martedì 20 gennaio 2015

Islam e fascismo

……la carneficina di Parigi è il nostro 11 Settembre ed i terroristi che l’hanno eseguita l’incarnazione del fascismo islamico, una deriva che sin dagli inizi fa parte dell’Islam……
Con queste parole si apre una breve intervista della rivista L’Espresso ad Hamed Abdel-Samad, politologo e storico tedesco nato al Cairo, figlio di un iman sunnita, sostenitore di tesi estreme e controverse sul fondamentalismo islamico che gli hanno valso una fatwa negativa dell’Università Al-Azhar del Cairo e la condanna a morte da parte di un gruppo estremistico egiziano. Seguono alcune parti di questa intervista che contiene affermazioni di forte impatto, maturate da un punto di vista “interno” all’Islam, da valutare con giusta cautela ma comunque utili per considerare l’estremismo islamico da una diversa angolazione

martedì 13 gennaio 2015


Le stragi e noi

Quando ci siamo costituiti, nel 2011, abbiamo formalizzato la nostra volontà di dar vita ad una associazione culturale che avesse come obiettivo quello di intercettare alcuni elementi, di volta in volta ritenuti rilevanti, per sottoporli ad una analisi più approfondita e a riflessioni condivise al fine di dotarci di più adeguate chiavi di lettura del nostro tempo.

Volevamo allora, e vogliamo ora, assolvere ad un compito non solo intellettuale ma anche di cittadinanza, in modo da concorrere, pur nel nostro piccolo, a scelte più informate e consapevoli.

Lo stesso nome che l’associazione ha avuto in dote, CircolarMente (di chiara matrice illuministica), esprime la volontà esplicita di mettere in circolo sia le conoscenze acquisite sia le riflessioni per farne, nel rispetto delle differenze, patrimonio comune.

I tragici avvenimenti accaduti in Francia ci hanno interrogato rispetto alla necessità di metter mano alle questioni che rimandano da una parte alle motivazioni delle stragi e dall’altra alle ragioni della potente reazione dei manifestanti di domenica 11 gennaio, che non solo hanno preso la parola contro la barbarie dell’intolleranza e dell’antisemitismo, ma sono intervenuti a favore di una certa idea di Europa repubblicana e democratica che deve ripartire da quello slancio, ma non può esaurirsi in esso.

Queste riflessioni ci hanno indotto ad attivare in prima battuta questo spazio sul blog per passare successivamente ad interventi di approfondimento più mirati.

Di fronte alle immagini che si sono rincorse sugli schermi di una vera e propria azione militare, mirata palesemente ad uccidere, tutti siamo rimasti sgomenti. Eravamo stati purtroppo testimoni in Europa degli attentati di Madrid e di Londra, ma mai avevamo assisto ad una scena di vera e propria guerriglia urbana peraltro compiuta da persone che proprio in Francia avevano compiuto un percorso educativo e di cittadinanza.
Le domande che si sono affollate nella mente sono state tante:
  • Come è stato possibile il fallimento dell’educazione che in Francia tanta parte ha sempre avuto nell’integrazione?
  • Tale fallimento è un fatto limitato o un fenomeno generazionale?
  • Quali avvertimenti sono stati sottovalutati?
  • Le motivazioni sottostanti sono di ordine culturale/religioso o di tipo socio/economico?
  • Quanto ha contato la crisi dell’Europa in questo processo? Se la crisi impatta con queste modalità su una parte degli immigrati di fede islamica, alla ricerca di facili soluzioni, dovremmo assistere ad un processo speculare tra le fasce più deboli della popolazione europea?
  • Quali volti avranno tali reazioni? Islamismo radicale e islamofobia sono due facce della medesima medaglia?
Di fronte ai cittadini che domenica hanno sfilato compostamente, ma con determinazione, a Parigi e in altre città del globo, abbiamo pensato che al di fuori degli schemi riduttivi un altro mondo fosse possibile. Quei cittadini ci dicevano che erano pronti a difendere una società in cui la libertà di religione e di opinione (indipendentemente dall’adesione o meno dei contenuti espressi) fossero un diritto universalmente garantito. 
 
La piazza che abbiamo visto è l’erede di Voltaire, dell’illuminismo, delle libertà repubblicane e delle successive conquiste democratiche e quello slancio pensiamo che debba essere intercettato ad ogni livello e usato per interrogarci, in questo snodo cruciale per l’Europa, sul mondo che vogliamo e che possiamo legittimamente sperare.

Il primo ministro francese ha detto: ”Non lasciamo svanire lo spirito dell’11 gennaio”. Cogliamo, nel nostro piccolo, l’invito e ci domandiamo se non sia giunto il momento di interrogarci sulla necessità di un nuovo progetto di società democratica e multietnica adeguata al tempo della globalizzazione che non sia solo un condominio di convivenze parallele.

In questo spirito quindi vi invito a partecipare al dibattito interno al blog che ci aiuterà a calibrare le domande e a scegliere gli argomenti che saranno in più di un'occasione oggetto di approfondimento.

                                               La presidente dell'associazione 
                                                       Massima Bercetti


giovedì 8 gennaio 2015

Il Capitale nel XXI secolo


“Il capitale nel XXI secolo”
di Thomas Piketty.

 
Sono due i testi, pubblicati negli ultimi anni, da molti considerati fondamentali per una lettura “da sinistra” della situazione sociale, economica e politica mondiale: “La nuova ragione del mondo” di Pierre Dardot & Christian Laval e “Il capitale nel XXI secolo” di Thomas Piketty.
Del primo è presente in questo nostro blog di Circolarmente/Agorà una sintesi, del secondo ci si limita ad offrire una presentazione in quanto, a dispetto della mole (novecento e più pagine, e non sono presenti nell’edizione italiana di Bompiani gli allegati tecnici)  e della sua apparente veste di testo tecnico è, a differenza de “La nuova ragione del mondo”,  libro di scorrevole lettura ricco di spunti di riflessione e di collegamenti letterari (ad es. Honorè de Balzac, Jane Austen,  Henry James).

martedì 6 gennaio 2015

A proposito di demografia (e di istruzione)


A proposito di demografia (e di istruzione)

(da un articolo di Federico Fubini – La Repubblica del 06/01/2015)

 
Alcuni dati:
· nel 2050, o anche prima, la popolazione francese, a seguito di specifiche politiche di incremento demografico adottate nel secondo dopoguerra, supererà quella tedesca, 77 milioni la prima – 71 la seconda
· a quella data in Germania, ed in Italia, ad ogni cento persone in età di lavoro corrisponderanno quasi settanta pensionati
· sempre attorno al 2050 la Germania avrà perso tredici milioni di lavoratori autoctoni, l’Italia circa dieci milioni
· nell’arco di un secolo, se nulla cambia, il Giappone scenderà dagli attuali centoventi milioni di abitanti a poco più di quaranta
· in Italia nel 2014 sono nati 70.000 bimbi in meno rispetto al 2008
· uno studio recente ha accertato che bimbi in età scolare figli di disoccupati ascoltano circa 3 milioni di parole l’anno, figli di lavoratori in mestieri non qualificati 6 milioni, figli di lavoratori laureati 11 milioni
· in Germania ha una laurea il 26% di residenti stranieri, in Francia il 22%, in Italia il 14%, in Inghilterra i laureati sono il 24% della popolazione inglese, quelli stranieri il 42%; i flussi immigratori si dirigono verso i paesi di destinazione in modo coerente con il loro grado di istruzione, i laureati vanno nei paesi con più laureati, i poco istruiti nei paesi con scarsa media di istruzione, non è quindi un dato strano quello italiano
Alcune politiche di gestione del problema:
· la Germania per consentire di gestire la situazione demografica del 2050 punta ad avere lavoratori di altissima qualità professionale in grado di gestire produzioni di alta fascia; per fare ciò sta attuando una politica dell’istruzione che, con il coinvolgimento attivo di Università, centri di formazione, industrie, mira a ottimizzare il livello di preparazione dei futuri lavoratori mediante programmi scolastici di alto livello fin dalla prima infanzia
· In Italia, guarda caso, non esiste nulla in questo senso, anzi sulla qualità dell’istruzione ben poco si investe, eppure il nostro paese è fra quelli con il maggior tasso di invecchiamento della popolazione

venerdì 2 gennaio 2015

"Come cavalli che dormono in piedi" - libro di Paolo Rumiz


 


"Come cavalli che dormono in piedi"
di  Paolo Rumiz

“Perché proprio qui e ora, in viaggio verso l’alba, inseguito dalla notte di novembre, alla vigilia dei giorni dei Morti, ritrovo la pienezza del mito di Europa, la terra del tramonto dove i popoli si ammassano e non esiste alternativa fra il massacro e la coabitazione?”

Nell’agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l’Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che “prima che le foglie cadano” il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando come un’epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell’oblio, schiacciato dall’epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell’Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina.
Alla celebrazione Rumiz contrappone l’evocazione di quelle figure ancestrali, in un’omerica discesa nell’Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà – la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L’Europa è lì, sembra suggerire l’autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un’unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.
                     
                                                  

giovedì 1 gennaio 2015

LA PAROLA DEL MESE - GENNAIO 2015

LA PAROLA DEL MESE 

A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni.
                
                        GENNAIO 2015


Meritocrazia =

Concezione secondo la quale ogni riconoscimento (ricchezza, successo negli affari, scuola, lavoro, politica) è commisurato al merito individuale; termine formato dalla somma di merito (diritto alla lode, alla stima, a ricompense, dovute per la qualità, la capacità, le opere concrete di una persona) e crazia (potere, governo, dominio). Nella sua accezione più politica sta ad indicare una forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo e in senso allargato clientelismo) o di casta economica (oligarchia).