Il “Saggio” del mese
AGOSTO 2019
In coincidenza (solo simbolica?) con il cambio
di millennio in tutto il mondo si sono affermate, oppure per alcuni aspetti ancor
più consolidate, tendenze di segno decisamente opposto ad uno slancio fiducioso
verso……magnifiche
sorti e progressive (G. Leopardi – “La ginestra”). Confluiscono dentro
questo magma di atteggiamenti di chiusura, di paura, di rancore, di rifiuto,
situazioni locali e specifiche anche molto differenziate tra di loro, che
sembrano però essere al contempo tenute insieme da un comune sentire di
un’umanità confusa e diffidente verso le strade che la modernità globalizzata
sembrava aver ormai definitivamente intrapreso. Il dibattito sulle cause che
potrebbero spiegare questa sorta di strana “torsione” all’indietro è ovviamente
aperto. Non mancano ragioni di ordine economico e finanziario, a partire dalla
globalizzazione che ha imposto profondi cambi di paradigma che hanno azzerato
antiche certezze, fenomeni planetari come le migrazioni di massa, strettamente
legate al degrado ambientale ed alla stessa globalizzazione, e le collegate reazioni,
la crisi della democrazia rappresentativa e dei suoi istituti, e l’impatto delle
nuove tecnologie della comunicazione e dei big data che hanno radicalmente
sconvolto sistemi produttivi e stili di vita imponendo ovunque modelli
unificati ed unificanti. Ma ancor più complessa sembra essere la discussione
sulle “forme” politiche di questa torsione. Appare infatti non poco
problematico individuare quali tratti comuni possano legare situazioni
all’apparenza tra di loro distanti come ad esempio la svolta a destra di quasi
tutti i paesi sudamericani e di buona parte di quelli dell’estremo oriente, il
trumpismo statunitense, i movimenti populisti nel cuore della vecchia Europa, la
Brexit, la democrazia illiberale del patto di Visegrad, il lungo ciclo di
comando di Vladimir Putin piuttosto che il fanatismo delle frange estremiste
islamiche o dell’induismo aggressivo del confermato presidente Modi. Non è un
mero problema di etichettare all’interno di comuni categorie “politiche”
fenomeni e processi che, guardando tutti con occhio strabico di più al passato
che al futuro, sembrano perlomeno essere riconducibili a quanto Zigmunt Bauman
nel suo “Retrotopia” (nostra
“Parola del mese” di Novembre 2017) definiva come un diffuso ed ostinato ricollocamento
all’indietro, nel passato, delle speranze utopiche di solito affidate a scenari
futuri. A seconda del prevalere contingente di alcune caratteristiche sono
state chiamate in causa categorie classificatorie come fascismo, populismo,
conservatorismo, nazionalismo, fanatismo religioso. Il saggio che abbiamo
scelto per il mese di Agosto 2019 privilegia, seppur non escludendo altre
incidenze, la categoria politica della “reazione”. Parliamo di “Il naufragio della ragione – reazione
politica e nostalgia moderna”, da poco presente nelle librerie, di Mark Lilla (1956 – storico e politologo
americano, professore di storia presso la Columbia University, voce libera e
critica della sinistra statunitense, autore di numerosi saggi molti dei quali
tradotti in italiano, tra i quali citiamo “L’identità non è di sinistra”)
Va innanzitutto riconosciuto a Mark Lilla il
merito di sollecitarci, con questo suo saggio, alla rimozione della comoda e
superficiale, per quanto effettivamente molto diffusa, convinzione che gli
atteggiamenti politici “reazionari” non abbiano una particolare consistenza e
dignità culturale esprimendo di fatto solamente istintivi, “di pancia”, rifiuti
a temuti cambiamenti in corso …….il “reazionario” è l’ultimo “altro” rimasto, consegnato
ai margini dell’indagine intellettuale rispettabile. Non lo conosciamo……
(la frasi in corsivo blu
sono estratti dal testo del saggio). Eppure il termine “reazione” ha una storia
interessante: entra nel vocabolario politico nell’Ottocento, dopo essere stato
inizialmente utilizzato da Montesquieu (1689-1755) per descrivere il
corso della politica come una successione di “azioni e reazioni”, come
contraltare all’idea illuministica di progresso, per essere da lì in poi
utilizzato, senza ulteriori approfondimenti particolari, per definire in modo
indistinto atteggiamenti e prese di posizione di contrasto a cambiamenti
“rivoluzionari”. Mark Lilla ritiene invece che la “reazione”, purché meglio
analizzata e definita, sia una categoria politica utilissima per meglio
comprendere molte delle attuali dinamiche politiche alla base della “torsione”
di cui si è detto. L’analisi della reazione che con questo saggio Mark Lilla ci
propone si articola sul recupero delle elaborazioni di alcuni pensatori (Franz
Rosenzweigc – Eric Voegelin – Leo Strauss) che è possibile considerare figure
intellettuali di riferimento della cultura reazionaria, sullo studio del più
immediato retroterra culturale del movimento dei Teo-con statunitensi,
affiancato da una particolare finestra su alcuni aspetti “reazionari” di una
parte della sinistra europea, sulla riflessione sulle reazioni agli attentati
terroristici jihadisti a Parigi nel 2015, ed infine su una chiusa che richiama ad
atteggiamento emblematico le imprese tragicomiche di Don Chisciotte. Il filo
comune che progressivamente potremo cogliere attraverso questi passaggi è il ruolo
fondamentale della “nostalgia politica”, ossia quel sentire, diffuso e
sotterraneo, che Mark Lilla considera la vera ragione ultima della “reazione”.
Un percorso tanto originale quanto utile a coprire lacune molto diffuse e
persistenti della nostra cultura politica e a fornire una possibile diversa
chiave di lettura del presente.
Introduzione
– Il naufragio della ragione
Mark Lilla anticipa all’inizio del saggio
alcune delle considerazioni che emergeranno dalla successiva analisi, utili a capire
quanto poco sia compresa la vera natura del “reazionario”, soggetto e termine
da tutti noi molto spesso usati senza averne precisa conoscenza……La prima cosa da
capire dei reazionari è che non sono conservatori. Sono, a modo loro, radicali
quanto i rivoluzionari e altrettanto prigionieri di fantasticherie storiche…….
Ed in effetti se di norma gli
atteggiamenti “conservatori” sembrano, a fronte di un cambiamento in atto, essere
ispirati dalla volontà di mantenere uno status quo, quelli reazionari sono già
proiettati verso una fase superiore: quella di operare attivamente per
“ritornare” ad una condizione preesistente al cambiamento, reale o solo temuto
che sia. Molto di più di un “normale” conservatore il reazionario è infatti legato
ad uno stato precedente al cambiamento vissuto come …..umo stato felice ed ordinato in cui le
persone sanno stare al proprio posto e vivono in armonia sottomesse alla
tradizione ed al loro Dio….. Questo stato idilliaco viene aggredito
dal cambiamento considerato, dal punto di vista reazionario, quasi sempre come
il prodotto di idee …..straniere prodotte da intellettuali……..
Evidentemente, quanto meno nella cultura europea, è ancora forte la primordiale
reazione all’Illuminismo ed alla Rivoluzione Francese ben rappresentata da Joseph
de Maistre (1753-1821
filosofo e politologo francese) il quale spiega il crollo dell’Ancien Regime come un
“marcire” dall’interno provocato da un inaccettabile sviluppo culturale ed
intellettuale. Sempre da lì sembra poi nascere un altro elemento fondante del
reazionario, ossessivamente votato alla ricerca di “colpevoli”, di individui o
gruppi artefici del cambiamento incriminato……..il tradimento delle elite è il cardine di
ogni narrazione reazionaria….. Ma al di là dell’individuazione dei
presunti colpevoli il maggior danno imputabile ad ogni cambiamento è
innanzitutto quello di sconvolgere il corso ordinato del tempo, di deviarne il
fiume eterno e consolidato …..la mente
reazionaria è una mente naufragata, si sente esiliata dal tempo….. Anche
se nella propria costruzione mentale il reazionario si muove senza dubbi e
tentennamenti animato, com’è, dalla inattaccabile convinzione di essere dalla
parte della ragione, della storia …….si sente in un posizione più forte di quella dei suoi
avversari perché è convinto di essere il guardiano di ciò che è successo
davvero e non il profeta di ciò che potrebbe succedere…… Diventa
allora imperativo reagire e muoversi coerentemente a questo ruolo di
“guardiano”: nella rivista reazionaria americana “National Review” si legge che
l’obiettivo principale è quello di …….mettersi di traverso alla storia…… Questo vale anche se il cambiamento che si
vuole fermare non necessariamente ha i caratteri oggettivi di una rivoluzione;
per il moderno reazionario è già sufficiente anche solo dover fare i conti con
le continue trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche che in questo
cambio di millennio sembrano ormai permanenti. Appare evidente, secondo quanto Mark
Lilla evidenzia in questa sua introduzione, che questa forma mentis reazionaria
non possa poi non evolvere in un rifiuto ostinato al confronto “razionale”,
all’argomentare basato sui fatti. Non possa poi non sfociare in una opposizione
costante e pregiudiziale a qualsiasi novità, oltretutto resa ancor più convinta
proprio dal peso di quella fortissima, per quanto non meglio definita ed
indirizzata, “nostalgia”, che vale come……..potentissimo motivatore politico forse ancora più potente
della speranza. Le speranze possono essere deluse, la nostalgia è indiscutibile……
Ansia di fonte all’aggressione del cambiamento perenne, nostalgia di un
presunto splendore passato possono quindi essere la spiegazione dei tanti
atteggiamenti reazionari antimoderni così diffusi nel mondo intero e che ………non hanno in
comune quasi nulla a parte la sensazione di essere stati traditi dalla storia……
Sta nella consapevolezza del peso di questi atteggiamenti la necessità di
meglio comprendere la mente reazionaria perché, se è indubitabile che nostalgia
e rifiuto aprioristico di ogni cambiamento sanciscono il ……naufragio della ragione……, resta
pur vero, a giudizio di Mark Lilla, che è ……soltanto un pregiudizio ritenere che il rivoluzionario
pensa mentre il reazionario si limita a reagire…… Forse è davvero
necessario addentrarci in questo territorio così poco esplorato, iniziando dal
meglio conoscere le opere di alcuni dei suoi pensatori di riferimento.
Pensatori
Occorre
premettere, per meglio cogliere il rapporto tra “reazione” e l’opera dei tre
pensatori presentati da Mark Lilla, che non ci troviamo di fronte a
intellettuali “militanti”, coscientemente impegnati a costruire una sorta di
piattaforma ideologica per i movimenti reazionari di Europa ed USA. Si tratta
invece di tre percorsi individuali che, nel primo Novecento, si muovono lungo
la faglia di rottura tra modernità e tradizione costruendo un intreccio di
riflessioni che concorrono, lucidamente ma senza automatiche ricadute
movimentiste, a formare quel concetto di “nostalgia politica” che alimenta, ed
al tempo stesso spiega, il pensiero reazionario. Tutti e tre forniscono
sostanza intellettuale ad un sentimento (Mark Lilla lo definisce una “nuvola sul pensiero europeo”) da “fine della
civiltà così come la conosciamo” che trova ampia diffusione all’indomani dei
disastri della Prima Guerra Mondiale. Una versione di questo sentimento più
legata alla ricostruzione storica e come tale in grado di ben testimoniarlo e
al tempo stesso, questa sì, più “militante” è quella di Osvaldo Spengler (1880-1936
Storico e filosofo tedesco) in ispecie con la
sua influente opera “Il tramonto dell’Occidente”
La
battaglia per la religione. Franz Rosenzweig
Franz Rosenzweig nasce a Kassel in Germania
nel 1886 da una famiglia ebrea ben inserita nella comunità locale. Prima dello
scoppio della Prima Guerra Mondiale si laurea in filosofia dimostrando tutte le
doti atte ad una brillante carriera accademica. Doti che peraltro convivono con
un forte sentimento religioso che lo lega in modo crescente alla religione
ebraica seppure vissuta con toni personali ed idee originali. Arruolato
nell’esercito tedesco riesce ad essere assegnato ad un regimento non in prima
linea in Macedonia trovando lì il tempo per iniziare la sua opera fondamentale
“La stella della redenzione”, completato
e pubblicato solo nel 1921. Chiamato nel
1922 a dirigere il Centro di studi ebraici di Francoforte viene colpito da una
forma grave di SLA che limita pesantemente la sua attività fino alla morte
avvenuta nel 1929. Una frase appuntata in un suo diario privato fornisce la
chiave di lettura della sua intera attività intellettuale ……la battaglia
contro la storia in senso ottocentesco diventa per noi la battaglia per la religione
in senso novecentesco…… Per Rosenzweig, e buona parte della
generazione intellettuale tedesca a lui coeva, la storia in senso ottocentesco
significava “filosofia della storia”, ovvero la piena realizzazione dell’idea
di Hegel di un processo storico razionale che si sarebbe completato con il
moderno Stato burocratico, la società civile borghese basata sull’economia
capitalistica e sulla religione protestante. E sulla filosofia dello stesso
Hegel. Un processo all’apparenza inarrestabile nella sua completezza ma
sconvolto dalla catastrofe del conflitto e dalla tragedia della sconfitta
tedesca. Pochi anni dopo, preceduta da un periodo di grande tensione culturale
nel quale trovano spazio movimenti e tendenze di vario genere spesso in forte
contrasto tra di loro, la fine di quella “storia ottocentesca” avrebbe lasciato
il posto all’incubo nazista. Ma nei pochi anni che ancora separano dalla
vittoria di Hitler sembrava che la Germania intera fosse entrata in una fase di
turbolenza culturale così profonda da essere lucidamente definita da Max Weber (1864-1920 sociologo tedesco) come quella del …….disincanto del
mondo….. Ed è in questo contesto, a confronto con questo cambiamento
“rivoluzionario” tanto frenetico quanto confuso ed eterogeneo, che Rosenzweig
mette a punto la sua idea di una religione salvifica. Lo fa non solo in
contrapposizione al disordine culturale ma anche, in quanto ebreo, in rivolta
verso l’illusione di una parte dell’ebraismo tedesco di meglio integrarsi nella
società tedesca anche grazie ad una lettura riformata della religione ebraica. Per
quanto lontano e critico verso ogni visione “ortodossa” dell’ebraismo, e più in
generale della religione, Rosenzweig era profondamente convinto che ……solo una “igiene
del ritorno” poteva portare a un rinnovamento reale del popolo ebraico……
Ed è proprio questa idea del “ritorno” che spiega da una parte la battaglia
contro la ……storia
in senso ottocentesco……. di stampo hegeliano e dall’altra quella per
…….la
religione in senso novecentesco….. Un ritorno che si rendeva
possibile solo grazie ad una sorta di terapia che insegnasse non a tornare
indietro nel tempo ma ad imparare a sfuggirgli. L’intera opera di Rosenzweig
mira a costruire questa terapia. Un’opera nella quale non mancano toni e
passaggi oscuri e quasi cabalistici ma, sfrondata di questi aspetti, …….si scopre una
meditazione profonda su cosa significhi vivere un’esistenza riconciliata con la
finitudine dell’uomo e aperta alla trascendenza….. Un percorso di
recupero del vero senso della religione, l’oggetto ultimo della “nostalgia
politica” di Rosenzweigh, che si apre persino ad una riconciliazione tra
cristianesimo ed ebraismo giocata proprio sul piano del recupero del
trascendente slegato dal tempo. L’influenza di Rosenzweigh nell’ambiente ebraico
tedesco, e più in generale in quelli culturali che stavano, muovendosi in varie
direzioni, per uscire dall’eredità hegeliana, fu sicuramente notevole. Ma da lì
a poco l’ebraismo europeo sarebbe stato investito dalla furia nazista e si
sarebbe, inevitabilmente e comprensibilmente, spostato dal ritorno alla
trascendenza al versante molto più concreto del sionismo che Rosenzweigh, nella
sua “nostalgia”, non a caso non considerava
L’eschaton
immanente. Eric Voegelin
Se la reazione alla modernità di Roenzweigh
si esprime e si completa pienamente all’interno della “nostalgia” di una fede e
di un sentimento forte di immanenza, il peso della “religione”, della presenza
del divino nelle vicende umane, è una caratteristica comune all’intero mondo
reazionario seppure sviluppata con accenti molto diversi. E lo è di certo anche
per Eric Voegelin. Voegelin nasce a Colonia In Germania nel 1901 per
trasferirsi poi con la famiglia in Vienna dove si laurea in legge e scienze
politiche. Grazie ad una borsa di studio nel 1924 si reca negli USA dove segue
in prevalenza corsi filosofici. Torna in
Vienna in coincidenza con il primo affermarsi del nazismo con il quale entra in
durissimo contrasto soprattutto per le sue convinzioni antirazziste maturate
proprio durante il soggiorno americano. Non è né comunista né ebreo ma quel
contrasto è così forte e così pericoloso da indurlo ad abbandonare
definitivamente l’Europa e a tornare in America. In questi anni sono molti e
molto influenti gli intellettuali europei costretti a spostarsi negli USA
portandosi dietro come bagaglio culturale considerazioni sulle ragioni della
crisi del vecchio continente che aprono un forte dibattito nel contesto
statunitense. Fin lì ……..di rado l’America aveva coltivato una idea di storia
basata su cicli di crisi nonostante la vena apocalittica presente nella sua
immaginazione religiosa originaria….. Il confronto con la visione
comprensibilmente cupa e pessimistica della crisi europea - un bagaglio comune
a tutti gli esuli europei per quanto siano ovviamente molto diverse le idee ad
esempio di Hannah Arendt (1906-1975
politologa, filosofa e storica tedesca), di Max Horkheimer (1896-1973, filosofo tedesco uno dei
maggiori esponenti della Scuola di Francoforte), di Theodor Adorno (1903-1969 filosofo e sociologo,
anch’egli legato alla Scuola di Francoforte) , e quelle di Voegelin e, come
vedremo, di Leo Strauss – apre anche negli USA nuove prospettive culturali.
Eric Voelgelin occupa molto presto un ruolo centrale in questo contesto.
Saggista molto prolifico e di interessi poliedrici elabora analisi e
suggestioni che influenzano moltissimo gli ambienti conservatori e di destra
statunitensi. ……..al centro di tutti i suoi scritti c’è l’intuizione del rapporto tra
politica e religione e di come le trasformazioni all’interno di questo rapporto
possano spiegare i cataclismi della storia moderna…… Il cuore della
sua elaborazione è la convinzione del carattere sacrale del potere che agli
albori della cultura umana vedeva la loro piena identificazione. Questo
strettissimo legame tra umano e divino inizia ad allentarsi proprio con il
Cristianesimo la prima religione che offre principi teologici che distinguono
l’ordine divino da quello politico. ……Dio non doveva più passare dal palazzo reale……. Nel solco così aperto si sono
progressivamente inserite idee che hanno rotto in modo definitivo quella
indispensabile identificazione. Ma il bisogno istintivo del sacro nella sfera
del potere non può essere soppresso, è nella natura umana. E quindi secondo
Voegelin nella storia dell’Occidente moderno, dopo l’Illuminismo, si è così
affermato un sentire profondo e diffuso …….l’uomo ha iniziato a concepire in termini sacri la
proprie azioni, ed in particolare la creazione di nuovi ordini politici…..quando Dio è
diventato invisibile dietro il mondo le cose del mondo sono diventate i nuovi
dei….. E quindi secondo Voegelin tutti i movimenti ideologici del
Novecento europeo, marxismo, fascismo, nazionalismo, hanno questa
caratteristica, sono a tutti gli effetti “religioni politiche”. Una concezione
del rapporto tra potere e sacro tutt’altro che nuova ed originale, ma che in
Voegelin, e nella sua gigantesca produzione saggistica, trova una sistemazione
ed importanti elementi a supporto. Eppure Voegelin, a differenza di Rosenzweigh,
non è animato da un particolare spirito religioso; le sue convinzioni nascono e
si esprimono esclusivamente sul terreno politico. Ed è in questo ambito che
egli diventa, in particolare con la sua grandiosa opera in più volumi
intitolata “Ordine e storia” un punto di riferimento per la destra americana.
Poco importa che il suo successivo sviluppo di queste idee lo porti ad
immergersi in modo esasperato nello studio del gnosticismo (un movimento filosofico ed esoterico,
nato in ambito cristiano già nei primi secoli dopo Cristo, che proponeva una
visione molto misticheggiante del percorso verso la vera conoscenza del divino
e dell’essenza del cristianesimo). Peraltro il gnosticismo è stato, per molteplici
ragioni e con accenti molto diversificati, un argomento molto dibattuto nell’ambito
storico e filosofico europeo di quegli anni. La matrice dell’interesse di
Voegelin consisteva nel ritenere che ……..l’intera epoca moderna, nata da quella ribellione verso
il rapporto primordiale fra divino e potere, e verso lo stesso Cristianesimo,
sia di natura gnostica….. Resta comunque fondamentale, per meglio
conoscere il retroterra culturale “reazionario” non solo americano,
l’attenzione quasi maniacale con la quale Voegelin ha analizzato durante tutta
la sua attività culturale il carattere sacrale, divino, del potere. Che egli
completa, proprio sulla base delle considerazioni sviluppate sul peso del
gnosticismo, con una sua personale concezione dell’eschaton, la ragione ultima
che deve muovere l’uomo e le sue idee, che ha, anch’essa, giocato un peso significativo
nello sviluppo della concezione reazionaria della “nostalgia politica”, in
particolare americana. Anche in questo caso il Cristianesimo, e la breccia che
ha aperto fra sacro e potere, gioca un ruolo negativo; incapace di vivere fino
il fondo l’attesa della realizzazione del bene anch’esso ha di fatto spostato
……..il
Paradiso sulla terra…… Tutta la storia della modernità, in questo
quadro, altro non sarebbe che il riaffacciarsi della tensione gnostica contro
l’idea stessa di un ordine trascendente, del sacro, al quale l’uomo deve invece
tornare recuperandone i caratteri originali
Atene
e Chicago. Leo Strauss
Leo Strauss nasce da una famiglia ebrea a
Marburg in Germania nel 1899. Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale
aderisce al movimento sionista durante gli studi universitari di filosofia
laureandosi con Ernst Cassirer (1874-1945
filosofo tedesco, uno dei “quattro stregoni” raccontati dal libro di recente
successo).
Ma come molti studenti di filosofia tedeschi di quegli anni, tra cui Hanna
Arendt, Hans Jonas (1903-1993
filosofo tedesco),
Herbert Marcuse (1898-1979,
filosofo e sociologo tedesco poi naturalizzato americano), subisce il
fascino intellettuale del primo Heidegger (1889-1976
filosofo tedesco un altro dei “quattro stregoni”), in particolare per
la duplice messa in discussione della tradizione filosofica e della vita
moderna. Le strade di quegli studenti, chi prima chi dopo, si dividono da
quella di Heidegger ed anche Leo Strauss se ne distacca non condividendo i termini
della sua critica alla filosofia classica essendo già allora convinto che ……i problemi della
civiltà occidentale sono cominciati proprio con l’allontanamento dalla
tradizione greca…… Il nazismo incombente impone anche all’ebreo
Strauss di fuggire dalla Germania e, dopo un felice soggiorno culturale in
Inghilterra, arriva negli Stati Uniti a metà degli anni trenta e trova un
stabile sistemazione accademica presso l’Università di Chicago negli anni
quaranta. Sono importanti queste date per comprendere l’evoluzione del pensiero
di Strauss perché in effetti il suo percorso culturale è perfettamente
divisibile in due parti, non opposte ma nemmeno coincidenti: quella degli anni
Venti in Germania e quella americana successiva. Una divisione che segna anche
un suo diverso rapporto con le matrici culturali “reazionarie” ed una sua
diversa influenza sugli ambienti conservatori di destra europei ed americani.
Negli anni Venti al centro dei suoi interessi filosofici, in frequente
contrapposizione con Heidegger, c’è …..la difesa della filosofia socratica o almeno della
“possibilità della filosofia”…… Anche per lo Strauss degli anni
Venti, seppure con accenti molto diversi da quelli di Rosenzweigh e di
Voegelin, c’è il rapporto tra filosofia e rivelazione divina. La prevalenza di
quest’ultima nella prima fase della cultura umana viene superata dalla
filosofia con il suo porre al centro il ruolo della ragione umana. Ciò avviene
nell’ambito della filosofia classica greca e da quel momento si confrontano due
modi di vivere e di pensare idealizzati da Strauss ……..uno in Atene e nella vita di Socrate
l’altro in Gerusalemme e nella vita di Mosè; ed era necessario scegliere uno
dei due….. Ossia tra le risposte alle domande di fondo date dal
divino e quelle che nascono dal continuo interrogarsi di Socrate anche in
contrasto con la stessa sacralità del potere politico. Questo contrasto
attraversa tutta l’antichità per poi conoscere una cesura radicale con
l’avvento dell’Illuminismo al quale Strauss riconosce una genuina attenzione al
ruolo della ragione ma che, a suo avviso, troppo presto sfocia in uno spazio
eccessivo concesso al relativismo ed al nichilismo ottocenteschi. Nascono da
questa cesura tutte le contraddizioni ed i guasti della successiva modernità. In
questa convinzione Strauss si ritrova in sintonia con Heidegger, per entrambi
……i problemi
della civiltà occidentale possono essere fatti risalire all’abbandono in
passato di un modo di pensare più sano…… Quel modo di pensare “sano”
consisteva, per Strauss, nel costante ricorso alla “Zetetica” (nostra “Parola del mese” di Marzo
2015)
ossia alla continua indagine mediante interrogazione in piena linea quindi con
il metodo socratico. Nell’intero percorso europeo di Strauss, al di là dei
motivi di dissenso e delle differenti opinioni su aspetti rilevanti, appare
comunque evidente il suo debito nei confronti di Hedeigger ……leggerli insieme fornisce una lezione sui diversi modi in
cui il pessimismo storico si traduce in nostalgia intellettuale per poi
influenzare l’azione politica….. Ed è anche questo aspetto che
spiega la crescente considerazione che il primo Strauss “europeo” sta ricevendo
dagli anni settanta in qua nel vecchio continente: sono infatti sempre di più i
suoi lettori, in ambito accademico e politico, interessati in particolare al
ruolo centrale del rapporto divino/politico, ed alla sua critica
dell’Illuminismo. Il definitivo trasferimento negli States segna comunque una
nuova distinta fase della sua attività intellettuale ed una diversa, e persino
più consistente, attenzione e considerazione da parte del pubblico americano,
in senso lato. Strauss inizia ad insegnare presso l’Università di Chicago
subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, siamo quindi in piena guerra
fredda e gli Stati Uniti hanno ormai un ruolo guida per tutto il mondo occidentale.
I suoi seminari diventano in fretta di grande successo, colpisce il suo
zetetico stile di insegnamento e la lucidità dell’analisi che di lezione in
lezione prende corpo. Nel 1953 esce “Diritto naturale e storia” la sua opera
più influente che in buona parte riprende il suo percorso accademico. La dialettica divino/politico resta sullo
sfondo ma al centro del suo pensiero c’è ora la difesa del “diritto naturale”,
dei diritti che “naturalmente” fanno capo all’uomo contro gli attacchi che nel
corso della storia ad esso sono portati: un tema quanto mai sentito
nell’America da sempre legata ai valori della Costituzione del 1787, su quei
valori basata. Ancora una volta il legame con la Grecia classica è fortissimo,
secondo Strauss è lì che viene definita la base del diritto naturale …..la distinzione
tra natura e convenzioni (sociali) è netta e la giustizia è ciò che si accorda
con la prima e non con le seconde….. E’ Machiavelli il primo ad
aprire una breccia contro questa visione attraverso la quale il successivo
pensiero moderno completa un suo progressivo smantellamento che, non
diversamente dal prevalere del politico sul divino al centro del pensiero dello
Strauss europeo, inevitabilmente porta al relativismo ed al nichilismo
contemporanei. Su questa base ……”Diritto naturale e storia” offre all’America una
ricostruzione apodittica del declino intellettuale della civiltà occidentale…..
E’ da subito molto grande l’interesse e l’adesione a queste tesi di Strauss, un
interesse ed una adesione che hanno matrici strettamente legate allo spirito di
“difensori della civiltà e della libertà” che anima gli USA in questi anni e
che in gran misura non sono spiegabili con una corrispondente attenzione da
parte di Strauss che sempre manterrà una posizione di coinvolgimento molto
relativo nello spirito americano. Il 1968, ed i timori che con esso si
innescano negli ambienti conservatori di destra, accentuano a dismisura questo
favore verso le idee di Strauss. La conclusione implicita in questa tensione
nostalgica è l’affermarsi diffuso della convinzione che ……l’America è investita da una missione
storica di redenzione, un’idea che però Strauss non ha mai espresso da nessuna
parte….. Nel 2003 in USA viene celebrato il trentesimo anniversario
della sua morte che coincide con l’invasione americana dell’Iraq. Ebbene buona
parte dei principali sostenitori dell’intervento, politici, intellettuali,
firme del giornalismo e dei media, sono …….allievi della scuola straussiana….. Un aspetto
che è emblematico del rapporto fra l’attività culturale di alcuni pensatori ed
la sensibilità diffusa dei tanti che vivono con difficoltà le inevitabili
contraddizioni della modernità
Correnti
Appare
però evidente la distanza che corre tra questo mondo delle idee “a monte” dalla
prassi “reazionaria”. Da una parte un bagaglio di idee che, per quanto
discutibili, si muovono con assoluta dignità e spessore ai livelli alti del
pensiero filosofico e politico, dall’altra un catalogo imbarazzante di
atteggiamenti di ottusa chiusura e di rancoroso rifiuto di tutto ciò a cui
viene imputata la responsabilità del “cambiamento”, spesso espressi con
ostentata supponenza e aggressività. Se non è sostenibile un collegamento
diretto ed immediato tra questi due livelli dell’universo reazionario è quindi
necessario immaginare che esista una sorta di “terra di mezzo” nella quale
agiscono movimenti e personaggi che traducono quelle idee “alte” nel linguaggio
“basso” dei movimenti reazionari. E’ questa l’opinione di Mark Lilla ed è
quanto esamina in questo capitolo in cui affronta il retroterra di un movimento
a suo avviso emblematicodi questo stato di cose. A cui successivamente affianca
una insolita finestra su alcuni aspetti culturali di una parte della sinistra europea
Da
Lutero a Walmart
(Movimento Teocon = Teocon (Theoconservative, Theocon)
è un termine composto dall'unione del
prefisso "Teo" (e quindi Dio dal greco antico Theòs) e Conservatorismo,
è stato coniato nel mondo anglosassone e in particolare negli USA ma oggi sembra
persino più diffuso in Europa, non di rado con un significato diverso da quello
originale. Negli USA con il termine theocon
ci si riferisce solitamente ad appartenenti a settori del mondo cristiano che
sono schierati su posizioni considerate conservatrici, o che uniscono ideali
politicamente reazionari con la difesa di alcuni temi sociali a forte impronta religiosa
(ad es. difesa della famiglia, aborto). Un movimento che si è progressivamente
consolidato nel secondo dopoguerra fino ad avere un forte peso sulle scelte dei
candidati e sulla linea politica del Partito Repubblicano. Spesso il termine è
erroneamente confuso con neocon. Sebbene alcuni theocons possano essere vicini al movimento neocon e viceversa, si tratta di due
concetti e due movimenti molto diversi, riferendosi, il primo, al rapporto tra
politica e religione e, il secondo, ad una particolare teoria di politica
estera molto aggressiva sorta a cavallo del cambio di millennio (teoria della
esportazione della democrazia)
Mark Lilla prende infatti in
considerazione non tanto le concrete prese di posizione politiche del movimento
Teocon (qui
sinteticamente inquadrato nella scheda precedente) ma il suo
più immediato retroterra culturale. Lo fa nell’ambito di una sua valutazione
della persistente incapacità della Chiesa cattolica di elaborare una propria
“idea della storia” in grado di dare
conto in modo organico dei grandi cambiamenti storici avvenuti a partire dalla
Riforma protestante, passando poi attraverso l’Illuminismo, la rivoluzione
industriale e le grandi trasformazioni sociali e culturali avvenute nel
Novecento ………la Chiesa
rispose a quasi tutte queste sfide in un primo momento condannando le
innovazioni e gli innovatori, poi tollerando alcune differenze, infine
dichiarando che tali innovazioni erano, se ben interpretate, in continuità con
la dottrina……non ha quindi una definita teologia
della storia ma solo un susseguirsi di encicliche…… In
questa sorta di vuoto, spesso visto come una forma di negativa passività, si è progressivamente
consolidato, come volontà reattiva, un atteggiamento di condanna senza appello nei
confronti della modernità, e dei grandi cambiamenti avvenuti nei costumi
sociali e morali dello scorso secolo. Una reazione che ha come protagonisti
intellettuali appartenenti, per le loro specifiche caratteristiche culturali, proprio
a quella sorta di “terra di mezzo”. Sono state, e sono, figure intellettuali
che, pur non possedendo particolare rilevanza culturalie hanno concretamente
tradotto in un bagaglio di idee spendibili sul piano pragmatico dell’azione
politica il mondo delle idee “alte” esaminate nel capitolo precedente. Sono
opinionisti che di più e meglio hanno saputo parlare a quella parte
dell’opinione pubblica che, per ragioni varie compreso il sentirsi “orfana” di
una più chiara guida della Chiesa, era già del suo “spaventata” dalla modernità
e dalla profondità del cambiamento percepito. Una figura emblematica di questo
tipo di “pensatori opinionisti” è Alasdair MacIntyre il cui libro “Dopo la
virtù” uscito nel 1981, è sicuramente, vista la sua diffusione e la
considerazione guadagnata negli ambienti di destra, uno dei libri più influenti
del nostro tempo nella scena americana. ……..”Dopo la virtù“ non è un saggio storico accademico e non finge di esserlo,
è una potente opera promozionale…… una raccolta di accuse a
idee e pensatori che hanno fatto …..calare il
buio sul nostro mondo….. che si chiude con l’esortazione
a creare nuove comunità morali basate su antichi modi di pensare in grado di
dare sostegno ad una vita morale coerente. Lo stesso potente ruolo di influenza
vale anche per lo storico Brad Gregory ed il suo recente “Gli imprevisti della
riforma” uscito nel 2014, un testo che non è possibile, sulla base dei canoni
accademici, definire un saggio storico ma che si pone lo scopo esplicito
di ….. spiegare
come l’Europa e l’America sono diventati quello che sono…… per
Gregory tutti i problemi della inaccettabile modernità hanno una precisa causa:
l’iperpluralismo delle idee che ha determinato la progressiva scomparsa
dell’ordine morale. Un ordine morale che esisteva, aveva le sue fondamenta nel
pensiero cristiano così come si era evoluto, anche attraverso passaggi
difficili, fino alla “catastrofe” della Riforma luterana. Gregory non può
offrire ricostruzioni storiche che attestino l’esistenza di questa era felice,
semplicemente la racconta in forma idealizzata, stereotipata, la presenta come
un armonioso insieme di ……fede, speranza, amore, umiltà, pazienza, sacrificio di
sé, perdono, compassione, servizio e generosità…… Questo bagaglio di
virtù viene dissolto proprio dal pluralismo di opinioni morali, e poi sociali e
culturali, che la Riforma prima ed il liberalismo tollerante poi hanno
introdotto. Ed è a questo bagaglio di virtù che occorre tornare rifiutando,
condannando, sradicando i guasti della modernità. La “nostalgia” di
Rosenzweigh, di Voegelin, di Strauss, si è così trasformata in queste opere di
vulgata reazionaria nella celebrazione di un mito, quello di un’era felice
cancellata dalla modernità alla quale occorre integralmente tornare. Mark Lilla
sfiora in questo passaggio un tema, quello del ruolo dei miti, che meriterebbe maggiori
attenzioni. Non era, va detto, il tema centrale di questo suo saggio, ma anche
solo le poche frasi con le quali lo delinea già aprono prospettive importanti
di approfondimento ….perchè le
persone continuano ad avere bisogno di questi miti? Forse vogliono la
consolazione, per quanto magra, di pensare di poter comprendere il presente sfuggendo
allo stesso tempo a una piena responsabilità nei confronti del futuro…..
Da Mao
a San Paolo
Nell’ambito del percorso con cui Mark Lilla
ci introduce al mondo delle idee “reazionarie” compare una sorta di strana
parentesi dedicata ad un “pezzo” della sinistra europea che, a suo avviso, non
disdegna una frequentazione tutt’altro che superficiale con idee e figure di
riferimento dell’universo reazionario. Opinione del tutto rispettabile che
però, nostra considerazione del tutto personale, avrebbe richiesto, per essere
meglio compresa, maggiore spazio e approfondimento. Così come è stata inserita
nel corpo di questo saggio rischia di essere una sorta di parentesi a sé stante
non meglio comprensibile. Esiste comunque per Mark Lilla una insolita
attenzione che alcuni intellettuali di punta della sinistra europea, Jacob
Taubes (1923-1987
filosofo e sociologo delle religioni) e Alain Badou (1937, filosofo francese) in particolare,
hanno dimostrato verso San Paolo e la sua concezione universalistica del
messaggio cristiano. San Paolo, da loro considerato il vero fondatore del
cristianesimo, viene interpretato, ben al di là dello specifico religioso, come
l’alfiere di una visione messianica di una trasformazione radicale,
rivoluzionaria, dell’umanità. Ed è in questa capacità di proposta messianica di
un cambiamento rivoluzionario che si realizza uno stretto parallelismo tra San
Paolo e le grandi figure rivoluzionarie del comunismo mondiale novecentesco,
Lenin e Mao in primis. La loro visione di un cambiamento radicale è non meno
potente, non meno salvifica, di quella di San Paolo. E questa forza
immaginifica di un cambiamento rivoluzionario, rivolto all’intera umanità ha un
valore che va ben oltre gli errori commessi in nome suo, fino a “giustificare”
persino i crimini del totalitarismo comunista (Pol Pot compreso!). Come buona
aggiunta, secondo Mark Lilla, si intravede nell’elaborazione teorica di questi
pensatori “di sinistra” una stretta relazione con alcune idee di Carl Schmitt (1888-1985 giurista e filosofo
politico tedesco, vicino in diverse sue opinioni al nazismo) in ispecie con la
sua nozione di “teologia politica”. Taubes e Badou
sono per Mark Lilla figure emblematiche di un atteggiamento di una parte della
sinistra europea, a dire il vero quasi esclusivamente accademica, che rivela
una sorta di “nostalgia politica”, per quello che poteva essere e purtroppo non
è stato, non dissimile da quella che anima la visione reazionaria della storia
……..una forma
paradossale di nostalgia storica, di nostalgia del futuro, che spinge alla
ricerca, per certi versi disperata, delle risorse intellettuali per nutrirla……
Troppa carne al fuoco in queste poche
pagine del saggio di Mark Lilla!
Eventi
Si
completa su queste basi il cerchio che lega idee alte e prassi reazionarie?
Secondo Mark Lilla non del tutto. Esiste ancora un contesto culturale che, in
quella sorta di “terra di mezzo” in questo caso europea, ha contribuito non
poco a formare il pensare reazionario……..
E’ ancora vivo nella memoria collettiva il
ricordo dell’attentato terroristico del 7 Gennaio 2015 alla redazione parigina
della rivista satirica Charlie Hebdo e della successiva ondata di reazioni, di
vario indirizzo. Nella condanna comune della folle ferocia dell’attentato, come
era prevedibile, si divisero fin da subito le motivazioni di destra e di
sinistra …….ma
cominciarono a levarsi anche voci nuove, voci che venivano sì da destra ma che
parlavano, a tutta l’opinione pubblica, con risonanti toni profetici del corso
dell’intera storia, non solo del recente passato…… Voci che da una
parte attestano e dall’altra contribuiscono a formare il peso crescente che,
anche in Europa, ha progressivamente assunto un diffuso sentire reazionario
capace di superare divisioni di classe, di ceto, di riferimento partitico, basato in particolare sul rifiuto non sempre
pienamente consapevole della modernità in quanto tale e sul corrispondente forte sentimento di
“nostalgia politica” di un prima sempre più idealizzato, sempre più mitizzato. Non
sono voci inconsuete, proprio nel contesto francese si sono, fin dall’indomani
della Rivoluzione francese, fatte spesso sentire voci simili, basti pensare al
già citato Joseph De Maisstre, a Chateaubriand (1768-1848 scrittore e politico) per poi passare a
Maurice Barres (1862-1923
scrittore e politico)
e, in tempi più recenti, a Céline (1894-1961
scrittore e saggista).
Negli ultimi decenni però queste voci si sono dimostrate più attive e più
coraggiose guadagnando in breve attenzioni solo a prima vista inaspettate, e
riuscendo, secondo Mark Lilla, a completare, dopo i “pensatori” e le
“correnti”, il retroterra culturale del pensare reazionario. Voci che
diversamente da quelle esaminate in precedenza si muovono, in questo caso, nel
campo della letteratura. ……..A due autori in particolare moltissimi francesi si sono
rivolti per dare un senso ai drammatici eventi del Gennaio 2015…….
Il giornalista Eric Zemmour, che pochi mesi prima aveva pubblicato il libro “Il
suicidio francese”, ma soprattutto lo scrittore Michel Houellebecq che, per un
bizzarro scherzo del destino, fa uscire il suo nuovo libro, dallo scioccante
titolo di “Sottomissione”, esattamente la mattina stessa dell’attentato a
Charlie Hebdo. Nel caso di Eric Zemmour, e del suo “Il suicidio francese”, il
secondo libro più venduto in Francia nel 2014, ci troviamo di fronte ad un
collage di avvenimenti, date, fenomeni che testimoniano la inarrestabile
discesa della civiltà francese verso il baratro del suicidio. Il campionario
delle catastrofi, dei tradimenti e dei traditori, è completo, nessun aspetto
della modernità culturale, politica, sociale, è lasciato fuori. Fino a
completarsi con il mito della “sostituzione etnica” che consegnerà la Francia
ed i francesi al predominio mussulmano. Leggerlo consente di passare in rassegna
l’intera collezione delle ragioni, per quanto motivate su basi fragilissime,
che alimentano il pensiero reazionario francese e, fatte salve le ovvie
specificità, europeo. Non c’è nel libro di Zemmour un capitolo conclusivo …….su cosa si debba
fare per riportare in vita la Francia. Questo è lasciato all’immaginazione
senza dubbio fervida dei suoi lettori….. Ben più complesso ed
elaborato è il libro di Houllebecq. “Sottomissione” racconta il progressivo
avvicinarsi all’Islam del protagonista del libro, il professore di letteratura
Francois, nel suo percorso a riempire il totale vuoto esistenziale ed
emozionale nel quale, nonostante le apparenze sociali, si ritrova a vivere. Non
è una scelta devozionale, dietro non si agita una vera tensione spirituale, semplicemente
l’Islam viene scelto, o meglio accettato, da Francois come uno scudo che offre
certezze, conforto, percorsi sicuri, perché legati ad un passato dai contorni
certi, in grado di liberarlo dalla incapacità sua, e della cultura che egli
personifica, di essere padrone della propria vita. La sottomissione in sostanza
lo libera dai dubbi e dalle responsabilità del decidere autonomamente. La
vicenda di Francois si dipana avendo sulla sfondo un corrispondente quadro
politico francese: pur di fermare la possibile vittoria del Front National alle
elezioni del 2022 gli altri partiti, di destra e di sinistra, accettano di
allearsi con un partito mussulmano che di fatto, ad elezioni così vinte e con
la ottenuta titolarità del Ministero dell’Istruzione, avvia una progressiva e non
meglio percepita trasformazione in senso islamico dell’intera società francese.
Il leader di questo partito, per convincere Francois alla conversione, alla
sottomissione, pronuncia parole che sanno sintetizzare l’intera vicenda, quella
personale di Francois e quella pubblica francese…….in un futuro lontano gli storici
considereranno la modernità europea
un’insignificante deviazione di un paio di secoli dall’eterno flusso e
riflusso della civiltà fondata sulla religione……. Houllebecq è un
personaggio letterario decisamente complesso e sarebbe fargli torto ridurlo ad
una sorta di propagandista del pensare reazionario. Certo è però che molto di
quanto scrive si presta a incidere in questa direzione. La sua cifra più
completa e corretta è forse quella di un “pessimismo culturale” sulla tenuta
della civiltà europea che lo assimila a due grandi della letteratura europea:
al Thomas Man de “La montagna incantata” e al Robert Musil de “L’uomo senza
qualità” ……..i
protagonisti di tutti e tre questi romanzi sono testimoni del collasso di una
civiltà a cui sono però indifferenti ma
la cui decomposizione li lascia alla deriva……. In fondo, ma anche
questo aspetto rientra nel sentire reazionario, i protagonisti di tutti i
romanzi di Houllebecq raccontano di una discesa verso il disastro che è partita
dalla ricerca ostinata di una libertà che non esiste al di fuori dei sentieri
consolidati della tradizione pre-illuminista e pre-moderna. A differenza
dell’agit-prop Zemmour Houllebacq ……sembra
sinceramente convinto che la Francia abbia perso il senso di sé stessa, non a
causa delle ragioni raccolte nel campionario di Zemmour, ma quando due secoli
fa ha tentato una scommessa con la
storia pensando che estendere la libertà avrebbe significato essere più felici……
Postfazione
Il cavaliere
e il califfo
E’ ancora la letteratura ad offrire a Mark
Lilla un personaggio capace di sintetizzare, a chiusura di questo saggio, lo
smarrimento reazionario. E’ Don Chisciotte ad essere chiamato in scena per
rappresentare un’umanità ispirata nel suo agire dal mito di un passato felice,
di un’età dell’oro in cui tutto era in felice equilibrio. E’ infatti proprio la
nostalgia di quell’età felice che lo spinge verso le sue improbabili sfide
contro tutti ciò, reale o immaginato, che giudica in qualche mondo responsabili
del cambiamento. …..la sua ricerca però è segnata sin dall’inizio perché in
fondo è una ribellione contro il tempo che è per natura irreversibile e
inespugniabile….. Vale in effetti per Don Chisciotte, e per il
pensare reazionario, un equivoco rapporto con il passato, con lo scorrere del
tempo: l’idea che il passato possa essere suddiviso in epoche distinte e
coerenti. …..per
mettere ordine nei nostri pensieri imponiamo un ordine al passato anche se
tagliato con l’accetta…… spesso individuando, per pura nostra comodità,
linee di confine temporale del tutto arbitrarie. Il bisogno di dividere il
tempo, la storia, in epoche è profondamente radicato nel nostro modo di
pensare, ma quasi mai è in grado di corrispondere davvero all’evoluzione di
processi che seguono logiche di progressione costante e che raramente
attraversano linee di separazione nette ed inequivocabili. E’ questa una
tendenza insita nella natura dell’uomo, che si manifesta anche nelle idee dei
grandi pensatori. Parlare di un prima e di un dopo ci consegna l’illusione di
aver compreso il senso dello scorrere storico delle vicende umane. Ma è una
tendenza che implica quasi automaticamente non pochi rischi: uno dei quali è
certamente quello di sovraccaricare il peso delle linee di confine tra un’epoca
e l’altra, già arbitrarie del loro, troppo spesso trasformandole in questo modo
in avvenimenti “apocalittici”. …….si sviluppa cioè
una visione apocalittica della storia che vede uno squarcio nel tempo che si
allarga sempre più allontanandoci da un’epoca dorata, eroica, piuttosto che
tragica o semplicemente normale….. Se ripercorriamo l’intera storia
ci rendiamo subito conto di quante, e quanto “significative”, sono queste linee
di separazione tra un’epoca e l’altra: dalla cacciata dal Paradiso alla
crocifissione di Cristo, dal sacco di Roma al primo viaggio di Colombo, dalla
Riforma protestante alla Prima guerra mondiale, dalla Rivoluzione russa all’11
Settembre, tanto per citare alcuni esempi. …..tutti eventi inscritti nella memoria
collettiva come cesure definitive della storia. Per l’immaginazione
apocalittica è il presente a essere una terra straniera non il passato……
Ed è questa la prima pietra sulla quale poggia l’intera costruzione della
“nostalgia politica”, del pensiero reazionario ……. e delle avventure di Don
Chisciotte. Perché questa propensione a dividere il tempo in epoche quando si
coniuga con il difficile convivere con i problemi del presente si trasforma
inevitabilmente nella costruzione mitologica di un passato felice, di un’epoca
d’oro alla quale sarebbe bello tornare. Ovvero per le vittime della storia
un’epoca tragica da dimenticare e dalla quale fuggire. Ma molti di coloro che vittime della storia non
sono e che temono il presente, quando per una qualche ragione questo si fa
difficile, è possibile che vivano quella cesura, e le ragioni ed i colpevoli
che l’hanno creata, veri o presunti che siano, come un abisso dal quale fuggire
……..diventano
ossessionati dalla vendetta nei confronti del demiurgo che ne ha causato lo
spalancarsi….. la loro nostalgia diventa così rivoluzionaria e
reazionaria …….siccome
la continuità del tempo è già stata spezzata sognano una seconda cesura e una
fuga dal presente…… La “reazione”, la nostalgia che l’alimenta
ruotano attorno a questo. Ed a riprova del valore universale di queste sue
considerazioni, che possono spiegare tutti i fenomeni del presente dai quali
siamo partiti, Mark Lilla chiude il suo saggio con una veloce esplorazione
della “nostalgia politica” nel mondo mussulmano, dove, a suo avviso, è più
forte e significativa la fede in un’età dell’oro perduta. …….più si va in
profondità nella letteratura dell’islamismo radicale più ci si rende conto di
quanto sia potente il richiamo del mito…… Ancora una volta Don
Chisciotte viene richiamato in scena a testimoniare quanto rischioso possa
essere il peso del mito, del pensiero reazionario se incapace di fissarsi dei
limiti. Il “cavaliere dalla triste figura” in fondo è un fanatico flessibile, di
tanto in tanto fa l’occhiolino a Sancho Panza come a dire “stai tranquillo, ci
sono” ……..ma
soprattutto sa quando fermarsi…… Così non è stato ad esempio per il
nazismo, e così speriamo che invece sia per tutti i “reazionari” del nostro
tempo-