domenica 15 maggio 2022

Commento al "Saggio" del mese (sintesi dello studio Hagens) di Gianni Colombo

 

Come anticipato in calce al precedente post del “Saggio” del mese, (che potete leggere prima di questo post scorrendo in basso) contenente la sintesi dello studio Hagens sulle prospettive del rapporto crescita economica ed energetica pubblichiamo il collegato commento (non inseribile, per la sua lunghezza, come tale negli spazi consentiti ai commenti) del nostro socio e collaboratore Gianni Colombo. In effetti è grazie alla sua costante attenzione a queste problematiche che è stato possibile individuare lo studio Hagens (reperibile in Rete nella originale versione in inglese). In questo suo contributo Gianni Colombo ne riprende, evidenziandoli, i passaggi più significativi

Hagens, un contributo essenziale

L’articolo di Hagens sui meccanismi delle sostenibilità appartiene, per completezza e precisione documentale, al poco popolato universo dei contributi scientifici che trattano concetti complessi con parole sufficientemente semplici, evitando formalizzazioni matematiche (che spesso nulla aggiungono a quanto si può spiegare nel linguaggio naturale). Hagens completa questo sforzo di chiarezza scientifica trattando aspetti di natura etico-sociale e dimostrando come la trasformazione della struttura sociale secondo criteri di giustizia, sia lo strumento decisivo per realizzare la stabilità ecologica. La completezza dell’articolo è annunciata nel titolo. L’Autore parla di un Superorganismo avanzando implicitamente l’ipotesi che i vari processi analizzati appartengano ad un unico sistema planetario che in qualche modo vive delle interazioni tra le sue componenti. Il problema nasce dal fatto che il Superorganismo, e lasciato a sé stesso non è in grado di riformarsi. Il modo per interrompere la sua voracità è intervenire coscientemente e razionalmente al suo superamento. L’esame della situazione planetaria è impietoso. La breve storia de genere umano a partire dal periodo agricolo aiuta a comprendere come le pulsioni attuali riproducano soltanto in parte il meccanismo risorse-surplus produttivo-civilizzazione. Alcune attitudini del genere umano rimangono invariate, come la tendenza ad avere sempre più beni, a pensare di più all’oggi che al futuro, a prediligere il bene individuale o del proprio gruppo: io prima di noi, noi prima di loro. Così come inalterata rimane la funzione dell’energia nello sviluppo umano. Tuttavia, soltanto nell’ultimo secolo, l’energia fossile (e non la sola energia solare) è diventata la fonte primaria di sviluppo, offrendo alla capacità di trasformazione potenzialità enormi. Così, sempre di più il valore prodotto dalla società dipende da un’energia che si è accumulata per milioni di anni e che viene spesa nell’arco di pochi decenni. Fin qui niente di nuovo, ma l’Autore parte proprio dall’energia per sviluppare il tema centrale del suo massaggio, che riguarda la nascita della leva finanziaria. L’intreccio più importante è infatti quello tra energia e prodotto interno lordo (PIL): le due grandezze crescono assieme ormai da molti anni. Tuttavia, lo sfruttamento delle materie fossili fa sì che il loro reperimento sia sempre più difficile, disperso e inefficiente, quindi sempre più costoso. Questa tendenza minaccia la crescita, che non può permettersi costi elevati dell’energia. Ecco allora che interviene una risorsa apparentemente immateriale: il credito. I Paesi si stanno indebitando per sostenere una crescita dell’economia che altrimenti non sarebbe possibile. L’energia come fonte essenziale dello sviluppo opera attraverso la tecnologia che per un verso ne razionalizza l’uso, ma per l’altro genera condizioni sempre più energivore. se la tecnologia si limitasse al ruolo razionalizzante, non si registrerebbe il continuo aumento della domanda energetica (ma si avrebbe, in questo sistema, un aumento continuo della disoccupazione). Soltanto l’indebitamento crescente è riuscito per ora a salvare il sogno originario di una crescita infinita dell’economia (e degli attuali livelli di consumo dell’Occidente). Ma creare debito significa prendere a prestito energia dal futuro perché il debito crescente accelera l’esaurimento dei beni naturali. Ecco come una risorsa immateriale (il denaro preso a prestito) subisce una metamorfosi e genera un impatto fisico. Credo che questo sia il messaggio più importante dell’articolo di Hagens. Un messaggio che si collega ad alcune constatazioni sui tentativi attuali di creare un’economia sostenibile. L’Autore si sofferma molto sul tema del disaccoppiamento (che ad oggi è la parte più importante delle politiche di mitigazione). Il disaccoppiamento tra energia e prodotto (efficienza energetica della produzione) così come il disaccoppiamento tra gas serra ed energia (fonti rinnovabili) stanno certamente migliorando, ma a ritmi assolutamente insufficienti. Il cosiddetto disaccoppiamento assoluto (il PIL aumenta, e l’energia primaria decresce) è sostanzialmente impossibile. Oggi registriamo un disaccoppiamento relativo (il PIL aumenta e l’energia primaria aumenta a ritmi meno sostenuti) ma questa tendenza non risolve il problema della sostenibilità. In compenso, il disaccoppiamento tra il debito e la fisicità delle risorse prodotte aumenta costantemente: il debito cresce molto più del PIL, viviamo a scrocco e sicuramente al di sopra di quanto potremmo permetterci. Questo tipo di disaccoppiamento non è assolutamente considerato dalle politiche ambientali e è generalmente trascurato dagli stessi ambientalisti. L’unica via credibile: utilizzare tutte le tutte le risorse economiche per produrre energia rinnovabile anziché per supportare la crescita non trova neppure l’appoggio delle forze progressiste. Per non parlare delle forze populiste (Hagens cita, tra gli altri, Matteo Salvini) le quali promettono un futuro migliore proprio attraverso strumenti di indebitamento e di taglio fiscale. E qui, inevitabilmente, entrano in gioco i comportamenti dei singoli e le scelte della politica. Il messaggio principale è la necessità di avviare profondi cambiamenti sociali. Il nichilismo e l’oblio giustificano oggi le nostre scelte irresponsabili e mascherano la nostra indisponibilità a farci carico delle trasformazioni necessarie. L’invito alla trasformazione sociale non è nuovo, ma Hagens considera il cambiamento della società come condizione indispensabile, che si dovrà manifestare come contributo cosciente al superamento del mito della crescita economica. La necessità di questo cambiamento deriva della constatazione che le misure di natura tecnologica non sono realisticamente sufficienti a raggiungere la neutralità ecologica e la stabilità sociale tra le nazioni e al loro interno.

Una conclusione che può essere letta come inquietante, ma che può anche risuonare come un forte stimolo all’impegno, la componente necessaria per sfide tanto difficili quanto entusiasmanti.

Il "Saggio" del mese - Maggio 2022

 

Il “Saggio” del mese

 MAGGIO 2022

Riprendiamo nostri precedenti post che contenevano elementi di riflessione sulla inderogabilità di una reale svolta ambientale ed energetica affrontandola da punti di vista di differente specializzazione: filosofica, storica, antropologica, politica, scientifica ed economica. Il saggio di questo mese riprende questi ultimi due aspetti coniugandoli strettamente. Si tratta, a tutti gli effetti, non di un tradizionale saggio, ma di uno studio redatto dallo statunitense Centro Studi Hagens, specializzato in questioni energetiche, e pubblicato su una rivista on-line olandese. Ha il grande merito di riprendere ed assemblare in una coerente visione d’insieme numerose analisi molto specialistiche. E’ doverosa la premessa che non si tratta di una lettura “facile”, d’altronde non lo sono neppure le problematiche che l’umanità è chiamata ad affrontare per tentare di invertire una tendenza che, ispirata dall’illusione di una crescita economica senza limiti, rischia seriamente di compromettere la vivibilità dell’intero pianeta (quantomeno quella dell'umanità stessa)

Economia ecologica

Volume 169, marzo 2020, n° 106520 - a cura del centro studi

Hagens Institute for the study of energy and our future

1 - Premessa

….. Il nostro ambiente e la nostra economia sono a un bivio …… di fronte al quale l’umanità sembra ancora rivelare una maggiore attenzione per l’aspetto economico, per mantenere livelli di benessere che, per quanto molto recenti e molto disuguali, sono straordinariamente energivori. Il mito illusorio, in un pianeta dalle risorse finite, di una crescita infinita ed inarrestabile continua a indirizzare i percorsi economici, produttivi, ed esistenziali privilegiando così una sola delle vie di questo bivio. Eppure i segnali, sempre più pressanti, che l’ambiente da tempo ci sta mandando impongono una profonda riflessione: nei prossimi trent’anni siamo chiamati a agire tenendo conto di tutto ciò che ci insegnano gli ultimi trent’anni. Se continuerà a seguire il percorso che l’ha portata a questo inaggirabile bivio l’umanità sarà infatti costretta ad interrogarsi sulla reale sostenibilità del mantenimento di una crescita economica media annuale globale del 3%, di fatto con l’effetto accumulo il raddoppio degli attuali livelli di consumo energetico entro questi prossimi trent’anni. Uno scenario che appare del tutto insostenibile. E’ quindi sempre più urgente riprendere e tenere nella giusta considerazione gli insegnamenti degli ultimi trent’anni. Vediamo quali.

*   "Il vero problema dell'umanità è il seguente: abbiamo emozioni paleolitiche, istituzioni medievali, e tecnologia divina." - E.O. Wilson

*   "Viviamo in un mondo in cui ci sono sempre più informazioni e sempre meno significato". –Jean Baudrillard

*   "Non tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato, ma nulla può essere cambiato fino a quando non viene affrontato." - James Baldwin

2 - Introduzione

Il trentennio alle nostre spalle non è che l’apogeo di un lungo percorso iniziato circa 11.000/12.000 anni fa con l’avvento della “rivoluzione agricola” reso possibile dalla stabilizzazione climatica al termine dell’ultima glaciazione. Per diverse migliaia di anni il surplus di produzione eccedente il soddisfacimento dei bisogni primari ha consentito una lenta e progressiva crescita economica e produttiva, ed il parallelo sviluppo di società via via più complesse e articolate, restando però all’interno di limiti fissati dalla disponibilità energetica derivante dalla sola luce solare. Solo nel XIX secolo con l’inizio dell’utilizzo su vasta scala dei combustibili fossili (carbonio fossile), reso possibile dagli sviluppi scientifici e tecnologici, l’umanità ha avuto a disposizione un fonte energetica che, per quanto fisicamente “finita”, ha consentito uno straordinario sviluppo. Il secolo XX ha visto il pieno realizzarsi di un periodo assolutamente unico nel corso delle civiltà umane:

1.  più risorse (e più economiche) hanno portato a forti aumenti di produttività e crescita economica senza precedenti

2.  un sistema finanziario basato sul debito libero da vincoli fisici ha permesso al credito espansivo e al relativo consumo di accelerare

3.  tutto ciò ha alimentato surplus di risorse che consentono società più ricche.

Questo formidabile sviluppo ha tuttavia comportato l’innescarsi di processi critici connessi alla finitezza delle risorse naturali ed alla tipologia delle fonti energetiche utilizzate. I primi decenni del XXI secolo hanno così visto il crescente manifestarsi di fortissime criticità troppo a lungo sottovalutate nonostante i motivati, allarmi lanciati fin dagli anni Sessanta/Settanta. Nell’ultimo trentennio si è infatti reso evidente che:

1) l'energia e le risorse stanno di nuovo diventando fattori vincolanti sullo sviluppo economico e sociale

2) l'espansione fisica basata sul credito sta diventando più rischiosa e alla fine raggiungerà un limite

3) le società stanno diventando polarizzate e stanno perdendo fiducia nei governi, nei media e nella scienza

4) gli ecosistemi vengono degradati perché costretti ad assorbire grandi quantità di energia e rifiuti materiali dai sistemi umani.

A fonte di questa oggettiva fotografia è sempre più inderogabile comprendere meglio il ruolo di due determinanti fattori: “i comportamenti umani” ed “il mondo dell’energia”

3 - Comportamento umano  

Dal punto di vista evoluzionistico le caratteristiche umane fisiche e mentali di base restano, al culmine del processo di civilizzazione, ancora quelle ereditate dal precedente processo evolutivo durato centinaia di migliaia di anni: agiamo cioè come "specialisti in adattamento" ancora replicando gli stati emotivi di successo dei nostri antenati, in estrema sintesi così riassumibili:

*                 status e relativo confronto: l’homo sapiens è ormai totalmente una specie sociale, con comportamenti collettivi condizionati dalle relazioni proprie delle comunità in cui si vive, i cui standard di vita, strettamente connessi al possesso/mancanza di prodotti/beni, hanno accentuato a dismisura la competizione per il raggiungimento di status sociali ossia  il  livello di reddito, oggettivo e percepito, che è ciò che determina la soddisfazione qualitativa della vita  

*                 stimoli supernormali e dipendenza: dal punto di vista neurologico nulla è cambiato nei processi cerebrali indotti dalla dopamina, la proteina alla base del  senso di soddisfacimento, che anticamente si attivava con la semplice soddisfazione del bisogno calorico, mentre oggi entra in circuito con l’ottenimento dello status auspicato: nella moderna cultura ricca di risorse, il "volere" diventa un'emozione più forte dell' "avere" ed i nostri cervelli richiedono così  flussi continui di dopamina fino a divenirne “dipendenti

*                 pregiudizi cognitivi: in un simile contesto psichico è molto difficile invocare la “razionalità”, la quale peraltro solo in minima parte guida le nostre azioni: gli psicologi hanno identificato centinaia di pregiudizi cognitivi in base ai quali i comportamenti umani comuni si allontanano dalla razionalità, fino ad opporre inconscia resistenza a tutto ciò che, magari provenendo dalla realtà oggettiva sotto forma di limiti ed ostacoli, rischia di porre in crisi tale dipendenza dal “soddisfacimento”: l'evoluzione seleziona per il fitness, lo “stare bene” non per la verità, che apprezziamo solo se ci ricompensa a breve termine. La razionalità è l'eccezione, non la regola

*                 distorsione temporale: sempre per ancestrali ragioni evolutive (breve durata della vita, ambiente ostile) la dimensione temporale nella quale tutto ciò avviene è “il presente” mentre sfortunatamente la maggior parte delle nostre sfide attuali riguardano il futuro. E d’altronde la stessa nozione di futuro, ed il nostro farne parte, scaturisce da una struttura cerebrale relativamente nuova, la neocorteccia, che non ha alcuna connessione diretta con i centri motivazionali del cervello profondo che comunicano l'urgenza. La neocorteccia può cioè essere consapevole di questioni a lungo termine come il cambiamento climatico o l'esaurimento energetico, ma da sola non è in grado di attivare reazioni adeguate: emotivamente, il futuro non è reale

*                 cooperazione e comportamento di gruppo evoluzione culturale, ultra-socialità e super-organismo: alcune caratteristiche evolutive possono però rappresentare un parziale controcanto: l’uomo è fondamentalmente un animale “di gruppo”. Se come fenotipo siamo primati, dal punto di vista comportamentale siamo più simili agli insetti sociali essendo la “comunità” la nostra dimensione abituale. Non stupisce quindi che l’evoluzione culturale iniziata più di diecimila anni fa con la rivoluzione agricola abbia prodotto una sorta di "super-organismo", un insieme di agenti che agiscono di concerto per produrre fenomeni governati collettivamente. I bisogni di questa entità di livello superiore possono modellare il comportamento delle entità di livello inferiore, i singoli individui, fino a trasferirne in alto il fitness, lo stare bene. Se quindi per un verso i nostri comportamenti sono neurologicamente limitati, per un altro questo livello superiore di organizzazione sociale può funzionare da salvifica compensazione.

4 - Energia   

Mentre le teorie economiche classiche ne sottovalutano la centralità, l’economia ecologica pone l’energia al centro di tutti i processi, coerentemente con quanto succede in tutti i sistemi biologici

*                 energia in natura: l'energia è e sarà sempre la valuta della vita. Tutti gli organismi biologici sono in effetti agenti energetici che mirano ad ottimizzare il rapporto fra quella catturata e quella utilizzata. Un buon surplus energetico dà ad ogni organismo biologico un fondamentale vantaggio competitivo: l’ "energia netta"  è il vero motore di tutti i sistemi naturali ed umani. Per ottenerla i sistemi biologici massimizzano la potenza ossia l'energia a cui accede per utilizzarla in una unità di tempo, ed il “metabolismo” è la velocità con cui gli organismi compiono questa operazione di trasformazione ed utilizzo: i sistemi che massimizzano la potenza utile superano quelli che non lo fanno

*                benefici energetici: ciò vale anche in campo economico. Un semplice calcolo dimostra che un barile di petrolio genera la stessa energia prodotta da un lavoratore in ben quattro anni e mezzo di lavoro! Questo semplice dato è la chiave per capire, dal punto di vista energetico, l’impressionante crescita produttiva avvenuta a partire dalla Rivoluzione industriale, fino a giungere, ai giorni nostri, ad un livello così alto di “potenza” ottenuta da marginalizzare, dal punto di vista puramente energetico l’efficienza, degli attuali sistemi produttivi. Ma questa inefficienza “tecnica” è ampiamente compensata in termini di costi perché l'energia fossile è molto più economica dell'energia umana. Un altro semplice dato per comprenderlo: un lavoratore medio nel 2015 produce 14 volte più PIL di uno dell’ 800!

*                 scala energetica: Il seguente grafico consente di visualizzare il percorso storico di consumo energetico che, a partire dal 1800, ha portato alla situazione attuale

*                 organismi compiono questa operazione di trasformazione ed utilizzo: i sistemi che massimizzano la potenza utile superano quelli che non lo fanno

*                benefici energetici: ciò vale anche in campo economico. Un semplice calcolo dimostra che un barile di petrolio genera la stessa energia prodotta da un lavoratore in ben quattro anni e mezzo di lavoro! Questo semplice dato è la chiave per capire, dal punto di vista energetico, l’impressionante crescita produttiva avvenuta a partire dalla Rivoluzione industriale, fino a giungere, ai giorni nostri, ad un livello così alto di “potenza” ottenuta da marginalizzare, dal punto di vista puramente energetico, l’efficienza degli attuali sistemi produttivi. Ma questa inefficienza “tecnica” è ampiamente compensata in termini di costi perché l'energia fossile è molto più economica dell'energia umana. Un altro semplice dato per comprenderlo: un lavoratore medio nel 2015 produce 14 volte più PIL di uno dell’ 800!

*                 scala energetica: Il seguente grafico consente di visualizzare il percorso storico di consumo energetico che, a partire dal 1800, ha portato alla situazione attuale

Impressiona il clamoroso balzo avvenuto dal secondo dopoguerra in poi (è il tema al centro del nostro “Saggio del mese” dello scorso Febbraio 2022 “La grande accelerazione” di McNeill J.R./Engelke Peter), oltre l’80% dell’energia che l’ha consentito è fornita da combustibili fossili (carbone, petrolio, gas, il restante 20% è coperto da biomasse, nucleare, idroelettrico, rinnovabili). La disponibilità, comunque non infinita, di questo “deposito fossile” è quindi alla base della attuale economia globale. Difficile non pensare che la loro sostituzione, attraverso la tassazione o l'esaurimento, significherà comunque meno "benefici". Se è infatti vero che per le teorie economiche mainstream ogni fonte energetica è potenzialmente sostituibile (il loro metro di valutazione è rappresentato unicamente dalla convenienza economica) le diverse fonti di energia mostrano differenze rilevanti in termini di qualità, densità, conservabilità, surplus, trasportabilità, impatto ambientale.   

*                 primato energetico: questa consapevolezza si collega alla constatazione che fino al 1970, PIL ed energia erano correlati, l’aumento del primo era possibile solo con un pari aumento della seconda. Lo shock della crisi energetica del 1973 ha imposto di ridimensionare questa rigidità di accoppiamento (non a caso è di questi anni l’aumento del ricorso a nucleare e gas naturale). Cinquant’anni dopo le analisi economiche evidenziano che ciò è avvenuto perché l'intensità energetica è migliorata più velocemente del tasso storico di crescita del PIL globale. Non solo la redditività produttiva non si è scollegata dalla disponibilità energetica, ma ancora oggi per un'attività economica aggiuntiva, abbiamo bisogno di più energia: l'energia resta il fattore economico principale  

*                 energia e tecnologia: allo stesso modo va ridimensionata l’opinione che le problematiche energetiche possano essere risolte con miglioramenti tecnologici. Dal punto di vista bio-fisico ciò è possibile con due modalità: la prima è quella che punta ad utilizzare l'energia in modo più efficiente (ad.es. miglioramenti delle centrali elettriche, migliore efficienza del carburante del veicolo) o ad inventare nuove fonti di energia (ad es. solare o geotermica), la seconda poggia sulla creazione di dispositivi che ottimizzino l’efficienza energetica dei sistemi produttivi sostituendo il lavoro umano (automatizzazione, digitalizzazione) oppure creando nuovi modi di utilizzare l'energia capaci di generare nuova ricchezza (la Rete ed i social). Attualmente la seconda sembra essere quella prevalente pur non essendo meno energivora, ma ambedue conducono in un vicolo cieco. Se per “progresso tecnologico" si intende sostanzialmente lo sviluppo di sistemi/attività finalizzati alla crescita del PIL si torna al punto di partenza: una maggiore complessità sociale ed tecnologica richiede inevitabilmente un maggiore consumo di energia, con conseguente ampiamento della spirale della complessità energetica

*                 lontananza energetica:  In questo quadro resta quindi centrale il peso dell’energia da combustibili fossili (vedi precedente grafico) che sono inevitabilmente destinati ad esaurirsi: attualmente stiano usando la biomassa fossile totale 10 milioni di volte più velocemente del tempo servito per accumularla, ossia  centinaia di milioni di anni. Le stime delle disponibilità rimanenti variano di molto, (l’Agenzia Internazionale per l’energia stima che senza nuove trivellazioni, la produzione mondiale di petrolio si dimezzerà entro il 2025, e scenderà al 15% della produzione odierna entro il 2040), ma lo stock di quelle di alta qualità e basso costo, è già stato ampiamente trovato e sfruttato. Come tutte le materie prime anche gas e petrolio sono più facili da estrarre e raffinare quando sono concentrati e facilmente accessibili, più sono "remote" e più diventano costose l’estrazione ed il trasporto. Questa "lontananza energetica" è destinata a pesare molto sulle strategie energetiche future e le possibili alternative non sembrano avere grande successo. Gli entusiasmi creati dalla tecnica di estrazione di petrolio “fracking” (frantumazione di rocce bituminose in profondità) si sono presto raffreddati, certo non per le problematiche ambientali del tutto indifferenti alle società di estrazione, ma proprio per l’altissima incidenza dei costi rispetto alla resa effettiva. Dal punto di vista politico ed economico questi costi crescenti sono stati finora compensati da compiacenti politiche finanziarie, ma è impossibile reggere sul lungo periodo se non riusciremo a ridurre il consumo energetico dei processi industriali più velocemente di quanto crescano i prezzi delle risorse primarie

*                 energia, denaro e debito:  In questa indissolubile relazione tra energia ed economia un ruolo specifico è svolto dal denaro e dal debito, le uniche componenti economiche non soggette alle leggi della termodinamica perché, create come strumento artificiale per la gestione dei rapporti di mercato, rispondono a tutt’altre leggi anche se, in definitiva, verranno spese per un bene o un servizio che, qualunque esso sia, conterrà energia incorporata. Ma solo il denaro non incide nel merito specifico del ciclo energetico essendo la sua creazione non legata alla disponibilità o al costo reale dell'energia. Diverso è il rapporto del ciclo energetico con il debito, un trasferimento di denaro posticipato a determinate condizioni, per una prestazione/fornitura/servizio già avvenuto. In effetti quindi il debito è un "trasferimento intertemporale del consumo" ma, questo sì, con conseguenze fisiche. Per comprenderlo vale il caso di una azienda petrolifera che riesce ad espandere le proprie perforazioni grazie a finanziamenti, magari a basso costo, sotto forma di debito. Le esperienze concrete, soprattutto come si è visto per il fracking, dimostrano che il surplus di estrazione iniziale scende velocemente a causa delle inaggirabili caratteristiche fisiche dei giacimenti, vale a dire che il debito produce meno energia. In sostanza il debito è uno strumento che sposta l'energia reale, ed il suo consumo, dal futuro al presente, ma in un modo insostenibile e tale da creare una sorta di “energia presa in prestito”, di “energia falsa”

*                 energia e benessere: vera o falsa che sia, non è poi nemmeno vero che più denaro e più energia possano garantire un maggiore grado di benessere/felicità percepita come si può rilevare dal seguente grafico:

Dopo che i bisogni di base sono stati soddisfatti, il consumo aggiuntivo di energia (ENERGY SUPPLY) non produce più una proporzionale crescita dell'indice di benessere/felicità percepito (HUMAN DEVELOPMENT INDEX). I paesi “ricchi”, maggiori consumatori di energia, sono indubbiamente più “felici”, nel senso ampio del termine, rispetto ai paesi “poveri”, ma non così tanto di più rispetto al di più di energia consumata. Il Congo ha un coefficiente di benessere/sviluppo/felicità poco sopra lo 0,3 consumando però un surplus energetico pari a 10, gli USA evidenziano un analogo coefficiente tre volte più alto, ma a fronte di un surplus energetico 30 volte più alto!

*                 Esternalità ed energia: è poi impressionante, in aggiunta alle considerazioni più strettamente economiche, l’elenco delle esternalità negative legate all’energia prodotta da combustibili fossili. In un elenco molto sintetico e non esaustivo gli impatti negativi, che implicano comunque pesanti ricadute anche economiche, sono per l’uomo: perdita del suolo, sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, infertilità per diminuzione del numero di spermatozoi, crescenti disuguaglianze, carenza d’acqua, calo dei redditi mediani (nel mondo sviluppato), collegato populismo, malattie varie da inquinamento, depressione diffusa legata alla preoccupazione per il futuro, rischi geopolitici. Quelli sull’ambiente: riscaldamento  climatico, distruzione di ecosistemi, acidificazione oceani, deforestazione, declino degli insetti, declino degli uccelli, estinzione dei primati, declino delle popolazioni di mammiferi selvatici, plastica negli oceani, microplastiche e ftalati aero-dispersi, deforestazione, concreto rischio generale della sesta estinzione di massa.

*                 Energia – sintesi: la teoria economica mainstream dà scarso peso a tutto questo e continua a proporre prospettive di mantenimento dei ritmi di crescita avvenuti per tutti il XX secolo dimenticando in particolare che l’aumento del PIL nell’ultimo secolo è interamente collegato alla combustione vertiginosa di idrocarburi fossili sui quali, come si è detto, non ha più senso fare affidamento. Tale energia potrebbe essere sostituita da altre fonti energetiche, rinnovabili comprese, che però dovrebbero garantire la stessa resa di quelle fossili fin qui già avvenuta, con in più una aggiunta altrettanto massiccia per garantire i previsti tassi di crescita. Una scommessa che in generale sembra impossibile da vincere, tenendo anche conto che la messa a punto di tecnologia energetica avanzata si realizza solo grazie a massicci investimenti, economici ed energetici e che la maggior parte dei progressi tecnologici (vedi precedente punto “energia e tecnologia”) quasi sempre implicano un surplus di consumi energetici creando un corto circuito irrisolvibile. Sembra quindi difficile ipotizzare una via di uscita che non preveda un uso energetico più efficiente, più consapevole, e più sostenibile, dal punto di vista ambientale, sociale, ed economico. In futuro, la forma, la scala, la qualità e il costo dell'energia determineranno quale tipo di sistemi umani sono possibili.

5 - Sintesi   

Quali considerazioni si possono allora mettere a fuoco incrociando i punti 3 e 4? Per farlo può essere utile il seguente grafico che traccia le linee evolutive del ciclo energetico avvenuto partendo da alcune centinaia d’anni indietro e ipotizzandone lo sviluppo nel prossimo futuro.


Le tre curve tracciate nel grafico individuano: quella nera gli aspetti economici della crescita (i flussi finanziari, il credito/debito) quella rossa l’immissione nel ciclo energetico delle risorse naturali non rinnovabili (petrolio, gas, minerali) quella verde i livelli di ciclo energetico sostenibili perché consentiti dalle risorse naturali prima della rivoluzione tecnologica e geografica del XIX secolo. Le quattro lettere individuano alcuni decisivi passaggi temporali: il punto A l’era pre-industriale, fino al punto B, la fase industriale nella quale in aggiunta a quelle naturali sono state immesse nel ciclo quelle non rinnovabili, il punto C la crisi finanziaria globale del 2007/2008, il punto D il culmine dei processi in corso. Quali considerazioni emergono? Che in assenza dell’immissione di fonti energetiche aggiuntive a quelle naturali (solari) le tre linee sono coincise per diverse centinaia di anni. Che, a partire dalla rivoluzione industriale, la crescita dell’aspetto economico è rimasta coincidente con la parallela crescita dell’immissione delle nuove fonti energetiche non rinnovabili fino alla crisi energetica del 1970, quando è apparsa evidente la totale dipendenza della crescita economica dalla disponibilità energetica. Una crisi, parzialmente e temporaneamente, tamponata grazie ad un massiccio ricorso al debito (esplosione del credito finanziario) e alla redistribuzione globalizzata della produzione verso le aree economicamente più arretrate (abbattimento dei costi). Una soluzione che è definitivamente saltata con la crisi finanziaria del 2007/2008  (da lì in poi il debito globale è esploso portando il suo rapporto con il PIL globale al 300% nel 2019) che ha definitivamente sancito il disaccoppiamento fra il mondo dell’economia (linea nera) e quello della disponibilità energetica totale (linea rossa).

"I maggiori problemi del mondo sono il risultato della differenza tra il modo in cui funziona la natura e il modo in cui le persone pensano". Gregory Bateson

6 – Implicazioni

Per capire possibilità e modalità per gestire questa situazione, che vede in gioco economia e sopravvivenza ambientale del pianeta, se non della stessa umanità, è necessario richiamare in scena il protagonista comparso nel Capitolo 3: il superorganismo che, ormai composto da 7,7 miliardi di esseri umani, ha un impressionante metabolismo giornaliero di 17 TW (17 miliardi di Watt). Ma che implicazioni ha questo famelico fabbisogno di energia del superorganismo?

*                 Prodotto interno lordo (PIL) e combustione mondiale lorda (GWB): Dal punto di vista energetico la società umana si comporta come un macro-organismo, il cui metabolismo energetico aumenta in modo proporzionale alla crescita del PIL globale. Come già evidenziato in precedenza questo rigido accoppiamento rappresenta la problematica di base per l’ottimizzazione del ciclo energetico, e potrebbe essere risolta in modo radicale solo con un "disaccoppiamento assoluto", ossia riuscendo ad  aumentare il PIL e diminuendo, al tempo stesso,  il consumo di energia primaria. Ovvero, ad un livello inferiore di soluzione, con un disaccoppiamento relativo, vale a dire con l'energia primaria totale che ancora cresce, ma a un tasso inferiore rispetto al PIL. Tutte le analisi statistiche, dal 1965 al 2019, non hanno mai evidenziato situazioni di disaccoppiamento assoluto e, nell’intero periodo in esame, è emerso un disaccoppiamento relativo del tutto trascurabile, 0,5%, in gran parte frutto della accentuata finanziarizzazione dell’economia. Una situazione che trova spiegazione con il permanere di un modello economico costantemente finalizzato alla crescita del PIL e con la sottovalutazione del peso energetico. In questo senso il PIL è una metrica relativa del nostro benessere, ma una esatta della nostra voracità energetica ……. e del nostro livello  culturale.

*                 Energie rinnovabili: va collocata in questo quadro del rapporto crescita PIL/consumo energetico la strategia alternativa della sostituzione dell’energia da combustibili fossili con quella da fonti rinnovabili che non si pone l’obiettivo del “disaccoppiamento”, assoluto o relativo che sia, ma solo quello di mitigare le ricadute sull’ambiente causate dal ciclo energetico del carbonio, ossia realizzando un “disaccoppiamento del carbonio” fino a de-carbonizzare l'intera economia globale. Si citano a sostegno di questa strategia dati che attestano come nei 20 paesi che dal 2003 hanno di più ridotto il volume di gas serra emessi, grazie all’aumentata incidenza delle fonti rinnovabili, si siano comunque registrati confortanti aumenti del PIL. Un dato che trascura però il globale trasferimento delle produzioni ad alta intensità di carbonio in altre aree mondiali mantenendone però il ritorno economico. Vale a dire che il disaccoppiamento del carbonio si può realizzare solo se la produzione globale di energia da fonti rinnovabili cresce più velocemente della crescita del consumo globale di energia, ovvero, vista la loro stretta connessione, più velocemente della crescita economica globale. Ma questo non sta assolutamente accadendo, lo evidenzia il seguente grafico:


 L'aumento del consumo di energia fossile (barre grigie) è sempre stato, a partire dal 2000, più alto dell’aumento di consumo di da fonti rinnovabili. L'unica eccezione è avvenuta nel 2009 con la caduta del PIL globale a seguito del crollo finanziario del 2008. E’ forse il caso di chiedersi l’unica vera soluzione per superare le emissioni di carbonio sia la contrazione e non la crescita del PIL. Se così fosse il disaccoppiamento del carbonio dovrebbe accompagnarsi ad un totale cambiamento delle logiche economiche. In questo senso occorre considerare, inserendo le fonti energetiche di qualsiasi tipo nel quadro complessivo di utilizzo delle risorse naturale in generale, che il loro consumo, tra il 1970 ed il 2010, è cresciuto di 3,2 volte (da 22 a 70 miliardi di tonnellate), mentre in questo stesso periodo la crescita economica globale, depurata dell’inflazione, è stata di 3,4 volte (da 18,9 trilioni di dollari e 65,6 trilioni). Un dato che, su tempi neanche tanto lunghi, diventa insostenibile per il nostro pianeta. E’ la fisica stessa a dirci che occorrono radicali cambiamenti economici e sociali, e non innovazioni tecniche che si traducono comunque in una crescita a lungo termine.

*                 Credito e finanziarizzazione:  Ed è in questo quadro che va collocato il ruolo “del denaro e del debito”  di cui si è detto nel precedente Capitolo 4. La dinamica energia/credito/crescita è il fenomeno meno compreso ma più importante che guida l'attuale situazione economica ed ecologica globale. Nella maggior parte dei paesi ad economia avanzata tutte le analisi attestano una crescita del debito (denaro anticipato) decisamente più alta della crescita economica reale: senza far crescere il debito pubblico, l’economia avrebbe di fatto smesso di crescere oltre un decennio fa, questa è ciò che viene definita "produttività del debito", ossia il rapporto tra crescita economica rispetto alla crescita del debito. Si prenda il caso dell’economia che è comunque cresciuta di più negli ultimi decenni, quella cinese, la cui dimensione economica è ormai calcolata in circa 13 trilioni di dollari, ma a fronte di circa 55 trilioni di dollari di credito per mantenere il loro consumo attuale. Il caso americano è ancor più emblematico: se all’ammontare totale del debito pubblico e privato si aggiungono tutte le passività non finanziate l’economia USA ha obblighi finanziari pari al 1200% del PIL. Questo quadro finanziario aggiunge una rilevante complicazione per le strategie di uscita dall’accoppiamento energia e crescita, che richiederebbero risorse finanziarie realmente aggiuntive libere dall’essere condizionate dal debito accumulato.

*                 Quadro generale finale: Prima di tracciare, con l’ausilio di un ultimo grafico, le possibili vie d’uscita è bene ricordare quando già evidenziato nel Capitolo 3 “comportamento umano” relativamente ai limiti di comprensione e di capacità di articolare risposte adeguate ai problemi sul tappeto. Ciò implica una sorta di inerzia genetica e psicologica ad avviare cambiamenti ormai oggettivamente inevitabili e che, perlomeno in parte, sono già all’interno dei processi in corso, di cui è bene tenere conto nel momento di individuarli


Nel grafico sono riportate le tendenze già evidenziate in quello del Capitolo 5: la curva nera (money) gli aspetti economici/finanziari della crescita del PIL (Global GDP), quella rossa l’immissione nel ciclo energetico delle fonti fossili non rinnovabili, quella verde i livelli di ciclo energetico sostenibili perché consentiti dl fonti rinnovabili. L’andamento delle curve è quello avvenuto a partire dal 2019 in qua e la loro possibile conseguente evoluzione. Le tre curve coincidono in una prima fase, poi quella verde si appiattisce (come si è visto il ricorso alla fonti alternative è ancora globalmente limitato), per cui il PIL cresce verso il punto X tenendo insieme solo curva nera e rossa, le quali però tendono a divaricarsi (la disponibilità energetica rallenta e il PIL cresce solo per le immissioni finanziarie da debito) rendendo ipotizzabile (nelle teorie economiche mainstream) una crescita destinata però a piegare, nella migliore delle ipotesi, verso il punto Y, ovvero a crollare (se si esaurisse la spinta drogata del debito per sostenere la crescita) verso il punto Z e drammaticamente oltre. Le due restanti curve blu individuano una evoluzione più possibile in un range (compreso fra le due linee blu) che punta al sostenibile punto F, molto più vicino alla curva verde, che individua un livello di energia, economicamente ed ambientalmente, sostenibile. Ma sono curve piatte in parte piegate verso il basso a definire una riduzione del PIL resa inevitabile dall’insieme del quadro in esame!

7 – E adesso? Previsioni per il super-organismo

Non possiamo prevedere con precisione il futuro, ma alcuni scenari, sulla base di quanto evidenziato, sembrano molto improbabili. Difficile in particolare:

*   Far crescere l'economia globale risolvendo contemporaneamente i cambiamenti climatici

*   Far crescere l'economia sostituendo gli idrocarburi con energia a basse emissioni di carbonio.

Al contempo, tenendo sullo sfondo il super-organismo, si possono azzardare alcune previsioni:

*   Saranno promosse molte tecnologie magari praticabili, ma non rilevanti e convenienti se guarderanno genericamente all’energia “lorda” e non a quella “netta” che entra nelle dinamiche sociali ed economiche

*   Il ciclo “drogato” della finanza continuerà ad essere alimentato fino a quando i limiti fisici della crescita lo renderanno definitivamente inutile con ricadute economiche deflagranti

*   Le politiche di contenimento delle disuguaglianze continueranno a basarsi su forme di assistenza al reddito che, per quanto inevitabili, alimenteranno la spirale canonica dei consumi

*   La necessità di operare scelte tanto radicali quanto impopolari, ovvero l’insostenibilità delle politiche basate sulla crescita eterna, aprirà nuovi spazi a partiti e movimenti populisti

*   Sullo sfondo comunque il persistere ancora a lungo di una spirale senza via d’uscita: crescita -  evidenza dei limiti - risposta ai limiti con ancora più crescita - più limiti - e poi ancora più risposta………..

Tutti noi, membri del super-organismo, dal punto di vista ecologico ci stiamo comportando come una struttura senza cervello e dissipativa di energia, ma che è inesorabilmente chiamata a adattarsi ad un visione del mondo totalmente diversa, così come è avvenuto con la scoperta dell’eliocentrismo. Quali nuove strade potrebbe aprire acquisire questa consapevolezza? La nostra biologia non potrà di certo cambiare, ma lo potrebbero la cultura e la collegata idea di sistema economico e sociale, con al centro una diversa idea di “crescita”. L’affermazione che il cambiamento climatico sia il principale rischio sistemico mai affrontato dalla civiltà deve essere integrata dalla consapevolezza che anch’esso non è altro che il sintomo di una disfunzione molto più grande, ossia l’idea di una crescita infinita ed il suo cieco perseguimento. Deve cioè nascere, ed essere ampiamente condiviso, un progetto globale, legato alla scienza, di un nuovo sistema economico rispettoso della inaggirabile realtà biofisica. Sono da subito necessarie scelte concrete: ad es. tasse sulle non rinnovabili, non solo carbonio ma tutte le risorse finite, una riduzione del ruolo della finanza e del ricorso alla droga del debito, politiche sociali di riduzione delle disuguaglianze, politiche economiche che favoriscano produzioni con scarso utilizzo delle risorse non rinnovabili. Immaginare che la società globale del super-organismo riveda la sua idea di crescita, fisicamente impossibile, non significa una rivoluzione retrograda degli stili di vita: un calo del PIL del 30% negli Stati Uniti, una stima in linea con gli scenari di sostenibilità analizzati nel Capitolo 6, riporterebbe quella nazione al livello del PIL pro capite del 1990. Conviene operare concretamente in questa direzione prima che la fine traumatica, ma inevitabile, del mito della crescita infinita inneschi una ingovernabile depressione globale.

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Pubblichiamo subito dopo questa sintesi un secondo post che contiene il commento del nostro socio e collaboratore Gianni Colombo che riprende e valorizza i passaggi più significativi dello studio Hagens

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