Il
“Saggio” del mese
MAGGIO 2019
Il
testo scelto come “Saggio del mese” per Maggio 2019 dichiara apertamente nelle
prime parole dell’introduzione di non voler essere un saggio. Allora perché
sceglierlo? Per le ragioni che hanno spinto i suoi cinque autori a scriverlo, e
che sono chiaramente espresse nell’introduzione, qui di seguito in parte
riportata. Ed anche perché sono le stesse ragioni che hanno indotto noi di CircolarMente
ad organizzare, in collaborazione con l’Anpi aviglianese e con il patrocinio
del Comune di Avigliana, l’iniziativa del 17 Aprile scorso dal titolo “Europa
riflessioni sul nostro orizzonte comune”., (il cui resoconto è già stato pubblicato in questo blog) Ossia la volontà di
offrire, a chiunque ci sia possibile raggiungere e coinvolgere, elementi di
conoscenza e riflessione in vista delle decisive elezioni europee del prossimo
26 Maggio, ritenendo fondamentale che qualunque sia l’orientamento politico al
riguardo la scelta sia il più possibile informata e ragionata. Riteniamo infatti
che conoscere meglio l’Europa Unita, i suoi pregi ed i suoi attuali limiti, sia
già di per sé stessa la maniera migliore per non disperdere a cuor leggero un
irrinunciabile percorso storico unitario
Introduzione (stralci)
Questo volumetto non vuol essere un saggio sull’Europa ed i suoi
problemi. Vuole essere l’avvio del dialogo che ciascuno di noi quotidianamente
può, e forse deve, condurre con amici, parenti, colleghi, semplici conoscenti
fortemente critici sull’Europa pronti a far propri slogan, luoghi comuni,
giudizi sommari oggi di moda. Un invito a ragionare ….a rendersi conto di
quanta strada con l’Europa si è fatta anche nel modo quotidiano di vivere …..e
al contempo a non sottovalutare ma ad individuare nella loro reale dimensione
motivi di crisi, ritardi, difficoltà, prospettando tuttavia pure obiettivi e prospettive di
soluzione ……un invito comunque a guardare ai dati, ai fatti……
I cinque autori sono:
Antonio Calabrò = Senior
Advisor Cultura di Pirelli & C., Direttore della Fondazione Pirelli.
È vicepresidente di Assolombarda (con deleghe per l’organizzazione, gli
affari istituzionali e la legalità)
Maurizio Ferrera = Professore ordinario di Scienza Politica
dell’Università degli Studi di Milano. membro del Comitato Direttivo del Centro
di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino. Editorialista del
“Corriere della Sera”.
Piergaetano Marchetti = giurista, a lungo accademico di istituzioni di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano e all'Università
Bocconi.
Alberto
Martinelli = professore di scienze
politiche e sociologia all'Università di Milano, presidente
del Consiglio internazionale delle scienze sociali
Alcuni pregiudizi sull’Europa di Piergaetano
Marchetti
Si
affrontano in questo primo capitolo alcune delle più frequenti critiche rivolte
al processo di unità europea. E’ una prima disamina d’insieme, nei capitoli
successivi alcune di queste verranno riprese ed affrontate in modo più
approfondito
1) – Europa antidoto alla guerra. E’
ancora vero?
L’Europa è nel pieno della tragedia
della Seconda Guerra Mondiale quando l’ideale, l’idea, di una Europa Unita
inizia a prendere corpo. Il “Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli,
Ernesto Rossi, Eugenio Colorni viene redatto nel 1941. E proprio la guerra, il
suo rifiuto, la volontà di rimuovere il maggior numero delle cause che la
determinano, sono la prima e la più importante fonte di ispirazione e stimolo.
Non sono mancati momenti e passaggi difficili ma sono ………settant’anni e più senza che alcuna
famiglia abbia pianto un marito, un figlio caduto in guerra…….. Il
vecchio continente non ha mai conosciuto un periodo così lungo di sostanziale
assenza di conflitti armati su larga scala. Al punto che da alcune parti si
sostiene che la guerra armata è ormai divenuta così estranea al comune sentire,
in ispecie delle nuove generazioni, da rendere inutile, superflua la stessa
costruzione europea. Non è così, non è così facile sradicare definitivamente il
fantasma del ricorso alle armi …..Serbia, Bosnia, Kosovo, ieri ed oggi l’Ucraina…..
per non dire dei tanti conflitti nelle immediate vicinanze dell’Europa lo testimoniano.
Non di meno Europa si deve allora parlare, ma di più Europa.
2)- Europa e sovranità
Si
sostiene da più parti che il risultato di garantire la pace sia però stato
pagato a caro prezzo, con una cessione eccessiva di sovranità. Ed è attorno a
questo tema che, con posizioni non di rado puramente strumentali a fini
elettorali, si misura in buona parte la tenuta del percorso comunitario. Il
termine “sovranità” implica molte considerazioni di diversa e complessa natura,
in questa sede è utile limitarci al suo significato di ……..capacità di essere arbitri del proprio
futuro, libertà di scelta, rifiuto di condizionamenti che rendano subalterni……
Se questo deve inteso per sovranità appare subito evidente che l’Europa non può
essere vista come il problema, essendo al contrario, sotto diversi punti di
vista, la soluzione. Nell’attuale contesto geo-politico mondiale, basato sul
pochi centri di enorme potere, gravato da temi cruciali di rilevanza
planetaria, quali migrazioni, degrado ambientale, diseguaglianze economiche,
scarsità di risorse, la dimensione nazionale è del tutto inadeguata e perdente.
Tutti gli Stati europei, nessuno escluso, possono sperare di fronteggiare adeguatamente
tale scenario solo se rafforzano il “gioco di squadra” ….senza un’Europa forte la sovranità dei
singoli Paesi diventa declamazione e illusione ingannevole, non rafforza, ma
evapora e diventa un’arma spuntata……… Va inoltre detto che ad oggi
l’Europa esercita solo le competenze che i Trattati e gli Stati membri le
concedono, non può essere descritta come una sorta di tirannia calata dall’alto
……..non è distruttrice
di autonomia e di sovranità semmai è persino troppo timida nell’esercitare
queste competenze e nell’aiutare, sulla base del principio di sussidiarietà, gli
Stati membri nel risolvere problemi più grandi della loro forza……….
3)- L’Europa e le
identità
Considerazioni analoghe possono
essere fatte in merito alla critica, collegata a quella di perdita di
sovranità, di un’Europa che offuscherebbe le identità nazionali. Non
diversamente da “sovranità” anche “identità” è termine che si apre a molte
declinazioni, non essendo ad esempio sufficiente l’unicità della lingua a
definirla compiutamente. Se per identità
ci si riferisce …….all’insieme di tradizioni, culture, gusti, valori,
abitudini…… che legano una comunità più o meno ampia, appare
evidente che molto raramente può essere fatta coincidere esattamente con i
confini nazionali così come la storia li ha sin qui determinati. Nella stessa
nazione convivono spesso più identità, l’Italia ne è un esempio evidente, e non
di rado la stessa identità unisce comunità che vivono entro confini nazionali diversi.
L’Europa non può pertanto essere vista come nemica delle identità per la
pressione, tutta da dimostrare, che esercita sui singoli Stati. Sono altri i
nemici delle identità comunitarie, ed in particolare lo è l’affermarsi di
culture e stili di vita globalizzati segnati da consumismo e tecnologia. L’articolo
4 del Trattato sull’Unione Europea, a conferma di quanto detto, cita
testualmente ………L’Unione
Europea rispetta l’uguaglianza degli Stati membri e la loro identità
nazionale…compreso il sistema delle autonomie locali e regionali………..
4) – L’Europa pensa
solo all’economia e non all’uomo
Una ulteriori critica, anch’essa
strettamente collegata a quelle precedenti, vede l’Europa come un potere
tecnocratico (i tecnocrati di Bruxelles e Strasburgo) unicamente interessati
agli aspetti economici. E’ innegabile che la creazione del mercato comune
europeo sia stata una molla fondamentale per l’Europa unita, così come, in
ispecie a partire dal 2008 anno di inizio di una strutturale crisi
dell’economia ancora non superata, le politiche economiche, che come tutte le
politiche sono soggette a critiche e visioni diverse, sono state quelle più
determinanti nel caratterizzare l’azione e l’immagine europea. Ma non è
sostenibile che l’Europa sia solo economia e che non guardi all’uomo, alle sue
esigenze ed ai suoi diritti. Un dato lo dimostra ………..l’Europa con circa il 6% della popolazione
mondiale eroga quasi la metà del welfare complessivo di tutti i Paesi del
pianeta……….. L’Italia riceve dall’Europa più di dieci miliardi annui
per queste finalità! Non sono poi pochi i casi in cui diritti fondamentali
dell’uomo non sufficientemente garantiti dai singoli Stati siano stati
riconosciuti dalle Istituzioni europee, Corte di Giustizia in primis. Temi
fondamentali come ………..tutela dell’ambiente, progresso scientifico, governo dei
progressi tecnologici, lotta alla esclusione sociale e alla discriminazione,
parità di genere, solidarietà generazionale, tutela dei minori……….
hanno nei Trattati europei e nella Carta dei Diritti Fondamentali, così come
nelle scelte e politiche concrete che ne sono scaturite, un riconoscimento ed
una attenzione molto spesso superiore a quella messa in atto dai singoli Paesi
5)- Le norme emanate
dall’Europa ci soffocano
E’ opinione diffusa
che direttive, regolamenti, comunicazioni, della UE siano un fiume in piena che
investe prepotentemente, e spesso con logiche incomprensibili ai più, ogni
aspetto del nostro vivere. Le facili ironie sulle regole che fissano le misure
degli ortaggi ne sono un valido esempio. Situazione caotica del tutto
innegabile. Ma qual è la sua causa? Una follia invadente e straripante
dell’Europa e dei suoi tecnocrati? Non è così: ancora una volta la spiegazione
sta nella limitata e contraddittoria costruzione europea che, al momento, non
conferisce ai suoi organi esecutivi poteri più ampi e reali in grado di far si
che …….le
disposizioni abbiano un rango
legislativo immediato…… Così non è per molte, troppe materie. Ne
consegue che troppo sia ancora demandato alla trattativa tra Stati, a
mediazioni che scontentino il meno possibile il maggior numero di Paesi, a un
gioco continuo di faticosa ricerca di equilibri anche a costo, per l’appunto,
di norme spesso astruse. …..anche per l’Europa vale la parola d’ordine
“semplificazione”, ma semplificare vuol dire anche “delegare” a un governo
europeo scelte e decisioni attuative più ampie…… Per quanto concerne
poi l’esercito di tecnocrati e burocrati è bene sapere che ……..complessivamente
il numero di coloro che vi sono impiegati non supera quello dei dipendenti del
Comune di Roma e delle sue partecipate……
6) – L’armonizzazione europea
Alla comprensibile
critica al fiume di norme europee è bene inoltre rispondere che non tutte le
norme hanno lo stesso peso, la stessa rilevanza; alcune possono sembrare sotto
diversi punti di vista eccessive, e si è visto il perché, altre si sono
rivelate decisive per procedere lungo l’indispensabile percorso di armonizzare
le diverse legislazioni nazionali. Gli esempi sarebbero davvero moltissimi e
l’Italia in particolare ……..molto arretrata in vari settori ne ha ricavato una
funzione di stimolo e di ammodernamento…… Fra i tanti vale l’esempio
della regolamentazione dell’attività bancaria, la cosiddetta Unione Bancaria. I
recenti casi di “truffe” ai risparmiatori sono il frutto di un tardivo ed
ancora lento adeguamento a norme comunitarie che meglio regolano le
fondamentali attività di controllo e vigilanza. L’armonizzazione non può essere
vista come l’ennesima invasione di campo ……essa evita una concorrenza al ribasso che mette in
pericolo qualità e controlli ….. in un campo armonizzato la “concorrenza” si
gioca sull’efficienza, sull’attrattività……
7) – L’euro sul banco degli accusati
Sul tema dell’euro
il dibattito, fra esperti, politici, Stati, semplici cittadini è quanto mai
acceso ed articolato. Ogni opinione al riguardo è legittima purchè sia basata
su dati di fatto oggettivi. Senza entrare nel merito di un argomento così
complesso non si può non rilevare che purtroppo spesso così non è. Due esempi
concreti. Ancora adesso molti sostengono che il passaggio all’euro sia stato
molto favorevole per il marco e molto penalizzante per la lira. Così non è
stato: ……il
rapporto di conversione fu disciplinato da precisi accordi basati sui rapporti
di valore fra le varie valute …. al tempo un marco tedesco costava quasi mille
lire, e allora i conti tornano: quasi due marchi per un euro e poco meno di
duemila lire (il costo di due marchi) per un euro……. Inoltre, se è
vero che l’euro sul mercato dei cambi internazionale ha una innegabile rigidità
dovuta al suo peso (dal 20 al 40% delle risorse monetarie, del debito pubblico
e degli scambi internazionali sono espressi in euro) che impedisce una corsa
alla svalutazione (da molti invocata come mezzo per una migliore competitività)
è altrettanto vero che ….ha contribuito a stabilizzare i prezzi tagliando le unghie a possibili inflazioni…….
quanto mai probabili in questo decennio di crisi. Non tutto va bene, questo è
certo, lo scontro tra sostenitori della crescita e dell’austerità ha ragione di
essere ed è legittimo nell’arena politica, ma per ambedue queste posizioni
l’esistenza di una moneta forte e stabile è una decisiva base di partenza.
8) – Irreversibilità dell’Europa?
La vicenda della
Brexit, tuttora ancora irrisolta, evidenzia quanto sia intricata la soluzione
dei rapporti che L’Europa Unita ha creato in tutti questi anni. Ma non può
essere, come alcuni affermano in negativo parlando di una sorta di “ricatto
europeo”, la ragione per una accettazione passiva dell’attuale stato delle
cose. L’Europa dunque “condanna” irreversibile? La storia insegna che nulla è
senza ritorno, che tutto può sempre succedere, occorre semmai capire a che
prezzo. Ma soprattutto …….il problema con cui ci confrontiamo, proprio perché le
criticità non diventino tarli disgregativi è quello dell’evoluzione
dell’Europa, non del suo immobilismo…..
Scopi e profili istituzionali dell’Unione
tappe, sfide, dinamiche in corso di Antonio Padoa
Schioppa
La storia delle istituzioni, di tutte le istituzioni,
non è mai separabile dalle dinamiche economiche, sociali e politiche che le
determinano. Questa considerazione vale, forse a maggior ragione, per l’Unione
Europea, ma non impedisce e nulla toglie ad una specifica ricostruzione storica
della sua nascita e della sua evoluzione. E’ questo il tema del secondo
Capitolo
Cronologia dei principali
trattati europei
1957 Trattato di Roma
1957 Trattato che istituisce la Comunità
Europea dell’energia atomica (Euratom)
1986 Atto unico europeo
1992 Trattato di Maastricht
1997 Trattato di Amsterdam
2000 Trattato di Nizza – Carta dei Diritti
Fondamentali
2007 Trattato di Lisbona
Le istituzioni dell’Unione
Europea
Parlamento
Europeo =
Organo di cogestione legislativa (assieme al Consiglio (dei ministri) eletto
direttamente dai cittadini ogni cinque anni, interviene nella nomina del
Presidente della Commissione e dei singoli commissari, discute ed approva il
bilancio europeo, è rappresentato da un suo Presidente
Consiglio
Europeo =
formato dai Capi di Stato o di Governo di tutti i paesi aderenti (a seconda
delle rispettive strutture costituzionali) elegge un Presidente, si riunisce
periodicamente per decidere l’agenda politica globale dell’Unione
Consiglio
dei Ministri = E’
composto dai ministri competenti per singola materia (Economia, Esteri,
Interno, etc.) di tutti i paesi aderenti. Decide e legifera sulle materie di
competenza di norma in co-decisione con il Parlamento
Commissione
Europea =
Composta dal Presidente della Commissione e da commissari incaricati di seguire
specifiche materie. È il vero organo
esecutivo da cui dipende la struttura amministrativa europea, ha funzioni
legislative in quanto “propone” le nuove
Leggi poi adottate da Parlamento e Consiglio ed è “il guardiano dei Trattati”
Corte
di Giustizia = Ha
sede in Lussemburgo, è composta da giudici ed avvocati generali in
rappresentanza di tutti gli Stati membri, decide sulla legittimità delle leggi
dei singoli stati su istanza dei governi, dei privati e delle altre istituzioni
europee
Banca
Centrale Europea =
gestisce la politica monetaria europea e assicura la stabilità dei prezzi, ha
al suo vertice un Presidente ed è formata da un vicepresidente ed altri quattro
membri che si muovono in piena autonomia dalle altre istituzioni europee
1)- Dalla CECA alla CEE
La spinta alla
costruzione dell’Europa Unita è sicuramente legata alla tragedia delle due
guerre mondiali. L’idea di avviare un percorso di costruzione di relazioni fra
gli Stati europei finalizzato ad eliminare a monte le ragioni storiche alla
base dei conflitti si è da subito intrecciata con quella di costruire una
autentica identità unitaria europea. La strada così avviata si è via via
concretizzata con l’adozione di specifici “Trattati” ognuno dei quali è stato però
visto come un passaggio verso una costruzione più organica, più
istituzionalizzata. In una prima fase la spinta ideale per eliminare le più
pressanti storiche ragioni di guerra sembrò potersi concretizzare in una prima
istituzione: il Comitato Europeo di Difesa (CED) che avrebbe di fatto implicato
un esercito unico europeo. Diffidenze contingenti, in buona parte legate alla
fase più dura della “guerra fredda” fra USA ed URSS) lo impedirono spostando,
come conseguenza riparatrice, lo sforzo di costruzione comunitaria sul terreno
economico. E’ con questo spirito che nel 1951 viene siglato il Trattato della Comunità
europea del carbone e dell’acciaio (CECA) che comunque eliminava, in coerenza
con quanto sopra, uno degli attriti storici più pesanti in particolare fra
Francia e Germania, ed una seconda Comunità, Euratom, per l’utilizzo
dell’energia atomica (al tempo giudicata il futuro dell’energia) E pochi anni dopo……un nuovo percorso di Unione fondato
sull’economia prese avvio e si tradusse nel Trattato di Roma del 1957…… che istituiva la Comunità Economica
Europea (CEE) con lo scopo …….di creare un mercato comune tra i sei paesi fondatori (Francia, Germania, Italia, Olanda, Belgio e
Lussemburgo)….. un unico grande Mercato comune Europeo (MEC). La
rimozione delle barriere alle relazioni economiche fu da subito un così grande
successo da incentivare la progressiva adesione di numerosi altri Stati
(l’Inghilterra nel 1973, dopo il 1989 buona parte dei Paesi dell’Est, sino a
giungere agli attuali ventotto). ….sin dall’inizio le istituzioni della CEE furono un organo
di governo, la Commissione, un Consiglio dei Ministri, un’Assemblea
parlamentare (composta da rappresentanti dei singoli Parlamenti) ed una Corte di Giustizia…..
2)- Il Parlamento Europeo e l’euro
A queste originarie
istituzioni già negli anni Settanta si affianca il Consiglio
Europeo (composto da Capi di
Stato o di Governo). La consapevolezza condivisa che l’insieme delle relazioni
comunitarie rappresentava ormai una significativa dimensione politica ed
istituzionale indusse nel 1982 a trasformare l’Assemblea Parlamentare in un
vero organo legislativo eletto direttamente dai cittadini, l’attuale Parlamento Europeo. La sua prima
legislatura …..vide
ancora protagonista Altiero Spinelli storico estensore del Manifesto di
Ventotene….. autore di una incessante spinta verso la costruzione di
una completa Unione alla quale ……..attribuire tutti i poteri di un autentico Stato federale……
Aspirazione irrisolta ma che quantomeno produsse nel 1986 l’adozione dell’Atto Unico Europeo, la base sulla quale
vennero definite negli anni successivi le norme che garantivano all’interno del
mercato unico le quattro fondamentali libertà di circolazione: delle merci, delle
persone, dei capitali, dei servizi. L’ulteriore impulso alle relazioni
comunitarie ben presto si scontrò con l’ostacolo delle monete nazionali, fonte
di permanente instabilità essendo troppo influenzate da svalutazioni spesso
strumentali. L’insufficienza del primo rimedio (il “serpente monetario europeo
– SME”) portò da lì a poco al definitivo salto di qualità con l’adozione, ma sulla
base di adesioni volontarie, della moneta unica europea, l’euro, approvata nel
1992 ed entrata in vigore nel 1999. In stretta relazione a questa scelta si affiancò
la decisione che ……la nuova moneta fosse gestita da una Banca Centrale Europea (BCE) dotata del massimo grado di autonomia
dagli organi legislativi ed esecutivi…. L’adozione dell’euro nel
1992 venne sancita dal Trattato di Maastricht che, nell’ambito della nuova
struttura economico-monetaria, introduceva il fondamentale …..principio di sussidiarietà, quale criterio
per attribuire all’Europa solo le scelte che non potevano trovare soddisfacente
soluzione a livello nazionale…… Lo stesso trattato istituiva,
altro passaggio epocale, la “cittadinanza
europea”.
3)- Dopo Maastricht sino a Lisbona
A breve distanza di
tempo un secondo trattato, Amsterdam 1997,
semplificò il sistema delle relazioni co-decisionali fra Consiglio e
Parlamento, e nel 2000 a Nizza venne approvata la Carta
Fondamentale dei Diritti dell’Unione
, che, oltre a sancire solennemente i diritti in capo ai cittadini
europei, meglio fissava i rapporti fra
Parlamento e Consiglio …..sulla base del principio dell’unitarietà politica di
tutti i cittadini europei….. (in
particolare superando per il Consiglio l’obbligo
dell’unanimità, di fatto il principio di veto, ed introducendo per
l’approvazione delle decisioni il criterio, che concilia il rispettivo peso di
Paesi piccoli e grandi, di una maggioranza di almeno il 55% dei Paesi ed il 65%
della popolazione)
definendo così in modo compiuto l’attuale architettura istituzionale europea.
Il processo di crescita comunitario subisce però, pochi anni dopo nel 2005, una
importante battuta di arresto quando due referendum, in Francia ed in Olanda,
bocciarono il progetto di “Trattato costituzionale”, in precedenza già approvato
da tutti i governi degli Stati membri. Tale Trattato sarebbe stato di fatto il
passo verso l’adozione di una vera e propria Costituzione Europea in grado di
dare organicità complessiva all’insieme dei Trattati fin lì adottati. Per
quanto una parte rilevante delle idee progettuali previste dal Trattato Costituzionale
sia stata comunque recuperata nel Trattato di
Lisbona del 2007 resta evidente l’incompiutezza istituzionale di
un progetto comunitario meglio definito
4)- Un’evoluzione coerente
Dall’insieme delle
tappe evolutive della costruzione europea emerge con evidenza una coerenza di
fondo. Le prevedibili difficoltà a pervenire ad una unione europea la più
completa ed inclusiva possibile hanno fin da subito indotto alla consapevolezza
che fosse indispensabile ……….il principio di una doppia legittimazione trasformando
l’originaria Assemblea parlamentare in un vero Parlamento eletto dai cittadini
europei ma mantenendo d’altro lato in capo ai due Consigli, quello Europeo e
quello dei Ministri, il compito di Camera degli Stati, come è corretto che
avvenga in un ordinamento di stampo federale….. Le materie così gestite dalle istituzioni
europee coprono ormai il 90% delle decisioni di politica economica e sociale,
restano però fuori comparti decisivi quali la politica fiscale, quasi l’intero
settore della politica estera, di difesa, di sicurezza, di giustizia e affari
interni.
5) - La doppia crisi
La crisi economica
globale del 2008 ha messo severamente alla prova la solidità di questa
costruzione istituzionale e la sua capacità politica di governare i processi in
corso. Le risposte dell’Europa alla crisi sono state in effetti ……di diverso segno
e diversa efficacia…….. L’insieme delle misure adottate a partire
dal 2010, ed in particolare il cosiddetto “Fiscal Compact”
(un insieme di regole
vincolanti per l’equilibrio di bilancio dei singoli Stati) adottato con
apposito Trattato nel 2012 (sottoscritto da 25 Stati su 28), se da una parte ha
oggettivamente assicurato una buona tenuta economica complessiva, dall’altra
parte è stato sovente applicato con una rigidità tale da imporre ad alcuni
paesi (Grecia in primis) una stretta eccessivamente dura. Attorno a questi
passaggi si è avviato un confronto politico tuttora aperto tra i sostenitori
della “austerità”, ossia del rispetto rigido dei parametri fissati, ed i
fautori di politiche più mirate alla crescita anche a costo di parziali sforamento
dei vincoli di bilancio. In stretta relazione temporale con la crisi economica
un secondo fenomeno globale ha pesantemente investito l’Europa e la sua
costruzione comunitaria: le ondate migratorie, e su questo aspetto ……la risposta
dell’Europa è stata del tutto insoddisfacente……e gli effetti politici di tale
inadeguatezza sono stati devastanti…….. evidenziando un gravissimo
deficit di capacità, e di reale volontà, di adottare provvedimenti comuni ed
innescando un preoccupante crescendo di chiusure nazionalistiche che, con la
rigida applicazione di quanto previsto dal Trattato di Dublino del 1990, ha
lasciato di fatto l’intero onere della gestione degli arrivi ai sei paesi
geograficamente di prima accoglienza. Sono di fatto queste le due sfide al
centro delle prossime elezioni di Maggio 2019.
6)- Risposte alle sfide
E sono ambedue sfide
che portano l’Europa ad un bivio: se è impossibile restare immobili, pena
l’inevitabile logoramento, le vie di uscita sono solo due: o andare avanti o
tornare indietro, o immaginare e realizzare più e diversa Europa o di fatto
fermare il processo di costruzione comunitaria. Un dato è certo …………..l’attuale
bilancio della UE, inferiore all’1% del PIL europeo, non è oggettivamente in
grado di fronteggiare tali sfide………. Parallelamente altre
problematiche impongono una analoga scelta ………dall’energia alla tutela del territorio,
dal digitale alla ricerca di base, dal welfare alle nuove tecnologie,
dall’occupazione giovanile alla salute………… Non è ovviamente solo un
problema di risorse di bilancio, molti fondi europei sono poco e male
utilizzati dai Paesi membri, ma è evidente che il conferimento alla UE di un
surplus di risorse utile ad affrontare con più efficacia tutte le sfide che
questa fase storica impone sarebbe la manifestazione concreta di puntare verso
una precisa direzione, imponendo al contempo un vero e vincolante dibattito
politico sugli indirizzi da seguire e deducendone le ovvie conseguenze sul
piano del rafforzamento delle istituzioni europee
7)- Contro il sovranismo
………….la soluzione
sovranista non è in grado di fornire alcuna speranza di successo…….
La scelta di tornare indietro, di modificare la costruzione europea ritornando
ad una semplice ………..alleanza di liberi Stati-nazione…………. (è
quanto propone l’ideologo Steve Bannon riferimento di molti movimenti
nazionalistici) è soltanto la vecchia ideologia dell’Europa di ieri, quella
delle singole potenze detentrici del potere di veto, che oggi, in un mondo
globale, sarebbe in effetti …………il concerto delle impotenze…………
8)- Con i trattati, oltre i trattati
Premesso che una
parte significative delle politiche di risposta alle sfide sul tappeto è già ampiamente
attuabile all’interno dell’attuale quadro istituzionale, è altrettanto vero che
“andare avanti” non può non implicare importanti correzioni. Se sul piano
politico le due nazioni di maggior peso (dando per scontata la Brexit) devono
aprirsi a soluzioni meno egocentriche: la Germania riguardo al totem dei conti
in ordine, e la Francia rispetto ai temi della difesa comune e del seggio
permanente all’ONU, è necessario, per restare sul piano strettamente
istituzionale, prendere in considerazione alcune modifiche adottabili a breve,
pochi obiettivi ma centrali:
·
dotare
il Parlamento Europeo di un proprio potere fiscale
·
attribuire
alla Commissione un più saldo potere di governo rendendo generale la
co-decisione legislativa
·
abolire
completamente il diritto di veto
…..e sono tutte
riforme istituzionali iscrivibili nel segno della piena continuità con quanto
si è sin qui già fatto………..
Identità, cittadinanza, integrazione di Alberto Martinelli
Siamo cittadini italiani, ma siamo
anche cittadini europei. Ma di questo siamo in effetti poco consapevoli,
prevale di fatto la maggiore forza dell’identità nazionale. Ma una vera nuova
Europa non si ha se non cresce la consapevolezza diffusa della nostra identità
europea
1)- Doppia cittadinanza
Il Trattato di
Maastricht del 1992 attribuisce ad ogni cittadino dei Paesi membri lo statuto
di “cittadino europeo” e quello successivo di Lisbona del 2007 ha ulteriormente
precisato che la cittadinanza europea “si aggiunge” a quella nazionale. Ambedue
queste formulazioni lasciano spazio a diverse problematiche ……..dal momento che
l’UE è un’Unione sovrannazionale incompiuta……. La prima e la più
evidente è relativa al fatto che ogni singolo Stato membro declina a proprio
modo il concetto di cittadinanza, e quella europea di fatto subentra solamente
……..nel momento
in cui il cittadino si trova al di fuori dei confini del suo Stato d’origine…….
Normale quindi che questa doppia cittadinanza sia conosciuta ed apprezzata da
coloro che, per varie ragioni, si muovono nell’UE e poco percepita dai
cittadini stanziali. ………il problema è quindi quello di realizzare una vera doppia
cittadinanza sviluppando specifici diritti e doveri dei cittadini verso
l’Unione………. Da questo punto di vista la legislazione europea è
ancora carente, i Trattati e l’accordo di Schengen del 1985 sono più mirati
alla tutela del diritto di libera circolazione delle persone che ha peraltro
avuto effetti molto importanti per l’abolizione di ogni discriminazione per i
lavoratori occupati in un paese diverso da quello di origine. …….nello spazio
europeo di mobilità i cittadini possono accedere alle prestazioni sociali del
luogo in cui scelgono di stabilirsi per lavorare, studiare e godere della
pensione……. Ma tutto questo non definisce a sufficienza un reale
status di cittadino europeo, ancor meno precisato in relazione alla sfera dei
doveri, il Trattato di Amsterdam si limita a dire che …….la cittadinanza europea è finalizzata ad
instaurare la solidarietà tra i popoli europei ma senza precisare come…….
2)- Identità plurime
A monte delle
problematiche legate ad una cittadinanza europea meglio definita si pone il
problema delle identità nazionali e di quella europea; è innegabile infatti che
………Brexit e i
risultati elettorali in molti Paesi mostrano che le scelte dei cittadini non
avvengono solo in base agli interessi percepiti ma anche in base a pulsioni
identitarie……… E l’ideale europeo poggia al contrario sicuramente di
più sulla ragione che sui sentimenti. Occorre quindi intraprendere azioni
concrete per evidenziare che l’identità europea non è alternativa ma
complementare a quella nazionale. Le resistenze in questo senso si basano in
sostanza su tre argomenti. Il primo è di ordine storico, si sostiene che la
storia dei secoli scorsi è quella dei singoli Stati, delle singole comunità,
che al contrario non esiste una storia dell’Europa. Se è innegabile il peso dei
percorsi nazionali è però altrettanto evidente ……l’esistenza di una identità comune,
l’eredità di radici culturali condivise: la filosofia greca, il diritto romano,
le tradizioni religiose ebraica e cristiana, la civiltà rinascimentale, la
cultura dell’illuminismo…… Questi elementi da sempre si sono
affiancati ai percorsi nazionali permeandoli, ispirandoli, allo stesso modo
ovunque. Sempre sul piano della storia si muove una seconda obiezione: i fatti
che rappresentano i capisaldi storici sono da sempre visti come una sconfitta
da alcuni e come una vittoria da altri. Manca poi una lingua comune e mancano
legami familiari, parentali che scavalchino i confini nazionali. Ma è
altrettanto vero che la memoria storica non è sempre e soltanto divisoria, e
che per formare un’identità non è sempre necessario individuare un nemico, che
è tempo di andare oltre le ragioni dei conflitti indipendentemente da chi li ha
vinti e chi li ha persi. Sulla questione della lingua va detto non solo che da
sola non è sufficiente a formare una piena identità, ma che da sempre non
rappresenta un limite invalicabile al formarsi di relazioni identitarie. Infine
la modernità offre, quando non impone, ragioni diffuse di spostamento che
stanno progressivamente ampliando i confini delle relazioni parentali. Una
terza obiezione gioca sull’aspetto psicologico: il sentirsi meglio definiti da
una appartenenza nazionalistica che da quella, troppo generica, europea. Anche
in questo caso è una critica troppo legata al passato, sempre più nella attuale
modernità ………abbiamo
identità multiple, adottiamo una o l’altra a seconda delle circostanze…. siamo
al tempo stesso legati ad un paese, ad una città, ad una regione, ad un Paese e
alla stessa Europa…………
3)- Il progetto europeo
Anche la questione
della cittadinanza e dell’identità europee rappresenta un importante momento di
verifica del percorso di costruzione dell’Europa ……un progetto ambizioso ma incompleto perché
l’integrazione economica non è stata accompagnata da un’autentica unione
politica e da una compiuta integrazione culturale…… E quindi diventa
essenziale puntare di più su questa direzione. Utile anche a fronteggiare la
stessa problematica migratoria. I rifugiati non dovrebbero essere “questione”
del singolo Stato nel quale arrivano ma ……..ricevuti in centri di prima accoglienza europei
dovrebbero poi chiedere asilo direttamente all’Unione……… Da qui
potrebbe iniziare, oltre che una loro ragionata distribuzione tra i paesi
membri, un percorso di conferimento della cittadinanza europea e di pieno inserimento
gestito della UE con fondi specifici, un percorso che nel pieno rispetto delle
loro identità di provenienza miri quindi al totale riconoscimento dei loro
diritti accompagnato da una corrispondente accettazione delle Leggi e delle
regole europee. ….. l’immigrazione non è una emergenza temporanea ma un
processo strutturale di lunga durata….. non può essere gestito con
provvedimenti di urgenza ma con progetti di ampio respiro che abbiano al loro
centro cittadinanza ed identità
4)-
Come sviluppare l’identità europea
E’
comunque ovvio che una autentica identità europea non può essere un obiettivo
affidato alla spontanea evoluzione del quadro storico. Conquiste faticosamente
raggiunte possono essere cancellate in fretta da pressioni contingenti. Occorre
un investimento mirato di lungo
periodo che abbia maggiore consapevolezza delle “tecniche identitarie” su cui
puntare. …..tali tecniche devono fare riferimento ad elementi simbolici
atti a formare una coscienza identitaria
……….. Ai consolidati musei
nazionali si devono, ad esempio, affiancare musei dedicati all’Europa, e così
per le celebrazioni, i monumenti, i miti, gli eroi, i nomi delle vie e delle
piazze, le bandiere, gli inni. Su un piano appena superiore occorre puntare a
testi scolastici comuni per la storia europea, ed in generale alla omogeneizzazione
dei percorsi di formazione. E’ però evidente che …………tecniche identitarie simboliche rischiano
di essere meccanismi di manipolazione se non si accompagnano ad esperienze
reali di condivisione, a politiche mirate a ridurre il deficit di
rappresentanza democratica e a formare una autentica cittadinanza europea………
Alle
imprese serve un’Europa dinamica, più giusta e integrata
di Antonio Calabrò
La critica, sempre più diffusa e
condivisa, dell’eccessivo peso dell’economia nel processo di costruzione
dell’Unione, delle sue istituzioni e delle sue politiche, non può certo
significare disinteresse verso un aspetto che resta decisivo per la complessiva
evoluzione comunitaria. Buona parte del futuro europeo si gioca comunque sulla
capacità del vecchio continente di mantenere e sviluppare la migliore capacità
produttiva ed economica. Il punto di partenza è ovviamente la fotografia
oggettiva della situazione attuale.
1)- Perché l’Europa è in crisi di produttività e
l’Italia è in recessione
…..l’Europa cresce
poco rispetto alle altre grandi aree economiche del mondo……….. Nel decennio
della grande crisi mondiale il PIL europeo è cresciuto dell’8%, gli USA del
19,2% la Cina addirittura del 144%, e sul dato europeo pesa non poco la
debolissima condizione dell’Italia che è pur sempre la terza economia area
euro, dopo Germania e Francia. Quali sono le ragioni di questa difficoltà
europea? Ovviamente sono molti i fattori che incidono, quello che sembra essere
sempre di più rilevante è il cosiddetto ………. “paradosso dell’era digitale”……..
un fenomeno per cui …………siamo sempre più tecnologici e sempre meno produttivi……………
Alcuni dati OCSE lo dimostrano: nell’area euro nel periodo 1970-2000 la
produttività (in sintesi quanto produciamo per ogni ora lavorata) aumentava tra
l1,5 ed il 2,5% annuo. La rivoluzione digitale avvenuta a partire dai primi
anni duemila si è accompagnata, paradossalmente?, ad una crescita della
produttività inferiore all’1%. Non è un’anomalia solo europea, pur vantando
migliori performance grazie ad una complessiva maggiore struttura economica, gli
stessi USA, patria dell’hi-tech, vedono in percentuale una analoga contrazione.
L’Italia, ancora una volta, è quella che sta peggio, la nostra crescita in
termini di produttività è di fatto ferma al livello raggiunto nel 2000.
2)- Il paradosso dell’era digitale e il cambio di
paradigma per l’economia giusta
Che cosa sta
succedendo? O le nuove tecnologie non hanno ancora fatto sentire tutte le loro
potenzialità oppure …….dentro quel paradosso stiamo cominciando a vivere una
nuova stagione di strutturale bassa crescita………… E’ possibile che si
sia arrivati alla fine di un lungo ciclo economico e che certe prestazioni produttive
non siano complessivamente più ripetibili, perlomeno agli stessi livelli
precedenti, una situazione che sembrerebbe valere soprattutto per le economie
più “antiche” come quella europea. Se così è, ed è sempre più probabile che lo
sia, si impone un totale cambio di paradigma, di modello di crescita ……produttività più
ridotte, crescita minore, ma più qualità dello sviluppo, della sostenibilità,
migliori condizioni di vita……….. Ed è su questo terreno che nei
prossimi anni si giocherà la sfida per l’Europa ed il suo sistema produttivo ed
economico comunitario, una sfida che riguarda quindi in particolare, accanto
alla indispensabile innovazione, l’idea di una “economia giusta”, una economia
che ……modifichi
profondamente produzione, prodotti, consumi nel segno della sostenibilità
ambientale e sociale…….
3)- La scelta competitiva della sostenibilità ambientale
e sociale
Per quanto ancora di
molto insufficiente rispetto alla gravità della situazione sulla quale
intervenire, con drammatica urgenza, ……..sulla sostenibilità ambientale la UE ha fatto passi
avanti rilevanti…………..A differenza degli USA e della Cina
l’attenzione verso gli obiettivi della COP 21 di Parigi 2015 è decisamente
buona sia da parte delle istituzioni UE preposte sia da parte di molte aziende
private. Questa sensibilità ha costi rilevanti, almeno nel breve periodo, e
richiede profondi cambi di marcia ……..sostenibili solo se la politica saprà farsene davvero
carico………. Ed in questo senso molto dovrà essere fatto soprattutto
da parte dei Paesi membri con riferimento però ad auspicabili direttive UE
sempre più precise e vincolanti. Sul lungo periodo questo sforzo,
irrinunciabile per la salute del pianeta e di tutte le forme viventi uomo
compreso, comporterà anche miglioramenti importanti della produttività e della
competitività
4)- Mercato ben regolato e welfare, i valori europei
contro la diseguaglianza
Non dissimile è la
situazione delle diseguaglianze economiche, anche se per questo aspetto la UE può già ora vantare
una situazione decisamente migliore rispetto ad USA e Cina. L’indice GINI che
misura la distribuzione della ricchezza lungo una scala da 0, massima
distribuzione, a 1, massima concentrazione, vede per i paesi UE una media dello
0,30, gli USA sono allo 0,40 e la Cina, paese “comunista”, allo 0,50. Dati,
sicuramente ancora di molto migliorabili, ma che già dimostrano che …….l’Europa nel
corso del tempo, grazie a tassazione progressiva e a sistemi di welfare, ha migliorato la
distribuzione dei redditi……… la sfida, tutt’altro che vinta, è
quella di migliorare ancora ma senza …….abbattere i pilastri fondamentali della legislazione
europea e senza scelte di deficit fuori controllo…… Il margine per
farlo c’è ed è su questo terreno che dovranno muoversi le future politiche
europee
5)- L’impegno sull’Artificial Intelligence per
fronteggiare USA e Cina
…….sull’intelligenza
artificiale, basata sul dominio dei big data, USA e Cina stanno mobilitando
massicce risorse finanziarie…………Va riconosciuto che l’Europa, anche
realizzando la miglior sinergia possibile fra risorse pubbliche, europee e
statali, e private non può mettere in campo investimenti di analoga grandezza.
Ma il gap quantitativo può essere contenuto puntando, in una visione realmente
comunitaria, ad un maggiore e migliore coordinamento di tutti i soggetti
coinvolgibili, uno sforzo congiunto, pilotato dalla UE, che metta insieme, in
un gioco di squadra, Stati membri, imprese pubbliche e private, centri di
ricerca e Università, ambienti della scienza e della cultura.
6)- All’impresa italiana campione di export non servono
nazionalismi e protezionismi
In
questo contesto attuale ed in quello auspicato, come si deve muovere l’Italia?
Innanzitutto partendo dalla piena consapevolezza del vero punto di forza della
nostra economia produttiva: l’export …….siamo tra i cinque Paesi al mondo per valore aggiunto
dell’export manifatturiero, per 900 prodotti dei 5.200 su cui si articola il
commercio internazionale siamo primi, secondi o terzi esportatori al mondo………….La
metà dell’export italiano è diretto verso i Paesi UE in particolare verso
Germania e Francia. Difficile definire con un termine diverso da “suicidio”
l’idea di una Italia fuori dall’Europa, o anche solo un’Italia che non sia
protagonista attiva del rafforzamento del mercato comunitario
7)- Un nuovo piano UE per potenziare le infrastrutture
materiali e digitali
…….si discute molto
a livello europeo della necessità di un nuovo Piano Marshall o di un nuovo Piano
Delors per le grandi infrastrutture materiali ed immateriali………è
indubbio infatti che, fatte salve le attenzioni per la sostenibilità
ambientale, il quadro delle relazioni commerciali europee richieda un
ammodernamento, ragionato e coordinato, della rete infrastrutturale europea. La
sfida con USA e Cina richiede, anche per questo aspetto, che l’Europa, e
l’Italia, si muovano sulla base di visioni a lungo respiro abbandonando prese
di posizione troppo spesso strumentalmente elettorali
Verso
l’Unione sociale Europea. Una agenda per una UE più coesa e solidale
di Maurizio Ferrera
Per controbattere all’accusa di
un’Europa più attenta alla dimensione economica che a quella sociale, per
quanto resti innegabile il peso dei processi economici, è perlomeno doveroso
conoscere meglio la reale situazione dell’Europa sociale
1)- Che cosa fa l’Europa nel sociale?
Il principale
strumento alla base delle politiche sociali europee è il “Fondo sociale
europeo” che, istituito già nel Trattato di Roma, cofinanzia, compatibilmente
con risorse di bilancio non straordinarie, gli interventi per combattere
povertà e disoccupazione messi in atto dai singoli Paesi. Altri fondi
strutturali e di investimento riguardano l’inserimento lavorativo e la
formazione professionale. La sola Italia riceve complessivamente la non
trascurabile cifra di 11 miliardi di euro all’anno. (purtroppo non sempre spesi
al meglio). Accanto alle risorse finanziarie messe a disposizione la UE ……..ha via via
fissato standard vincolanti in vari ambiti, ad esempio lavoro minorile,
femminile, orari di lavoro, normative dei licenziamenti…… Non siamo
quindi all’anno zero. Ma è indubbio che molto di più può essere fatto. Quali
sono i maggiori impedimenti? Siamo di fronte a due forme di deficit: uno di
immagine, l’Europa sociale è pochissimo conosciuta, ed uno di “missione”, le
politiche fin qui messe in atto, ma soprattutto le strutture preposte, ……..non sono
adeguate alle sfide sul tappeto……. L’obiettivo vero è quello di
riconciliare, su nuove basi e con nuove istituzioni politiche, integrazione
economica e sostenibilità sociale
2)- Colmare il doppio deficit: costruire una Unione
sociale europea
Per quanto concerne
il deficit di immagine è purtroppo vero che oggi ……. l’espressione Europa non rimanda ad un
sistema di politiche ben definite…… che anche in campo sociale
abbiano lo stesso impatto di quelle in campo economico. ……se abbiamo, e viene
chiaramente percepita, ……una Unione economica e monetaria (UEM) , è opportuno
creare una dirimpettaia e la sua denominazione più appropriata è quella di Unione
sociale europea (USE)…. Il cui primo obiettivo deve essere quello di
armonizzare, meglio sostenendoli, i vari sistemi sociali statali definendo
comuni standard dei servizi erogati. La costruzione federale europea è
storicamente diversa da quella avvenuta ad esempio negli USA ed in Svizzera,
situazioni nelle quali si è storicamente intervenuti su politiche sociali al
loro nascere. L’Europa deve invece operare su istituzioni, sistemi
organizzativi e politiche consolidate da molti decenni in modo molto
disomogeneo nei vari Stati membri. Per
muoversi al meglio lungo questo percorso è quindi necessario fissare con
chiarezza i traguardi da raggiungere
3)- Il Pilastro europeo dei diritti sociali e il suo
ruolo in seno all’UE
Nel 2017 l’Europa ha
iniziato a muoversi in questa direzione introducendo …….il Pilastro europeo dei diritti sociali
(PEDS) che si propone una convergenza “verso l’alto” dei sistemi nazionali di
protezione sociale…… Si compone di venti principi raggruppati in tre
settori: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro – condizioni di
lavoro – protezione sociale, che esemplificano un insieme di “diritti sociali
europei” strettamente
collegati a quelli fissati dalla Carta dei Diritti fondamentali. Da due anni
quindi la UE ha una traccia di percorso e i valori di fondo che li ispirano. E’
tempo di riempirli con politiche conseguenti, che precisino standard di
prestazione, comprensivi delle infrastrutture necessarie, dotate di risorse e
finanziamenti adeguati. E’ bene ripetere che non si parte da zero, molti
programmi UE da tempo sono un prezioso strumento operativo (si pensi ad esempio
all’Erasmus, o ai finanziamenti per i corsi di formazione professionale ed
apprendistato). Ma indubbiamente molto resta da fare
4)- Una tessera sociale europea
La cittadinanza
europea introdotta nel 1992 con il Trattato di Maastricht si è, come ricaduta
pratica, tradotta soprattutto nel diritto di libera circolazione ed in quello
di usufruire del sistema di assistenza del Paese in cui ci si trova a vivere. In effetti quindi ……………le tutele sociali fornite dall’Europa
sembrano premiare di più chi si sposta di chi sta fermo……….. Potrebbe
essere un segnale importante, di immagine e di sostanza, introdurre una tessera
sociale, una social card, europea da esibire al momento del bisogno in
qualsiasi parte dell’Europa ci si trovi, paese di origine e di stanzialità compreso.
In questa tessera dovrebbe progressivamente confluire l’intera gamma di
prestazioni sociali europee, armonizzate sulla base del Pilastro, garantite,
come già avviene, da risorse nazionali ma, all’occorrenza, integrate dai fondi
strutturali europei. In questo quadro organico una specifica attenzione dovrà
essere garantita a tutte le problematiche legate all’invecchiamento della
popolazione europea (si stima che l’attuale popolazione over 65 aumenterà
dall’attuale 18,9% al 29% nel 2060) ed alle politiche di sostegno (basate su
strumenti omogeni al di là della loro denominazione nominalistica) alla
disoccupazione, fenomeno che sembra destinato, in un epoca di crescente
automatizzazione, ad assumere una incidenza strutturale non solo più ciclica.
Conclusioni
Emergono dall’insieme di quanto esposto
tre indicazioni precise:
·
occorre conoscere l’Europa, la sua storia, la sua struttura, il
modo in cui funziona, le competenze
·
l’Europa può fare ancora molto sul piano dei diritti sociali,
della partecipazione, dell’ambiente, e di molte altre direzioni. Deve quindi
essere vista come un’opportunità e non come un ostacolo
·
quanto più l’Europa si modellerà come Stato federale,
caratterizzato da adeguati poteri delle sue istituzioni tanto più sarà in grado
di raggiungere traguardi importanti