Abbiamo
ricevuto, e con molto piacere qui pubblichiamo, da Gianluigi Faure - apprezzato
relatore della recente conferenza avvenuta il giorno 03 Novembre con titolo “Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile – Sfide globali, attori
e istituzioni multilaterali” (il cui video è stato qui pubblicato
con post in data 05 Novembre) –
un commento sulla recente Conferenza ONU – COP 26 tenutasi a Glasgow. Il suo pessimismo,
determinato dalla insoddisfacente conclusione di un appuntamento pomposamente
presentato come “epocale” e da noi di CircolaMente ampiamente condiviso, si
traduce in alcune lucidissime osservazioni utili alle nostre future riflessioni
sul tema a partire da quella già in programma per il prossimo Mercoledì 24
Novembre – ore 20,45 Auditorium Bertotto – Scuola Media Ferrari in Avigliana –
nella quale, accompagnati dal relatore Roberto Mezzalama (Ingegnere
Ambientale, membro del CdA del Politecnico di Torino), entreremo nel dettaglio
della situazione ambientale italiana come da titolo della conferenza:
“Il clima che
cambia l’Italia”
Riflessione sulle conclusioni della COP 26,
ovvero la (ri)scoperta dell’acqua calda,
ma c’è di
peggio
1)
In
ottemperanza al principio che una Conferenza ONU non “fallisce” mai (1), cioè che alla fine qualcosa si firma
sempre, anche a Glasgow com’era prevedibile, l’asticella delle ambizioni è
stata progressivamente e inesorabilmente abbassata in modo da tirare dentro
tutti.
2)
Riaffermare
quanto sottoscritto (e nel frattempo mai realizzato) sei anni fa a Parigi nel
2015 alla COP 21 è stato venduto come un grande successo. Invece ci si è ben
guardati, per lo meno di riaffermare, la necessità assoluta di cambiare i modelli
di produzione e di consumo. Tuttavia, a questo proposito bisogna dirla tutta:
se qualcuno avesse insistito sulla necessità di cambiare il modo e soprattutto
il tenore di vita, al suo ritorno in patria avrebbe trovato due plotoni di
esecuzione, uno formato dal mondo finanziario-industriale, l’altro ... dai
cittadini.
3)
Scandalosa
la posizione sulla lotta alla povertà per contrastare “l’ingiustizia climatica”.
Si è assistito all’ennesima contrapposizione Nord/Sud del Mondo come avvenuto ad
ogni COP, dalla COP 3 (Kyoto 1997) ai giorni nostri. Questo riguarda il punto
delle misure di adattamento e di mitigazione, le quali in teoria vanno di pari
passo, ma in pratica non è assolutamente cosí. Le misure di adattamento sono
quelle che ci permettono si sopravvivere nell’attesa che le misure di
mitigazione facciano il loro effetto. Ora, chi ha un disperato e urgente
bisogno delle misure di adattamento sono i Paesi poveri. E li abbiamo mandati
via da Glasgow con un pugno di mosche. Ció riguarda il grosso capitolo della
Cooperazione allo sviluppo del quale le iniziative sull’ambiente per i paesi
poveri fanno parte. Sarebbe certamente interessante per Circolar-mente
dedicare, in futuro, un incontro specialmente dedicato a questo tema.
4)
In
ogni caso, come ben si sa, si tratta soltanto di promesse. Il Carbon Brief (2) dice: “Oggi, pochi di questi impegni sulle emissioni zero sono
codificati in legge, sono promesse di azione a lungo termine piuttosto che
impegni vincolanti”; e l’UNEP (3) a sua volta: “ Non vi è alcuna garanzia che i paesi rispettino i loro
impegni e c’è il serio rischio che i paesi del G20 non raggiungeranno i loro
step intermedi nel 2030”. Già,
ecco riscoperta l’acqua calda.
5)
Alok
Sharma, presidente britannico della COP26, ha dichiarato: "Ora possiamo dire con credibilità che abbiamo mantenuto
in vita 1,5 gradi. Ma il suo polso è debole e sopravviverà solo se manterremo
le nostre promesse e tradurremo gli impegni in azioni rapide. Sono grato
all'UNFCCC per aver lavorato con noi per consegnare una COP26 di successo” ...... se lo dice lui, se è un successo aver “perfezionato gli accordi di Parigi” di sei
anni fa, dopo 5 COP, discusse a fare cosa?!
6)
Dunque,
firmato con “grande successo” il voluminoso documento finale zeppo di promesse,
tutti a casa e ci si vede tutti quanti l’anno prossimo a Sharm in Egitto, per
la COP 27!
7)
E
nel frattempo...? Il can can mediatico è finito, e possiamo esser certi che 24
ore dopo la fine della COP di questi temi non si troverà più traccia, né sui
giornali né in televisione.
(1) Ci fu un caso in passato in cui una COP di fatto fallí, si
tratta della COP 6 dell’Aia nel 2000, dove in seguito a disaccordi insanabili
tra USA ed UE, essa venne sospesa e aggiornata a Bonn l’anno successivo col
nome di COP 6-bis! . Mentre alla fine dello stesso anno, il 2001, venne
convocata a Marrakech la COP 7 (che di fatto era la COP 8), pensando cosí di
avere salvato la faccia.
(2) Sito di scienziati e giornalisti indipendenti, basato a Londra,
dedito all ‘analisi e alla divulgazione delle tematiche riguardanti il Clima: https://www.carbonbrief.org, la cui consultazione consiglio vivamente.
(3) L’UNEP è l’istituzione
dell’ONU denominata Programma per l’Ambiente, che ha al suo interno l’UNFCCC,
la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici la quale organizza le COP.
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