è stato
“fortissimamente” premiato il centile superiore, quello già più ricco, e che
sono stati di fatto ignorati dalla crescita mondiale i centili dal 50 al 90. Le
due affermazioni citate in precedenza risultano quindi, per certi versi,
ambedue esatte: da una parte la globalizzazione ha spalmato sulla metà più
povera della popolazione mondiale un significativo 12% della ricchezza prodotta
nel periodo 1980-2018, ma al tempo stesso ne ha consegnato quasi il trenta per
cento all’uno per cento già più ricco. Gli strati sociali più penalizzati nel
periodo in esame sono stati indubbiamente i cosiddetti “ceti medi” globali per
i quali la pur rilevante quota di ricchezza a loro in capo, pari al 61%, non ha
goduto, come dimostrato dalla curva, di un miglioramento delle condizioni di
partenza rimaste relativamente stabili attorno ad una percentuale media attorno
al 45% (linea delle curva pressoché piatta).
Difficile comunque negare l’evidenza della crescita delle disuguaglianze
all’interno di un quadro globale di crescita complessiva della ricchezza, ma
questi dati, seppure già significativi, non chiudono il dibattito, la domanda
resta quella di sapere fino a che punto è ammissibile giustificare la crescita
dei redditi al vertice con gli eventuali benefici che, come sostenuto dai
teorici neoliberisti, a ricaduta dovrebbero interessare tutto il resto della
società.
· Imparare dalla storia, imparare dal XX secolo: Una domanda che a maggior ragione si impone considerando la traiettoria delle disuguaglianze che si era già consolidata nel periodo precedente la globalizzazione. Se, come già evidenziato, scopo del saggio sarà quello di collocare la storia delle disuguaglianze e delle ideologie che le sostengono in una prospettiva di lungo periodo, alcuni dati possono per intanto dare una significativa idea di quanto si è concretamente verificato nelle tre aree economicamente più avanzate in tutto lo scorso secolo:
Grafico 6
In queste tre aree economiche la curva delle disuguaglianze,
rappresentata dalla quota di ricchezza detenuta dal decile superiore, parte da
valori molto alti (dal 42% al 50%), conosce una significativa diminuzione per buona
parte del secolo e, come si è già visto in precedenza, riprende a salire in
modo consistente, con la sola Europa che si mantiene ancora al di sotto del
valore di inizio Novecento, mentre il Giappone di fatto lo recupera e gli USA
addirittura lo superano. Questi processi di contrazione e ripresa delle
disuguaglianze sono per P esemplari in quanto consentono, come si avrà modo di analizzare
in dettaglio nel saggio, di cogliere le eredità dei sistemi socio-economici che
li hanno preceduti, ma anche di alcuni decisivi fattori esterni. Nel caso
specifico il peso dei due conflitti mondiali, dei cambiamenti in campo fiscale,
sociale e legale, che spiega la forte riduzione intervenuta da inizio secolo
fino a buona parte del secondo dopoguerra, ed anche il ruolo di quelli
successivi alla base della forte ripresa della disuguaglianza. Dietro a tutti
questi fenomeni è poi possibile cogliere, scopo centrale del saggio, la forte
presenza di elementi ideologici in grado di spiegare sia le svolte riduttive
sia quelle di rilancio delle differenze.
Difficile sostenere l’esistenza di processi di superamento delle
disuguaglianze quando, come nel caso rappresentato nel grafico, l’accesso a
percorsi di istruzione di alto livello, possibile viatico per un avanzamento
sociale, è fortemente legato (solo il 31%
dei figli del decile più povero accede all’Università, e non a quelle più
prestigiose, mentre, con una curva a salire costantemente progressiva, lo
possono fare il 96% del decile superiore) al reddito delle famiglie. Il
fenomeno, denominato da P di “glaciazione ideologica”, di congelamento di gran parte dei
fattori che bloccavano ad inizio secolo scorso l’avanzamento sociale, il quale
è infatti significativamente cresciuto per gran parte del Novecento, si è di
fatto interrotto e capovolto, come si è visto a partire dagli anni Ottanta. Quello
dell’accesso ai livelli più titoli di studio è solo uno dei tanti aspetti che,
esaminati nel saggio, concorrono concretamente a definire il rapporto
disuguaglianza/ideologia.
·
Il ritorno
delle élite multiple e le difficoltà di una coalizione egualitaria = Su questo rapporto incide notevolmente
anche il dato politico della capacità dei partiti, e delle loro coalizioni, di
incidere su di esso grazie ai consensi elettorali ottenuti. E’ evidente che può
rappresentare una importante svolta egualitaria la salita al potere di un
partito, o di una coalizione, che si pone l’obiettivo di ridurre il livello di
disuguaglianza, essendo espressione di una ideologia che si muove in tale
direzione, come ad esempio, fatta la dovuta tara ai molti limiti,
contraddizioni, incongruenza, errori fisiologici, è stato per le coalizioni
europee a vocazione socialdemocratica ed il Partito Democratico statunitense.
L’analisi dettagliata dei flussi elettorali europei e statunitensi evidenzierà
però la necessità di capire l’incidenza di una svolta che, per entrambi questi
due soggetti politici, è avvenuta a partire dagli anni Ottanta: vale a dire il sostanziale
passaggio da un elettorato di riferimento poco scolarizzato e molto penalizzato
sul piano delle disuguaglianze ad uno con un livello di istruzione e di reddito
più alti in un quadro che vedeva allentarsi, soprattutto in Europa, il legame con
determinate ideologie, una composizione di classe meno rigorosamente definita, ed
una crescente disaffezione alla partecipazione politica attiva ed allo stesso
voto . P definisce
questa nuova struttura del conflitto politico come un sistema di “élite
multiple” in cui il legame di classe ha perso, per i partiti sia di destra che
di sinistra, buona parte delle sue caratteristiche “storiche”. Gli stessi due fenomeni correlati del
populismo e dell’elitismo vanno, a suo avviso, collocati e analizzati in questo
contesto, che ha, aspetto tutt’altro che secondario, inciso in modo concreto sulle
politiche economiche, fiscali, sociali in genere, che determinano il livello reale
di disuguaglianza.
·
La complessa
diversità del mondo: l’indispensabile passaggio per il lungo termine e al
corretto rapporto tra linguaggio naturale e linguaggio matematico = Dall’’insieme di queste considerazioni introduttive P ribadisce l’evidenza
che lo studio attento delle disuguaglianze, e del loro intreccio con le
ideologie che, dopo aver contribuito a crearle, sono state di loro
giustificazione, richiede uno sguardo storico di lungo termine. Mai come in
questo caso le caratteristiche di una determinata fase dell’evoluzione storica
possono essere colte al meglio solo avendo piena nozione di quelle che l’hanno
preceduta, condizione sine qua non per essere la base indispensabile per immaginare
e costruire percorsi futuri. P ritiene infine necessaria una seconda premessa metodologica
legata al tipo di “linguaggio” che utilizzerà nel corso del saggio. Ogni
valutazione, ogni considerazione sarà il più possibile presentata con un
“linguaggio naturale”, senza ricorrere più di tanto a terminologie tecniche,
ma, al tempo stesso, affiancandolo con un “linguaggio matematico” (serie
statistiche, grafici, tabelle, etc.) indispensabile per cogliere al meglio la reale consistenza dei
fenomeni storici esaminati, i loro ordini di grandezza ed il loro essere base,
pressoché unica, per mettere a confronto società e fasi storiche differenti.
Senza dimenticare che, se questi stessi dati sono stati al tempo fonte e
modalità di articolazione delle varie forme storiche di disuguaglianza, saranno
ancora e sempre la base indispensabile per quelle future.
Struttura
del libro = Il saggio si divide in quattro parti e diciassette capitoli:
Parte prima: I
regimi delle disuguaglianze nella storia
Ø Capitolo
1 = le società ternarie o trifunzionali (clero, nobiltà, terzo Stato)
Ø Capitolo
2 = il loro percorso storico nello specifico europeo
Ø Capitolo
3 = il sorgere della “società dei proprietari”
Ø Capitolo
4 = il caso emblematico della Francia del XIX secolo
Ø Capitolo
5 = la transizione nel resto dell’Europa dalle prime alle seconde
Parte seconda: Le
società schiaviste e coloniali
Ø Capitolo
6 = le società schiaviste
Ø Capitolo
7 = le società post schiaviste coloniali
Ø Capitolo
8 = intreccio fra le società trifunzionali extra europee e quelle coloniali, il
caso dell’India
Ø Capitolo
9 = idem, le altre situazioni euro asiatiche
Parte terza: La
grande trasformazione del XX secolo
Ø Capitolo
10 = la caduta delle società proprietaristiche
Ø Capitolo
11 = le conquiste ed i limiti delle società socialdemocratiche
Ø Capitolo
12 = le società comuniste e post comuniste
Ø Capitolo
13 = l’attuale regime iper-capitalistico
Parte quarta: Rivedere
le dimensioni del conflitto politico (evoluzione della struttura socioeconomica
degli elettorati)
Ø Capitolo
14 = la nascita e la scomparsa di coalizioni egualitarie
Ø Capitolo
15 = la situazione specifica degli USA e del Regno Unito
Ø Capitolo
16 = le altre situazioni nel mondo
Ø Capitolo
17 = gli insegnamenti che se ne possono trarre
Parte quinta: Conclusioni