lunedì 1 agosto 2022

La Parola del mese - Agosto 2022

 

La parola del mese

Una parola evocativa di pensieri fra di loro collegabili

in grado di offrirci nuovi spunti di riflessione

AGOSTO 2022

E’ opinione di molti che un importante contributo alla definizione e alla realizzazione di un diverso modello di sviluppo possa venire dal connubio delle idealità “di sinistra” con quelle “ambientaliste”. Non si tratta soltanto della realizzazione di alleanze, più o meno organiche, fra partiti e movimenti “rossi” e “verdi”, ma del più arduo ed ambizioso processo di costruzione di una nuova visione strategica che miri a tenere strettamente connesse giustizia sociale e compatibilità ecologica. Quanto concretamente sin qui avvenuto non sembra però essere di gran conforto. Non hanno infatti dato gran prova di sè le, peraltro limitate, esperienze di governi “rosso-verdi”, i quali hanno semmai evidenziato, con il loro zoppicante procedere, il permanere di reciproche profonde diffidenze: da una parte quella per una visione politica esclusivamente concentrata sull’ambiente, e quindi socialmente troppo asettica e neutrale, dall’altra quella di una idea di sviluppo ancora troppo condizionata dall’ “industrialismo” di novecentesca memoria e dal mito di una irrinunciabile “crescita infinita”. E’ difficile districarsi in questo autolesionistico intreccio, ma una duplice constatazione storica si impone: da un lato va riconosciuto che il “pensiero ambientalista” è di recente costruzione e non poco condizionato, nel suo nascere e formarsi, dalla altrui sottovalutazione, se non vera negazione, delle problematiche ecologiche, dall’altro il permanere di una eredità teorica, quella marxista, certo non più giovane e da sempre così rigidamente interpretata da aver fatto proprie, nella realtà delle cose, il “feticismo delle forze produttive” e l’idea antropocentrica di una natura ad esclusiva disponibilità della crescita economica. Non mancano però alcuni segnali confortanti, è ad esempio sempre più forte, in campo ambientalista, la consapevolezza che una reale inversione di tendenza presuppone la messa in discussione dell’attuale modello di sviluppo nella sua interezza, rapporti sociali compresi. Nell’altro campo non sono poi poche le proposte politiche che collegano con pari dignità la finalità della giustizia sociale e quella della sostenibilità ambientale, lo testimoniano ad esempio, per restare nel contesto italiano, esperienze come quella del “Forum delle disuguaglianze” piuttosto che, in ambito torinese, quella di “Sinistra ecologista”. Con un di più, di carattere teorico: da alcuni decenni si sono affacciate significative riletture del corpus teorico marxista attente a cogliere spunti, fin qui inesplorati o trascurati, che vanno esattamente in questa direzione. Si è infatti aperto nel campo degli studi marxisti un preciso filone che punta a fare luce su quella che solo fino a vent’anni fa era considerata una “contraddizione in termini”, una sorta di eresia: “l’ecologia di Marx”. In questo post proponiamo una veloce rassegna di queste riletture, usandola come spunto per proporre come Parola del mese di Agosto 2022 …..

MATERIALISMO (ecologico)

Questa nostra veloce rassegna si basa su due saggi, o meglio su un saggio e sulla sintesi/recensione di un secondo. Nel primo il titolo dell’introduzione cita esattamente: “Per un materialismo ecologico” ed il materialismo richiamato è proprio quello marxista:

……. La concezione filosofica classica del materialismo”, che interpreta eventi naturali e storia umana assumendo lamateria” come fondamentale principio esplicativo, è stata sviluppata in quella del materialismo storico scientificoda Marx e da Engels in diretta polemica con la filosofia hegeliana. Il nucleo della loro concezione materialistica della storia sta nell’affermazione che gli uomini, i quali vivono e producono in una data società, si trovano a muoversi entro «determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà», che sono i rapporti di produzione; questi costituiscono la struttura economica della società, la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura dei rapporti giuridici e politici, la vita intellettuale, morale e religiosa, e soprattutto le forme determinate della coscienza sociale. Nelle condizioni materiali determinanti soprattutto sono le forze produttive (strumenti di produzione, gli uomini che li producono e li muovono, le esperienze e le abitudini di lavoro, i beni prodotti) e i rapporti di produzione (sistemi di produzione: bottega, manifattura, industria; e relazioni di lavoro: schiavitù, artigianato, salariato), che nel loro insieme caratterizzano l’ordinamento di una data epoca storica (schiavismo, feudalismo, capitalismo) …….. Questa concezione ha il suo fondamento nel principio che “la vita non è determinata dalla coscienza, ma la coscienza è determinata dalla vita”, che “la coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dell’essere consapevole” perché “la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è direttamente intrecciata con la vita materiale e con l’attività e lo scambio fra gli uomini” …….  l materialismo storico marxiano è stato declinato con modalità diverse da numerosi pensatori……ed è stato assunto, per opera soprattutto di Stalin, a ideologia ufficiale dell’URSS e di molti partiti comunisti, trasformandosi in una sistema dogmatico e chiuso ……… (dal Dizionario filosofico on-line Treccani)

I due saggi sono rispettivamente:


di Kohei Saito (1987, giapponese, giovanissimo professore universitario di Economia Politica presso l’Università di Osaka, autore di diversi saggi sul marxismo)

Questo testo del 2016 (il titolo in italiano cita esplicitamente “La natura contro il capitale. L’ecologia di Marx nella sua critica incompiuta del capitale”) è al momento disponibile solo nelle versione in tedesco e francese, ma una sua accurata sintesi è reperibile on line nel sito “pungolo rosso.wordpress.com”. Più facilmente reperibile è invece

di Alfred Schmidt (1931-2012, filosofo tedesco appartenente alla scuola di Francoforte, stretto collaboratore di Theodor Adorno e di Max Horkheimer

Si tratta di un saggio (in effetti la sua tesi di dottorato) edito in Italia per la prima volta nel 1969, che ha avuto numerose riedizioni nelle quali Schmidt ha di volta in volta ri-commentato sé stesso precisando sempre meglio il proprio pensiero. A testimonianza del rinnovato interesse verso il “materialismo ecologico” è stato ristampato, essendo ormai divenuto un “classico” della letteratura su Marx, nel 2020 con una interessante prefazione di Riccardo Bellofiore (1953, docente di Economia Politica presso l’Università di Bergamo)

Ambedue questi testi operano una approfondita disamina a tutto campo delle parti dell’opera omnia di Marx che di più consentono di dedurre il suo concetto di “natura”, e di ognuna di esse analizzano genesi, collegamenti e significato. Sono quindi saggi di notevole complessità filologica e filosofica che va ben oltre lo spazio e lo scopo di questo post. Ci siamo pertanto limitati a recuperarne i passaggi che, a nostro modesto avviso, di più consentono di acquisire un minimo di conoscenza di un aspetto del marxismo sin qui colpevolmente sottovalutato.

……………. Come si è detto da alcuni decenni si sono moltiplicati gli studi dell’opera di Marx alla luce delle crescenti e pressanti problematiche ecologiche. Lo scopo è quello di capire se, e in che misura, il lavoro di Marx possa aiutare a meglio interpretarle e quindi a meglio formulare risposte appropriate. Si fronteggiano due tendenze: una, di più lontana origine, ritiene che l’opera di Marx non avrebbe nulla da insegnarci su questo terreno, essendo prigioniera di un prometeismo ottocentesco tutto teso ad esaltare, non diversamente dallo spirito capitalistico, la crescita delle forze produttive. Al punto da rendere cieco il movimento socialista e comunista, lungo l’intero suo percorso storico, della dinamica del disastro ecologico in corso, avendone quindi una specifica quota di responsabilità.  Invece per altri - Schmidt, Bellofiore, Saito compresi - l’opera di Marx, correttamente valutata, non solo testimonierebbe una sicura sensibilità ecologica, ma farebbe emergere prospettive originali sia per quanto riguarda la comprensione dei presupposti teorici della catastrofe ecologica, sia per la formulazione di proposte politiche per cercare di affrontarla. Questo secondo filone interpretativo basa queste sue considerazioni sulla rilettura di tutta la produzione teorica di Marx partendo dagli scritti giovanili, per finire ai suoi ultimi scritti - in buona misura non sistematizzati in forma definitiva vista la sua morte prematura - passando per la grande mole di quaderni di appunti e di note a margine che hanno accompagnato l’evoluzione del suo pensiero, quello sulle questioni relative al concetto di natura compreso. Ambedue queste scuole di pensiero concordano sul fatto che Marx comunque non abbia avuto tempo e modo per elaborare una sua teoria sistematica della natura e che quindi ci si trovi di fronte ad intuizioni, suggestioni, accenni che richiedono accurati l’approfondimenti. L’iniziale interrogarsi di Marx sulla “natura” ha sicuramente una sua ragione d’essere nella sua ferrea volontà, di matrice tutta politica, di “occuparsi di economia”, ma, in questa sua fase giovanile, esso resto ancora strettamente connesso a considerazioni “filosofiche”, misurandosi in particolare con le contrapposte idee di natura di Hegel  (1770-1831, filosofo tedesco) e Feuerbach (1804-1872, filosofo tedesco), i due rappresentanti  di maggior rilievo della scena filosofica tedesca del tempo. Se Hegel, coerentemente con il suo idealismo, considera la natura un semplice “derivato dell’idea” - l’idea, di per sé stessa, è puro pensiero astratto e quindi per procedere dialetticamente deve proiettarsi “fuori”, deve essere “altro”, la natura, in quanto tale, non è nulla di più di questo altro, una sorta di alienazione dell’idea di natura – per Feuerbach, in netta contrapposizione, la natura, che esiste in quanto tale, è la base materiale di ogni idea, quella di Dio compresa. Marx, il Marx giovane filosofo, si muove sulla scia di Feuerbach, ma lo scavalca procedendo oltre con considerazioni che già si collegano alla sua successiva attenzione ai processi economici. Nei suoi “Manoscritti economici-filosofici(1844) scrive ……… la natura presa astrattamente, per sé, scissa dall’uomo, è nulla per l’uomo …… Lontano da Hegel quanto da Feuerbach Marx non ha interesse per una visione ontologica della natura in quanto tale, se essa certamente è, come “soggetto”, la totalità di ciò che esiste, uomo compreso, per l’uomo assume però valore reale solo nel momento in cui viene ”materialisticamente” coinvolta nel vivere umano, divenendo “oggetto” della prassi umana. In questo senso, come bene evidenzia Bellofiore riprendendo le parti di Schmidt dedicate a questo aspetto, la natura, da Marx definita come “corpo non organico dell’umanità”, è in effetti l’unico oggetto di conoscenza, è il mondo che diventa “sensibile”, conoscibile. E ciò avviene quando trovano sintesi, incontro, da un lato l’uomo ed il suo lavoro e dall’altro la natura ed i suoi componenti. Sta in questo primo presupposto la costruzione del concetto di natura in Marx: essa non è né semplice materia, come per Feuerbach, e neppure, come per Hegel, proiezione dello spirito, ma la fondamentale controparte di un costante “processo” di interazione con l’uomo nel quale essa è al tempo stesso soggetto, perché racchiude in sé l’uomo stesso, ed oggetto, perché è da essa, e su di essa, che il lavoro prende forma, e si completa. Volendo già qui anticipare possibili considerazioni “ecologiche” si potrebbe allora affermare che con questa concezione - che assolutamente non va ridotta, come peraltro da non pochi fatto, ad una esaltazione antropocentrica – Marx pone sulle spalle dell’uomo l’intera responsabilità dello stato di salute della natura, dell’ambiente; il loro eventuale guastarsi non avrebbe infatti altri responsabili se non colui che, riducendola ad oggetto, la ingloba pienamente nella sfera del suo lavoro. Non solo: già in questa fase giovanile emergono i presupposti di una seconda decisiva considerazione, ben più sviluppata nelle opere della maturità. In buona misura poggia infatti su questa idea della natura come soggetto/oggetto del processo di inter-relazione con l’uomo, l’intero concetto marxiano del “materialismo storico”, della storia vista come progressivo sviluppo di rapporti sociali determinati dalla struttura economica, dal possesso dei mezzi di produzione. Questo concetto si colloca tutto all’interno dell’idea, appena prima evidenziata, che l’intera conoscenza umana della realtà esterna, natura compresa, rispecchi pienamente le relazioni storicamente mediate fra gli esseri umani tanto da essere da queste stesse conformata e definita ……. non esistono “fatti” che possano essere conosciuti estrapolandoli dal vero “oggetto della conoscenza” che è la società umana nel suo insieme ….. Collocando in questo ambito dialettico il concetto di natura si potrebbe allora dire - con una dose non banale di semplificazione utile però come sintetica immagine storica - che la rivoluzione agricola del neolitico mette fine alla lunga fase del comunismo primitivo dell’uomo cacciatore e raccoglitore e, dando così forma concreta allo stretto intreccio di natura ed umanità nella dimensione esistenziale del “lavoro”, da pieno avvio anche alla storia intesa come evoluzione dei rapporti sociali di produzione, nelle varie forme da essi assunte fino alla fase finale del capitalismo. Se, non diversamente da prima, si volessero azzardare anche in questo passaggio letture “ecologiste” si potrebbe intravedere in questo inglobamento della natura nei rapporti di produzione per tramite del “lavoro” una spiegazione di fondo della depredazione della natura, dell’ambiente (come si vedrà successivamente Marx ben intuisce il rischio di sconvolgimento ambientale). Se per l’uomo cacciatore/raccoglitore il rapporto con la natura era finalizzato, non diversamente da ogni altro animale, al soddisfacimento dei “bisogni primari”, il “lavoro”, ed i “rapporti di produzione” su di esso basati, rompono in modo irreversibile questa primordiale unità uomo/natura sino a divenire la costante dimensione universale dell’esistenza umana. Depredazione ambientale e ingiustizia sociale avrebbero pertanto una comune matrice proprio nell’idea, suggerita da Marx, di una natura sottomessa al soddisfacimento della costante generazione dei nuovi “bisogni artificiali(feticismo delle merci) indispensabili per il mercato capitalistico e le sue logiche di profitto. Va inoltre precisato che sia Schmidt che Saito ampliano ulteriormente questa più immediata lettura: la distruzione dei “fondamenti naturali della vita” (natura/ambiente) non è riducibile a queste sole logiche, anche nelle pagine di Marx sono infatti rintracciabili passaggi che lasciano intravedere una accusa alle forme stesse “dell’industrialismo e del progresso”, delle quali il capitalismo rappresenterebbe quindi solo la versione più esasperata. Se così fosse, e così pare essere sia per Schmidt che per Saito, sarebbe totalmente messa in crisi la lettura troppo meccanicistica dell’idea di Marx del superamento del capitalismo proprio grazie al definitivo compimento dello sviluppo da esse avviato. Sono diversi i passaggi, da ambedue recuperati e riletti, in cui emerge un Marx che al contrario denuncia, seppure in forme non definitivamente strutturate, una prospettiva di sviluppo che avvilisce e disprezza la natura, in cui delinea la necessità di un “limite nel prelievo” delle risorse, in cui si preoccupa di ristabilire preesistenti condizioni naturali. Sembra allora possibile cogliere, come ben richiamato da Bellofiore, che al pur centrale schema della natura come soggetto/oggetto del lavoro, definibile come “mediazione sociale della natura”, Marx avesse l’intenzione, non avendo però il tempo per portarla a compimento, di affiancarle l’esatto opposto, ossia una permanente “mediazione naturale della società”. Là dove la natura è in prima istanza ridotta a matrice materiale del lavoro e dei rapporti di produzione si deve installare la consapevolezza del ripristino di una “totalità della natura” che recuperi l’origine dell’uomo in essa. Riportiamo qui il passo del saggio di Schmidt che meglio riassume questo concetto, ……… qui si conferma l’idea (di Marx) che il mondo forma una unità materiale. Sarebbe un gran guadagno se l’umanità, rinunciando ad una crescita illimitata, si disponesse a vivere in migliore armonia con il sistema della natura …….. Ed è questo il passo che di più gli consente di intitolare, come abbiamo visto, l’introduzione del 1993 alla versione rivista del suo saggio “Per un materialismo ecologico”. Il salto dalle intuizioni materialistiche del primo Marx alle considerazioni, purtroppo non portate a pieno compimento, più riflessive del suo ultimo periodo è colmato, soprattutto nella rigorosa ricostruzione filologica fatta da Saito, da quella mole sterminata di appunti, commenti, riprese, sottolineature, che Marx accumula lungo tutta la sua. E’ in questo patrimonio, composto da suggestioni di varia natura spesso provenienti da discipline scientifiche e che non smette di fornire conferme e sorprese, che si trovano spunti fondamentali per comprendere l’origine e la portata di tale salto. Ne citiamo qui alcune che, anche se lette in successione nella loro disorganicità, riescono comunque a dare l’idea  di un fermento analitico in continua evoluzione proprio sulle tematiche ambientali:

*   In un passo dei “Grundrisse” (1857-1858) compare una nuova nozione del tutto assente nei Manoscritti del 1844, quella dello “scambio di sostanza tra uomo e natura”, vale a dire “metabolismo”, un concetto che Marx mutua dagli studi biologici di Justus von Liebig (1803-1873, chimico accademico tedesco) che lo usano per indicare il sistema di scambi di sostanze diverse tra le parti di un organismo vivente. Marx lo utilizza per designare sia gli scambi materiali interni alla società (metabolismo sociale), sia gli scambi materiali interni alla natura (metabolismo naturale), ma soprattutto gli scambi materiali tra gli uomini e la natura, evidenziando con durezza che è proprio quest’ultimo metabolismo che il capitale viene a sconvolgere, rompendo l’unità immediata tra l’umanità e il suo corpo inorganico

*   In diversi appunti Marx riprende da Liebig anche la sua teoria biochimica della crescita vegetale, in particolare là dove viene evidenziato la necessità della “restituzione” alla terra dei nutrienti biochimici che la rendono fertile, una operazione indispensabile ma che ha un “limite biochimico” oltre il quale la restituzione non avrà più effetto duraturo. Su queste basi Marx elabora in appunti, alcuni dei quali diventano passaggi compiuti del "Capitale(prima pubblicazione 1867), una critica radicale alle logiche dell’agricoltura capitalistica così sintetizzata: …… ogni progresso dell’agricoltura capitalistica è un progresso non solo nell’arte di depredare l’operaio, ma anche nell’arte di depredare il suolo; ogni progresso nell’incremento della sua fertilità per un certo periodo, è insieme un progresso nella rovina delle sue sorgenti perenni.

*   L’interesse verso la produzione agricola rappresenta una costante negli studi marxiani, sui quali, quantomeno per un certo periodo, è stata forte l’influenza degli studi scientifici di Liebig. E’ infatti sulla base di questi che Marx aderisce alla tesi dei rendimenti agricoli decrescenti. In alcuni passi dei Manoscritti del 1863-1865 chiarisce bene che esistono limiti assoluti alla modificazione antropologica della natura, che occorre rinunciare all’idea di un dominio totale sulla natura e di un culto della crescita cieca delle forze produttive. L’esatto opposto quindi dell’idea stereotipata di un Marx cultore del progresso infinito.

*   Un concetto che viene poi ripreso ed ampliato nella parti del Capitale dedicate in modo specifico proprio alle modalità della produzione agricola, ma con considerazioni che hanno una valenza generale per il rapporto uomo – natura, rese possibili dal superamento della proprietà privata. Il regime di gestione collettiva dell’agricoltura deve a suo avviso essere improntato al rigoroso rispetto dei limiti fisiologici imposti dalla Terra stessa

*   In fasi successive Marx sembra prendere alcune distanze dall’approccio comunque “chimico” di Liebig essendo stato suggestionato dagli studi di Carl Fraas (1810-1875, botanico e agronomo bavarese) che hanno al loro centro il rapporto tra vegetazione e clima. Siamo in anni ancora lontani dalle evidenze del processo di riscaldamento climatico ormai così drammaticamente evidenti ai giorni nostri, e molte delle osservazioni “scientifiche” del tempo sembrano, oggi, decisamente inadeguate. Non sfuggono a questa insufficienza gli stessi studi di Fraas, ma resta, ancora oggi, significativa la sua intuizione del rapporto fra attività umane e clima (nei suoi studi filtrato dalle modalità di produzione agricola). Ogni ipotesi su quali sviluppi avrebbe potuto avere sulla stesura del Capitale l’interesse di Marx verso questi studi è priva di adeguati fondamenti. Resta però significativa perché anch’essa smentisce, con la sua valenza di dubbio radicale, l’immagine, tanto stereotipata quanto errata, del Marx profeta del radioso avvenire dello sviluppo infinito

*   Al di là poi della pur giustificata ed importante possibile scoperta di un “materialismo ecologico” emerge dalla rilettura del suo pensiero fatta sia da Schmidt, così come evidenziato nella prefazione di Bellofiore, e sia da Saito un tratto esemplare di Marx: la sua curiosità senza limiti e steccati. Marx non smette mai di sviluppare e approfondire i suoi precedenti risultati di ricerca, da lui sempre considerati provvisori, confrontandoli con nuovi campi, nuovi problemi, nuovi autori, affinandoli, rettificandoli, mettendoli in parte in discussione, o anche abbandonandoli, per aprire nuove strade di ricerca, per tracciare nuove prospettive, per porre nuove domande o per  ripensare a vecchie questioni in modo nuovo. Esattamente quello che è mancato in molti suoi successivi interpreti.

*   Questo grave limite filologico, e politico, è ancor più grave proprio perché ha di fatto ignorato la sua possibile “sensibilità” ecologica. Una rilettura senza pregiudizi di tutti i suoi scritti, codificati o provvisori che siano, tra il 1844 ed il 1868 permette di cogliere come Marx non abbia mai cessato di sviluppare e approfondire l’idea che il capitale sia colpevole di provocare guasti nel rapporto tra umanità e natura, avendo rotto la loro unità a lungo mantenuta nei rapporti di produzione pre-capitalistici

*   Questa idea, della cui esistenza testimoniano i passaggi precedentemente citati presenti nelle sezioni III e IV del Libro I del Capitale, stava per essere estesa e completata, come dimostrano proprio gli appunti ancora disordinati predisposti in questo senso, nel successivo Libro II, per dimostrare che la trasformazione forzata del “valore d’uso” di una merce nel suo “valore di scambio” poggiava sull’appropriazione da una parte della forza lavoro umana e dall’altra della natura come oggetto del lavoro umano. Vale la pena, per meglio evidenziare quest’ultimo rilevante passaggio, citare per esteso un passaggio del saggio di Saito …. se quindi ci proponiamo di sviluppare e approfondire l’idea marxiana del disturbo strutturale che il capitale provoca nel rapporto tra uomo e natura, dobbiamo partire da un’analisi dell’appropriazione capitalistica del processo del lavoro in quanto questa è anche, fondamentalmente, un’appropriazione capitalistica della natura, vale a dire una trasformazione della natura per conformarla alle esigenze fondamentali del capitale come valore in processo ………

Chiudiamo questa sinteticissima ripresa degli spunti che di più ci sono sembrati utili, nella loro limitatezza, per meglio comprendere un dibattito che merita ben altri veri approfondimenti, in ogni sede e circostanza a partire da quelle più “politicamente preposte”, con una ultima citazione dal saggio di Schmidt. Nulla aggiunge al “concetto della natura in Marx”, ma molto dice sul senso ultimo che dovrebbe ispirare questo dibattito:

…….. compito della conoscenza è: non capitolare dinanzi alla realtà che come una parete di pietra circonda gli uomini. E poiché la conoscenza rimette in vita i processi storici umani ormai spenti nei fatti compiuti, essa dimostra che la realtà è un prodotto degli uomini e perciò trasformabile: così il concetto più importante della conoscenza, la prassi, si rovescia nel concetto di azione politica ….. 





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