Come anticipato in calce al precedente post del “Saggio” del mese, (che potete leggere prima di questo post scorrendo in basso) contenente la sintesi dello studio Hagens sulle prospettive del rapporto crescita economica ed energetica pubblichiamo il collegato commento (non inseribile, per la sua lunghezza, come tale negli spazi consentiti ai commenti) del nostro socio e collaboratore Gianni Colombo. In effetti è grazie alla sua costante attenzione a queste problematiche che è stato possibile individuare lo studio Hagens (reperibile in Rete nella originale versione in inglese). In questo suo contributo Gianni Colombo ne riprende, evidenziandoli, i passaggi più significativi
Hagens, un contributo essenziale
L’articolo
di Hagens sui meccanismi delle sostenibilità appartiene, per completezza e
precisione documentale, al poco popolato universo dei contributi scientifici che
trattano concetti complessi con parole sufficientemente semplici, evitando
formalizzazioni matematiche (che spesso nulla aggiungono a quanto si può
spiegare nel linguaggio naturale). Hagens completa questo sforzo di chiarezza scientifica
trattando aspetti di natura etico-sociale e dimostrando come la trasformazione
della struttura sociale secondo criteri di giustizia, sia lo strumento decisivo
per realizzare la stabilità ecologica. La completezza dell’articolo è
annunciata nel titolo. L’Autore parla di un Superorganismo avanzando
implicitamente l’ipotesi che i vari processi analizzati appartengano ad un
unico sistema planetario che in qualche modo vive delle interazioni tra le sue
componenti. Il problema nasce dal fatto che il Superorganismo, e lasciato
a sé stesso non è in grado di riformarsi. Il modo per interrompere la sua
voracità è intervenire coscientemente e razionalmente al suo superamento. L’esame
della situazione planetaria è impietoso. La breve storia de genere umano a
partire dal periodo agricolo aiuta a comprendere come le pulsioni attuali
riproducano soltanto in parte il meccanismo risorse-surplus produttivo-civilizzazione.
Alcune attitudini del genere umano rimangono invariate, come la tendenza ad
avere sempre più beni, a pensare di più all’oggi che al futuro, a prediligere
il bene individuale o del proprio gruppo: io prima di noi, noi prima di loro.
Così come inalterata rimane la funzione dell’energia nello sviluppo umano. Tuttavia,
soltanto nell’ultimo secolo, l’energia fossile (e non la sola energia solare) è
diventata la fonte primaria di sviluppo, offrendo alla capacità di
trasformazione potenzialità enormi. Così, sempre di più il valore prodotto
dalla società dipende da un’energia che si è accumulata per milioni di anni e
che viene spesa nell’arco di pochi decenni. Fin qui niente di nuovo, ma l’Autore
parte proprio dall’energia per sviluppare il tema centrale del suo massaggio,
che riguarda la nascita della leva finanziaria. L’intreccio più importante è infatti
quello tra energia e prodotto interno lordo (PIL): le due grandezze crescono assieme
ormai da molti anni. Tuttavia, lo sfruttamento delle materie fossili fa sì che
il loro reperimento sia sempre più difficile, disperso e inefficiente, quindi sempre
più costoso. Questa tendenza minaccia la crescita, che non può permettersi
costi elevati dell’energia. Ecco allora che interviene una risorsa
apparentemente immateriale: il credito. I Paesi si stanno indebitando per
sostenere una crescita dell’economia che altrimenti non sarebbe possibile. L’energia
come fonte essenziale dello sviluppo opera attraverso la tecnologia che per un
verso ne razionalizza l’uso, ma per l’altro genera condizioni sempre più energivore.
se la tecnologia si limitasse al ruolo razionalizzante, non si registrerebbe il
continuo aumento della domanda energetica (ma si avrebbe, in questo sistema, un
aumento continuo della disoccupazione). Soltanto l’indebitamento crescente è
riuscito per ora a salvare il sogno originario di una crescita infinita dell’economia
(e degli attuali livelli di consumo dell’Occidente). Ma creare debito significa
prendere a prestito energia dal futuro perché il debito crescente accelera
l’esaurimento dei beni naturali. Ecco come una risorsa immateriale (il denaro
preso a prestito) subisce una metamorfosi e genera un impatto fisico. Credo che
questo sia il messaggio più importante dell’articolo di Hagens. Un messaggio
che si collega ad alcune constatazioni sui tentativi attuali di creare
un’economia sostenibile. L’Autore si sofferma molto sul tema del
disaccoppiamento (che ad oggi è la parte più importante delle politiche di
mitigazione). Il disaccoppiamento tra energia e prodotto (efficienza energetica
della produzione) così come il disaccoppiamento tra gas serra ed energia (fonti
rinnovabili) stanno certamente migliorando, ma a ritmi assolutamente
insufficienti. Il cosiddetto disaccoppiamento assoluto (il PIL aumenta, e
l’energia primaria decresce) è sostanzialmente impossibile. Oggi registriamo un
disaccoppiamento relativo (il PIL aumenta e l’energia primaria aumenta a ritmi
meno sostenuti) ma questa tendenza non risolve il problema della sostenibilità.
In compenso, il disaccoppiamento tra il debito e la fisicità delle risorse prodotte
aumenta costantemente: il debito cresce molto più del PIL, viviamo a scrocco e
sicuramente al di sopra di quanto potremmo permetterci. Questo tipo di
disaccoppiamento non è assolutamente considerato dalle politiche ambientali e è
generalmente trascurato dagli stessi ambientalisti. L’unica via credibile:
utilizzare tutte le tutte le risorse economiche per produrre energia
rinnovabile anziché per supportare la crescita non trova neppure l’appoggio
delle forze progressiste. Per non parlare delle forze populiste (Hagens cita,
tra gli altri, Matteo Salvini) le quali promettono un futuro migliore proprio
attraverso strumenti di indebitamento e di taglio fiscale. E qui,
inevitabilmente, entrano in gioco i comportamenti dei singoli e le scelte della
politica. Il messaggio principale è la necessità di avviare profondi cambiamenti
sociali. Il nichilismo e l’oblio giustificano oggi le nostre scelte irresponsabili
e mascherano la nostra indisponibilità a farci carico delle trasformazioni necessarie.
L’invito alla trasformazione sociale non è nuovo, ma Hagens considera il cambiamento
della società come condizione indispensabile, che si dovrà manifestare come
contributo cosciente al superamento del mito della crescita economica.
La necessità di questo cambiamento deriva della constatazione che le misure di
natura tecnologica non sono realisticamente sufficienti a raggiungere la
neutralità ecologica e la stabilità sociale tra le nazioni e al loro interno.
Una
conclusione che può essere letta come inquietante, ma che può anche risuonare
come un forte stimolo all’impegno, la componente necessaria per sfide tanto
difficili quanto entusiasmanti.
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