domenica 1 gennaio 2023

La Parola del mese - Gennaio 2023

 

La parola del mese

Una parola in grado di offrirci nuovi spunti di riflessione

GENNAIO 2023

La parola di questo Gennaio 2023 è comparsa, con un posto di rilievo, in numerosi nostri post, dove è stata considerata da diverse sfaccettature, in particolare economiche, politiche e filosofiche. Da tempo eravamo però convinti che il suo significato, la sua valenza generale, meritassero una attenzione più mirata. L’occasione per farlo ci è stata offerta da uno straordinario saggio che la esamina proprio da questo punto di vista, in particolare per comprendere su quali basi si sia formata la sua presunta aurea di fenomeno ineliminabile. Visti i diversi aspetti che concorrono a formare un quadro così articolato il saggio in questione non poteva non tradursi che in un testo voluminoso (ben più di settecento pagine, e quindi oltretutto di non poco costo) e decisamente complesso tale da rendere impossibile una sua sintesi nelle nostre abituali forme. Ma l’occasione non poteva essere persa e quindi, per quanto  limitata a fornire una informazione generale sulla sua articolazione e sulle sue finalità, lo percorriamo qui velocemente proprio perché davvero rappresenta una summa di tutto quanto può essere racchiuso, nel bene e nel male, nella parola

CRESCITA                       

 

CRESCITA (da vocabolario on line Treccani) sostantivo femminile derivato da crescere = Il fatto di crescere, di svilupparsi. In particolare in economia indica l’incremento, nel tempo, delle principali grandezze economiche (prodotto interno lordo e netto, investimenti, occupazione, reddito pro capite), alla quale si accompagna una continua innovazione delle tecnologie impiegate nella produzione di beni e servizi.

Non stupisce che la definizione da vocabolario si limiti, per indicare il suo significato generale, ad un generico “il fatto di crescere”, per poi poter dare più spazio alla sua valenza “economica”, perché in effetti è ormai così: crescita, al di là del suo comparire senza particolari valenze nel linguaggio quotidiano, è ormai quasi automaticamente associata a quella economica, in una sorta di ossessione che  vede nel suo scomparire, o anche solo nel suo rallentare, un'autentica tragedia collettiva. E poco cambia quando (per una sorta di pudore?)  viene sostituita con “sviluppo” o con “progresso”, termini che in effetti hanno un significato che va oltre il solo “fatto di crescere”. A chi avanza perplessità sul fatto che l’umanità possa ritenere che lo scopo ultimo della sua presenza sul pianeta Terra consista nel “fatto di crescere” (di numero, di ricchezza, di potere) viene risposto che la “crescita” è nell’ordine naturale delle cose, che è lo scopo assegnato “per natura” a tutto, universo compreso, e quindi all’uomo stesso. Ma è proprio così? La crescita è davvero un destino inaggirabile? Oppure, anche nell’ordine naturale delle cose, ad essa sono posti limiti ed ostacoli che pregiudicano il suo stesso significato etimologico? Risponde a queste domande il corposo saggio

L’ultima opera, con titolo “Crescita. Dai microrganismi alle megalopoli(Hoepli, 2022, traduzione di Luciano Canova, pagine: XXXII-720, prezzo: € 29,90. In calce riportiamo l’indice dell’opera per meglio avere nozione del suo spessore analitico) dello scienziato ambientale Vaclav Smil (accademico e ricercatore in Scienze ambientali ceco naturalizzato canadese, docente emerito presso la Facoltà di Scienze ambientali dell'Università di Manitoba a Winnipeg, autore di numerosi saggi fra i quali spiccano: “Energia e civiltà” 2017 e “I numeri non mentono” 2021. I suoi interessi di ricerca, interdisciplinari, vertono principalmente sul cambiamento climatico, sull'antropizzazione, sulla storia dell’innovazione tecnologica, sulle fonti energetiche)

Da convinto scienziato ambientalista Smil non poteva non essere mosso a questa analisi che dalla constatazione del peso del mito della “crescita”, economica, produttiva, dei consumi, nell’orientare l’intero percorso dell’umanità. Non a caso quindi afferma nella premessa di questo saggio che crescere, sempre e comunque, rappresenta davvero l’imperativo del nostro tempo, l’ultimo suo credo: dobbiamo crescere sempre, ad ogni costo. Senza mai porsi due semplici domande che dovrebbero al contrario limitare questa frenesia: per fare cosa? per andare dove? Persuasi dall’idea che il progresso materiale possa durare per sempre, politici neo-liberisti ed economisti ortodossi venerano la crescita della ricchezza a tal punto da considerarla la soluzione a tutti i mali, oltre che l’unica misura dello sviluppo umano. Eppure pochi altri concetti sono così sovraccarichi di ideologia come quello di crescita, che viene, con supina accettazione, collocato al di là del bene e del male, perchè considerato in sè valore, tendenza morale. In questo saggio, che si muove in perfetta sintonia con l’intera sua ricerca scientifica e produzione saggistica, Smil, per cercare di mettere a fuoco quali ragioni possano spiegare questo stato di cose, confronta le traiettorie di crescita di decine di variegati processi naturali, sociali, tecnologici (come cita il sottotitolo “dai microrganismi alle megalopoli”, fra l’altro nostra recente Parola del mese di Novembre 2022). Smil inizia con organismi di dimensioni microscopiche, fino all’evoluzione di esseri viventi sempre più grandi e alla crescita umana dall’infanzia all’età adulta. Dalla biologia alla tecnologia, il saggio percorre la storia della vita sulla Terra, dedicando ampio spazio all’evoluzione della capacità di produrre energia e manufatti che favoriscono attività economiche, segnando progressi essenziali per la civiltà. Infine, guarda alla crescita nei sistemi complessi, dalle popolazioni umane fino alle città, ed al termine di questa disamina, conclude che oggettivamente, la tendenza alla crescita sembra essere “una realtà proteiforme onnipresente nel nostro pianeta, in tutte le forme di vita, in essa  comprese”. La sua valenza è ubiqua, interviene regolarmente come meccanismo connaturato alla natura, tale da governare, dal più piccolo al più grande, lo sviluppo dei batteri come delle galassie. Tutto sembra essere indirizzato costituzionalmente alla crescita, sul nostro pianeta crescono la crosta oceanica, l’altezza delle montagne, le cellule tumorali, e poi anche la resa delle colture, il peso dei salmoni d’allevamento, la superficie dei televisori, tanto per citare alcuni esempi. A formare così un quadro che sembrerebbe sostenere la presunzione di una sua ineluttabilità, così evidente da giustificare quindi il suo orientare ogni nostra azione. Ma da questa stessa analisi emerge un preciso controcanto: nulla, proprio nulla, sembra poter espandersi all’infinito. Tutto ciò che cresce, prima o poi, alla fine si ferma, per un motivo o per l’altro. In tutti i casi presi in esame la tendenza alla crescita, superata una possibile iniziale criticità, entra in una fase di sviluppo, di accelerazione esponenziale, per poi rallentare e raggiungere un culmine, il suo “plateau”, e qui giunti alcuni casi rimangono stazionari, altri collassano repentinamente, altri ancora declinano più lentamente. Da questa osservazione delle variegate curve di crescita emergono, a volerle cogliere, molte indicazioni utili, in particolare che in molti fenomeni intervengono, a fissare limiti invalicabili, decisivisi  processi fisici (ad esempio le leggi di conservazione dell’energia e la limitatezza delle risorse materiali). L’ingegno umano sarà anche una poderosa macchina tecnologica per tentare di andare oltre questi limiti, ma non esiste, come considerazione conclusiva del saggio, traiettoria di sviluppo che possa sfuggire a queste restrizioni. Smil precisa poi che crescita, forse per il crescente timore che così non possa che essere, dimostra di essere una sorta di “calamita per aggettivi”, l’ultimo dei quali è il più equivoco di tutti: sostenibile. L’inerzia della storia per come si è sin qui sviluppata in particolare in quest'ultimo secolo, ha creato attorno al concetto di  crescita economica e produttiva una aureola ideologica che spiega e giustifica la presunzione di andare, sempre e comunque,  oltre ogni limite che un pianeta dalla risorse finite impone. Ma anche se i tecno-ottimisti sono certi  di poter disaccoppiare la crescita dell’economia dai consumi di energia e di risorse materiali, tutto quello analizzato nel saggio evidenzia al contrario che la condizione umana rimane inevitabilmente nella zona critica di un pianeta sempre più esausto. “Per quanto diversa la nostra civiltà possa essere in confronto a quelle che l’hanno preceduta - ammonisce Smil - essa opera comunque all’interno dello stesso vincolo”. E quindi più che stordirci con inutili anatemi sulla fine del mondo, si torni a coltivare la consapevolezza del mondo finito  

Completiamo questa sinteticissima presentazione del saggio di Smil con alcuni estratti della recente intervista a lui fatta da Alessio Giacometti (dottorando scienze sociali Università di Padova, del quale abbiamo già pubblicato altri interessanti articoli) reperibile nel sito on-line “La Tascabile”

Leggendo Crescita ho subito pensato ai grafici del “cruscotto planetario” diffusi qualche anno fa dal gruppo di scienziati con a capo il chimico Will Steffen per descrivere la traiettoria della Grande Accelerazione, il periodo successivo alla seconda guerra mondiale di crescita esplosiva della popolazione, dei consumi e dell’impatto umano sulla Terra. Come molti dei grafici presenti nel suo libro, quelle curve esibivano tutte una progressione inizialmente timida e impercettibile, che all’improvviso si fa indomabile e fuori controllo. Il che è un doppio problema: sulle prime non ci accorgiamo che una curva di crescita sta per diventare insostenibile, e quando ce ne accorgiamo sembra ormai inevitabile un impatto catastrofico alla fine della corsa. È questa la trappola della crescita?

Tutti i fenomeni in accelerazione alla fine decelerano: nessun albero cresce fino al paradiso, e le paure di una crescita inarrestabile non sono altro che paure. Mezzo secolo fa anche le persone meglio informate sullo stato delle cose erano terrorizzate dalla crescita demografica incontrollata, mentre oggi la maggior parte dell’umanità ha tassi di fertilità ormai vicini o al di sotto del livello di sostituzione, con molti Paesi che già registrano una popolazione in declino: il Giappone, ad esempio, ha perso quasi 750mila persone l’anno scorso, e uno studi pubblicato qualche anno calcolava che ben 17 nazioni dell’Unione Europea potrebbero vedere dimezzata la propria popolazione entro il 2100. Le cose possono sembrare fuori controllo per un po’, ma ogni volta rallentano, in un modo o nell’altro. Certo, prima che ciò accada i periodi di crescita impetuosa possono generare grandi benefici, ma anche grandi problemi, di natura ambientale e sociale. La conoscenza necessaria per affrontarli però non manca, e in un certo senso neanche i mezzi tecnologici. Quel che spesso non abbiamo è la volontà di impegnarci in modo convinto e duraturo.

La pandemia di COVID-19 ha mostrato quanto possa essere complesso arrestare una crescita esponenziale. Riuscirci è possibile, ma solo nelle fasi iniziali. Più la curva si flette e più diventa incontrollabile. È questa una legge ferrea della crescita che conosciamo da sempre, in verità, ne discutevano già i greci antichi con il paradosso del sorite (se da un mucchio di sabbia estraiamo, uno dopo l’altro, tutti i suoi granelli alla fine ne rimarrà uno solo. E allora: in quale momento quel mucchio iniziale non è più un mucchio? Per gli antichi il paradosso stava nel mettere sullo stesso piano due concetti diversi: da un lato uno di tipo qualitativo, il mucchio, e dall’altro uno di tipo quantitativo, numerico, il singolo granello): vale a dire che c’è una soglia oltre la quale un ulteriore aumento quantitativo si trasforma in un cambiamento di tipo qualitativo. All’inizio SARS-CoV-2 era un virus locale circoscritto al solo mercato di Wuhan, ma poi, di contagio in contagio, ha innescato una pandemia globale che nessuno poteva più fermare. Nel caso del riscaldamento globale alcune delle soglie critiche, i famosi tipping points (nostra parola del mese di Marzo 2021), sono già state superate, e in molti ritengono che una trasformazione qualitativa dei regimi climatici sia già entrata in moto. Cosa possiamo fare con una curva di crescita quando non è più sotto il nostro controllo?

Sulla Terra non esiste alcuna crescita esponenziale eterna, col tempo tutto si rivela essere limitato. Questo vale per ogni pandemia, e vale anche per le emissioni di gas serra. Per nostra sfortuna non possiamo prevedere con precisione la traiettoria potenziale di un certo processo quando è ancora nelle sue fasi inziali, perciò la diffusione di SARS-CoV-2 ha esibito differenze sensibili nelle diverse traiettorie nazionali: repentine in alcuni Paesi come l’Italia, straordinariamente lente altrove. Questo è vero anche per le emissioni, che in certe nazioni si sono stabilizzate e sono addirittura in declino da alcuni decenni, mentre in altri Paesi sono ancora in rapida crescita, al punto che nessuno può prevedere con sicurezza la loro traiettoria futura a livello mondiale. Se la pandemia di COVID-19 non è stata sotto l’esclusivo controllo dell’Unione Europea, non lo sarà neanche il riscaldamento globale, nonostante gli innumerevoli piani varati da Bruxelles: in Europa vive solo il 6% della popolazione mondiale, e anche se il vecchio continente dovesse riuscire ad abbattere le proprie emissioni, la Cina, l’India e l’Africa subsahariana – che assieme corrispondono al 50% dell’umanità – continueranno a usare sempre più energia, vale a dire più combustibili fossili, nel prossimo futuro. E questo perché, facendo altrimenti, condannerebbero se stesse a una cronica povertà. Nella prefazione che accompagna l’edizione italiana del libro scrivo che nuovi eventi come la pandemia di COVID-19 ci hanno ricordato quanto sia imprevedibile il nostro futuro e come questi stessi eventi possano modificare improvvisamente molte traiettorie di crescita di lungo periodo.

Il suo libro sulla crescita me ne ha ricordato un altro letto di recente, Rallentare (2021) del geografo sociale Danny Dorling. La sua tesi è che molti dei fenomeni insostenibili che pensavamo in forte espansione hanno da tempo iniziato a decelerare: non che abbiano finito di crescere in termini assoluti, solo non lo fanno più così rapidamente dal momento che la loro crescita relativa scende di anno in anno. E questo è un bene per tutti noi, perché qualcosa che sale mentre sta già rallentando ci intimorisce di meno, e possiamo anche immaginare di controllarlo in qualche modo. A detta di Dorling la Grande Accelerazione ha già cominciato a esaurirsi, stiamo per entrare nel “Grande Rallentamento”. Lei invece sembra avere una visione meno ottimistica.

Non mi pare ci sia nulla di nuovo sotto il sole. Nessun essere vivente cresce all’infinito, ma nemmeno alcun manufatto, struttura o processo: modelli di crescita vincolati caratterizzano lo sviluppo delle macchine e delle capacità tecniche tanto quanto la crescita delle popolazioni e l’espansione degli imperi. Il declino graduale dei tassi di crescita, l’eventuale saturazione e lo stadio stazionario sono l’essenza stessa delle curve a “S”, o sigmoidi, che regolano la crescita della maggior parte dei fenomeni di origine antropica non meno che la crescita degli organismi. Nel mio libro raccolgo decine di esempi di fenomeni reali con tassi di crescita che via via rallentano, assumendo nomi diversi a seconda di alcune proprietà minori che li riguardano. Il loro risultato finale è però sempre lo stesso: la fine della crescita. Come ho scritto, la crescita esponenziale – naturale o antropogenica che sia – è sempre e soltanto un fenomeno temporaneo, che termina per tutta una serie di vincoli fisici, ambientali, economici, tecnici o sociali.

Tra le decine di curve di crescita presenti nel libro, quella cui dedica più pagine riguarda l’economia. Prima della pandemia e della guerra in Ucraina, il Pil a livello mondiale cresceva del 2-3% annuo, con un periodo di raddoppiamento di circa 23 anni. Gli economisti dibattono da tempo su quanti futuri raddoppiamenti siano ancora possibili, ma anche la crescita dell’economia raggiungerà il limite, prima o poi: il fatto è che alla fine della crescita materiale siamo oggi del tutto impreparati. Esiste una via per le prosperità, il benessere e la felicità umana che non implichi il consumo pianeta? Alcuni cercano quella via in avanti, accelerando sulla crescita e il capitalismo “verde”, altri voltandosi indietro, auspicando la decrescita. Tra qualche decennio potremmo scoprire di aver preso la direzione sbagliata.

Non può esistere alcuna civiltà senza consumo materiale, ma nel futuro, con la popolazione che prima smetterà di crescere e poi inizierà a diminuire, potremmo non avere altra scelta che vivere con meno. Quel che osserviamo in questo momento in molti villaggi rurali e piccoli insediamenti urbani in via di spopolamento in Giappone, Romania, Bulgaria, Italia, Spagna e Franca diventerà la nuova norma a livello mondiale: entro la metà di questo secolo anche la popolazione della Cina si ridurrà lievemente, solo l’Africa subsahariana avrà tassi di fertilità relativamente alti ancora per un po’. Non è però la prima volta che accade nel corso della storia: nazioni in declino demografico con migrazioni di massa, squilibri economici e un tenore di vita ridimensionato non sono nulla di nuovo per l’umanità. Eventi di questo genere hanno segnato la nostra esistenza per lunghi e difficili periodi. È vero però che nessuna economia moderna è mai entrata in un periodo di recessione così duraturo e ininterrotto da poter essere visto come una nuova tendenza. L’economia cosiddetta ortodossa non ha ancora nessun modello migliore da seguire di quello basato sulla crescita continua. Nel libro dico che potremmo non conoscere ogni dettaglio di come fare la cosa giusta, ma la direzione delle azioni richieste è chiara: garantire l’abitabilità della biosfera pur mantenendo la dignità umana.

Nel libro scrive che possiamo misurare la crescita in relazione a ogni tipo di variabile, ma la crescita è soprattutto funzione del tempo: serve necessariamente che il tempo passi, affinché la crescita imprima la sua curva. Tutto questo, osserva, è in palese contraddizione con le narrazioni che invocano il mantra di un’innovazione dirompente e immediata. Un esempio è quello della transizione energetica, che non avverrà dall’oggi al domani. Anche lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è più lento di quanto non si dica. Ogni volta che guardiamo alle curve di crescita per prevedere il futuro, incappiamo in clamorosi errori di valutazione. In un mare di promesse roboanti, il suo libro è una bussola di prudenza e realismo.

Molti fenomeni contemporanei, come quelli legati all’economia digitale, sembrano esibire tassi di crescita maggiori rispetto ad altri processi del passato, ma è solo un’illusione: nel mio libro la chiamo la fallacia della comparazione. Aspettative esagerate, previsioni indifendibili e ipotesi ingenue di un cambiamento rapido, massivo e generale sono diventate una consuetudine, e i media alimentano queste illusioni (o delusioni?) con un flusso costante di notizie di innovazioni radicali e progressi senza precedenti. Eppure ci vuole così poco per avere una prospettiva più realistica su quel che accade: basta guardarsi attorno, non stiamo volando verso Marte – il 2022 era la data inizialmente prevista da Elon Mask per i suoi viaggi interplanetari –, l’intelligenza artificiale è servita a poco o nulla per prevenire e gestire la pandemia, i destini delle nazioni dipendono come sempre dal capriccio di un uomo forte o insignificante, non esistono ancora processi decisionali governati da reti neurali perfettamente razionali. È troppo sperare che i media si convincano, un giorno o l’altro, a rimanere fedeli alla realtà? Sfortunatamente lo è, il clamore e l’irrazionalità sono destinati a continuare a lungo.

 Segue indice del saggio:

Capitolo 1° - Dinamiche e modelli comuni di crescita

-     orizzonti temporali

-     cifre di merito

-     crescita lineare ed esponenziale

-     modelli di crescita ristretti

-     risultati aggregati della crescita

Capitolo 2° - Natura: la crescita della materia vivente

-     microrganismi e virus

-     alberi e foreste

-     coltivazioni agricole

-     animali

-     uomini

Capitolo 3° - Energia: crescita dei convertitori primari e secondari

-     sfruttare acqua e vento

-     vapore, caldaie, motori, turbine

-     motori a combustione interna

-     reattori nucleari e cellule fotovoltaiche

-     luci e motori elettrici

Capitolo 4° - Manufatti: la crescita degli oggetti creati dagli uomini e delle loro prestazioni

-     strumenti e macchine semplici

-     strutture

-     infrastrutture

-     trasporti

-     dispositivi elettronici

Capitolo 5° - Popolazioni, società, economie: la crescita degli aggregati complessi

-     popolazioni

-     città

-     imperi

-     economie

-     civiltà

Capitolo 6° - Che cosa viene dopo la crescita: fine e continuità

-     cicli di vita degli organismi

-     il declino dei manufatti e dei processi

-     popolazioni e società

-     economie

-     civiltà moderna



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