domenica 5 maggio 2019

Il "Saggio" del mese - Maggio 2019


Il “Saggio” del mese

MAGGIO 2019


Il testo scelto come “Saggio del mese” per Maggio 2019 dichiara apertamente nelle prime parole dell’introduzione di non voler essere un saggio. Allora perché sceglierlo? Per le ragioni che hanno spinto i suoi cinque autori a scriverlo, e che sono chiaramente espresse nell’introduzione, qui di seguito in parte riportata. Ed anche perché sono le stesse ragioni che hanno indotto noi di CircolarMente ad organizzare, in collaborazione con l’Anpi aviglianese e con il patrocinio del Comune di Avigliana, l’iniziativa del 17 Aprile scorso dal titolo “Europa riflessioni sul nostro orizzonte comune”., (il cui resoconto è già stato pubblicato  in questo blog) Ossia la volontà di offrire, a chiunque ci sia possibile raggiungere e coinvolgere, elementi di conoscenza e riflessione in vista delle decisive elezioni europee del prossimo 26 Maggio, ritenendo fondamentale che qualunque sia l’orientamento politico al riguardo la scelta sia il più possibile informata e ragionata. Riteniamo infatti che conoscere meglio l’Europa Unita, i suoi pregi ed i suoi attuali limiti, sia già di per sé stessa la maniera migliore per non disperdere a cuor leggero un irrinunciabile percorso storico unitario
Introduzione (stralci)
Questo volumetto non vuol essere un saggio sull’Europa ed i suoi problemi. Vuole essere l’avvio del dialogo che ciascuno di noi quotidianamente può, e forse deve, condurre con amici, parenti, colleghi, semplici conoscenti fortemente critici sull’Europa pronti a far propri slogan, luoghi comuni, giudizi sommari oggi di moda. Un invito a ragionare ….a rendersi conto di quanta strada con l’Europa si è fatta anche nel modo quotidiano di vivere …..e al contempo a non sottovalutare ma ad individuare nella loro reale dimensione motivi di crisi, ritardi, difficoltà, prospettando  tuttavia pure obiettivi e prospettive di soluzione ……un invito comunque a guardare ai dati, ai fatti……
I cinque autori sono:
Antonio Calabrò = Senior Advisor Cultura di Pirelli & C., Direttore della Fondazione Pirelli. È vicepresidente di Assolombarda (con deleghe per l’organizzazione, gli affari istituzionali e la legalità)
Maurizio Ferrera = Professore ordinario di Scienza Politica dell’Università degli Studi di Milano. membro del Comitato Direttivo del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino. Editorialista del “Corriere della Sera”.
Alberto Martinelli = professore di scienze politiche e sociologia all'Università di Milano, presidente del Consiglio internazionale delle scienze sociali
Antonio Padoa Schioppa =  giurista, storico, professore ordinario (dal 2008 professore emerito) di Storia del diritto medievale e moderno nell'Università degli Studi di Milano.

N.B. = in corsivo blu sono riportati estratti dal testo

Alcuni pregiudizi sull’Europa di Piergaetano Marchetti
Si affrontano in questo primo capitolo alcune delle più frequenti critiche rivolte al processo di unità europea. E’ una prima disamina d’insieme, nei capitoli successivi alcune di queste verranno riprese ed affrontate in modo più approfondito
1) – Europa antidoto alla guerra. E’ ancora vero?
L’Europa è nel pieno della tragedia della Seconda Guerra Mondiale quando l’ideale, l’idea, di una Europa Unita inizia a prendere corpo. Il “Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni viene redatto nel 1941. E proprio la guerra, il suo rifiuto, la volontà di rimuovere il maggior numero delle cause che la determinano, sono la prima e la più importante fonte di ispirazione e stimolo. Non sono mancati momenti e passaggi difficili ma sono ………settant’anni e più senza che alcuna famiglia abbia pianto un marito, un figlio caduto in guerra…….. Il vecchio continente non ha mai conosciuto un periodo così lungo di sostanziale assenza di conflitti armati su larga scala. Al punto che da alcune parti si sostiene che la guerra armata è ormai divenuta così estranea al comune sentire, in ispecie delle nuove generazioni, da rendere inutile, superflua la stessa costruzione europea. Non è così, non è così facile sradicare definitivamente il fantasma del ricorso alle armi …..Serbia, Bosnia, Kosovo, ieri ed oggi l’Ucraina….. per non dire dei tanti conflitti nelle immediate vicinanze dell’Europa lo testimoniano. Non di meno Europa si deve allora parlare, ma di più Europa.
2)- Europa e sovranità
Si sostiene da più parti che il risultato di garantire la pace sia però stato pagato a caro prezzo, con una cessione eccessiva di sovranità. Ed è attorno a questo tema che, con posizioni non di rado puramente strumentali a fini elettorali, si misura in buona parte la tenuta del percorso comunitario. Il termine “sovranità” implica molte considerazioni di diversa e complessa natura, in questa sede è utile limitarci al suo significato di ……..capacità di essere arbitri del proprio futuro, libertà di scelta, rifiuto di condizionamenti che rendano subalterni…… Se questo deve inteso per sovranità appare subito evidente che l’Europa non può essere vista come il problema, essendo al contrario, sotto diversi punti di vista, la soluzione. Nell’attuale contesto geo-politico mondiale, basato sul pochi centri di enorme potere, gravato da temi cruciali di rilevanza planetaria, quali migrazioni, degrado ambientale, diseguaglianze economiche, scarsità di risorse, la dimensione nazionale è del tutto inadeguata e perdente. Tutti gli Stati europei, nessuno escluso, possono sperare di fronteggiare adeguatamente tale scenario solo se rafforzano il “gioco di squadra” ….senza un’Europa forte la sovranità dei singoli Paesi diventa declamazione e illusione ingannevole, non rafforza, ma evapora e diventa un’arma spuntata……… Va inoltre detto che ad oggi l’Europa esercita solo le competenze che i Trattati e gli Stati membri le concedono, non può essere descritta come una sorta di tirannia calata dall’alto ……..non è distruttrice di autonomia e di sovranità semmai è persino troppo timida nell’esercitare queste competenze e nell’aiutare, sulla base del principio di sussidiarietà, gli Stati membri nel risolvere problemi più grandi della loro forza……….
3)- L’Europa e le identità
Considerazioni analoghe possono essere fatte in merito alla critica, collegata a quella di perdita di sovranità, di un’Europa che offuscherebbe le identità nazionali. Non diversamente da “sovranità” anche “identità” è termine che si apre a molte declinazioni, non essendo ad esempio sufficiente l’unicità della lingua a definirla compiutamente.  Se per identità ci si riferisce …….all’insieme di tradizioni, culture, gusti, valori, abitudini…… che legano una comunità più o meno ampia, appare evidente che molto raramente può essere fatta coincidere esattamente con i confini nazionali così come la storia li ha sin qui determinati. Nella stessa nazione convivono spesso più identità, l’Italia ne è un esempio evidente, e non di rado la stessa identità unisce comunità che vivono entro confini nazionali diversi. L’Europa non può pertanto essere vista come nemica delle identità per la pressione, tutta da dimostrare, che esercita sui singoli Stati. Sono altri i nemici delle identità comunitarie, ed in particolare lo è l’affermarsi di culture e stili di vita globalizzati segnati da consumismo e tecnologia. L’articolo 4 del Trattato sull’Unione Europea, a conferma di quanto detto, cita testualmente ………L’Unione Europea rispetta l’uguaglianza degli Stati membri e la loro identità nazionale…compreso il sistema delle autonomie locali e regionali………..
4) – L’Europa pensa solo all’economia e non all’uomo
Una ulteriori critica, anch’essa strettamente collegata a quelle precedenti, vede l’Europa come un potere tecnocratico (i tecnocrati di Bruxelles e Strasburgo) unicamente interessati agli aspetti economici. E’ innegabile che la creazione del mercato comune europeo sia stata una molla fondamentale per l’Europa unita, così come, in ispecie a partire dal 2008 anno di inizio di una strutturale crisi dell’economia ancora non superata, le politiche economiche, che come tutte le politiche sono soggette a critiche e visioni diverse, sono state quelle più determinanti nel caratterizzare l’azione e l’immagine europea. Ma non è sostenibile che l’Europa sia solo economia e che non guardi all’uomo, alle sue esigenze ed ai suoi diritti. Un dato lo dimostra ………..l’Europa con circa il 6% della popolazione mondiale eroga quasi la metà del welfare complessivo di tutti i Paesi del pianeta……….. L’Italia riceve dall’Europa più di dieci miliardi annui per queste finalità! Non sono poi pochi i casi in cui diritti fondamentali dell’uomo non sufficientemente garantiti dai singoli Stati siano stati riconosciuti dalle Istituzioni europee, Corte di Giustizia in primis. Temi fondamentali come ………..tutela dell’ambiente, progresso scientifico, governo dei progressi tecnologici, lotta alla esclusione sociale e alla discriminazione, parità di genere, solidarietà generazionale, tutela dei minori………. hanno nei Trattati europei e nella Carta dei Diritti Fondamentali, così come nelle scelte e politiche concrete che ne sono scaturite, un riconoscimento ed una attenzione molto spesso superiore a quella messa in atto dai singoli Paesi
5)- Le norme emanate dall’Europa ci soffocano
E’ opinione diffusa che direttive, regolamenti, comunicazioni, della UE siano un fiume in piena che investe prepotentemente, e spesso con logiche incomprensibili ai più, ogni aspetto del nostro vivere. Le facili ironie sulle regole che fissano le misure degli ortaggi ne sono un valido esempio. Situazione caotica del tutto innegabile. Ma qual è la sua causa? Una follia invadente e straripante dell’Europa e dei suoi tecnocrati? Non è così: ancora una volta la spiegazione sta nella limitata e contraddittoria costruzione europea che, al momento, non conferisce ai suoi organi esecutivi poteri più ampi e reali in grado di far si che …….le disposizioni  abbiano un rango legislativo immediato…… Così non è per molte, troppe materie. Ne consegue che troppo sia ancora demandato alla trattativa tra Stati, a mediazioni che scontentino il meno possibile il maggior numero di Paesi, a un gioco continuo di faticosa ricerca di equilibri anche a costo, per l’appunto, di norme spesso astruse. …..anche per l’Europa vale la parola d’ordine “semplificazione”, ma semplificare vuol dire anche “delegare” a un governo europeo scelte e decisioni attuative più ampie…… Per quanto concerne poi l’esercito di tecnocrati e burocrati è bene sapere che ……..complessivamente il numero di coloro che vi sono impiegati non supera quello dei dipendenti del Comune di Roma e delle sue partecipate……
6) – L’armonizzazione europea
Alla comprensibile critica al fiume di norme europee è bene inoltre rispondere che non tutte le norme hanno lo stesso peso, la stessa rilevanza; alcune possono sembrare sotto diversi punti di vista eccessive, e si è visto il perché, altre si sono rivelate decisive per procedere lungo l’indispensabile percorso di armonizzare le diverse legislazioni nazionali. Gli esempi sarebbero davvero moltissimi e l’Italia in particolare ……..molto arretrata in vari settori ne ha ricavato una funzione di stimolo e di ammodernamento…… Fra i tanti vale l’esempio della regolamentazione dell’attività bancaria, la cosiddetta Unione Bancaria. I recenti casi di “truffe” ai risparmiatori sono il frutto di un tardivo ed ancora lento adeguamento a norme comunitarie che meglio regolano le fondamentali attività di controllo e vigilanza. L’armonizzazione non può essere vista come l’ennesima invasione di campo ……essa evita una concorrenza al ribasso che mette in pericolo qualità e controlli ….. in un campo armonizzato la “concorrenza” si gioca sull’efficienza, sull’attrattività……
7) – L’euro sul banco degli accusati
Sul tema dell’euro il dibattito, fra esperti, politici, Stati, semplici cittadini è quanto mai acceso ed articolato. Ogni opinione al riguardo è legittima purchè sia basata su dati di fatto oggettivi. Senza entrare nel merito di un argomento così complesso non si può non rilevare che purtroppo spesso così non è. Due esempi concreti. Ancora adesso molti sostengono che il passaggio all’euro sia stato molto favorevole per il marco e molto penalizzante per la lira. Così non è stato: ……il rapporto di conversione fu disciplinato da precisi accordi basati sui rapporti di valore fra le varie valute …. al tempo un marco tedesco costava quasi mille lire, e allora i conti tornano: quasi due marchi per un euro e poco meno di duemila lire (il costo di due marchi) per un euro……. Inoltre, se è vero che l’euro sul mercato dei cambi internazionale ha una innegabile rigidità dovuta al suo peso (dal 20 al 40% delle risorse monetarie, del debito pubblico e degli scambi internazionali sono espressi in euro) che impedisce una corsa alla svalutazione (da molti invocata come mezzo per una migliore competitività) è altrettanto vero che ….ha contribuito a stabilizzare i prezzi  tagliando le unghie a possibili inflazioni……. quanto mai probabili in questo decennio di crisi. Non tutto va bene, questo è certo, lo scontro tra sostenitori della crescita e dell’austerità ha ragione di essere ed è legittimo nell’arena politica, ma per ambedue queste posizioni l’esistenza di una moneta forte e stabile è una decisiva base di partenza.
8) – Irreversibilità dell’Europa?
La vicenda della Brexit, tuttora ancora irrisolta, evidenzia quanto sia intricata la soluzione dei rapporti che L’Europa Unita ha creato in tutti questi anni. Ma non può essere, come alcuni affermano in negativo parlando di una sorta di “ricatto europeo”, la ragione per una accettazione passiva dell’attuale stato delle cose. L’Europa dunque “condanna” irreversibile? La storia insegna che nulla è senza ritorno, che tutto può sempre succedere, occorre semmai capire a che prezzo. Ma soprattutto …….il problema con cui ci confrontiamo, proprio perché le criticità non diventino tarli disgregativi è quello dell’evoluzione dell’Europa, non del suo immobilismo…..

Scopi e profili istituzionali dell’Unione
tappe, sfide, dinamiche in corso  di Antonio Padoa Schioppa
La storia delle istituzioni, di tutte le istituzioni, non è mai separabile dalle dinamiche economiche, sociali e politiche che le determinano. Questa considerazione vale, forse a maggior ragione, per l’Unione Europea, ma non impedisce e nulla toglie ad una specifica ricostruzione storica della sua nascita e della sua evoluzione. E’ questo il tema del secondo Capitolo
Cronologia dei principali trattati europei
1957 Trattato di Roma
1957 Trattato che istituisce la Comunità Europea dell’energia atomica (Euratom)
1986 Atto unico europeo
1992 Trattato di Maastricht
1997 Trattato di Amsterdam
2000 Trattato di Nizza – Carta dei Diritti Fondamentali
2007 Trattato di Lisbona
Le istituzioni dell’Unione Europea
Parlamento Europeo = Organo di cogestione legislativa (assieme al Consiglio (dei ministri) eletto direttamente dai cittadini ogni cinque anni, interviene nella nomina del Presidente della Commissione e dei singoli commissari, discute ed approva il bilancio europeo, è rappresentato da un suo Presidente
Consiglio Europeo = formato dai Capi di Stato o di Governo di tutti i paesi aderenti (a seconda delle rispettive strutture costituzionali) elegge un Presidente, si riunisce periodicamente per decidere l’agenda politica globale dell’Unione
Consiglio dei Ministri = E’ composto dai ministri competenti per singola materia (Economia, Esteri, Interno, etc.) di tutti i paesi aderenti. Decide e legifera sulle materie di competenza di norma in co-decisione con il Parlamento
Commissione Europea = Composta dal Presidente della Commissione e da commissari incaricati di seguire specifiche materie.  È il vero organo esecutivo da cui dipende la struttura amministrativa europea, ha funzioni legislative in quanto “propone”  le nuove Leggi poi adottate da Parlamento e Consiglio ed è “il guardiano dei Trattati”
Corte di Giustizia = Ha sede in Lussemburgo, è composta da giudici ed avvocati generali in rappresentanza di tutti gli Stati membri, decide sulla legittimità delle leggi dei singoli stati su istanza dei governi, dei privati e delle altre istituzioni europee
Banca Centrale Europea = gestisce la politica monetaria europea e assicura la stabilità dei prezzi, ha al suo vertice un Presidente ed è formata da un vicepresidente ed altri quattro membri che si muovono in piena autonomia dalle altre istituzioni europee
1)- Dalla CECA alla CEE
La spinta alla costruzione dell’Europa Unita è sicuramente legata alla tragedia delle due guerre mondiali. L’idea di avviare un percorso di costruzione di relazioni fra gli Stati europei finalizzato ad eliminare a monte le ragioni storiche alla base dei conflitti si è da subito intrecciata con quella di costruire una autentica identità unitaria europea. La strada così avviata si è via via concretizzata con l’adozione di specifici “Trattati” ognuno dei quali è stato però visto come un passaggio verso una costruzione più organica, più istituzionalizzata. In una prima fase la spinta ideale per eliminare le più pressanti storiche ragioni di guerra sembrò potersi concretizzare in una prima istituzione: il Comitato Europeo di Difesa (CED) che avrebbe di fatto implicato un esercito unico europeo. Diffidenze contingenti, in buona parte legate alla fase più dura della “guerra fredda” fra USA ed URSS) lo impedirono spostando, come conseguenza riparatrice, lo sforzo di costruzione comunitaria sul terreno economico. E’ con questo spirito che nel 1951 viene siglato il Trattato della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) che comunque eliminava, in coerenza con quanto sopra, uno degli attriti storici più pesanti in particolare fra Francia e Germania, ed una seconda Comunità, Euratom, per l’utilizzo dell’energia atomica (al tempo giudicata il futuro dell’energia)  E pochi anni dopo……un nuovo percorso di Unione fondato sull’economia prese avvio e si tradusse nel Trattato di Roma del 1957…… che istituiva la Comunità Economica Europea (CEE) con lo scopo …….di creare un mercato comune tra i sei paesi fondatori (Francia, Germania, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo)….. un unico grande Mercato comune Europeo (MEC). La rimozione delle barriere alle relazioni economiche fu da subito un così grande successo da incentivare la progressiva adesione di numerosi altri Stati (l’Inghilterra nel 1973, dopo il 1989 buona parte dei Paesi dell’Est, sino a giungere agli attuali ventotto). ….sin dall’inizio le istituzioni della CEE furono un organo di governo, la Commissione, un Consiglio dei Ministri, un’Assemblea parlamentare (composta da rappresentanti dei singoli Parlamenti) ed una Corte di Giustizia…..
2)- Il Parlamento Europeo e l’euro
A queste originarie istituzioni già negli anni Settanta si affianca il Consiglio Europeo (composto da Capi di Stato o di Governo). La consapevolezza condivisa che l’insieme delle relazioni comunitarie rappresentava ormai una significativa dimensione politica ed istituzionale indusse nel 1982 a trasformare l’Assemblea Parlamentare in un vero organo legislativo eletto direttamente dai cittadini, l’attuale Parlamento Europeo. La sua prima legislatura …..vide ancora protagonista Altiero Spinelli storico estensore del Manifesto di Ventotene….. autore di una incessante spinta verso la costruzione di una completa Unione alla quale ……..attribuire tutti i poteri di un autentico Stato federale…… Aspirazione irrisolta ma che quantomeno produsse nel 1986 l’adozione dell’Atto Unico Europeo, la base sulla quale vennero definite negli anni successivi le norme che garantivano all’interno del mercato unico le quattro fondamentali libertà di circolazione: delle merci, delle persone, dei capitali, dei servizi. L’ulteriore impulso alle relazioni comunitarie ben presto si scontrò con l’ostacolo delle monete nazionali, fonte di permanente instabilità essendo troppo influenzate da svalutazioni spesso strumentali. L’insufficienza del primo rimedio (il “serpente monetario europeo – SME”) portò da lì a poco al definitivo salto di qualità con l’adozione, ma sulla base di adesioni volontarie, della moneta unica europea, l’euro, approvata nel 1992 ed entrata in vigore nel 1999. In stretta relazione a questa scelta si affiancò la decisione che ……la nuova moneta fosse gestita da una Banca Centrale Europea (BCE) dotata del massimo grado di autonomia dagli organi legislativi ed esecutivi…. L’adozione dell’euro nel 1992 venne sancita dal Trattato di Maastricht che, nell’ambito della nuova struttura economico-monetaria, introduceva il fondamentale …..principio di sussidiarietà, quale criterio per attribuire all’Europa solo le scelte che non potevano trovare soddisfacente soluzione a livello nazionale…… Lo stesso trattato  istituiva, altro passaggio epocale, la “cittadinanza europea”.
3)- Dopo Maastricht sino a Lisbona
A breve distanza di tempo un secondo trattato, Amsterdam 1997, semplificò il sistema delle relazioni co-decisionali fra Consiglio e Parlamento, e nel 2000 a Nizza venne approvata la Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione , che, oltre a sancire solennemente i diritti in capo ai cittadini europei, meglio  fissava i rapporti fra Parlamento e Consiglio …..sulla base del principio dell’unitarietà politica di tutti i cittadini europei….. (in particolare superando per il Consiglio  l’obbligo dell’unanimità, di fatto il principio di veto, ed introducendo per l’approvazione delle decisioni il criterio, che concilia il rispettivo peso di Paesi piccoli e grandi, di una maggioranza di almeno il 55% dei Paesi ed il 65% della popolazione) definendo così in modo compiuto l’attuale architettura istituzionale europea. Il processo di crescita comunitario subisce però, pochi anni dopo nel 2005, una importante battuta di arresto quando due referendum, in Francia ed in Olanda, bocciarono il progetto di “Trattato costituzionale”, in precedenza già approvato da tutti i governi degli Stati membri. Tale Trattato sarebbe stato di fatto il passo verso l’adozione di una vera e propria Costituzione Europea in grado di dare organicità complessiva all’insieme dei Trattati fin lì adottati. Per quanto una parte rilevante delle idee progettuali previste dal Trattato Costituzionale sia stata comunque recuperata nel Trattato di Lisbona del 2007 resta evidente l’incompiutezza istituzionale di un progetto comunitario meglio definito
4)- Un’evoluzione coerente
Dall’insieme delle tappe evolutive della costruzione europea emerge con evidenza una coerenza di fondo. Le prevedibili difficoltà a pervenire ad una unione europea la più completa ed inclusiva possibile hanno fin da subito indotto alla consapevolezza che fosse indispensabile ……….il principio di una doppia legittimazione trasformando l’originaria Assemblea parlamentare in un vero Parlamento eletto dai cittadini europei ma mantenendo d’altro lato in capo ai due Consigli, quello Europeo e quello dei Ministri, il compito di Camera degli Stati, come è corretto che avvenga in un ordinamento di stampo federale…..  Le materie così gestite dalle istituzioni europee coprono ormai il 90% delle decisioni di politica economica e sociale, restano però fuori comparti decisivi quali la politica fiscale, quasi l’intero settore della politica estera, di difesa, di sicurezza, di giustizia e affari interni.
5) - La doppia crisi
La crisi economica globale del 2008 ha messo severamente alla prova la solidità di questa costruzione istituzionale e la sua capacità politica di governare i processi in corso. Le risposte dell’Europa alla crisi sono state in effetti ……di diverso segno e diversa efficacia…….. L’insieme delle misure adottate a partire dal 2010, ed in particolare il cosiddetto “Fiscal Compact”  (un insieme di regole vincolanti per l’equilibrio di bilancio dei singoli Stati) adottato con apposito Trattato nel 2012 (sottoscritto da 25 Stati su 28), se da una parte ha oggettivamente assicurato una buona tenuta economica complessiva, dall’altra parte è stato sovente applicato con una rigidità tale da imporre ad alcuni paesi (Grecia in primis) una stretta eccessivamente dura. Attorno a questi passaggi si è avviato un confronto politico tuttora aperto tra i sostenitori della “austerità”, ossia del rispetto rigido dei parametri fissati, ed i fautori di politiche più mirate alla crescita anche a costo di parziali sforamento dei vincoli di bilancio. In stretta relazione temporale con la crisi economica un secondo fenomeno globale ha pesantemente investito l’Europa e la sua costruzione comunitaria: le ondate migratorie, e su questo aspetto ……la risposta dell’Europa è stata del tutto insoddisfacente……e gli effetti politici di tale inadeguatezza sono stati devastanti…….. evidenziando un gravissimo deficit di capacità, e di reale volontà, di adottare provvedimenti comuni ed innescando un preoccupante crescendo di chiusure nazionalistiche che, con la rigida applicazione di quanto previsto dal Trattato di Dublino del 1990, ha lasciato di fatto l’intero onere della gestione degli arrivi ai sei paesi geograficamente di prima accoglienza. Sono di fatto queste le due sfide al centro delle prossime elezioni di Maggio 2019.
6)- Risposte alle sfide
E sono ambedue sfide che portano l’Europa ad un bivio: se è impossibile restare immobili, pena l’inevitabile logoramento, le vie di uscita sono solo due: o andare avanti o tornare indietro, o immaginare e realizzare più e diversa Europa o di fatto fermare il processo di costruzione comunitaria. Un dato è certo …………..l’attuale bilancio della UE, inferiore all’1% del PIL europeo, non è oggettivamente in grado di fronteggiare tali sfide………. Parallelamente altre problematiche impongono una analoga scelta ………dall’energia alla tutela del territorio, dal digitale alla ricerca di base, dal welfare alle nuove tecnologie, dall’occupazione giovanile alla salute………… Non è ovviamente solo un problema di risorse di bilancio, molti fondi europei sono poco e male utilizzati dai Paesi membri, ma è evidente che il conferimento alla UE di un surplus di risorse utile ad affrontare con più efficacia tutte le sfide che questa fase storica impone sarebbe la manifestazione concreta di puntare verso una precisa direzione, imponendo al contempo un vero e vincolante dibattito politico sugli indirizzi da seguire e deducendone le ovvie conseguenze sul piano del rafforzamento delle istituzioni europee
7)- Contro il sovranismo
………….la soluzione sovranista non è in grado di fornire alcuna speranza di successo……. La scelta di tornare indietro, di modificare la costruzione europea ritornando ad una semplice ………..alleanza di liberi Stati-nazione…………. (è quanto propone l’ideologo Steve Bannon riferimento di molti movimenti nazionalistici) è soltanto la vecchia ideologia dell’Europa di ieri, quella delle singole potenze detentrici del potere di veto, che oggi, in un mondo globale, sarebbe in effetti …………il concerto delle impotenze…………
8)- Con i trattati, oltre i trattati
Premesso che una parte significative delle politiche di risposta alle sfide sul tappeto è già ampiamente attuabile all’interno dell’attuale quadro istituzionale, è altrettanto vero che “andare avanti” non può non implicare importanti correzioni. Se sul piano politico le due nazioni di maggior peso (dando per scontata la Brexit) devono aprirsi a soluzioni meno egocentriche: la Germania riguardo al totem dei conti in ordine, e la Francia rispetto ai temi della difesa comune e del seggio permanente all’ONU, è necessario, per restare sul piano strettamente istituzionale, prendere in considerazione alcune modifiche adottabili a breve, pochi obiettivi ma centrali:
·       dotare il Parlamento Europeo di un proprio potere fiscale
·       attribuire alla Commissione un più saldo potere di governo rendendo generale la co-decisione legislativa
·       abolire completamente il diritto di veto
…..e sono tutte riforme istituzionali iscrivibili nel segno della piena continuità con quanto si è sin qui già fatto………..

Identità, cittadinanza, integrazione  di Alberto Martinelli
Siamo cittadini italiani, ma siamo anche cittadini europei. Ma di questo siamo in effetti poco consapevoli, prevale di fatto la maggiore forza dell’identità nazionale. Ma una vera nuova Europa non si ha se non cresce la consapevolezza diffusa della nostra identità europea
1)- Doppia cittadinanza
Il Trattato di Maastricht del 1992 attribuisce ad ogni cittadino dei Paesi membri lo statuto di “cittadino europeo” e quello successivo di Lisbona del 2007 ha ulteriormente precisato che la cittadinanza europea “si aggiunge” a quella nazionale. Ambedue queste formulazioni lasciano spazio a diverse problematiche ……..dal momento che l’UE è un’Unione sovrannazionale incompiuta……. La prima e la più evidente è relativa al fatto che ogni singolo Stato membro declina a proprio modo il concetto di cittadinanza, e quella europea di fatto subentra solamente ……..nel momento in cui il cittadino si trova al di fuori dei confini del suo Stato d’origine……. Normale quindi che questa doppia cittadinanza sia conosciuta ed apprezzata da coloro che, per varie ragioni, si muovono nell’UE e poco percepita dai cittadini stanziali. ………il problema è quindi quello di realizzare una vera doppia cittadinanza sviluppando specifici diritti e doveri dei cittadini verso l’Unione………. Da questo punto di vista la legislazione europea è ancora carente, i Trattati e l’accordo di Schengen del 1985 sono più mirati alla tutela del diritto di libera circolazione delle persone che ha peraltro avuto effetti molto importanti per l’abolizione di ogni discriminazione per i lavoratori occupati in un paese diverso da quello di origine. …….nello spazio europeo di mobilità i cittadini possono accedere alle prestazioni sociali del luogo in cui scelgono di stabilirsi per lavorare, studiare e godere della pensione……. Ma tutto questo non definisce a sufficienza un reale status di cittadino europeo, ancor meno precisato in relazione alla sfera dei doveri, il Trattato di Amsterdam si limita a dire che …….la cittadinanza europea è finalizzata ad instaurare la solidarietà tra i popoli europei ma senza precisare come…….
2)- Identità plurime
A monte delle problematiche legate ad una cittadinanza europea meglio definita si pone il problema delle identità nazionali e di quella europea; è innegabile infatti che ………Brexit e i risultati elettorali in molti Paesi mostrano che le scelte dei cittadini non avvengono solo in base agli interessi percepiti ma anche in base a pulsioni identitarie……… E l’ideale europeo poggia al contrario sicuramente di più sulla ragione che sui sentimenti. Occorre quindi intraprendere azioni concrete per evidenziare che l’identità europea non è alternativa ma complementare a quella nazionale. Le resistenze in questo senso si basano in sostanza su tre argomenti. Il primo è di ordine storico, si sostiene che la storia dei secoli scorsi è quella dei singoli Stati, delle singole comunità, che al contrario non esiste una storia dell’Europa. Se è innegabile il peso dei percorsi nazionali è però altrettanto evidente ……l’esistenza di una identità comune, l’eredità di radici culturali condivise: la filosofia greca, il diritto romano, le tradizioni religiose ebraica e cristiana, la civiltà rinascimentale, la cultura dell’illuminismo…… Questi elementi da sempre si sono affiancati ai percorsi nazionali permeandoli, ispirandoli, allo stesso modo ovunque. Sempre sul piano della storia si muove una seconda obiezione: i fatti che rappresentano i capisaldi storici sono da sempre visti come una sconfitta da alcuni e come una vittoria da altri. Manca poi una lingua comune e mancano legami familiari, parentali che scavalchino i confini nazionali. Ma è altrettanto vero che la memoria storica non è sempre e soltanto divisoria, e che per formare un’identità non è sempre necessario individuare un nemico, che è tempo di andare oltre le ragioni dei conflitti indipendentemente da chi li ha vinti e chi li ha persi. Sulla questione della lingua va detto non solo che da sola non è sufficiente a formare una piena identità, ma che da sempre non rappresenta un limite invalicabile al formarsi di relazioni identitarie. Infine la modernità offre, quando non impone, ragioni diffuse di spostamento che stanno progressivamente ampliando i confini delle relazioni parentali. Una terza obiezione gioca sull’aspetto psicologico: il sentirsi meglio definiti da una appartenenza nazionalistica che da quella, troppo generica, europea. Anche in questo caso è una critica troppo legata al passato, sempre più nella attuale modernità ………abbiamo identità multiple, adottiamo una o l’altra a seconda delle circostanze…. siamo al tempo stesso legati ad un paese, ad una città, ad una regione, ad un Paese e alla stessa Europa…………
3)- Il progetto europeo
Anche la questione della cittadinanza e dell’identità europee rappresenta un importante momento di verifica del percorso di costruzione dell’Europa ……un progetto ambizioso ma incompleto perché l’integrazione economica non è stata accompagnata da un’autentica unione politica e da una compiuta integrazione culturale…… E quindi diventa essenziale puntare di più su questa direzione. Utile anche a fronteggiare la stessa problematica migratoria. I rifugiati non dovrebbero essere “questione” del singolo Stato nel quale arrivano ma ……..ricevuti in centri di prima accoglienza europei dovrebbero poi chiedere asilo direttamente all’Unione……… Da qui potrebbe iniziare, oltre che una loro ragionata distribuzione tra i paesi membri, un percorso di conferimento della cittadinanza europea e di pieno inserimento gestito della UE con fondi specifici, un percorso che nel pieno rispetto delle loro identità di provenienza miri quindi al totale riconoscimento dei loro diritti accompagnato da una corrispondente accettazione delle Leggi e delle regole europee. ….. l’immigrazione non è una emergenza temporanea ma un processo strutturale di lunga durata….. non può essere gestito con provvedimenti di urgenza ma con progetti di ampio respiro che abbiano al loro centro cittadinanza ed identità
4)- Come sviluppare l’identità europea
E’ comunque ovvio che una autentica identità europea non può essere un obiettivo affidato alla spontanea evoluzione del quadro storico. Conquiste faticosamente raggiunte possono essere cancellate in fretta da pressioni contingenti. Occorre          un investimento mirato di lungo periodo che abbia maggiore consapevolezza delle “tecniche identitarie” su cui puntare.  …..tali tecniche  devono fare riferimento ad elementi simbolici atti a formare una coscienza identitaria ………..  Ai consolidati musei nazionali si devono, ad esempio, affiancare musei dedicati all’Europa, e così per le celebrazioni, i monumenti, i miti, gli eroi, i nomi delle vie e delle piazze, le bandiere, gli inni. Su un piano appena superiore occorre puntare a testi scolastici comuni per la storia europea, ed in generale alla omogeneizzazione dei percorsi di formazione. E’ però evidente che …………tecniche identitarie simboliche rischiano di essere meccanismi di manipolazione se non si accompagnano ad esperienze reali di condivisione, a politiche mirate a ridurre il deficit di rappresentanza democratica e a formare una autentica cittadinanza europea………

Alle imprese serve un’Europa dinamica, più giusta e integrata
di Antonio Calabrò
La critica, sempre più diffusa e condivisa, dell’eccessivo peso dell’economia nel processo di costruzione dell’Unione, delle sue istituzioni e delle sue politiche, non può certo significare disinteresse verso un aspetto che resta decisivo per la complessiva evoluzione comunitaria. Buona parte del futuro europeo si gioca comunque sulla capacità del vecchio continente di mantenere e sviluppare la migliore capacità produttiva ed economica. Il punto di partenza è ovviamente la fotografia oggettiva della situazione attuale.
1)- Perché l’Europa è in crisi di produttività e l’Italia è in recessione
…..l’Europa cresce poco rispetto alle altre grandi aree economiche del mondo……….. Nel decennio della grande crisi mondiale il PIL europeo è cresciuto dell’8%, gli USA del 19,2% la Cina addirittura del 144%, e sul dato europeo pesa non poco la debolissima condizione dell’Italia che è pur sempre la terza economia area euro, dopo Germania e Francia. Quali sono le ragioni di questa difficoltà europea? Ovviamente sono molti i fattori che incidono, quello che sembra essere sempre di più rilevante è il cosiddetto ………. “paradosso dell’era digitale”…….. un fenomeno per cui …………siamo sempre più tecnologici e sempre meno produttivi…………… Alcuni dati OCSE lo dimostrano: nell’area euro nel periodo 1970-2000 la produttività (in sintesi quanto produciamo per ogni ora lavorata) aumentava tra l1,5 ed il 2,5% annuo. La rivoluzione digitale avvenuta a partire dai primi anni duemila si è accompagnata, paradossalmente?, ad una crescita della produttività inferiore all’1%. Non è un’anomalia solo europea, pur vantando migliori performance grazie ad una complessiva maggiore struttura economica, gli stessi USA, patria dell’hi-tech, vedono in percentuale una analoga contrazione. L’Italia, ancora una volta, è quella che sta peggio, la nostra crescita in termini di produttività è di fatto ferma al livello raggiunto nel 2000.
2)- Il paradosso dell’era digitale e il cambio di paradigma per l’economia giusta
Che cosa sta succedendo? O le nuove tecnologie non hanno ancora fatto sentire tutte le loro potenzialità oppure …….dentro quel paradosso stiamo cominciando a vivere una nuova stagione di strutturale bassa crescita………… E’ possibile che si sia arrivati alla fine di un lungo ciclo economico e che certe prestazioni produttive non siano complessivamente più ripetibili, perlomeno agli stessi livelli precedenti, una situazione che sembrerebbe valere soprattutto per le economie più “antiche” come quella europea. Se così è, ed è sempre più probabile che lo sia, si impone un totale cambio di paradigma, di modello di crescita ……produttività più ridotte, crescita minore, ma più qualità dello sviluppo, della sostenibilità, migliori condizioni di vita……….. Ed è su questo terreno che nei prossimi anni si giocherà la sfida per l’Europa ed il suo sistema produttivo ed economico comunitario, una sfida che riguarda quindi in particolare, accanto alla indispensabile innovazione, l’idea di una “economia giusta”, una economia che ……modifichi profondamente produzione, prodotti, consumi nel segno della sostenibilità ambientale e sociale…….
3)- La scelta competitiva della sostenibilità ambientale e sociale
Per quanto ancora di molto insufficiente rispetto alla gravità della situazione sulla quale intervenire, con drammatica urgenza, ……..sulla sostenibilità ambientale la UE ha fatto passi avanti rilevanti…………..A differenza degli USA e della Cina l’attenzione verso gli obiettivi della COP 21 di Parigi 2015 è decisamente buona sia da parte delle istituzioni UE preposte sia da parte di molte aziende private. Questa sensibilità ha costi rilevanti, almeno nel breve periodo, e richiede profondi cambi di marcia ……..sostenibili solo se la politica saprà farsene davvero carico………. Ed in questo senso molto dovrà essere fatto soprattutto da parte dei Paesi membri con riferimento però ad auspicabili direttive UE sempre più precise e vincolanti. Sul lungo periodo questo sforzo, irrinunciabile per la salute del pianeta e di tutte le forme viventi uomo compreso, comporterà anche miglioramenti importanti della produttività e della competitività
4)- Mercato ben regolato e welfare, i valori europei contro la diseguaglianza
Non dissimile è la situazione delle diseguaglianze economiche, anche se  per questo aspetto la UE può già ora vantare una situazione decisamente migliore rispetto ad USA e Cina. L’indice GINI che misura la distribuzione della ricchezza lungo una scala da 0, massima distribuzione, a 1, massima concentrazione, vede per i paesi UE una media dello 0,30, gli USA sono allo 0,40 e la Cina, paese “comunista”, allo 0,50. Dati, sicuramente ancora di molto migliorabili, ma che già dimostrano che …….l’Europa nel corso del tempo, grazie a tassazione progressiva  e a sistemi di welfare, ha migliorato la distribuzione dei redditi……… la sfida, tutt’altro che vinta, è quella di migliorare ancora ma senza …….abbattere i pilastri fondamentali della legislazione europea e senza scelte di deficit fuori controllo…… Il margine per farlo c’è ed è su questo terreno che dovranno muoversi le future politiche europee
5)- L’impegno sull’Artificial Intelligence per fronteggiare USA e Cina
…….sull’intelligenza artificiale, basata sul dominio dei big data, USA e Cina stanno mobilitando massicce risorse finanziarie…………Va riconosciuto che l’Europa, anche realizzando la miglior sinergia possibile fra risorse pubbliche, europee e statali, e private non può mettere in campo investimenti di analoga grandezza. Ma il gap quantitativo può essere contenuto puntando, in una visione realmente comunitaria, ad un maggiore e migliore coordinamento di tutti i soggetti coinvolgibili, uno sforzo congiunto, pilotato dalla UE, che metta insieme, in un gioco di squadra, Stati membri, imprese pubbliche e private, centri di ricerca e Università, ambienti della scienza e della cultura.
6)- All’impresa italiana campione di export non servono nazionalismi e protezionismi
In questo contesto attuale ed in quello auspicato, come si deve muovere l’Italia? Innanzitutto partendo dalla piena consapevolezza del vero punto di forza della nostra economia produttiva: l’export …….siamo tra i cinque Paesi al mondo per valore aggiunto dell’export manifatturiero, per 900 prodotti dei 5.200 su cui si articola il commercio internazionale siamo primi, secondi o terzi esportatori al mondo………….La metà dell’export italiano è diretto verso i Paesi UE in particolare verso Germania e Francia. Difficile definire con un termine diverso da “suicidio” l’idea di una Italia fuori dall’Europa, o anche solo un’Italia che non sia protagonista attiva del rafforzamento del mercato comunitario
7)- Un nuovo piano UE per potenziare le infrastrutture materiali e digitali
…….si discute molto a livello europeo della necessità di un nuovo Piano Marshall o di un nuovo Piano Delors per le grandi infrastrutture materiali ed immateriali………è indubbio infatti che, fatte salve le attenzioni per la sostenibilità ambientale, il quadro delle relazioni commerciali europee richieda un ammodernamento, ragionato e coordinato, della rete infrastrutturale europea. La sfida con USA e Cina richiede, anche per questo aspetto, che l’Europa, e l’Italia, si muovano sulla base di visioni a lungo respiro abbandonando prese di posizione troppo spesso strumentalmente elettorali

Verso l’Unione sociale Europea. Una agenda per una UE più coesa e solidale
di Maurizio Ferrera
Per controbattere all’accusa di un’Europa più attenta alla dimensione economica che a quella sociale, per quanto resti innegabile il peso dei processi economici, è perlomeno doveroso conoscere meglio la reale situazione dell’Europa sociale
1)- Che cosa fa l’Europa nel sociale?
Il principale strumento alla base delle politiche sociali europee è il “Fondo sociale europeo” che, istituito già nel Trattato di Roma, cofinanzia, compatibilmente con risorse di bilancio non straordinarie, gli interventi per combattere povertà e disoccupazione messi in atto dai singoli Paesi. Altri fondi strutturali e di investimento riguardano l’inserimento lavorativo e la formazione professionale. La sola Italia riceve complessivamente la non trascurabile cifra di 11 miliardi di euro all’anno. (purtroppo non sempre spesi al meglio). Accanto alle risorse finanziarie messe a disposizione la UE ……..ha via via fissato standard vincolanti in vari ambiti, ad esempio lavoro minorile, femminile, orari di lavoro, normative dei licenziamenti…… Non siamo quindi all’anno zero. Ma è indubbio che molto di più può essere fatto. Quali sono i maggiori impedimenti? Siamo di fronte a due forme di deficit: uno di immagine, l’Europa sociale è pochissimo conosciuta, ed uno di “missione”, le politiche fin qui messe in atto, ma soprattutto le strutture preposte, ……..non sono adeguate alle sfide sul tappeto……. L’obiettivo vero è quello di riconciliare, su nuove basi e con nuove istituzioni politiche, integrazione economica e sostenibilità sociale
2)- Colmare il doppio deficit: costruire una Unione sociale europea
Per quanto concerne il deficit di immagine è purtroppo vero che oggi ……. l’espressione Europa non rimanda ad un sistema di politiche ben definite…… che anche in campo sociale abbiano lo stesso impatto di quelle in campo economico. ……se abbiamo, e viene chiaramente percepita, ……una Unione economica e monetaria (UEM) , è opportuno creare una dirimpettaia e la sua denominazione più appropriata è quella di Unione sociale europea (USE)…. Il cui primo obiettivo deve essere quello di armonizzare, meglio sostenendoli, i vari sistemi sociali statali definendo comuni standard dei servizi erogati. La costruzione federale europea è storicamente diversa da quella avvenuta ad esempio negli USA ed in Svizzera, situazioni nelle quali si è storicamente intervenuti su politiche sociali al loro nascere. L’Europa deve invece operare su istituzioni, sistemi organizzativi e politiche consolidate da molti decenni in modo molto disomogeneo nei vari Stati membri.  Per muoversi al meglio lungo questo percorso è quindi necessario fissare con chiarezza i traguardi da raggiungere
3)- Il Pilastro europeo dei diritti sociali e il suo ruolo in seno all’UE
Nel 2017 l’Europa ha iniziato a muoversi in questa direzione introducendo …….il Pilastro europeo dei diritti sociali (PEDS) che si propone una convergenza “verso l’alto” dei sistemi nazionali di protezione sociale…… Si compone di venti principi raggruppati in tre settori: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro – condizioni di lavoro  – protezione sociale,  che esemplificano un insieme di “diritti sociali europei”  strettamente collegati a quelli fissati dalla Carta dei Diritti fondamentali. Da due anni quindi la UE ha una traccia di percorso e i valori di fondo che li ispirano. E’ tempo di riempirli con politiche conseguenti, che precisino standard di prestazione, comprensivi delle infrastrutture necessarie, dotate di risorse e finanziamenti adeguati. E’ bene ripetere che non si parte da zero, molti programmi UE da tempo sono un prezioso strumento operativo (si pensi ad esempio all’Erasmus, o ai finanziamenti per i corsi di formazione professionale ed apprendistato). Ma indubbiamente molto resta da fare
4)- Una tessera sociale europea
La cittadinanza europea introdotta nel 1992 con il Trattato di Maastricht si è, come ricaduta pratica, tradotta soprattutto nel diritto di libera circolazione ed in quello di usufruire del sistema di assistenza del Paese in cui ci si trova a vivere.  In effetti quindi ……………le tutele sociali fornite dall’Europa sembrano premiare di più chi si sposta di chi sta fermo……….. Potrebbe essere un segnale importante, di immagine e di sostanza, introdurre una tessera sociale, una social card, europea da esibire al momento del bisogno in qualsiasi parte dell’Europa ci si trovi, paese di origine e di stanzialità compreso. In questa tessera dovrebbe progressivamente confluire l’intera gamma di prestazioni sociali europee, armonizzate sulla base del Pilastro, garantite, come già avviene, da risorse nazionali ma, all’occorrenza, integrate dai fondi strutturali europei. In questo quadro organico una specifica attenzione dovrà essere garantita a tutte le problematiche legate all’invecchiamento della popolazione europea (si stima che l’attuale popolazione over 65 aumenterà dall’attuale 18,9% al 29% nel 2060) ed alle politiche di sostegno (basate su strumenti omogeni al di là della loro denominazione nominalistica) alla disoccupazione, fenomeno che sembra destinato, in un epoca di crescente automatizzazione, ad assumere una incidenza strutturale non solo più ciclica.

Conclusioni
Emergono dall’insieme di quanto esposto tre indicazioni precise:
·                 occorre conoscere l’Europa, la sua storia, la sua struttura, il modo in cui funziona, le competenze
·                 l’Europa può fare ancora molto sul piano dei diritti sociali, della partecipazione, dell’ambiente, e di molte altre direzioni. Deve quindi essere vista come un’opportunità e non come un ostacolo
·                 quanto più l’Europa si modellerà come Stato federale, caratterizzato da adeguati poteri delle sue istituzioni tanto più sarà in grado di raggiungere traguardi importanti