venerdì 31 gennaio 2020

EURISPES - Rapporto Italia 2020



Eurispes: Rapporto Italia 2020

Stralci (abbiamo evidenziato alcuni dati che riteniamo meritino un supplemento di attenzione senza con questo voler condizionare le personali letture di dati che meritano, tutti quanti, considerazione e riflessioni)



Famiglie e consumi

Condizione economica delle famiglie

Secondo la maggioranza degli italiani la situazione negli ultimi 12 mesi è rimasta stabile (37,9%), il 37,5% ha riscontrato invece un peggioramento netto o parziale. Circa un cittadino su dieci (14,3%) nota un miglioramento; il 10,3% non esprime una valutazione. Rispetto al 2019 aumentano, seppur timidamente, gli ottimisti (+1,6%) e diminuisce la percentuale di quanti ravvisano un peggioramento (-1,1%).  Nelle Isole il disagio di un’economia negativa è profondo e arriva al 72%, con una distanza con le altre aree geografiche del Paese che arriva a segnare un divario tra i 30 e oltre i 40 punti percentuali.  Quasi la metà delle famiglie (47,7%) è costretta ad utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese (+2,6% rispetto al 2019); ma crescono seppur di poco quelle che riescono a risparmiare (23,7%; +1,7%). Saldare la rata del mutuo rappresenta un ostacolo per il 34,1% degli italiani (+1,4%), mentre migliora la situazione del pagamento degli affitti (38,7%; -11,3%); in lieve discesa anche la difficoltà a pagare le utenze domestiche (26,1%; -1,6%). Far fronte alle spese mediche è un problema per il 22,3% degli italiani (+1,2%).

Nel corso del 2020 oltre la metà non ce la farà a risparmiare

Il 27% degli italiani probabilmente non riuscirà a risparmiare nei prossimi dodici mesi e il 24,8% ne è certo; il 17,7% ritiene che ci siano buone probabilità di farcela e solo il 5,2% ne è sicuro.

Nella crisi la famiglia resta un porto sicuro. Non potendo accedere al credito bancario, 1 italiano su 10 vittima di usura

Un terzo degli italiani (33,3%) è dovuto ricorrere al sostegno economico della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Si affianca a questo dato il 12,4% di chi è stato costretto a tornare a vivere nella casa della famiglia di origine. Nel 14,9% dei casi un aiuto finanziario è arrivato da amici, colleghi o altri parenti (-0,2% rispetto al 2019). Pur di lavorare molti accettano impieghi senza contratto (21,5%) o svolgono più lavori contemporaneamente (23,9%). Almeno un italiano su dieci (11,9%) è caduto nelle maglie dell’usura non potendo accedere al credito bancario (erano il 7,8% nel 2018 e il 10,1% nel 2019).

Migrazioni interne e “fuga” all’estero: ne hanno esperienza indiretta 4 cittadini su 10

Il 41,2% del campione sostiene che qualcuno tra i propri familiari si è trasferito all’estero per migliorare la propria situazione economica/lavorativa: nel 22,9% dei casi si è trattato di trasferimenti in un’altra città italiana e nel 18,3% all’estero. Al Sud, nelle Isole e al Centro prevalgono i trasferimenti entro i confini nazionali (rispettivamente 39,4%; 34,4% e 19%); mentre al Nord sono più frequenti i trasferimenti all’estero (27,3% Nord-Est e 15,3% Nord-Ovest) rispetto a quelli verso altre città italiane (15,3% Nord-Est; 12,2% Nord-Ovest).

I consumi delle famiglie

Per contenere le spese nell’ultimo anno, il 32,5% degli italiani ha rinunciato a effettuare controlli medici e di prevenzione e il 27,3% ha tagliato sulle spese dentistiche; il 24,8% ha fatto a meno di trattamenti ed interventi estetici. In misura minore, un italiano su cinque (20%) ha rinunciato a terapie ed interventi medici o a sottoporsi a visite specialistiche per la cura di patologie specifiche (20,1%). Il numero di residenti in Sicilia e Sardegna che hanno dovuto rinunciare a visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche è quasi il doppio della media rilevata nelle altre regioni (40%, contro un dato nazionale del 20%). Tra le rinunce nell’ultimo anno, al primo posto l’acquisto di una nuova auto (51,4%); il 44,2% invece ha rimandato lavori di ristrutturazione nella propria abitazione, il 38,2% ha rinunciato a sostituire arredi di casa ed elettrodomestici logorati, il 28,5% ha fatto a meno delle riparazioni del proprio autoveicolo e il 34,5% delle spese per un/una badante.

Riparati, usati, smarcati o contraffatti: i prodotti si adeguano ad un consumo alternativo

Per ridurre le spese, sempre più ci si orienta verso comportamenti come: la tendenza a riparare oggetti rotti invece di sostituirli con altri nuovi (63,9%); la propensione ad acquistare prodotti usati al posto di quelli nuovi (58,6%); la sostituzione di prodotti di marca con prodotti senza marca (58,9%); l’acquisto di prodotti contraffatti (42,1%) e compiere acquisti condivisi allo scopo di risparmiare (37,9%).

Acquisti online: abituè (30%), occasionali (48,5%) e refrattari (21,4%),

Il 30,1% degli italiani fa acquisti online spesso o abitualmente. Il 48,5% si rivolge al web solo qualche volta o raramente, mentre il 21,4% dichiara di non acquistare mai online. La tendenza più diffusa tra i consumatori è quella di acquistare online un prodotto visto o provato precedentemente in negozio (53,9%). Il 50,9% degli italiani afferma di aver comprato, nell’ultimo anno, un prodotto visto solamente online mentre scende al 39,1% il numero di chi ha comprato in negozio un prodotto visto online. Infine, nel 38,8% dei casi l’acquisto online è avvenuto dopo aver visto un prodotto attraverso la pubblicità.

Le tasse

Gli Italiani e le tasse

Il carico fiscale sostenuto dalla propria famiglia nel corso del 2019 è aumentato secondo l’opinione del 42,2% degli italiani, facendo però registrare un dato del 27% in meno rispetto al 2013 quando a lamentare una maggiore tassazione era il 69,2%.

Se le tasse diminuissero…

Meno tasse rilancerebbero soprattutto i consumi mettendo più soldi in tasca ai cittadini (37,5%) e darebbero slancio all’economia e alle imprese (22,6%), mentre inciderebbero negativamente sulla disponibilità e qualità dei servizi per un altro 22,6% e farebbero aumentare il peso del debito pubblico per il 17,3%.

Più di un terzo chiede di abbassare l’imposta sui consumi

Il 36,4% degli italiani ritiene che sarebbe opportuno ridurre l’imposta sui consumi (+13,8% rispetto al 2007). Diminuisce, invece, del 22,2% rispetto al 2007, chi pensa che sarebbe opportuno ridurre l’Imu, arrivando al 21,1%. Il 22,4% è propenso a pensare che bisognerebbe ridurre Irap e Ires e due su dieci (20,1%) l’Irpef.

Pagare le tasse per…

Il 63,7% degli italiani si dicono contrari a pagare le tasse allo Stato per garantire una distribuzione delle risorse tra i cittadini appartenenti a Regioni diverse. Sull’ipotesi di pagare più tasse agli Enti locali e meno tasse allo Stato perché è più facile verificare la qualità dei servizi erogati dalle Amministrazioni locali, la popolazione si divide a metà tra chi è d’accordo (47,6%) e chi non è di questa opinione (52,4%). Pagare le tasse allo Stato per avere un livello accettabile di servizi pubblici è indispensabile per il 49,8% dei cittadini (il 16,4% in meno rispetto al 2007).

L’Italia vuole futuro: otto su dieci chiedono più investimenti per ricerca e sviluppo

Al Governo i cittadini chiedono soprattutto di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo (81%), le pensioni minime (80,6%), di introdurre meccanismi di redistribuzione (80%) e attuare nuove politiche di sostegno alle imprese (79%). Sette su dieci (70,7%) vorrebbero che il Governo modificasse i meccanismi di accesso al credito, il 63,3% che cambiasse la legge elettorale e sei su dieci (60%) che applicasse il condono fiscale per favorire il rientro di capitali dall’estero. Non manca chi caldeggia l’aumento della pressione fiscale sul sistema bancario (53,3%) e ancora meno sono i cittadini che vorrebbero l’introduzione della tassa patrimoniale (47%).

Tasse troppo alte, più della metà degli italiani tende a giustificare l’evasione in determinate situazioni

La maggior parte dei cittadini in qualche misura giustifica l’evasione fiscale: per il 25,1% non è grave solo se compiuta da chi fa fatica a sostenere la pressione fiscale; per il 19,6% è grave per chi possiede grandi patrimoni; per il 9% non è grave perché in Italia la pressione fiscale è eccessiva.

Evasione, giuste multe e sequestri di beni. Il 17,3% si spinge oltre e vuole il carcere come sanzione

La sanzione più giusta per i grandi evasori è il sequestro dei beni per quattro italiani su dieci (40,9%), multe e sanzioni economiche e amministrative per tre su dieci (29,6%). Mentre il 17,3% crede il carcere sia la giusta sanzione.

Sud e Nord

Il Sud al di là delle fake news  

Nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole, ciascun cittadino meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord. Nel 2017, si rileva un’ulteriore diminuzione della spesa pubblica al Mezzogiorno, che arriva a 11.939 (-0,8%), mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento dell’1,6% (da 15.062 a 15.297 euro). emerge una realtà dei fatti ben diversa rispetto a quanto diffuso nell’immaginario collettivo che vorrebbe un Sud “inondato” di una quantità immane di risorse finanziarie pubbliche, sottratte per contro al Centro-Nord. Dal 2000 al 2007 le otto regioni meridionali occupano i posti più bassi della classifica per distribuzione della spesa pubblica. Per contro, tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale. Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro l’anno). Il Prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all’estero e per grossissima parte invece dalla vendita dei prodotti al Sud, il quale a sua volta nei confronti dello scambio di prodotti con il Nord Italia mostra valori in perdita di diversa gravità. La situazione di import-export tra Nord e Sud Italia, tutta a vantaggio del Settentrione è resa possibile, paradossalmente, proprio da quei tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord a Sud, come frutto delle tasse pagate dal Settentrione. Se questi ultimi infatti fossero oggi annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori. A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso.

Immigrati e stranieri

Gli Italiani e gli immigrati

Quattro italiani su dieci (40,3%) definiscono il proprio rapporto con gli immigrati “normale”, quasi uno su cinque (19,4%) parla di reciproca indifferenza, il 14,4% di reciproca disponibilità, mentre un decimo trova gli immigrati ostili (10,1%), l’8,1% li trova insopportabili, il 7,7% afferma di temerli. Secondo il 45,7% degli italiani un atteggiamento di diffidenza nei confronti degli immigrati è “giustificabile, ma solo in alcuni casi”. Per quasi un quarto (23,8%) guardare con diffidenza gli immigrati è “pericoloso”, per il 17,1% (+6,7% rispetto al 2010) è “condivisibile”, per il 13,4% è “riprovevole” (-4,3% rispetto al 2010).

Cresce il senso di allarme e minaccia

Per la netta maggioranza del campione (77,2%) gli immigrati nel nostro Paese vengono sfruttati dai datori di lavoro italiani. Ma la convinzione che gli stranieri tolgano lavoro agli italiani rispetto a dieci anni fa è cresciuta dal 24,8% al 35,2% (oltre 10 punti); la percentuale di chi vede negli immigrati una minaccia all’identità culturale nazionale è aumentata dal 29,9% al 33% e di chi paventa un aumento delle malattie è passata dal 35,6% al 38,3%. Per contro, rispetto al 2010 crolla di 17 punti percentuali la posizione secondo la quale gli stranieri portano un arricchimento culturale: dal 59,1% al 42%; analogamente, diminuisce la convinzione che gli immigrati contribuiscano alla crescita economica del Paese dal 60,4% al 46,9%.

Aiutare gli stranieri “a casa loro”, la soluzione per uno su quattro

Per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, oltre un quarto ritiene che il Governo dovrebbe soprattutto erogare aiuti ai paesi di provenienza (26,2%, +7,7% rispetto a dieci anni fa), un altro quarto che dovrebbe inasprire i controlli alle frontiere e lungo le coste (24%, a fronte del 33,6% del 2010), per il 16% la priorità è agevolare la regolarizzazione dei clandestini (nel 2010 erano il 25,5%), per il 15,3% ridurre i visti di ingresso dai paesi dai quali provengono i flussi più consistenti. Il 18,6% considererebbe preferibili altri interventi.

Razzismo: per due su dieci è colpa degli immigrati

L’incremento di episodi xenofobi nel corso dell’ultimo anno sarebbe avvenuto per quasi due italiani su dieci (19,7%) per colpa del comportamento degli immigrati, per un altro quinto della popolazione (19,2%) per le politiche inadeguate dei governi. Il 18,3% assegna la responsabilità alla comunicazione aggressiva di alcuni esponenti politici, il 15,1% al modo con cui i media diffondono le notizie, il 13% all’atteggiamento degli italiani.

Ius soli, ius sanguinis e ius culturae, due passi indietro

Rispetto al 2010, sono diminuiti di oltre dieci punti gli italiani favorevoli allo ius soli (dal 60,3% al 50%) e sono aumentati notevolmente i sostenitori più rigidi dello ius sanguinis (dal 10,7% al 33,5%, quasi 23 punti in più). In calo coloro che auspicano la cittadinanza per chi è nato in Italia, purché educato in scuole italiane (dal 21,3% al 16,5%).

Sbarchi e mezzi di informazione

Al 30 dicembre 2019 sono stati 11.471 gli stranieri sbarcati sulle coste italiane, con un calo del 50,4% rispetto ai 23.122 arrivati del 2018. Nonostante la definitiva uscita da una fase emergenziale, il sistema dei media mainstream, come rilevato dall’Osservatorio TG Eurispes-Coris Sapienza Università di Roma, ha continuato a dedicare al fenomeno grande attenzione, trasformando il 2019 in un’annata record. Questa ulteriore crescita si manifesta soprattutto sugli articoli a stampa (1.091 contro gli 834 del 2018, +30%). Nei Tg del prime time l’attenzione resta altissima: 4.002 i servizi dedicati a questi temi, contro i 4.513 registrati nel corso di tutto il 2018.

Antisemitismo e odio

Antisemitismo e linguaggi di odio

L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario, raccoglie il generale disaccordo degli italiani (76%), non manca però chi concorda con questa idea (23,9%). Gli ebrei controllerebbero i mezzi d’informazione a detta di più di un quinto degli italiani intervistati (22,2%), mentre i contrari arrivano al 77,7%. La tesi secondo cui gli ebrei determinano le scelte politiche americane incontra la percentuale più elevata di consensi, pur restando minoritaria: il 26,4%, contro un 73,6%. Rispetto all’affermazione che l’Olocausto degli ebrei non è mai accaduto, la quota di accordo si attesta al 15,6%, a fronte dell’84,4% non concorde. Invece, l’affermazione secondo cui l’Olocausto non avrebbe prodotto così tante vittime come viene sostenuto trova una percentuale di accordo solo lievemente superiore: 16,1%, mentre il disaccordo raggiunge l’83,8%. A distanza di oltre 15 anni, nel confronto con l’indagine condotta dall’Eurispes su questi stessi temi, la percentuale di italiani secondo i quali gli ebrei determinano le scelte politiche americane è oggi più bassa: dal 30,4% al 26,4%. Nel 2004 per oltre un terzo del campione (34,1%) gli ebrei controllavano in modo occulto il potere economico e finanziario, nonché i mezzi d’informazione, mentre oggi la percentuale risulta inferiore ad un quarto. Aumenta invece il numero di cittadini secondo i quali lo sterminio degli ebrei per mano nazista non è mai avvenuto: dal 2,7% al 15,6%. Risultano in aumento, sebbene in misura meno eclatante, anche coloro che ne ridimensionano la portata (dall’11,1% al 16,1%).
Antisemitismo: episodi violenti sono casi isolati, ma esiste un problema di un linguaggio diffuso basato su odio e razzismo. L’allarme arriva dai giovani
Secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.

L’anima politica dell’italiano

Al campione è stato chiesto quali affermazioni esprimono al meglio l’anima politica della maggioranza degli italiani. Trova un discreto consenso l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio” (19,8%). Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono “gli italiani non sono fascisti ma amano le personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo prevalentemente di destra” (14,1%), “molti italiani sono fascisti” (12,8%) e, infine, “ordine e disciplina sono valori molto amati dagli italiani” (12,7%). Oltre un italiano su quattro (26,2%) non condivide nessuna delle opinioni presentate.

Sicurezza

Gli italiani e la sicurezza

Il 53,2% degli italiani ritiene di vivere in una città abbastanza o molto sicura; sul versante opposto, il 30,4% giudica la propria città come poco o per niente sicura. La paura di subire reati negli ultimi due anni nella maggior parte dei casi è rimasta invariata (68,5%); sono diminuiti coloro che hanno più paura (dal 30% al 24,5%), ma solo il 7% afferma che la paura sia diminuita (-10,9% rispetto al 2019).

In difesa e non all’attacco: come ci si protegge

I provvedimenti adottati negli ultimi due anni per sentirsi più sicuri hanno visto la maggioranza degli italiani installare grate alle finestre (28,7%), un sistema di allarme (28,6%) o una porta blindata (27,3%). Alcuni (11,1%) portano con sé, per sentirsi al sicuro, uno spray al peperoncino, un coltello (9,2%) o hanno acquistato un’arma da fuoco (8%).

Stalking: l’ex-partner responsabile delle molestie in circa un caso su quattro

Il 7,9% degli intervistati ha riferito di essere rimasta vittima stalking, l’87,4% non ha subìto questo reato e il 4,7% ha preferito non indicare alcuna risposta. Le vittime di stalking sono soprattutto persone tra i 45 e i 64 anni (9,7%) e giovani tra i 18 e i 24 anni (9,5%). Sono le donne ad essere più spesso vittime di atti persecutori, con l’8,9% di risposte affermative rispetto al 6,8% registrato per gli uomini. E l’ex partner si conferma come il primo responsabile di atti persecutori (24,1%).

Revenge porn: almeno uno su dieci conosce qualcuno rimasto vittima

Il 12,7% degli italiani intervistati conosce qualcuno che è stato/a vittima di revenge porn, mentre il restante 87,3% non conosce persone le cui immagini o video intimi siano stati diffusi e veicolati senza consenso. Più spesso a riferire di conoscere vittime di revenge porn sono i giovanissimi under 25 (18-24enni) con il 21% delle indicazioni. Nella metà dei casi sarebbero state messe in atto anche forme di ricatto (47,9%). Questi i dati rilevati dall’Osservatorio Cybersicurity dell’Eurispes che da tempo studia questo fenomeno.

Scuola

Gli italiani e la scuola

Estendere l’obbligo scolastico fino alle scuole medie superiori trova d’accordo il 52,4% degli italiani. Sei mesi di servizio civile obbligatorio finita la scuola dell’obbligo è un’idea che piace nel 54,1% dei casi. Molti meno (48,2%) concordano sull’opportunità di introdurre nel sistema scolastico un criterio meritocratico per la retribuzione degli insegnanti più bravi e preparati. Solo il 32,9% degli intervistati ritiene una proposta valida il prolungamento dell’anno scolastico fino a luglio; accolta in maniera negativa anche l’eventualità della riduzione del numero delle Università presenti in Italia (il 33,3% si dice favorevole). Tra le agenzie educative, la scuola viene relegata ad un ruolo di secondo piano e considerata formativa per la propria esperienza di vita solo nel 6,5% dei casi. È la famiglia, al contrario, ad aver influito maggiormente sull’educazione degli italiani intervistati (47%). Più dell’approfondimento dei grandi eventi storici (47,6%) i programmi scolastici relativi allo studio della storia dovrebbero privilegiare i fatti della storia recente (52,4%). Questa richiesta arriva soprattutto dai giovani (il 57,1% dei 18-24enni e il 65% dei 25-34enni).

Cambiamento climatico

La temperatura globale è aumentata di 0,8 gradi celsius e, se la situazione non dovesse cambiare, si potrebbe registrare una crescita di 1,5 gradi centigradi tra il 2030 e il 2052. Se il riscaldamento globale non si arresterà, nel 2100 il Pil mondiale subirà una variazione negativa del 23%. Tuttavia, l’alzamento delle temperature non influenzerà tutto il mondo allo stesso modo: l’economia dei Paesi freddi come Svezia, Norvegia e Canada, sta registrando aumenti del Pil pro capite dal 25 al 34%. L’Italia è tra i paesi più vulnerabili: i cambiamenti climatici ridurranno il Pil pro capite italiano dello 0,89% nel 2030, del 2,5% nel 2050 e del 7% nel 2100. Più di un quarto degli italiani (26,6%) considera il riscaldamento globale il problema più urgente relativo all’ambiente. Seguono: gestione dei rifiuti (20,7%), inquinamento atmosferico (16,4%), dissesto idrogeologico (11,3%) e problema energetico (11,2%). A giudicare più urgente una soluzione al riscaldamento globale sono i giovani tra i 18 e i 24 anni (34,3%), più del doppio rispetto agli over 65 (16,1%).

Riscaldamento terrestre. Un terzo non è disposto a cambiare abitudini o crede che non serva o che sia un problema troppo grande

Più di un terzo degli italiani (34,7%) è disposto a ridurre i consumi quotidiani per limitare il riscaldamento terrestre (nel 2018 erano il 23%,); un altro terzo (33,2%) crede possa servire se lo fanno in tanti tutti i giorni (41,1% nel 2018,); l’ultimo terzo (32,1%) si divide tra chi crede sia un problema troppo grande da risolvere attraverso i comportamenti dei singoli (17%; nel 2018 erano il 20,2%), chi è poco disposto a cambiare le proprie abitudini (9,7%; nel 2018 erano il 10,1%) e chi crede non serva a niente (5,4%; nel 2018 il 5,6%).

Istituzioni, politica e media

Meno del 15% esprime fiducia nel sistema delle Istituzioni del nostro Paese

Nel 2020, la quota di chi ha un atteggiamento positivo si ferma al 14,6% (-6,2% rispetto al 2019, anno in cui si era registrato il miglior risultato dal 2014); poco meno della metà (46,6%) indica che la fiducia non ha subìto variazioni (39% nel 2019). Gli sfiduciati, però diminuiscono dal 29,4% al 24,9%.

Mattarella, resiste come punto di riferimento

Il Presidente della Repubblica raccoglie il plauso di più della metà degli italiani e ottiene un tasso di consensi pari al 54,9% (era al 55,1% nel 2019).

Nessuno dei tre poteri dello Stato riesce a conquistare presso i cittadini una fiducia che vada oltre il 50%. Inoltre per Governo e Parlamento, calano i consensi. Più fiducia nella Magistratura

Poco più di un quarto degli italiani (26,3%) ripone fiducia nell’attuale Governo, oltre dieci punti in meno rispetto al 2019 (36,7%). Il Parlamento registra un decremento di cinque punti con solo uno su quattro che si fida (25,4%; erano il 30,8% nel 2019). La fiducia nei confronti della Magistratura continua a crescere, sebbene non riesca ad oltrepassare la soglia della metà dei consensi (49,3%, +2,8% rispetto al 2019).

Le altre Istituzioni, “volano” le altre confessioni religiose (+10%) e i sindacati (+8,5%)

Vanno oltre il 50% e seguono un trend positivo di consensi le associazioni dei consumatori (dal 53% del 2019 al 58,4%; +5,4%); le associazioni di volontariato (dal 64,2% al 70%; +6,2%); la Chiesa cattolica (dal 49,3% al 53,4%; +4,1%); il sistema sanitario (dal 62,3% al 65,4%; +3,1%). Di segno positivo anche i risultati delle associazioni degli imprenditori, passate dal 43,2% dei consensi nel 2019 al 49,4%. I sindacati avanzano di ben 8,5 punti (dal 37,9% al 46,4%); le altre confessioni religiose aumentano di 10 punti (dal 29,8% al 40,2%). In lieve calo, il sistema scolastico che passa dal 67,4% al 65% e la Protezione Civile dal 79,2% al 77,8%. Stabili partiti (dal 27,2% al 26,6%) e Pubblica Amministrazione (dal 34,7% al 34,3%).

Reddito di cittadinanza, Flat tax, sugar tax, quota

Tra le misure attuate o proposte dal Governo le più criticate sono il reddito di cittadinanza con il 67,1% delle indicazioni negative e la Sugar Tax (67,4%); anche la Flat Tax incontra la disapprovazione dei più (62,6%). L’introduzione di Quota 100 è apprezzata da sei cittadini su dieci (59,2%) e un numero simile si esprime positivamente sull’autonomia delle Regioni (57,6%); conquista, anche se non in maniera netta, la tassa sulla plastica (51%).

Gli italiani ed i media:

Gli italiani considerano ancora la televisione il mezzo più attendibile (64,6%); seguono giornali radio (59,8%), quotidiani (55,3%); quotidiani online (51,1%); talk televisivi (42,4%); forum o i blog (41,1%) e Social Network (35,4%).

Opinione di voto, la Tv perde dieci punti in 12 anni. Un quarto degli italiani non si affida ai mezzi di informazione

Quasi tre italiani su dieci (28,6%) formano la loro opinione di voto sulla base delle informazioni che apprendono in Tv (nel 2008 il dato era al 38,3%); un quarto (24,6%) non si basa su alcun mezzo, in quanto ha idee proprie. Pochi si affidano a Social (12,2%), quotidiani (10,1%), quotidiani on line (8,5%), radio e comizi dei candidati (5,2%).

Valori e ideali orientano le scelte politiche per un terzo degli italiani

Ad influenzare maggiormente le scelte di voto sono i valori e le opinioni personali (32,6%). Seguono la propria situazione economica/lavorativa (16,8%), la propria visione del futuro (14,8%), la situazione familiare (10,5%), la tradizione familiare (9,6%) e l’opinione di parenti ed amici (8,8%).

Chiudiamo questa raccolta di stralci con un tema

che affronteremo a breve in nostre iniziative

Il cibo

 Gli italiani ed il cibo

 Di fronte alla domanda “è vegetariano?” il 6,7% degli italiani intervistati afferma di esserlo, il 2,2% dichiara invece di essere vegano, mentre il 6,3% dice di non essere più vegetariano. Nel 2020, dunque, con l’8,9% delle indicazioni, vegetariani e vegani sono in aumento rispetto al 2019 e al 2018, quando questa percentuale era rispettivamente al 7,1% e al 7,3%. Tra le motivazioni alla base della scelta troviamo soprattutto la salute e il benessere (23,2%) e l’amore e il rispetto nei confronti del mondo animale (22,2%).

Le alimentazioni “senza”

Il 18,7% degli italiani che hanno partecipato all’indagine ha un’alimentazione priva di lattosio, il 14,6% mangia cibi senza glutine, e il 16,3% segue un’alimentazione arricchita regolarmente da integratori.

Alimenti alla cannabis: molti li hanno sperimentati o vorrebbero farlo. Il 5% li usa nella propria dieta

Il 23,1% degli italiani sarebbe curioso di provare alimenti a base di cannabis light, il 16,4% li ha già sperimentati e il 5,1% ha inserito questi alimenti all’interno delle proprie diete. Dall’entrata in vigore della legge 242/2016 nel gennaio del 2017 le superfici coltivate a canapa in Italia erano passate da 950 ai quasi 4.000 ettari nell’ultimo triennio; erano nate 800 partite IVA agricole specializzate, 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione, e 1.000 shops. Il settore contava 10.000 addetti e un fatturato di 150 milioni di euro per il 2018. Ventotto miliardi previsti per il 2021 era il potenziale giro di affari del settore a livello europeo.

Vite frenetiche, cibo a portar via o a domicilio. Le nuove tendenze. Un bambino su tre è obeso

Il 54% degli italiani compra cibo a domicilio. L’abitudine di acquistare alimenti già cucinati destinati all’asporto è assai diffusa e riguarda ben il 70,3% degli italiani. Anche coloro che acquistano sui banchi del supermercato e della grande distribuzione organizzata prodotti industriali che richiedono qualche minuto per essere pronti sono in molti (61,9%). Accanto al consolidarsi di nuovi stili alimentari, si evidenzia un dato preoccupante: i tassi di obesità infantile nel nostro Paese sono considerati tra i più alti. Il sovrappeso in Italia interessa circa 1 bambino su 3. Ci troviamo al secondo posto in Europa per diffusione dell’obesità infantile maschile (21%) e al quarto per obesità infantile femminile (14%).

venerdì 24 gennaio 2020

Primo Levi ad Avigliana - a cura di Davide Bucci e Maria Antonietta Fonnesu


In occasione della “Giornata della Memoria”, 27 Gennaio 2020, Circolarmente ripropone il documento a suo tempo pubblicato come guida storica ai luoghi testimonianza della presenza di Primo Levi in Avigliana



Primo Levi ad Avigliana
Davide Bucci, Maria Antonietta Fonnesu


Introduzione
Primo Levi è stato uno scrittore di fondamentale importanza nel panorama culturale del XX secolo. Considerato per lungo tempo principalmente un testimone dell’Olocausto a causa del forte valore di testimonianza dei suoi libri Se questo è un uomo e La tregua, più di recente ne viene sempre di più riconosciuta l’immensa statura letteraria, anche su scala internazionale.
Se è ben noto e riconosciuto il legame tra Levi e Torino, molto meno studiato è invece quello esistente tra lo scrittore e la città di Avigliana, in val di Susa, dove Primo Levi lavorò per poco più di un anno subito dopo il rientro dai campi di concentramento. Il periodo aviglianese fu tuttavia un’esperienza importante per il giovane scrittore perché, coincise con il ritorno ad una vita professionale ed affettiva normale e si sovrappose quasi esattamente al periodo della stesura della prima versione di Se questo è un uomo. Primo Levi trovò infatti lavoro dal 21 gennaio 1946 a fine giugno 1947 come chimico delle vernici alla Duco di Avigliana, stabilimento nato nel 1929 nelle vicinanze del Dinamitificio Nobel, complesso chimico presente nel comune dal 1871 e notevolmente sviluppatosi durante le due guerre mondiali.
Il nostro obiettivo sarà di ritrovare quanto resta della Duco ad Avigliana e cercare di identificare i luoghi in cui Primo Levi ha soggiornato e lavorato, fra i quali la foresteria dove probabilmente una buona parte di Se questo è un uomo è stata redatta.
Quest’articolo è organizzato come segue: in primo luogo presenteremo i riferimenti che Levi fa ad Avigliana (impliciti ed espliciti) all’interno della sua opera, in un secondo momento vedremo molto brevemente la storia della Duco e le sue relazioni con il contiguo Dinamitificio, descriveremo quindi le fonti orali che abbiamo consultato e passeremo infine a fornire i risultati che abbiamo ottenuto, cercando di identificare la posizione degli edifici della Duco e della foresteria. Termineremo quindi con le prospettive e le conclusioni di questo lavoro.

 I riferimenti ad Avigliana nell’opera di Primo Levi
Primo Levi stesso parla di Avigliana in diverse occasioni nella sua opera pubblicata. Avigliana è una cittadina che si trova in val di Susa, a circa 25 km da Torino, servita da una linea ferroviaria di importanza internazionale perché collega l’Italia alla Francia fin dall’inaugurazione del tunnel ferroviario del Fréjus nel 1871. Sede di diverse industrie di varia importanza, alcune furono strettamente legate all’attività di un grande Dinamitificio, sviluppatosi tra il 1872 ed il 1965.
 Il riferimento probabilmente più importante si trova alla fine di Se questo è un uomo, perlomeno nell’edizione Einaudi[1] da noi consultata (che contiene anche La tregua) e che riporta le date di inizio e di fine della prima stesura “Avigliana-Torino, dicembre 1945 – gennaio 1947”. Inspiegabilmente però, questa indicazione non compare nelle due versioni quella originale di De Silva del 1947 e quella di Einaudi 1958 riportate nelle Opere complete[2].


[1] P. Levi, Se questo è un uomo, La tregua, G. Einaudi, Torino 1993, pag. 153.
[2] P. Levi, Opere complete I-II, a cura di Marco Belpoliti, G. Einaudi, Torino 2016. Per le nostre citazioni all’opera di Primo Levi, ci avvarremo dell’opera completa, salvo dove diversamente indicato. Per brevità, quindi, le citazioni saranno indicate da OP seguite dal volume e dal numero di pagina.


Il secondo riferimento esplicito è legato al capitolo Cromo del Sistema Periodico dove, seppure Avigliana non sia citata, viene descritto il periodo trascorso da Levi nella cittadina valsusina, come giovane impiegato di una ditta di vernici. E’ facile riconoscere la Duco nella “grande fabbrica in riva al lago[1], conoscendo la biografia dello scrittore[2] e sapendo che il primo lavoro dopo il ritorno dai campi di sterminio è stato proprio in quest’impresa, dal 21 gennaio 1946 a fine giugno 1947. Primo Levi in Cromo ci fa capire come soggiornasse ad Avigliana in settimana e rientrasse a Torino per il fine settimana, nei “gelidi e fuligginosi treni merci di allora[3], oppure in bicicletta come ci dice nella conversazione con Giovanni Tesio[4]. L’espressione “fabbrica in riva al lago” ritorna nel Sistema Periodico anche nei capitoli Azoto[5] ed in Stagno[6] sempre per indicare la Duco.
Interessante per noi è anche la descrizione che Primo Levi ci fa della sua esperienza aviglianese, in Calze al fulmicotone, racconto parte de L’altrui mestiere ed in cui fa riferimento esplicito (oltre che alla Duco in cui lavorava) anche al dinamitificio Nobel, principale fabbrica di Avigliana nel periodo in cui Levi vi soggiornò[7]. Levi descrive così la sua sistemazione: “Il colorificio in cui avrei dovuto lavorare era vetusto, squallido, pieno di macerie e di fango, ma poco lontano, rinchiuso fra due collinette verdeggianti, c’era un dinamitificio che durante la guerra era stato rammodernato. Qui, nella foresteria, mi venne assegnata una camera linda e luminosa con vista sulle montagne; avrei avuto diritto a consumare la cena nella mensa aziendale.”[8] e poco oltre “Fino a pochi mesi prima, il dinamitificio non era stato un sito tranquillo. C’erano stati attacchi aerei, incursioni dei partigiani affamati di esplosivo, razzie dei tedeschi (proprio per loro, anzi era stata attrezzata la foresteria: l’abitarvi mi sembrava in qualche modo una compensazione)…”[9] Il racconto prosegue con la descrizione di uno scherzo crudele fatto per gelosia in cui una matassa di fulmicotone, scambiata per cotone ordinario, viene filata per far delle calze da donna che finiscono per provocare un grave incidente domestico.
Molto interessanti sono per noi le poesie di Primo Levi, raccolte in Ad ora incerta, perché riportano la data e per qualcuna il luogo in cui sono state scritte. Ecco quindi Un altro lunedì con dicitura Avigliana, 28 gennaio 1946[10], Il ghiacciaio con dicitura Avigliana, 15 marzo 1946[11], La strega con dicitura Avigliana, 23 marzo 1946 oltre che, naturalmente Avigliana, con data 28 giugno 1946. Appartengono al periodo aviglianese dello scrittore (ma non riportano il luogo di scrittura) anche Da R. M. Rilke, (28 gennaio 1945), Ostjuden (7 febbraio 1946), Il tramonto di Fossoli (7 febbraio 1946) e 11 febbraio 1946 (con data identica al titolo).
Per finire, in La chiave a stella viene citata una volta Avigliana in una descrizione di Faussone nel capitolo Off-Shore: “Sa, fosse stato il lago di Avigliana forse avrebbe anche ragione lei, ma quello era il Pacifico, e non so proprio perché quegli esploratori lo abbiano chiamato così , dato che onde ne ha sempre, anche quando è calmo…”[12].
Nascono quindi diverse domande legate ad Avigliana 


[1] OP vol. I, pag. 971.
[2] Si veda per esempio C. Angier, Il doppio legame, vita di Primo Levi, Mondadori, Milano 2004.
[3] OP vol. I, pag. 972.
[4] P. Levi, Io che vi parlo, conversazione con Giovanni Tesio, G. Einaudi, Torino, 2016, pag. 113.
[5] OP vol. I, pag 991.
[6] OP vol. I, pag. 999.
[7] Si vedano per esempio S. Sacco, G. Richetto, Il dinamitificio Nobel di Avigliana, P. Melli, Susa 1991 e P. M. Delpiano, Viaggio intorno alla Dinamite Nobel, Editris Duemila, Torino 2011.
[8] OP vol. II pag. 834.
[9] Ibid.
[10] OP vol. II, pag 688.
[11] OP vol. II, pag 693.
[12] OP vol. I, pag. 1089.


  • ·       Cosa resta della Duco oggi? 
  • ·       Dove si trovavano i laboratori, in cui è stato risolto l’enigma “mezzo chimico e mezzo poliziesco[1] descritto in Cromo
  • ·       Dove si trovava la mensa dove la vicenda di Calze al fulmicotone viene raccontata a Levi?  
  • ·       Dove si trovava e cosa resta oggi della foresteria del Dinamitificio in cui Primo Levi ha scritto gran parte di Se questo è un uomo?



[1] OP vol. I, pag. 972


Prima di tentare di rispondere a queste domande, sarà opportuno ricordare brevemente nel prossimo paragrafo la storia del Dinamitificio Nobel e della Duco ad Avigliana.

La Duco ed il Dinamitificio Nobel ad Avigliana
Per nostra fortuna, esistono diversi studi sul Dinamitificio di Avigliana. Diversi aviglianesi inoltre ne ricordano ancora oggi il periodo di attività nonché il rumore degli scoppi dovuti agli incidenti, spesso mortali, che vi avvennero e che furono in qualche caso udibili in tutta la cittadina. I due studi che abbiamo consultato[2] ne ritracciano la storia, ed in qualche caso parlano anche della Duco, stabilimento che come vedremo era collegato alle attività del Dinamitificio.
Partendo dall’inizio, nel 1872, Alfred Nobel fondò ad Avigliana il terzo stabilimento di produzione della Dinamite, dopo quelli di Zamky in Repubblica Ceca e Paulilles in Francia. Gli stabilimenti italiani diventeranno poi diversi, perché già nel giugno 1869 la produzione degli esplosivi, prima un monopolio di stato, venne liberalizzata. La scelta del luogo della sede di produzione italiana, motivata fra l’altro dall’apertura dei cantieri del tunnel del Gottardo (1872-1882), cadde su Avigliana perché erano presenti diversi fattori importanti, analoghi a quelli di altri stabilimenti Nobel: la presenza di acqua fornita dai due laghi, colline a protezione dei vicini centri abitati (trucco di San Martino), la presenza della linea ferroviaria di recente costruzione fra Torino e Modane e soprattutto l’offerta gratuita di un’area per incrementare gli insediamenti industriali in Val di Susa. Altre sedi della Nobel saranno poi fondate in Francia, Svizzera, Inghilterra, Germania, Portogallo, Austria, con altri distaccamenti in Stati Uniti, America centrale (per via dell’apertura del canale di Panama), Venezuela e Sud Africa. Interessante per noi notare come la dinamite aviglianese non poté essere utilizzata per il vicino tunnel ferroviario del Fréjus, aperto lo stesso anno della fondazione dello stabilimento aviglianese.
Nel 1880 la fabbrica prese il nome “Società anonima Dinamite Nobel” e le venne concessa la posa di un binario a scartamento ridotto (Decauville) anche con attraversamento della strada comunale. In questo periodo, il complesso fu ingrandito fino ad occupare due stabilimenti distinti, chiamati Allemandi e Valloja i quali vennero ulteriormente sviluppati durante la prima guerra mondiale fra il 1915 ed il 1918. Al termine della guerra, vennero però a mancare i privilegi del periodo bellico e si dovette provvedere ad una parziale riconversione della produzione. Ci furono degli esuberi di personale specializzato che fu incoraggiato ad emigrare negli stabilimenti in Sud Africa ed in Messico[3]. In particolare, la nitrocellulosa (importante componente di numerosi esplosivi) poteva essere prodotta in grandi quantità negli stabilimenti esistenti e permetteva numerosi sfruttamenti industriali non legati agli esplosivi. A causa del pesante declino industriale del primo dopoguerra, la Montecatini di Guido Donegani acquisì la maggioranza delle quote della Società Anonima Dinamite Nobel italiana e ne diventò quindi a tutti gli effetti una consociata nel 1925. Fra le varie cose, si tentò di produrre della seta artificiale a partire dal 1920, ma con scarso successo nella concorrenza con la SNIA Viscosa. Un’attività più redditizia fu invece la produzione di vernici pigmentate a base, appunto, di cellulosa. Si sottoscrisse un accordo con il colosso di vernici americano Du Pont


[1] OP vol. I, pag. 972
[2] Noi ci baseremo sui testi di Sacco, Richetto e Delpiano già citati.
[3] Ancora oggi (febbraio 2018), una piccola comunità di aviglianesi e discendenti abita tuttora in Sud Africa.

per lo sfruttamento dei brevetti per le vernici alla nitrocellulosa e per l’esclusiva di vendita in Italia delle vernici prodotte. Ciò diede origine nel 1928, ad Avigliana, all’apertura della Duco (Du Pont Company), poco lontana dagli stabilimenti del dinamitificio, facente quindi capo anche lei alla Montecatini.
A partire dal 1933, con la guerra in Etiopia, il Dinamitificio conobbe una fase di sviluppo dovuto alle attività belliche che continuò per più di un decennio. Durante la seconda guerra mondiale, il dinamitificio aviglianese fu occupato dai tedeschi il 12 settembre 1943, pochi giorni quindi dopo l’armistizio dell’8 settembre. Come già abbiamo letto nelle parole di Primo Levi, il complesso industriale fu effettivamente sede di diverse azioni dei partigiani e di pesantissimi bombardamenti[1]. Poco prima della fine della guerra, il 14 aprile 1945, lo stabilimento Allemandi venne completamente distrutto da un bombardamento alleato che per fortuna non fece vittime fra il personale.  Questo bombardamento lasciò fra 600 e 700 crateri di bombe, come raccontò poi il Dott. Carrà[2], direttore dello stabilimento dal 1 agosto 1945 alla chiusura. Il dinamitificio fu abbandonato dai tedeschi il 29 aprile 1945 che tentarono (in maniera piuttosto incompleta e maldestra) di distruggere gli stabilimenti restanti. Dopo la liberazione, lo stabilimento Valloja fu riaperto in un piano di ristrutturazione aziendale che coinvolse anche altri stabilimenti italiani e la produzione di dinamite e di altri esplosivi ricominciò. Fu anche in breve riattivata la Duco ed è qui che, come abbiamo già detto, Primo Levi trovò lavoro nel gennaio 1946.
Quindi, per riassumere, la Duco dove lavorò Levi non faceva direttamente parte del Dinamitificio, nel senso che non partecipava alla produzione di esplosivi, ma vi era strettamente collegata per via della necessità della nitrocellulosa e di altri prodotti chimici.
Il dinamitificio e tutta la produzione aviglianese di esplosivi fu spostata a Orbetello chiudendo lo stabilimento aviglianese nel 1965. Il marchio Duco è tuttora esistente (parte di Cromology Spa), ma la produzione di vernici venne trasferita da Avigliana a Codogno[3] negli anni 1960.

Le fonti orali
Per identificare la posizione attuale di quella che fu la Duco, abbiamo potuto intervistare due ex-impiegati della fabbrica, i signori Uberto Franchino e Giancarlo Vinassa i quali gentilmente ci hanno accordato delle interviste e ci hanno accompagnato nei luoghi dove lavoravano. Entrambi però sono stati assunti alla Duco in periodi successivi alla presenza di Primo Levi e non hanno avuto contatti diretti con lui. Giancarlo Vinassa ha lavorato alla Duco a partire dal 1956 ed è stato incaricato di redigere diverse planimetrie degli stabilimenti industriali (in certi casi riprendendo e ridisegnando mappe preesistenti fatte da suo padre Roberto), sotto la direzione dell’ing. Buffa. Uberto Franchino è stato impiegato come chimico in Duco dal 1958 alla chiusura.
Purtroppo, non abbiamo potuto trovare persone ancora in vita aventi incontrato Primo Levi ad Avigliana, ma le testimonianze dei signori succitati ci hanno comunque fornito le informazioni necessarie per situare la Duco e orientare la successiva ricerca dei documenti che presenteremo nel seguito di quest’articolo.


[1] Si veda Sacco e Richetto, op.cit. pag. 105 e 106.
[2] Ibid.
[3] Primo Levi stesso vi accenna nella conversazione con Giovanni Tesio, op.cit. a pag. 113.

 I luoghi di Primo Levi: la posizione della Duco e del laboratorio


Fig. 1: Mappa del 1935 rappresentante lo stabilimento Valloja[1]. Si vede chiaramente la posizione della SAI-DUCO a fianco del corso del canale Naviglia.

Per ritrovare la posizione attuale degli edifici dove lavorò Levi, risulta quindi importante identificare il perimetro della Duco a fianco degli edifici del dinamitificio. A questo proposito, risulta interessante incominciare dalla mappa della figura 1, che risale al 1935 e nella quale sono chiaramente visibili sia la posizione della Duco, sia alcuni punti di riferimento ancora esistenti come la strada nazionale Susa-Torino (ora strada statale 25) con il cavalcavia sulla ferrovia Modane – Torino, il tracciato del canale Naviglia, la strada S. Ambrogio – Avigliana e la strada dei Bertassi. Risulta quindi possibile situare l’ingresso della Duco all’incrocio fra le odierne Via Frera e Viale Caduti della Polveriera. Un disegno datato al 1957 dell’ingresso della Duco è disponibile nell’Archivio Storico del Comune di Avigliana[2] ed è riprodotto in fig. 2. Un confronto con la foto attuale di fig. 3 permette di riconoscere con facilità diversi edifici ancora esistenti anche se nel frattempo c’è stata qualche aggiunta ed il cancello del complesso non è più presente. Una diramazione della rete ferroviaria Decauville entrava all’interno del complesso ed i binari sono visibili nel disegno di fig. 2.


[1] Riprodotta da Sacco e Richetto, op.cit. pag. 102.
[2] Archivio Storico Comune di Avigliana (ASCA), fondo Dinamite Nobel-Montecatini

Fig. 2: Un disegno del 1957 dell’ingresso della Duco, con alcuni edifici non ancora presenti all’epoca di Primo Levi. Si nota l’ingresso dei binari nel portale di sinistra


Fig. 3: Fotografia dell’ingresso attuale (2017), da confrontare con il disegno della fig. 2. Via Frera si trova a sinistra e l’attuale via Caduti della Polveriera entra in quello che era il cancello del complesso. I binari che si vedono nel disegno di fig. 2 non esistono più. Dietro la vecchia portineria, situato lungo via Frera, si trovava il refettorio.


In particolare, si nota facilmente come via Caduti della Polveriera corrisponda attualmente a quello che fu il viale interno del complesso industriale. Una cosa che si osserva ritrovando il perimetro della Duco è che la descrizione che ne dà Levi “grande fabbrica in riva al lago” è da intendersi in senso lato, perché la Duco non si trova certo in riva al Lago Grande anche se questi non è poi tanto lontano. Anche la maggior parte del Dinamitificio non si trovava in immediata prossimità del Lago Grande. Qualche edificio esisteva effettivamente vicino alla strada del Grignetto, come l’attuale sede del Parco Naturale Laghi di Avigliana (allora fungente da abitazione), nonché alcune parti del cosiddetto “reparto T4 - laghi”, come una centrale termoelettrica.
Per identificare alcuni luoghi importanti legati alla presenza di Primo Levi rimangono quindi da cercare maggiori informazioni sulla Duco, disponibili nelle mappe più dettagliate disponibili sempre all’Archivio Storico. Ne esistono due interessanti per noi e che dettagliano il piano di quello che era la Duco nel 1940 e nel 1950. La dimensione delle mappe non permette di riprodurle in maniera leggibile in quest’articolo e pertanto la mappa del 1950 è stata ridisegnata in forma leggermente semplificata in figura 4, utilizzando anche una mappa del 1959 dell’intero stabilimento Valloja.


Fig. 4: Mappa della Duco, ridisegnata dall’originale risalente al 1950 presente nell’Archivio Storico del Comune di Avigliana. Sono state comparate le posizioni degli edifici con la mappa in scala 1:2000 dell’intero stabilimento Valloja del 1959. L’Ufficio finanziario è indicato “Gabinetti” nella mappa del 1940.


La mappa (che si può confrontare con un’analoga del 1940) è stata disegnata da Giancarlo Vinassa ed è molto utile per noi perché presenta una legenda con vari colori a seconda della data di fabbricazione degli edifici. Nella nostra riproduzione, abbiamo quindi conservato anche i colori che indicano la data di costruzione.
Fra il 1940 ed il 1950, si notano notevoli cambiamenti, probabilmente dovuti al periodo bellico e che testimoniano di un certo sviluppo della fabbrica. Risulta certa la posizione del laboratorio nel 1950, confermataci oralmente anche dai sigg. Franchino e Vinassa. Sebbene non si sappia esattamente a che momento fra il 1940 ed il 1950 fosse stato costruito, sembra ragionevole supporre che fosse presente all’epoca di Levi, perlomeno leggendo Cromo dove si parla in maniera esplicita di un “laboratorio”: “Mi era stata benignamente concessa una scrivania zoppa in laboratorio, in un cantuccio pieno di fracasso e di correnti d’aria[1]. L’indirizzo attuale può quindi essere facilmente riconosciuto, l’edificio è accessibile ed è in via Caduti della Polveriera 13. La figura 5 ne mostra una foto recente.


[1] OP vol. I, pag. 971

Fig. 5: l’aspetto del laboratorio della Duco nell’ottobre 2017 in via Caduti della Polveriera 13. Si noti la targa posta dal Comune di Avigliana nel settembre 2017, a ricordo della presenza dello scrittore.


Fig. 6: “Me la portarono in laboratorio, e non avevo mai visto una ustione simile[1]” L’infermeria della DUCO. Che sia questo il luogo dove il dottore di “Calze al fulmicotone” visitò la sua paziente?

[1] OP vol. I, pag. 971
[1] OP vol. II pag. 836


Nella planimetria della fig. 4 sono anche riconoscibili l’infermeria (costruita tra il 1930 ed il 1940 e visibile in figura 6), forse quella dove si accenna in Calze al fulmicotone, ed il refettorio (chiamato nella mappa “Fabbricato assistenziali” e situato subito dietro la portineria, in via Frera) sempre citato nella stessa occasione e costruito tra il 1940 ed il 1950.
Al termine del suo periodo aviglianese, Levi abbandonò il lavoro in Duco nel giugno del 1947, per una breve esperienza da lavoratore indipendente in un laboratorio chimico con il suo amico Alberto Salmoni (si vedano Arsenico, Azoto e Stagno ne Il sistema periodico). A noi interessa la poesiola che distribuì al momento della partenza ai suoi colleghi in Duco (si veda OP vol. II, pag 1781 e 1782). Levi ne parla esplicitamente in Stagno: “Mi ero licenziato con assurda baldanza, distribuendo a colleghi e superiori un testamento in quartine pieno di allegre insolenze[2]. La figura 7 mostra una scansione di una versione dattiloscritta gentilmente offertaci dalla sig.ra Salotti, figlia del “Per.In. Salotti” citato nella poesia. E’ probabile, ma non provato, che si tratti di una copia del dattiloscritto originale (probabilmente riprodotto in diversi esemplari con carta carbone da Levi stesso e distribuito ai colleghi citati nei versi). 



Fig. 7: scansione di una versione dattiloscritta de Il testamento del vice capo laboratorio, poesiola ironica distribuita dai colleghi al termine della sua esperienza aviglianese in Duco. Fornitaci gentilmente dalla sig.ra Salotti, è possibile che si tratti della fotocopia della versione dattiloscritta all’epoca da Levi stesso.

La Foresteria e la scrittura di Se questo è un uomo
Vista la primaria importanza che riveste Se questo è un uomo nella letteratura mondiale del XX secolo, diventa rilevante cercare di ritrovare la foresteria dove, anche a detta di Levi in Cromo, gran parte della prima stesura del libro è stata redatta: “Questo scribacchino maniaco 

[1] Ibid. pag. 999

che disturbava le notti della foresteria scrivendo a macchina chissà che, per intrigarsi degli errori passati e lavare i panni sporchi di una generazione?[1]. Conviene ricordare un’intervista di C. Angier[2] al dott. Colombo, il quale affermava che Levi parlasse poco della sua esperienza ad Auschwitz, pur non facendo mistero che stesse scrivendo un libro. Tutto ciò con la discrezione che gli era propria e, certamente, senza disturbare nessuno la notte in foresteria. La Angier, riportando sempre il dott. Colombo, indica come Levi soggiornasse ad Avigliana in una foresteria denominata “la casa rossa”. Cercheremo quindi di situare quest’edificio e di vedere quanto combaci con la descrizione riportata da Levi in Calze al fulmicotone.
Purtroppo l’Archivio Storico Comunale di Avigliana non è tuttora di facile consultazione per quanto riguarda i documenti attinenti il Dinamitificio ed affini[3], dove vengono riprodotti molti documenti risultati utili anche ai nostri scopi. Una fonte disponibile nell’archivio storico del comune e che abbiamo consultato è stata una notevole mappa, in scala 1:2000, dello stabilimento Valloja risalente al 1959 e quindi successiva alla presenza di Primo Levi. Vi sono chiaramente indicati due edifici che hanno suscitato il nostro interesse e sono indicati nella figura 8 con legenda 12 e 13 (purtroppo, le notevoli dimensioni della mappa non permettono una riproduzione integrale con leggibilità sufficiente all’interno di quest’articolo). Sembrerebbe in un primo tempo legittimo localizzare la foresteria di Levi nell’edificio 13, se non fosse che l’edificio è abbastanza arretrato rispetto alla strada (oggi viale A. Nobel) e corrisponde forse meno alla descrizione di Levi perché più lontano al comando tedesco che secondo Giancarlo Vinassa si trovava esattamente davanti all’edificio 12.

Fig. 8: A sinistra, una piccola porzione della planimetria in scala 1:2000 dello stabilimento Valloja risalente al 1959 e presente nell’Archivio Storico del comune. A destra, posizione di alcuni edifici rilevanti su una vista aerea moderna (Google Maps). Nella legenda della mappa del 1959 si legge 12 – Direzione, uffici, 13 – Alloggi casa rossa. L’indirizzo attuale di 12 è viale A. Nobel 10. L’edificio 10 si trova sull’attuale rotonda tra via Avigliana e viale A. Nobel.

[1] Ibid. vol. I, pag. 975
[2] Op.cit. pag. 457-459
[3] Di questo si lamenta anche P. M. Delpiano. Pare che gran parte dell’archivio Duco fosse stato recuperato dalla Montecatini alla chiusura dello stabilimento aviglianese. Inoltre, le informazioni sul Dinamitificio erano di importanza strategica durante la guerra e quindi probabilmente secretate.

Nella planimetria generale dello stabilimento Valloja della fig. 1, degli edifici sono presenti nella zona corrispondente alla porzione della mappa del 1959 e sono indicati genericamente come “Uffici”, ma sembrano di forma diversa rispetto a quelli visibili in figura 9. Sono forse stati soggetti a trasformazione in periodo bellico? Oppure vecchi edifici sono stati demoliti per fare spazio ai nuovi? Oppure ancora la planimetria del 1935 (originariamente in scala 1:3000) è meno precisa di quella del 1959 nel riportare la forma delle costruzioni.
Comunque sia, l’Archivio Storico di Avigliana contiene anche numerosi prospetti (con data 1 agosto 1955), fra cui quelli degli edifici che ci interessano e che abbiamo riprodotto nella figura 8.

Figura 9 A = Prospetto e pianta dell’edificio 13, riportanti la dicitura “ALLOGGI Foresteria (Vecchio stabilimento: Casa rossa)”. 
Figura 9 B = Prospetti e pianta dell’edificio 12, con la dicitura “Alloggi celibi ed ospiti (Vecchio stabilimento: uffici)”. Fonte ASCA.

Dalla descrizione del prospetto dell’edificio 12 in figura 9, si vede che (contrariamente alla dicitura della mappa del 1959), l’edificio è indicato come “Alloggi celibi ed ospiti”. Primo Levi avrebbe corrisposto molto bene a questa definizione nel periodo del suo soggiorno aviglianese. L’edificio gode ancora oggi di vista eccellente sul Musiné e sulle montagne vicine.
Ci pare quindi probabile che Levi abbia soggiornato in uno dei due edifici indicati 12 o 13 nella mappa del 1959. La planimetria contiene numerosi altri edifici chiamati genericamente “abitazione”. Un edificio (chiamato Palazzina alloggi) esisteva anche all’interno del perimetro della Duco. Tuttavia, nessuno di essi ci è sembrato corrispondere alla denominazione “foresteria” di cui fa uso Levi nonché alle sue descrizioni.
Cercando quanto resta oggi delle costruzioni, si riconosce facilmente l’edificio 12 che ha conservato pianta praticamente identica a quella indicata nella figura 9 a destra, si trova in viale Nobel 10 ed è visibile in figura 10. La sig.ra Bardelle (abitante dell’edificio) ci ha gentilmente fornito la foto riprodotta a sinistra e che risale probabilmente alla prima metà degli anni 1980. Essa ci mostra l’edificio privo di aggiunte più recenti come i balconi laterali.

Fig. 10: A sinistra: fotografia della metà degli anni 1980 dell’edificio 12 gentilmente fornitaci dalla sig.ra Bardelle. A destra, come si presenta l’edificio 12 “Alloggi celibi ed ospiti” attualmente (settembre 2017). L’edificio è oggi abitazione privata con indirizzo viale A. Nobel 10.


E’ invece più difficile riconoscere l’edificio 13 fra quelli esistenti attualmente, perché diverse costruzioni sono state aggiunte nel frattempo e perché l’edificio stesso è stato parzialmente demolito e modificato negli anni. La figura 11 mostra due foto degli anni 1980 gentilmente forniteci sempre dalla sig.ra Bardelle in cui appare la “Foresteria casa rossa” simile al prospetto di fig. 8 e come doveva forse apparire anche ai tempi di Primo Levi.
Fig. 11: foto della prima metà degli anni 1980 che mostrano l’edificio 13 “Foresteria casa rossa” visibile parzialmente all’interno degli ovali.

L’edificio presente oggi che più ci è sembrato corrispondere al prospetto della fig. 8 e alle foto della fig. 11 è mostrato in fig. 12 e si trova in viale A. Nobel 18. Si vede come interventi di muratura ne hanno alterato la parte posteriore, eliminandone una buona cubatura. Sono ancora evidenti le tracce delle caratteristiche finestre con arco a tutto sesto del prospetto.


Prospettive e conclusioni
Abbiamo ritrovato con certezza il perimetro della Duco in diverse planimetrie del Dinamitificio. Recatici nei luoghi, abbiamo potuto riconoscere molti edifici presenti anche all’epoca di Primo Levi. Ci sembra molto probabile l’ubicazione del laboratorio della Duco, confermataci dalle fonti orali consultate e risultata in buon accordo con le planimetrie. E’ probabilmente questo, che oggi porta l’indirizzo via Caduti della Polveriera 13, il luogo dove si trovavano i mulini a palle e dove i “fegati [di vernice impolmonita] disgustosi a vedersi e a toccarsi[1] hanno ritrovato la loro fluidità.
Più delicata sembra essere la determinazione della foresteria che accoglieva il giovane scrittore durante il suo soggiorno in settimana ad Avigliana. Ci pare comunque ragionevole provare a situare la foresteria in viale A. Nobel 10, in un edificio tuttora esistente e molto ben corrispondente alle descrizioni fatteci da Primo Levi. Qualche dubbio rimane, ed è possibile che, come riportato da C. Angier, Levi soggiornasse effettivamente nella “casa rossa”, edificio peraltro a pochissima distanza e situato sempre su viale A. Nobel.
Rimangono comunque dei dubbi e delle domande cui rispondere. La data esatta di fabbricazione del laboratorio e della mensa della Duco si può indicare solo fra il 1940 ed il 1950. Non è quindi certo che questi edifici fossero presenti fra il 1946 ed il 1947 quando Levi si trovava ad Avigliana.
Inoltre, le informazioni a nostra disposizione non sono molto chiare su quando e come gli edifici 12 e 13 della planimetria del 1959 sono stati edificati ed adattati ad alloggi. Ciò permetterebbe di fare raffronti con le date (ben note) relative all’occupazione tedesca del complesso industriale per vedere se possono corrispondere con la descrizione di Calze al fulmicotone. Non siamo inoltre riusciti a confrontare la vicenda raccontata in Calze al fulmicotone per sapere se incidenti di quel tipo sono effettivamente accaduti durante il periodo bellico.
Nonostante i punti ancora da chiarire, la nostra speranza è comunque che questa ricerca possa contribuire a districare alcuni nodi relativi alla presenza di Primo Levi ad Avigliana.

Ringraziamenti
Questo lavoro è stato reso possibile dalla cortesia e dal supporto di numerose persone che desideriamo qui ringraziare. Vogliamo ringraziare in particolare i sig.ri Uberto Franchino e Giancarlo Vinassa, che ci hanno parlato a lungo delle loro esperienze in Duco e ci hanno permesso di identificarne il perimetro e la prof.ssa Rosanna Perotto che pure ci ha aiutato nella ricerca. Un sentito grazie anche alla sig.ra Bardelle che ha gentilmente fornito le fotografie riprodotte nella figura 11.  L’associazione Circolarmente ci ha permesso di organizzare una passeggiata sui luoghi di Levi il 24 settembre 2017 ed un incontro pubblico il 13 ottobre 2017. Durante queste occasioni, sono stati presentati parte dei risultati sintetizzati qui. Un sentito ringraziamento va a Pietro Scarnera, Piero Bianucci e Francesca Rocci che hanno partecipato all’evento. Desideriamo ringraziare l’associazione ed il pubblico che ha partecipato numeroso. Non dimenticheremo la prof.ssa Rosetta Chiaberge e Martina Franchino, della libreria aviglianese La casa dei libri. Un ringraziamento va anche a Franco Fonnesu per i consigli sul testo e per la mappa della figura 7. Termineremo ringraziando calorosamente il Comune di Avigliana che, a riconoscimento della nostra attività, ha posto le targhe identificative dei “Luoghi di Primo Levi”.



[1] OP vol. I, pag. 976.