lunedì 5 agosto 2019

Il "Saggio" del mese - Agosto 2019


Il “Saggio” del mese

 AGOSTO 2019

In coincidenza (solo simbolica?) con il cambio di millennio in tutto il mondo si sono affermate, oppure per alcuni aspetti ancor più consolidate, tendenze di segno decisamente opposto ad uno slancio fiducioso verso……magnifiche sorti e progressive (G. Leopardi – “La ginestra”). Confluiscono dentro questo magma di atteggiamenti di chiusura, di paura, di rancore, di rifiuto, situazioni locali e specifiche anche molto differenziate tra di loro, che sembrano però essere al contempo tenute insieme da un comune sentire di un’umanità confusa e diffidente verso le strade che la modernità globalizzata sembrava aver ormai definitivamente intrapreso. Il dibattito sulle cause che potrebbero spiegare questa sorta di strana “torsione” all’indietro è ovviamente aperto. Non mancano ragioni di ordine economico e finanziario, a partire dalla globalizzazione che ha imposto profondi cambi di paradigma che hanno azzerato antiche certezze, fenomeni planetari come le migrazioni di massa, strettamente legate al degrado ambientale ed alla stessa globalizzazione, e le collegate reazioni, la crisi della democrazia rappresentativa e dei suoi istituti, e l’impatto delle nuove tecnologie della comunicazione e dei big data che hanno radicalmente sconvolto sistemi produttivi e stili di vita imponendo ovunque modelli unificati ed unificanti. Ma ancor più complessa sembra essere la discussione sulle “forme” politiche di questa torsione. Appare infatti non poco problematico individuare quali tratti comuni possano legare situazioni all’apparenza tra di loro distanti come ad esempio la svolta a destra di quasi tutti i paesi sudamericani e di buona parte di quelli dell’estremo oriente, il trumpismo statunitense, i movimenti populisti nel cuore della vecchia Europa, la Brexit, la democrazia illiberale del patto di Visegrad, il lungo ciclo di comando di Vladimir Putin piuttosto che il fanatismo delle frange estremiste islamiche o dell’induismo aggressivo del confermato presidente Modi. Non è un mero problema di etichettare all’interno di comuni categorie “politiche” fenomeni e processi che, guardando tutti con occhio strabico di più al passato che al futuro, sembrano perlomeno essere riconducibili a quanto Zigmunt Bauman nel suo “Retrotopia” (nostra “Parola del mese” di Novembre 2017) definiva come un diffuso ed ostinato ricollocamento all’indietro, nel passato, delle speranze utopiche di solito affidate a scenari futuri. A seconda del prevalere contingente di alcune caratteristiche sono state chiamate in causa categorie classificatorie come fascismo, populismo, conservatorismo, nazionalismo, fanatismo religioso. Il saggio che abbiamo scelto per il mese di Agosto 2019 privilegia, seppur non escludendo altre incidenze, la categoria politica della “reazione”. Parliamo di “Il naufragio della ragione – reazione politica e nostalgia moderna”, da poco presente nelle librerie, di Mark Lilla (1956 – storico e politologo americano, professore di storia presso la Columbia University, voce libera e critica della sinistra statunitense, autore di numerosi saggi molti dei quali tradotti in italiano, tra i quali citiamo “L’identità non è di sinistra”)

Va innanzitutto riconosciuto a Mark Lilla il merito di sollecitarci, con questo suo saggio, alla rimozione della comoda e superficiale, per quanto effettivamente molto diffusa, convinzione che gli atteggiamenti politici “reazionari” non abbiano una particolare consistenza e dignità culturale esprimendo di fatto solamente istintivi, “di pancia”, rifiuti a temuti cambiamenti in corso …….il “reazionario” è l’ultimo “altro” rimasto, consegnato ai margini dell’indagine intellettuale rispettabile. Non lo conosciamo…… (la frasi in corsivo blu sono estratti dal testo del saggio). Eppure il termine “reazione” ha una storia interessante: entra nel vocabolario politico nell’Ottocento, dopo essere stato inizialmente utilizzato da Montesquieu (1689-1755) per descrivere il corso della politica come una successione di “azioni e reazioni”, come contraltare all’idea illuministica di progresso, per essere da lì in poi utilizzato, senza ulteriori approfondimenti particolari, per definire in modo indistinto atteggiamenti e prese di posizione di contrasto a cambiamenti “rivoluzionari”. Mark Lilla ritiene invece che la “reazione”, purché meglio analizzata e definita, sia una categoria politica utilissima per meglio comprendere molte delle attuali dinamiche politiche alla base della “torsione” di cui si è detto. L’analisi della reazione che con questo saggio Mark Lilla ci propone si articola sul recupero delle elaborazioni di alcuni pensatori (Franz Rosenzweigc – Eric Voegelin – Leo Strauss) che è possibile considerare figure intellettuali di riferimento della cultura reazionaria, sullo studio del più immediato retroterra culturale del movimento dei Teo-con statunitensi, affiancato da una particolare finestra su alcuni aspetti “reazionari” di una parte della sinistra europea, sulla riflessione sulle reazioni agli attentati terroristici jihadisti a Parigi nel 2015, ed infine su una chiusa che richiama ad atteggiamento emblematico le imprese tragicomiche di Don Chisciotte. Il filo comune che progressivamente potremo cogliere attraverso questi passaggi è il ruolo fondamentale della “nostalgia politica”, ossia quel sentire, diffuso e sotterraneo, che Mark Lilla considera la vera ragione ultima della “reazione”. Un percorso tanto originale quanto utile a coprire lacune molto diffuse e persistenti della nostra cultura politica e a fornire una possibile diversa chiave di lettura del presente.

Introduzione – Il naufragio della ragione
Mark Lilla anticipa all’inizio del saggio alcune delle considerazioni che emergeranno dalla successiva analisi, utili a capire quanto poco sia compresa la vera natura del “reazionario”, soggetto e termine da tutti noi molto spesso usati senza averne precisa conoscenza……La prima cosa da capire dei reazionari è che non sono conservatori. Sono, a modo loro, radicali quanto i rivoluzionari e altrettanto prigionieri di fantasticherie storiche…….  Ed in effetti se di norma gli atteggiamenti “conservatori” sembrano, a fronte di un cambiamento in atto, essere ispirati dalla volontà di mantenere uno status quo, quelli reazionari sono già proiettati verso una fase superiore: quella di operare attivamente per “ritornare” ad una condizione preesistente al cambiamento, reale o solo temuto che sia. Molto di più di un “normale” conservatore il reazionario è infatti legato ad uno stato precedente al cambiamento vissuto come …..umo stato felice ed ordinato in cui le persone sanno stare al proprio posto e vivono in armonia sottomesse alla tradizione ed al loro Dio….. Questo stato idilliaco viene aggredito dal cambiamento considerato, dal punto di vista reazionario, quasi sempre come il prodotto di idee …..straniere prodotte da intellettuali…….. Evidentemente, quanto meno nella cultura europea, è ancora forte la primordiale reazione all’Illuminismo ed alla Rivoluzione Francese ben rappresentata da Joseph de Maistre (1753-1821 filosofo e politologo francese) il quale spiega il crollo dell’Ancien Regime come un “marcire” dall’interno provocato da un inaccettabile sviluppo culturale ed intellettuale. Sempre da lì sembra poi nascere un altro elemento fondante del reazionario, ossessivamente votato alla ricerca di “colpevoli”, di individui o gruppi artefici del cambiamento incriminato……..il tradimento delle elite è il cardine di ogni narrazione reazionaria….. Ma al di là dell’individuazione dei presunti colpevoli il maggior danno imputabile ad ogni cambiamento è innanzitutto quello di sconvolgere il corso ordinato del tempo, di deviarne il fiume eterno e consolidato  …..la mente reazionaria è una mente naufragata, si sente esiliata dal tempo….. Anche se nella propria costruzione mentale il reazionario si muove senza dubbi e tentennamenti animato, com’è, dalla inattaccabile convinzione di essere dalla parte della ragione, della storia …….si sente in un posizione più forte di quella dei suoi avversari perché è convinto di essere il guardiano di ciò che è successo davvero e non il profeta di ciò che potrebbe succedere…… Diventa allora imperativo reagire e muoversi coerentemente a questo ruolo di “guardiano”: nella rivista reazionaria americana “National Review” si legge che l’obiettivo principale è quello di …….mettersi di traverso alla storia……  Questo vale anche se il cambiamento che si vuole fermare non necessariamente ha i caratteri oggettivi di una rivoluzione; per il moderno reazionario è già sufficiente anche solo dover fare i conti con le continue trasformazioni sociali, culturali e tecnologiche che in questo cambio di millennio sembrano ormai permanenti. Appare evidente, secondo quanto Mark Lilla evidenzia in questa sua introduzione, che questa forma mentis reazionaria non possa poi non evolvere in un rifiuto ostinato al confronto “razionale”, all’argomentare basato sui fatti. Non possa poi non sfociare in una opposizione costante e pregiudiziale a qualsiasi novità, oltretutto resa ancor più convinta proprio dal peso di quella fortissima, per quanto non meglio definita ed indirizzata, “nostalgia”, che vale come……..potentissimo motivatore politico forse ancora più potente della speranza. Le speranze possono essere deluse, la nostalgia è indiscutibile…… Ansia di fonte all’aggressione del cambiamento perenne, nostalgia di un presunto splendore passato possono quindi essere la spiegazione dei tanti atteggiamenti reazionari antimoderni così diffusi nel mondo intero e che ………non hanno in comune quasi nulla a parte la sensazione di essere stati traditi dalla storia…… Sta nella consapevolezza del peso di questi atteggiamenti la necessità di meglio comprendere la mente reazionaria perché, se è indubitabile che nostalgia e rifiuto aprioristico di ogni cambiamento sanciscono il ……naufragio della ragione……, resta pur vero, a giudizio di Mark Lilla, che è ……soltanto un pregiudizio ritenere che il rivoluzionario pensa mentre il reazionario si limita a reagire…… Forse è davvero necessario addentrarci in questo territorio così poco esplorato, iniziando dal meglio conoscere le opere di alcuni dei suoi pensatori di riferimento.

Pensatori
Occorre premettere, per meglio cogliere il rapporto tra “reazione” e l’opera dei tre pensatori presentati da Mark Lilla, che non ci troviamo di fronte a intellettuali “militanti”, coscientemente impegnati a costruire una sorta di piattaforma ideologica per i movimenti reazionari di Europa ed USA. Si tratta invece di tre percorsi individuali che, nel primo Novecento, si muovono lungo la faglia di rottura tra modernità e tradizione costruendo un intreccio di riflessioni che concorrono, lucidamente ma senza automatiche ricadute movimentiste, a formare quel concetto di “nostalgia politica” che alimenta, ed al tempo stesso spiega, il pensiero reazionario. Tutti e tre forniscono sostanza intellettuale ad un sentimento (Mark Lilla lo definisce una “nuvola sul pensiero europeo”) da “fine della civiltà così come la conosciamo” che trova ampia diffusione all’indomani dei disastri della Prima Guerra Mondiale. Una versione di questo sentimento più legata alla ricostruzione storica e come tale in grado di ben testimoniarlo e al tempo stesso, questa sì, più “militante” è quella di Osvaldo Spengler (1880-1936 Storico e filosofo tedesco) in ispecie con la sua influente opera “Il tramonto dell’Occidente”
La battaglia per la religione. Franz Rosenzweig
Franz Rosenzweig nasce a Kassel in Germania nel 1886 da una famiglia ebrea ben inserita nella comunità locale. Prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale si laurea in filosofia dimostrando tutte le doti atte ad una brillante carriera accademica. Doti che peraltro convivono con un forte sentimento religioso che lo lega in modo crescente alla religione ebraica seppure vissuta con toni personali ed idee originali. Arruolato nell’esercito tedesco riesce ad essere assegnato ad un regimento non in prima linea in Macedonia trovando lì il tempo per iniziare la sua opera fondamentale “La stella della redenzione”, completato e pubblicato solo nel 1921.  Chiamato nel 1922 a dirigere il Centro di studi ebraici di Francoforte viene colpito da una forma grave di SLA che limita pesantemente la sua attività fino alla morte avvenuta nel 1929. Una frase appuntata in un suo diario privato fornisce la chiave di lettura della sua intera attività intellettuale ……la battaglia contro la storia in senso ottocentesco diventa per noi la battaglia per la religione in senso novecentesco…… Per Rosenzweig, e buona parte della generazione intellettuale tedesca a lui coeva, la storia in senso ottocentesco significava “filosofia della storia”, ovvero la piena realizzazione dell’idea di Hegel di un processo storico razionale che si sarebbe completato con il moderno Stato burocratico, la società civile borghese basata sull’economia capitalistica e sulla religione protestante. E sulla filosofia dello stesso Hegel. Un processo all’apparenza inarrestabile nella sua completezza ma sconvolto dalla catastrofe del conflitto e dalla tragedia della sconfitta tedesca. Pochi anni dopo, preceduta da un periodo di grande tensione culturale nel quale trovano spazio movimenti e tendenze di vario genere spesso in forte contrasto tra di loro, la fine di quella “storia ottocentesca” avrebbe lasciato il posto all’incubo nazista. Ma nei pochi anni che ancora separano dalla vittoria di Hitler sembrava che la Germania intera fosse entrata in una fase di turbolenza culturale così profonda da essere lucidamente definita da Max Weber (1864-1920 sociologo tedesco) come quella del …….disincanto del mondo….. Ed è in questo contesto, a confronto con questo cambiamento “rivoluzionario” tanto frenetico quanto confuso ed eterogeneo, che Rosenzweig mette a punto la sua idea di una religione salvifica. Lo fa non solo in contrapposizione al disordine culturale ma anche, in quanto ebreo, in rivolta verso l’illusione di una parte dell’ebraismo tedesco di meglio integrarsi nella società tedesca anche grazie ad una lettura riformata della religione ebraica. Per quanto lontano e critico verso ogni visione “ortodossa” dell’ebraismo, e più in generale della religione, Rosenzweig era profondamente convinto che ……solo una “igiene del ritorno” poteva portare a un rinnovamento reale del popolo ebraico…… Ed è proprio questa idea del “ritorno” che spiega da una parte la battaglia contro la ……storia in senso ottocentesco……. di stampo hegeliano e dall’altra quella per …….la religione in senso novecentesco….. Un ritorno che si rendeva possibile solo grazie ad una sorta di terapia che insegnasse non a tornare indietro nel tempo ma ad imparare a sfuggirgli. L’intera opera di Rosenzweig mira a costruire questa terapia. Un’opera nella quale non mancano toni e passaggi oscuri e quasi cabalistici ma, sfrondata di questi aspetti, …….si scopre una meditazione profonda su cosa significhi vivere un’esistenza riconciliata con la finitudine dell’uomo e aperta alla trascendenza….. Un percorso di recupero del vero senso della religione, l’oggetto ultimo della “nostalgia politica” di Rosenzweigh, che si apre persino ad una riconciliazione tra cristianesimo ed ebraismo giocata proprio sul piano del recupero del trascendente slegato dal tempo. L’influenza di Rosenzweigh nell’ambiente ebraico tedesco, e più in generale in quelli culturali che stavano, muovendosi in varie direzioni, per uscire dall’eredità hegeliana, fu sicuramente notevole. Ma da lì a poco l’ebraismo europeo sarebbe stato investito dalla furia nazista e si sarebbe, inevitabilmente e comprensibilmente, spostato dal ritorno alla trascendenza al versante molto più concreto del sionismo che Rosenzweigh, nella sua “nostalgia”, non a caso non considerava
L’eschaton immanente. Eric Voegelin
Se la reazione alla modernità di Roenzweigh si esprime e si completa pienamente all’interno della “nostalgia” di una fede e di un sentimento forte di immanenza, il peso della “religione”, della presenza del divino nelle vicende umane, è una caratteristica comune all’intero mondo reazionario seppure sviluppata con accenti molto diversi. E lo è di certo anche per Eric Voegelin. Voegelin nasce a Colonia In Germania nel 1901 per trasferirsi poi con la famiglia in Vienna dove si laurea in legge e scienze politiche. Grazie ad una borsa di studio nel 1924 si reca negli USA dove segue in prevalenza corsi filosofici.  Torna in Vienna in coincidenza con il primo affermarsi del nazismo con il quale entra in durissimo contrasto soprattutto per le sue convinzioni antirazziste maturate proprio durante il soggiorno americano. Non è né comunista né ebreo ma quel contrasto è così forte e così pericoloso da indurlo ad abbandonare definitivamente l’Europa e a tornare in America. In questi anni sono molti e molto influenti gli intellettuali europei costretti a spostarsi negli USA portandosi dietro come bagaglio culturale considerazioni sulle ragioni della crisi del vecchio continente che aprono un forte dibattito nel contesto statunitense. Fin lì ……..di rado l’America aveva coltivato una idea di storia basata su cicli di crisi nonostante la vena apocalittica presente nella sua immaginazione religiosa originaria….. Il confronto con la visione comprensibilmente cupa e pessimistica della crisi europea - un bagaglio comune a tutti gli esuli europei per quanto siano ovviamente molto diverse le idee ad esempio di Hannah Arendt (1906-1975 politologa, filosofa e storica tedesca), di Max Horkheimer (1896-1973, filosofo tedesco uno dei maggiori esponenti della Scuola di Francoforte), di Theodor Adorno (1903-1969 filosofo e sociologo, anch’egli legato alla Scuola di Francoforte) , e quelle di Voegelin e, come vedremo, di Leo Strauss – apre anche negli USA nuove prospettive culturali. Eric Voelgelin occupa molto presto un ruolo centrale in questo contesto. Saggista molto prolifico e di interessi poliedrici elabora analisi e suggestioni che influenzano moltissimo gli ambienti conservatori e di destra statunitensi. ……..al centro di tutti i suoi scritti c’è l’intuizione del rapporto tra politica e religione e di come le trasformazioni all’interno di questo rapporto possano spiegare i cataclismi della storia moderna…… Il cuore della sua elaborazione è la convinzione del carattere sacrale del potere che agli albori della cultura umana vedeva la loro piena identificazione. Questo strettissimo legame tra umano e divino inizia ad allentarsi proprio con il Cristianesimo la prima religione che offre principi teologici che distinguono l’ordine divino da quello politico. ……Dio non doveva più passare dal palazzo reale…….  Nel solco così aperto si sono progressivamente inserite idee che hanno rotto in modo definitivo quella indispensabile identificazione. Ma il bisogno istintivo del sacro nella sfera del potere non può essere soppresso, è nella natura umana. E quindi secondo Voegelin nella storia dell’Occidente moderno, dopo l’Illuminismo, si è così affermato un sentire profondo e diffuso …….l’uomo ha iniziato a concepire in termini sacri la proprie azioni, ed in particolare la creazione di nuovi ordini politici…..quando Dio è diventato invisibile dietro il mondo le cose del mondo sono diventate i nuovi dei….. E quindi secondo Voegelin tutti i movimenti ideologici del Novecento europeo, marxismo, fascismo, nazionalismo, hanno questa caratteristica, sono a tutti gli effetti “religioni politiche”. Una concezione del rapporto tra potere e sacro tutt’altro che nuova ed originale, ma che in Voegelin, e nella sua gigantesca produzione saggistica, trova una sistemazione ed importanti elementi a supporto. Eppure Voegelin, a differenza di Rosenzweigh, non è animato da un particolare spirito religioso; le sue convinzioni nascono e si esprimono esclusivamente sul terreno politico. Ed è in questo ambito che egli diventa, in particolare con la sua grandiosa opera in più volumi intitolata “Ordine e storia” un punto di riferimento per la destra americana. Poco importa che il suo successivo sviluppo di queste idee lo porti ad immergersi in modo esasperato nello studio del gnosticismo (un movimento filosofico ed esoterico, nato in ambito cristiano già nei primi secoli dopo Cristo, che proponeva una visione molto misticheggiante del percorso verso la vera conoscenza del divino e dell’essenza del cristianesimo). Peraltro il gnosticismo è stato, per molteplici ragioni e con accenti molto diversificati,  un argomento molto dibattuto nell’ambito storico e filosofico europeo di quegli anni. La matrice dell’interesse di Voegelin consisteva nel ritenere che ……..l’intera epoca moderna, nata da quella ribellione verso il rapporto primordiale fra divino e potere, e verso lo stesso Cristianesimo, sia di natura gnostica….. Resta comunque fondamentale, per meglio conoscere il retroterra culturale “reazionario” non solo americano, l’attenzione quasi maniacale con la quale Voegelin ha analizzato durante tutta la sua attività culturale il carattere sacrale, divino, del potere. Che egli completa, proprio sulla base delle considerazioni sviluppate sul peso del gnosticismo, con una sua personale concezione dell’eschaton, la ragione ultima che deve muovere l’uomo e le sue idee, che ha, anch’essa, giocato un peso significativo nello sviluppo della concezione reazionaria della “nostalgia politica”, in particolare americana. Anche in questo caso il Cristianesimo, e la breccia che ha aperto fra sacro e potere, gioca un ruolo negativo; incapace di vivere fino il fondo l’attesa della realizzazione del bene anch’esso ha di fatto spostato ……..il Paradiso sulla terra…… Tutta la storia della modernità, in questo quadro, altro non sarebbe che il riaffacciarsi della tensione gnostica contro l’idea stessa di un ordine trascendente, del sacro, al quale l’uomo deve invece tornare recuperandone i caratteri originali
Atene e Chicago.  Leo Strauss
Leo Strauss nasce da una famiglia ebrea a Marburg in Germania nel 1899. Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale aderisce al movimento sionista durante gli studi universitari di filosofia laureandosi con Ernst Cassirer (1874-1945 filosofo tedesco, uno dei “quattro stregoni” raccontati dal libro di recente successo). Ma come molti studenti di filosofia tedeschi di quegli anni, tra cui Hanna Arendt, Hans Jonas (1903-1993 filosofo tedesco), Herbert Marcuse (1898-1979, filosofo e sociologo tedesco poi naturalizzato americano), subisce il fascino intellettuale del primo Heidegger (1889-1976 filosofo tedesco un altro dei “quattro stregoni”), in particolare per la duplice messa in discussione della tradizione filosofica e della vita moderna. Le strade di quegli studenti, chi prima chi dopo, si dividono da quella di Heidegger ed anche Leo Strauss se ne distacca non condividendo i termini della sua critica alla filosofia classica essendo già allora convinto che ……i problemi della civiltà occidentale sono cominciati proprio con l’allontanamento dalla tradizione greca…… Il nazismo incombente impone anche all’ebreo Strauss di fuggire dalla Germania e, dopo un felice soggiorno culturale in Inghilterra, arriva negli Stati Uniti a metà degli anni trenta e trova un stabile sistemazione accademica presso l’Università di Chicago negli anni quaranta. Sono importanti queste date per comprendere l’evoluzione del pensiero di Strauss perché in effetti il suo percorso culturale è perfettamente divisibile in due parti, non opposte ma nemmeno coincidenti: quella degli anni Venti in Germania e quella americana successiva. Una divisione che segna anche un suo diverso rapporto con le matrici culturali “reazionarie” ed una sua diversa influenza sugli ambienti conservatori di destra europei ed americani. Negli anni Venti al centro dei suoi interessi filosofici, in frequente contrapposizione con Heidegger, c’è …..la difesa della filosofia socratica o almeno della “possibilità della filosofia”…… Anche per lo Strauss degli anni Venti, seppure con accenti molto diversi da quelli di Rosenzweigh e di Voegelin, c’è il rapporto tra filosofia e rivelazione divina. La prevalenza di quest’ultima nella prima fase della cultura umana viene superata dalla filosofia con il suo porre al centro il ruolo della ragione umana. Ciò avviene nell’ambito della filosofia classica greca e da quel momento si confrontano due modi di vivere e di pensare idealizzati da Strauss ……..uno in Atene e nella vita di Socrate l’altro in Gerusalemme e nella vita di Mosè; ed era necessario scegliere uno dei due….. Ossia tra le risposte alle domande di fondo date dal divino e quelle che nascono dal continuo interrogarsi di Socrate anche in contrasto con la stessa sacralità del potere politico. Questo contrasto attraversa tutta l’antichità per poi conoscere una cesura radicale con l’avvento dell’Illuminismo al quale Strauss riconosce una genuina attenzione al ruolo della ragione ma che, a suo avviso, troppo presto sfocia in uno spazio eccessivo concesso al relativismo ed al nichilismo ottocenteschi. Nascono da questa cesura tutte le contraddizioni ed i guasti della successiva modernità. In questa convinzione Strauss si ritrova in sintonia con Heidegger, per entrambi ……i problemi della civiltà occidentale possono essere fatti risalire all’abbandono in passato di un modo di pensare più sano…… Quel modo di pensare “sano” consisteva, per Strauss, nel costante ricorso alla “Zetetica” (nostra “Parola del mese” di Marzo 2015) ossia alla continua indagine mediante interrogazione in piena linea quindi con il metodo socratico. Nell’intero percorso europeo di Strauss, al di là dei motivi di dissenso e delle differenti opinioni su aspetti rilevanti, appare comunque evidente il suo debito nei confronti di Hedeigger  ……leggerli insieme fornisce una lezione sui diversi modi in cui il pessimismo storico si traduce in nostalgia intellettuale per poi influenzare l’azione politica….. Ed è anche questo aspetto che spiega la crescente considerazione che il primo Strauss “europeo” sta ricevendo dagli anni settanta in qua nel vecchio continente: sono infatti sempre di più i suoi lettori, in ambito accademico e politico, interessati in particolare al ruolo centrale del rapporto divino/politico, ed alla sua critica dell’Illuminismo. Il definitivo trasferimento negli States segna comunque una nuova distinta fase della sua attività intellettuale ed una diversa, e persino più consistente, attenzione e considerazione da parte del pubblico americano, in senso lato. Strauss inizia ad insegnare presso l’Università di Chicago subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, siamo quindi in piena guerra fredda e gli Stati Uniti hanno ormai un ruolo guida per tutto il mondo occidentale. I suoi seminari diventano in fretta di grande successo, colpisce il suo zetetico stile di insegnamento e la lucidità dell’analisi che di lezione in lezione prende corpo. Nel 1953 esce “Diritto naturale e storia” la sua opera più influente che in buona parte riprende il suo percorso accademico.  La dialettica divino/politico resta sullo sfondo ma al centro del suo pensiero c’è ora la difesa del “diritto naturale”, dei diritti che “naturalmente” fanno capo all’uomo contro gli attacchi che nel corso della storia ad esso sono portati: un tema quanto mai sentito nell’America da sempre legata ai valori della Costituzione del 1787, su quei valori basata. Ancora una volta il legame con la Grecia classica è fortissimo, secondo Strauss è lì che viene definita la base del diritto naturale …..la distinzione tra natura e convenzioni (sociali) è netta e la giustizia è ciò che si accorda con la prima e non con le seconde….. E’ Machiavelli il primo ad aprire una breccia contro questa visione attraverso la quale il successivo pensiero moderno completa un suo progressivo smantellamento che, non diversamente dal prevalere del politico sul divino al centro del pensiero dello Strauss europeo, inevitabilmente porta al relativismo ed al nichilismo contemporanei. Su questa base ……”Diritto naturale e storia” offre all’America una ricostruzione apodittica del declino intellettuale della civiltà occidentale….. E’ da subito molto grande l’interesse e l’adesione a queste tesi di Strauss, un interesse ed una adesione che hanno matrici strettamente legate allo spirito di “difensori della civiltà e della libertà” che anima gli USA in questi anni e che in gran misura non sono spiegabili con una corrispondente attenzione da parte di Strauss che sempre manterrà una posizione di coinvolgimento molto relativo nello spirito americano. Il 1968, ed i timori che con esso si innescano negli ambienti conservatori di destra, accentuano a dismisura questo favore verso le idee di Strauss. La conclusione implicita in questa tensione nostalgica è l’affermarsi diffuso della convinzione che ……l’America è investita da una missione storica di redenzione, un’idea che però Strauss non ha mai espresso da nessuna parte….. Nel 2003 in USA viene celebrato il trentesimo anniversario della sua morte che coincide con l’invasione americana dell’Iraq. Ebbene buona parte dei principali sostenitori dell’intervento, politici, intellettuali, firme del giornalismo e dei media, sono …….allievi della scuola straussiana….. Un aspetto che è emblematico del rapporto fra l’attività culturale di alcuni pensatori ed la sensibilità diffusa dei tanti che vivono con difficoltà le inevitabili contraddizioni della modernità

Correnti
Appare però evidente la distanza che corre tra questo mondo delle idee “a monte” dalla prassi “reazionaria”. Da una parte un bagaglio di idee che, per quanto discutibili, si muovono con assoluta dignità e spessore ai livelli alti del pensiero filosofico e politico, dall’altra un catalogo imbarazzante di atteggiamenti di ottusa chiusura e di rancoroso rifiuto di tutto ciò a cui viene imputata la responsabilità del “cambiamento”, spesso espressi con ostentata supponenza e aggressività. Se non è sostenibile un collegamento diretto ed immediato tra questi due livelli dell’universo reazionario è quindi necessario immaginare che esista una sorta di “terra di mezzo” nella quale agiscono movimenti e personaggi che traducono quelle idee “alte” nel linguaggio “basso” dei movimenti reazionari. E’ questa l’opinione di Mark Lilla ed è quanto esamina in questo capitolo in cui affronta il retroterra di un movimento a suo avviso emblematicodi questo stato di cose. A cui successivamente affianca una insolita finestra su alcuni aspetti culturali di una parte della sinistra europea
Da Lutero a Walmart
(Movimento Teocon =  Teocon (Theoconservative, Theocon) è un termine composto  dall'unione del prefisso "Teo" (e quindi Dio dal greco antico Theòs) e Conservatorismo, è stato coniato nel mondo anglosassone e in particolare negli USA ma oggi sembra persino più diffuso in Europa, non di rado con un significato diverso da quello originale. Negli USA con il termine theocon ci si riferisce solitamente ad appartenenti a settori del mondo cristiano che sono schierati su posizioni considerate conservatrici, o che uniscono ideali politicamente reazionari con la difesa di alcuni temi sociali a forte impronta religiosa (ad es. difesa della famiglia, aborto). Un movimento che si è progressivamente consolidato nel secondo dopoguerra fino ad avere un forte peso sulle scelte dei candidati e sulla linea politica del Partito Repubblicano. Spesso il termine è erroneamente confuso con neocon. Sebbene alcuni theocons possano essere vicini al movimento neocon e viceversa, si tratta di due concetti e due movimenti molto diversi, riferendosi, il primo, al rapporto tra politica e religione e, il secondo, ad una particolare teoria di politica estera molto aggressiva sorta a cavallo del cambio di millennio (teoria della esportazione della democrazia)
Mark Lilla prende infatti in considerazione non tanto le concrete prese di posizione politiche del movimento Teocon (qui sinteticamente inquadrato nella scheda precedente) ma il suo più immediato retroterra culturale. Lo fa nell’ambito di una sua valutazione della persistente incapacità della Chiesa cattolica di elaborare una propria “idea della storia”  in grado di dare conto in modo organico dei grandi cambiamenti storici avvenuti a partire dalla Riforma protestante, passando poi attraverso l’Illuminismo, la rivoluzione industriale e le grandi trasformazioni sociali e culturali avvenute nel Novecento ………la Chiesa rispose a quasi tutte queste sfide in un primo momento condannando le innovazioni e gli innovatori, poi tollerando alcune differenze, infine dichiarando che tali innovazioni erano, se ben interpretate, in continuità con la dottrina……non ha quindi una definita teologia della storia ma solo un susseguirsi di encicliche…… In questa sorta di vuoto, spesso visto come una forma di negativa passività, si è progressivamente consolidato, come volontà reattiva, un atteggiamento di condanna senza appello nei confronti della modernità, e dei grandi cambiamenti avvenuti nei costumi sociali e morali dello scorso secolo. Una reazione che ha come protagonisti intellettuali appartenenti, per le loro specifiche caratteristiche culturali, proprio a quella sorta di “terra di mezzo”. Sono state, e sono, figure intellettuali che, pur non possedendo particolare rilevanza culturalie hanno concretamente tradotto in un bagaglio di idee spendibili sul piano pragmatico dell’azione politica il mondo delle idee “alte” esaminate nel capitolo precedente. Sono opinionisti che di più e meglio hanno saputo parlare a quella parte dell’opinione pubblica che, per ragioni varie compreso il sentirsi “orfana” di una più chiara guida della Chiesa, era già del suo “spaventata” dalla modernità e dalla profondità del cambiamento percepito. Una figura emblematica di questo tipo di “pensatori opinionisti” è Alasdair MacIntyre il cui libro “Dopo la virtù” uscito nel 1981, è sicuramente, vista la sua diffusione e la considerazione guadagnata negli ambienti di destra, uno dei libri più influenti del nostro tempo nella scena americana. ……..”Dopo la virtù“ non è un saggio storico accademico e non finge di esserlo, è una potente opera promozionale…… una raccolta di accuse a idee e pensatori che hanno fatto …..calare il buio sul nostro mondo…..  che si chiude con l’esortazione a creare nuove comunità morali basate su antichi modi di pensare in grado di dare sostegno ad una vita morale coerente. Lo stesso potente ruolo di influenza vale anche per lo storico Brad Gregory ed il suo recente “Gli imprevisti della riforma” uscito nel 2014, un testo che non è possibile, sulla base dei canoni accademici, definire un saggio storico ma che si pone lo scopo esplicito di ….. spiegare come l’Europa e l’America sono diventati quello che sono…… per Gregory tutti i problemi della inaccettabile modernità hanno una precisa causa: l’iperpluralismo delle idee che ha determinato la progressiva scomparsa dell’ordine morale. Un ordine morale che esisteva, aveva le sue fondamenta nel pensiero cristiano così come si era evoluto, anche attraverso passaggi difficili, fino alla “catastrofe” della Riforma luterana. Gregory non può offrire ricostruzioni storiche che attestino l’esistenza di questa era felice, semplicemente la racconta in forma idealizzata, stereotipata, la presenta come un armonioso insieme di ……fede, speranza, amore, umiltà, pazienza, sacrificio di sé, perdono, compassione, servizio e generosità…… Questo bagaglio di virtù viene dissolto proprio dal pluralismo di opinioni morali, e poi sociali e culturali, che la Riforma prima ed il liberalismo tollerante poi hanno introdotto. Ed è a questo bagaglio di virtù che occorre tornare rifiutando, condannando, sradicando i guasti della modernità. La “nostalgia” di Rosenzweigh, di Voegelin, di Strauss, si è così trasformata in queste opere di vulgata reazionaria nella celebrazione di un mito, quello di un’era felice cancellata dalla modernità alla quale occorre integralmente tornare. Mark Lilla sfiora in questo passaggio un tema, quello del ruolo dei miti, che meriterebbe maggiori attenzioni. Non era, va detto, il tema centrale di questo suo saggio, ma anche solo le poche frasi con le quali lo delinea già aprono prospettive importanti di approfondimento  ….perchè le persone continuano ad avere bisogno di questi miti? Forse vogliono la consolazione, per quanto magra, di pensare di poter comprendere il presente sfuggendo allo stesso tempo a una piena responsabilità nei confronti del futuro…..
Da Mao a San Paolo
Nell’ambito del percorso con cui Mark Lilla ci introduce al mondo delle idee “reazionarie” compare una sorta di strana parentesi dedicata ad un “pezzo” della sinistra europea che, a suo avviso, non disdegna una frequentazione tutt’altro che superficiale con idee e figure di riferimento dell’universo reazionario. Opinione del tutto rispettabile che però, nostra considerazione del tutto personale, avrebbe richiesto, per essere meglio compresa, maggiore spazio e approfondimento. Così come è stata inserita nel corpo di questo saggio rischia di essere una sorta di parentesi a sé stante non meglio comprensibile. Esiste comunque per Mark Lilla una insolita attenzione che alcuni intellettuali di punta della sinistra europea, Jacob Taubes (1923-1987 filosofo e sociologo delle religioni) e Alain Badou (1937, filosofo francese) in particolare, hanno dimostrato verso San Paolo e la sua concezione universalistica del messaggio cristiano. San Paolo, da loro considerato il vero fondatore del cristianesimo, viene interpretato, ben al di là dello specifico religioso, come l’alfiere di una visione messianica di una trasformazione radicale, rivoluzionaria, dell’umanità. Ed è in questa capacità di proposta messianica di un cambiamento rivoluzionario che si realizza uno stretto parallelismo tra San Paolo e le grandi figure rivoluzionarie del comunismo mondiale novecentesco, Lenin e Mao in primis. La loro visione di un cambiamento radicale è non meno potente, non meno salvifica, di quella di San Paolo. E questa forza immaginifica di un cambiamento rivoluzionario, rivolto all’intera umanità ha un valore che va ben oltre gli errori commessi in nome suo, fino a “giustificare” persino i crimini del totalitarismo comunista (Pol Pot compreso!). Come buona aggiunta, secondo Mark Lilla, si intravede nell’elaborazione teorica di questi pensatori “di sinistra” una stretta relazione con alcune idee di Carl Schmitt (1888-1985 giurista e filosofo politico tedesco, vicino in diverse sue opinioni al nazismo) in ispecie con la sua  nozione di “teologia politica”. Taubes e Badou sono per Mark Lilla figure emblematiche di un atteggiamento di una parte della sinistra europea, a dire il vero quasi esclusivamente accademica, che rivela una sorta di “nostalgia politica”, per quello che poteva essere e purtroppo non è stato, non dissimile da quella che anima la visione reazionaria della storia ……..una forma paradossale di nostalgia storica, di nostalgia del futuro, che spinge alla ricerca, per certi versi disperata, delle risorse intellettuali per nutrirla…… Troppa carne al fuoco in queste  poche pagine del saggio di Mark Lilla!

Eventi
Si completa su queste basi il cerchio che lega idee alte e prassi reazionarie? Secondo Mark Lilla non del tutto. Esiste ancora un contesto culturale che, in quella sorta di “terra di mezzo” in questo caso europea, ha contribuito non poco a formare il pensare reazionario……..
E’ ancora vivo nella memoria collettiva il ricordo dell’attentato terroristico del 7 Gennaio 2015 alla redazione parigina della rivista satirica Charlie Hebdo e della successiva ondata di reazioni, di vario indirizzo. Nella condanna comune della folle ferocia dell’attentato, come era prevedibile, si divisero fin da subito le motivazioni di destra e di sinistra …….ma cominciarono a levarsi anche voci nuove, voci che venivano sì da destra ma che parlavano, a tutta l’opinione pubblica,  con risonanti toni profetici del corso dell’intera storia, non solo del recente passato…… Voci che da una parte attestano e dall’altra contribuiscono a formare il peso crescente che, anche in Europa, ha progressivamente assunto un diffuso sentire reazionario capace di superare divisioni di classe, di ceto, di riferimento partitico,  basato in particolare sul rifiuto non sempre pienamente consapevole della modernità in quanto tale  e sul corrispondente forte sentimento di “nostalgia politica” di un prima sempre più idealizzato, sempre più mitizzato. Non sono voci inconsuete, proprio nel contesto francese si sono, fin dall’indomani della Rivoluzione francese, fatte spesso sentire voci simili, basti pensare al già citato Joseph De Maisstre, a Chateaubriand (1768-1848 scrittore e politico) per poi passare a Maurice Barres (1862-1923 scrittore e politico) e, in tempi più recenti, a Céline (1894-1961 scrittore e saggista). Negli ultimi decenni però queste voci si sono dimostrate più attive e più coraggiose guadagnando in breve attenzioni solo a prima vista inaspettate, e riuscendo, secondo Mark Lilla, a completare, dopo i “pensatori” e le “correnti”, il retroterra culturale del pensare reazionario. Voci che diversamente da quelle esaminate in precedenza si muovono, in questo caso, nel campo della letteratura. ……..A due autori in particolare moltissimi francesi si sono rivolti per dare un senso ai drammatici eventi del Gennaio 2015……. Il giornalista Eric Zemmour, che pochi mesi prima aveva pubblicato il libro “Il suicidio francese”, ma soprattutto lo scrittore Michel Houellebecq che, per un bizzarro scherzo del destino, fa uscire il suo nuovo libro, dallo scioccante titolo di “Sottomissione”, esattamente la mattina stessa dell’attentato a Charlie Hebdo. Nel caso di Eric Zemmour, e del suo “Il suicidio francese”, il secondo libro più venduto in Francia nel 2014, ci troviamo di fronte ad un collage di avvenimenti, date, fenomeni che testimoniano la inarrestabile discesa della civiltà francese verso il baratro del suicidio. Il campionario delle catastrofi, dei tradimenti e dei traditori, è completo, nessun aspetto della modernità culturale, politica, sociale, è lasciato fuori. Fino a completarsi con il mito della “sostituzione etnica” che consegnerà la Francia ed i francesi al predominio mussulmano. Leggerlo consente di passare in rassegna l’intera collezione delle ragioni, per quanto motivate su basi fragilissime, che alimentano il pensiero reazionario francese e, fatte salve le ovvie specificità, europeo. Non c’è nel libro di Zemmour un capitolo conclusivo …….su cosa si debba fare per riportare in vita la Francia. Questo è lasciato all’immaginazione senza dubbio fervida dei suoi lettori….. Ben più complesso ed elaborato è il libro di Houllebecq. “Sottomissione” racconta il progressivo avvicinarsi all’Islam del protagonista del libro, il professore di letteratura Francois, nel suo percorso a riempire il totale vuoto esistenziale ed emozionale nel quale, nonostante le apparenze sociali, si ritrova a vivere. Non è una scelta devozionale, dietro non si agita una vera tensione spirituale, semplicemente l’Islam viene scelto, o meglio accettato, da Francois come uno scudo che offre certezze, conforto, percorsi sicuri, perché legati ad un passato dai contorni certi, in grado di liberarlo dalla incapacità sua, e della cultura che egli personifica, di essere padrone della propria vita. La sottomissione in sostanza lo libera dai dubbi e dalle responsabilità del decidere autonomamente. La vicenda di Francois si dipana avendo sulla sfondo un corrispondente quadro politico francese: pur di fermare la possibile vittoria del Front National alle elezioni del 2022 gli altri partiti, di destra e di sinistra, accettano di allearsi con un partito mussulmano che di fatto, ad elezioni così vinte e con la ottenuta titolarità del Ministero dell’Istruzione, avvia una progressiva e non meglio percepita trasformazione in senso islamico dell’intera società francese. Il leader di questo partito, per convincere Francois alla conversione, alla sottomissione, pronuncia parole che sanno sintetizzare l’intera vicenda, quella personale di Francois e quella pubblica francese…….in un futuro lontano gli storici considereranno la modernità europea  un’insignificante deviazione di un paio di secoli dall’eterno flusso e riflusso della civiltà fondata sulla religione……. Houllebecq è un personaggio letterario decisamente complesso e sarebbe fargli torto ridurlo ad una sorta di propagandista del pensare reazionario. Certo è però che molto di quanto scrive si presta a incidere in questa direzione. La sua cifra più completa e corretta è forse quella di un “pessimismo culturale” sulla tenuta della civiltà europea che lo assimila a due grandi della letteratura europea: al Thomas Man de “La montagna incantata” e al Robert Musil de “L’uomo senza qualità” ……..i protagonisti di tutti e tre questi romanzi sono testimoni del collasso di una civiltà  a cui sono però indifferenti ma la cui decomposizione li lascia alla deriva……. In fondo, ma anche questo aspetto rientra nel sentire reazionario, i protagonisti di tutti i romanzi di Houllebecq raccontano di una discesa verso il disastro che è partita dalla ricerca ostinata di una libertà che non esiste al di fuori dei sentieri consolidati della tradizione pre-illuminista e pre-moderna. A differenza dell’agit-prop Zemmour Houllebacq  ……sembra sinceramente convinto che la Francia abbia perso il senso di sé stessa, non a causa delle ragioni raccolte nel campionario di Zemmour, ma quando due secoli fa  ha tentato una scommessa con la storia pensando che estendere la libertà avrebbe significato essere più felici…

Postfazione
Il cavaliere e il califfo
E’ ancora la letteratura ad offrire a Mark Lilla un personaggio capace di sintetizzare, a chiusura di questo saggio, lo smarrimento reazionario. E’ Don Chisciotte ad essere chiamato in scena per rappresentare un’umanità ispirata nel suo agire dal mito di un passato felice, di un’età dell’oro in cui tutto era in felice equilibrio. E’ infatti proprio la nostalgia di quell’età felice che lo spinge verso le sue improbabili sfide contro tutti ciò, reale o immaginato, che giudica in qualche mondo responsabili del cambiamento. …..la sua ricerca però è segnata sin dall’inizio perché in fondo è una ribellione contro il tempo che è per natura irreversibile e inespugniabile….. Vale in effetti per Don Chisciotte, e per il pensare reazionario, un equivoco rapporto con il passato, con lo scorrere del tempo: l’idea che il passato possa essere suddiviso in epoche distinte e coerenti. …..per mettere ordine nei nostri pensieri imponiamo un ordine al passato anche se tagliato con l’accetta…… spesso individuando, per pura nostra comodità, linee di confine temporale del tutto arbitrarie. Il bisogno di dividere il tempo, la storia, in epoche è profondamente radicato nel nostro modo di pensare, ma quasi mai è in grado di corrispondere davvero all’evoluzione di processi che seguono logiche di progressione costante e che raramente attraversano linee di separazione nette ed inequivocabili. E’ questa una tendenza insita nella natura dell’uomo, che si manifesta anche nelle idee dei grandi pensatori. Parlare di un prima e di un dopo ci consegna l’illusione di aver compreso il senso dello scorrere storico delle vicende umane. Ma è una tendenza che implica quasi automaticamente non pochi rischi: uno dei quali è certamente quello di sovraccaricare il peso delle linee di confine tra un’epoca e l’altra, già arbitrarie del loro, troppo spesso trasformandole in questo modo in avvenimenti “apocalittici”.  …….si sviluppa cioè una visione apocalittica della storia che vede uno squarcio nel tempo che si allarga sempre più allontanandoci da un’epoca dorata, eroica, piuttosto che tragica o semplicemente normale….. Se ripercorriamo l’intera storia ci rendiamo subito conto di quante, e quanto “significative”, sono queste linee di separazione tra un’epoca e l’altra: dalla cacciata dal Paradiso alla crocifissione di Cristo, dal sacco di Roma al primo viaggio di Colombo, dalla Riforma protestante alla Prima guerra mondiale, dalla Rivoluzione russa all’11 Settembre, tanto per citare alcuni esempi. …..tutti eventi inscritti nella memoria collettiva come cesure definitive della storia. Per l’immaginazione apocalittica è il presente a essere una terra straniera non il passato…… Ed è questa la prima pietra sulla quale poggia l’intera costruzione della “nostalgia politica”, del pensiero reazionario ……. e delle avventure di Don Chisciotte. Perché questa propensione a dividere il tempo in epoche quando si coniuga con il difficile convivere con i problemi del presente si trasforma inevitabilmente nella costruzione mitologica di un passato felice, di un’epoca d’oro alla quale sarebbe bello tornare. Ovvero per le vittime della storia un’epoca tragica da dimenticare e dalla quale fuggire. Ma  molti di coloro che vittime della storia non sono e che temono il presente, quando per una qualche ragione questo si fa difficile, è possibile che vivano quella cesura, e le ragioni ed i colpevoli che l’hanno creata, veri o presunti che siano, come un abisso dal quale fuggire ……..diventano ossessionati dalla vendetta nei confronti del demiurgo che ne ha causato lo spalancarsi….. la loro nostalgia diventa così rivoluzionaria e reazionaria …….siccome la continuità del tempo è già stata spezzata sognano una seconda cesura e una fuga dal presente…… La “reazione”, la nostalgia che l’alimenta ruotano attorno a questo. Ed a riprova del valore universale di queste sue considerazioni, che possono spiegare tutti i fenomeni del presente dai quali siamo partiti, Mark Lilla chiude il suo saggio con una veloce esplorazione della “nostalgia politica” nel mondo mussulmano, dove, a suo avviso, è più forte e significativa la fede in un’età dell’oro perduta. …….più si va in profondità nella letteratura dell’islamismo radicale più ci si rende conto di quanto sia potente il richiamo del mito…… Ancora una volta Don Chisciotte viene richiamato in scena a testimoniare quanto rischioso possa essere il peso del mito, del pensiero reazionario se incapace di fissarsi dei limiti. Il “cavaliere dalla triste figura” in fondo è un fanatico flessibile, di tanto in tanto fa l’occhiolino a Sancho Panza come a dire “stai tranquillo, ci sono” ……..ma soprattutto sa quando fermarsi…… Così non è stato ad esempio per il nazismo, e così speriamo che invece sia per tutti i “reazionari” del nostro tempo-

Nessun commento:

Posta un commento