domenica 15 maggio 2022

Commento al "Saggio" del mese (sintesi dello studio Hagens) di Gianni Colombo

 

Come anticipato in calce al precedente post del “Saggio” del mese, (che potete leggere prima di questo post scorrendo in basso) contenente la sintesi dello studio Hagens sulle prospettive del rapporto crescita economica ed energetica pubblichiamo il collegato commento (non inseribile, per la sua lunghezza, come tale negli spazi consentiti ai commenti) del nostro socio e collaboratore Gianni Colombo. In effetti è grazie alla sua costante attenzione a queste problematiche che è stato possibile individuare lo studio Hagens (reperibile in Rete nella originale versione in inglese). In questo suo contributo Gianni Colombo ne riprende, evidenziandoli, i passaggi più significativi

Hagens, un contributo essenziale

L’articolo di Hagens sui meccanismi delle sostenibilità appartiene, per completezza e precisione documentale, al poco popolato universo dei contributi scientifici che trattano concetti complessi con parole sufficientemente semplici, evitando formalizzazioni matematiche (che spesso nulla aggiungono a quanto si può spiegare nel linguaggio naturale). Hagens completa questo sforzo di chiarezza scientifica trattando aspetti di natura etico-sociale e dimostrando come la trasformazione della struttura sociale secondo criteri di giustizia, sia lo strumento decisivo per realizzare la stabilità ecologica. La completezza dell’articolo è annunciata nel titolo. L’Autore parla di un Superorganismo avanzando implicitamente l’ipotesi che i vari processi analizzati appartengano ad un unico sistema planetario che in qualche modo vive delle interazioni tra le sue componenti. Il problema nasce dal fatto che il Superorganismo, e lasciato a sé stesso non è in grado di riformarsi. Il modo per interrompere la sua voracità è intervenire coscientemente e razionalmente al suo superamento. L’esame della situazione planetaria è impietoso. La breve storia de genere umano a partire dal periodo agricolo aiuta a comprendere come le pulsioni attuali riproducano soltanto in parte il meccanismo risorse-surplus produttivo-civilizzazione. Alcune attitudini del genere umano rimangono invariate, come la tendenza ad avere sempre più beni, a pensare di più all’oggi che al futuro, a prediligere il bene individuale o del proprio gruppo: io prima di noi, noi prima di loro. Così come inalterata rimane la funzione dell’energia nello sviluppo umano. Tuttavia, soltanto nell’ultimo secolo, l’energia fossile (e non la sola energia solare) è diventata la fonte primaria di sviluppo, offrendo alla capacità di trasformazione potenzialità enormi. Così, sempre di più il valore prodotto dalla società dipende da un’energia che si è accumulata per milioni di anni e che viene spesa nell’arco di pochi decenni. Fin qui niente di nuovo, ma l’Autore parte proprio dall’energia per sviluppare il tema centrale del suo massaggio, che riguarda la nascita della leva finanziaria. L’intreccio più importante è infatti quello tra energia e prodotto interno lordo (PIL): le due grandezze crescono assieme ormai da molti anni. Tuttavia, lo sfruttamento delle materie fossili fa sì che il loro reperimento sia sempre più difficile, disperso e inefficiente, quindi sempre più costoso. Questa tendenza minaccia la crescita, che non può permettersi costi elevati dell’energia. Ecco allora che interviene una risorsa apparentemente immateriale: il credito. I Paesi si stanno indebitando per sostenere una crescita dell’economia che altrimenti non sarebbe possibile. L’energia come fonte essenziale dello sviluppo opera attraverso la tecnologia che per un verso ne razionalizza l’uso, ma per l’altro genera condizioni sempre più energivore. se la tecnologia si limitasse al ruolo razionalizzante, non si registrerebbe il continuo aumento della domanda energetica (ma si avrebbe, in questo sistema, un aumento continuo della disoccupazione). Soltanto l’indebitamento crescente è riuscito per ora a salvare il sogno originario di una crescita infinita dell’economia (e degli attuali livelli di consumo dell’Occidente). Ma creare debito significa prendere a prestito energia dal futuro perché il debito crescente accelera l’esaurimento dei beni naturali. Ecco come una risorsa immateriale (il denaro preso a prestito) subisce una metamorfosi e genera un impatto fisico. Credo che questo sia il messaggio più importante dell’articolo di Hagens. Un messaggio che si collega ad alcune constatazioni sui tentativi attuali di creare un’economia sostenibile. L’Autore si sofferma molto sul tema del disaccoppiamento (che ad oggi è la parte più importante delle politiche di mitigazione). Il disaccoppiamento tra energia e prodotto (efficienza energetica della produzione) così come il disaccoppiamento tra gas serra ed energia (fonti rinnovabili) stanno certamente migliorando, ma a ritmi assolutamente insufficienti. Il cosiddetto disaccoppiamento assoluto (il PIL aumenta, e l’energia primaria decresce) è sostanzialmente impossibile. Oggi registriamo un disaccoppiamento relativo (il PIL aumenta e l’energia primaria aumenta a ritmi meno sostenuti) ma questa tendenza non risolve il problema della sostenibilità. In compenso, il disaccoppiamento tra il debito e la fisicità delle risorse prodotte aumenta costantemente: il debito cresce molto più del PIL, viviamo a scrocco e sicuramente al di sopra di quanto potremmo permetterci. Questo tipo di disaccoppiamento non è assolutamente considerato dalle politiche ambientali e è generalmente trascurato dagli stessi ambientalisti. L’unica via credibile: utilizzare tutte le tutte le risorse economiche per produrre energia rinnovabile anziché per supportare la crescita non trova neppure l’appoggio delle forze progressiste. Per non parlare delle forze populiste (Hagens cita, tra gli altri, Matteo Salvini) le quali promettono un futuro migliore proprio attraverso strumenti di indebitamento e di taglio fiscale. E qui, inevitabilmente, entrano in gioco i comportamenti dei singoli e le scelte della politica. Il messaggio principale è la necessità di avviare profondi cambiamenti sociali. Il nichilismo e l’oblio giustificano oggi le nostre scelte irresponsabili e mascherano la nostra indisponibilità a farci carico delle trasformazioni necessarie. L’invito alla trasformazione sociale non è nuovo, ma Hagens considera il cambiamento della società come condizione indispensabile, che si dovrà manifestare come contributo cosciente al superamento del mito della crescita economica. La necessità di questo cambiamento deriva della constatazione che le misure di natura tecnologica non sono realisticamente sufficienti a raggiungere la neutralità ecologica e la stabilità sociale tra le nazioni e al loro interno.

Una conclusione che può essere letta come inquietante, ma che può anche risuonare come un forte stimolo all’impegno, la componente necessaria per sfide tanto difficili quanto entusiasmanti.

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