sabato 1 ottobre 2022

La Parola del mese - Ottobre 2022

                                                   La parola del mese

Una parola in grado di offrirci 

nuovi spunti di riflessione

 

OTTOBRE 2022

Negli anni Settanta al culmine della sbornia produttivistica e consumistica del secondo dopoguerra, e a fronte delle crescenti evidenze della collegata crisi climatica ed ambientale, inizia ad affermarsi, in stretto legame con la crescente sensibilità ambientale, una visione del nostro pianeta come sistema onnicomprensivo il cui equilibrio è determinato dalle complesse interazioni dei suoi componenti, all’interno dei quali le attività dall’uomo hanno un ruolo fondamentale. Per sintetizzare questa visione si fa strada, in quegli stessi anni, un termine recuperato dalla cultura mitologica dell’antica Grecia……

GAIA

GAIA = Nella mitologia greca è la personificazione divina della Terra che, nata dal primordiale Chaos, a sua volta da l’avvio al generarsi di tutte le altre divinità. Senza congiunzione con maschio alcuno genera infatti Urano (il cielo) e le montagne, poi Ponto (il mare). Dall’unione con Urano nasce poi Crono (il tempo) che, tagliando con un falcetto i genitali di Urano, ne fa cadere a terra il sangue fecondando nuovamente Gaia, dando così avvio all’intricato percorso di nascita di tutti gli Dei dell’Olimpo. E’ stata per questo venerata come Madre universale e Madre degli Dei. Nella mitologia greca il nome Gaia si sovrappone a quello di Gea, mentre nella cultura mitologica romana assume il nome di Tellus. Nell’arte antica è generalmente rappresentata come una figura femminile che emerge dal suolo, spesso a mezzo busto oppure sdraiata a terra, con la cornucopia e una giovenca


Il termine Gaia è stato infatti per primo utilizzato, verso la fine degli anni Settanta, dallo scienziato inglese James Lovelock (1919-2022, chimico e scienziato indipendente) per designare la sua personale ipotesi del pianeta Terra come unico superorganismo - entità vivente a sé stante di livello superiore, sinergica e autoregolante - che raggruppa tutti gli organismi viventi e tutte le componenti inorganiche le cui interazioni hanno diretta influenza sulla temperatura globale, la salinità del mare, i livelli di ossigeno e degli altri gas, la composizione dell’idrosfera, che, unitamente ad altre variabili, determinano l’abitabilità del nostro pianeta. L’ipotesi Gaia di Lovelock fin fagli inizi ha raccolto maggiore attenzione mediatica che considerazione in ambito scientifico, nel quale è stata giudicata, nonostante i successivi perfezionamenti apportati da Lovelock (resi possibili dal parallelo sviluppo dei campi della “scienza del sistema Terra”, della “biogeochimica” e della “ecologia dei sistemi”) non sufficientemente supportata da adeguate evidenze. Questo scetticismo scientifico attorno alla ipotesi di Lovelock non ha però impedito al termine Gaia di entrare definitivamente nel vocabolario globale mantenendo, fino ai nostri giorni, la sua valenza di immaginare la Terra come un unico contenitore in cui tutto è in costante relazione. Il successivo affermarsi del termine “Antropocene” (nostra “parola del mese” di Ottobre 2021), usato per definire scientificamente l’attuale epoca geologica fortemente segnata dalle attività umane, ha recentemente ridato alla parola Gaia una sorta di seconda giovinezza visto il suo sempre più frequente ricomparire, seppure con diversa valenza, nel dibattito, inteso in senso lato, sulle tematiche ambientali. Fra le altre ne è precisa testimonianza il corposo saggio del 2015 (qui certo non sintetizzabile) di Bruno Latour 

(1947, antropologo, filosofo e sociologo francese. Il suo saggio “Tracciare la rotta. Come orientarsi in politica” è stato il nostro “Saggio del mese” di Aprile 2020), non a caso quindi intitolato “Gaia” in stretto collegamento con l’emergenza climatica (il nuovo regime climatico)

In questo testo Latour, che usa il termine Gaia per definire un nuovo concetto di “Natura” …..   quel che chiamavamo Natura abbandona le quinte e sale sulla scena Gaia. L’aria, gli oceani, i ghiacciai, il clima, il suolo: tutto quel che abbiamo reso instabile interagisce con noi. La vecchia Natura scompare e lascia il posto a un essere, Gaia (nel suo precedente saggio “Tracciare la rotta” definito anche come “il terrestre”), di cui è difficile prevedere le manifestazioni ……, è mosso dal profondo disappunto per l’inadeguatezza delle correzioni di rotta (per restare in sintonia con il titolo del suo precedente saggio) sin qui messe concretamente in atto per fronteggiare l’ormai innegabile gravità della crisi ambientale e climatica. A suo avviso a spiegare questo drammatico ritardo concorre in modo decisivo l’inadeguato incontro tra evidenze scientifiche, cultura umanistica, e scienze sociali (economia in primo luogo) per favorire il quale presenta, per la parte che di più e meglio gli compete, spunti di riflessione e di possibile soluzione (Latour coniuga il suo lavoro intellettuale con la promozione di diverse iniziative concrete in collaborazione con movimenti ed altri studiosi). Questo suo sforzo è stato recentemente ripreso in un nuovo saggio, fortemente sollecitato dalla vicenda pandemica con le sue tante e profonde implicazioni, in cui riflette, in termini prettamente filosofici, sul nuovo contesto creato dall’effetto congiunto di Gaia e pandemia, già del loro intimamente connesse.

Latour, convinto che questo nuovo quadro rappresenti una autentica “metamorfosi” della realtà e dell’umanità (ricordiamo che il nostro “Saggio del mese” di Agosto 2022, “La metamorfosi del mondo” di Ulrich Beck, riflette, da un punto di vista più sociologico, su questo stesso tema) utilizza, con sapienti e intriganti accostamenti, “La metamorfosi” di Kafka come traccia per articolare la sua riflessione. …….dove sono? sospira l’essere che si risveglia insetto…….. Il coinvolgente accostamento alla tragicomica metamorfosi in insetto di Gregor Samsa, il protagonista del racconto kafkiano, rende sicuramente più godibile la lettura di un testo comunque ponderoso, e qua e là forse non poco “etereo”. Dal quale ci limitiamo, in questa “parola del mese”, a recuperare alcuni passaggi (quelli meno “eterei”) ed alcuni termini-concetto (evidenziati in corsivo rosso scuro), che di più ci sono sembrati utili per meglio comprendere la riflessione di Latour.  Li presentiamo in forma di distinti punti raggruppati per singole tematiche

Inquadramento preliminare

ü come novelli Gregor Samsa anche noi, dopo la metamorfosi, dobbiamo (ri)esplorare il mondo muovendoci però, viste le mutate forme, in modo diverso da quello di prima. E stiamo così scoprendo che di questo nuovo mondo non abbiamo adeguata nozione dei confini, dei bordi, e che di certo ben poco può aiutarci indagarlo usando la conoscenza per immagini (come quelle telescopiche) con le quali indaghiamo l’Universo. La sottile fetta del pianeta in cui viviamo (dalla crosta terrestre due/tre chilometri e altrettanti verso il basso) richiede infatti di essere esplorata, conosciuta, con contatto diretto. E’ infatti solo in questa infinitesimale fetta di Universo, nella quale si sono concentrate tutte le tracce del passaggio umano, che stanno gli elementi fisici con i quali viviamo l’interazione con Terra/Gaia. E questa nicchia per essere (ri)scoperta, cosi come fa Gregor-insetto nel suo appartamento, non può che essere esplorata che dall’interno

ü già ben sapendo che nulla in questa nicchia è ancora completamente naturale, se per naturale si intende qualcosa che non sia mai entrato in contatto con organismi viventi. E sapendo anche che, proprio per questo, lo stesso concetto di ambiente, di natura, intesa come una dimensione “altra” che avvolge l’umanità, non ha alcun senso. E’ impossibile separare l’uomo da ciò che lo circonda, non a caso la Terra è divenuta abitabile solo grazie all’opera di organismi viventi che l’hanno resa respirabile.

ü al punto che il pianeta “terra”, con la minuscola, visto in questa ottica prende il nome proprio “Terra”, con la maiuscola, al quale aggiunge, a metamorfosi avvenuta, quello di Gaia per indicare che è il contenitore indivisibile di tutte le azioni modificatrici effetto delle “agentività”, uomo in primis, su di essa incessantemente all’opera.

ü alcuni studiosi definiscono questa nicchia abitabile “zona critica”, intendendo che è in essa che si concentrano tutte le criticità, accumulate dalle azioni modificatrici, che condizionano la volontà umana di durare il più a lungo possibile, ma  senza mettere in pericolo l’abitabilità per tutte le forme di vita presenti e future

ü il tempo dirà se la percezione di tutto ciò nel comune sentire produrrà risultati concreti e all’altezza, in questo sta la sfida per ridefinire una universalità umana di nuovo genere. Il nome di uno dei più attivi movimenti ambientalisti giovanili è “Extinction Rebellion” (Ribellarsi all’estinzione) sintetizza bene la posta in palio

Politica

ü Terra/Gaia è nome proprio femminile, Universo è nome proprio maschile. E’ solo un caso, una coincidenza, che la destra conservatrice, pressochè ovunque di questi tempi, stia ridando forte spinta ad una sorta di guerra al “femminile”? Che si affianca all’altro assillo della presunta invasione da flussi migratori, della “grande sostituzione”. Sono ambedue testimonianze dell’altro corno, rispetto alla ribellione all’estinzione e all’universalità di nuovo genere, dello spettro politico che si muove nella “zona critica”. La metamorfosi non è un passaggio facile per nessuno, non lo è per chi, come Gregor Samsa, cerca di (ri)adattarsi al nuovo, e chi, come la sua famiglia reagisce cercando di “schiacciare” chi di più testimonia la mutazione

ü non di  meno preoccupa il generale ritardo del (ri)adattamento. Gregor Samsa fatica, nella sua nuova forma, a muoversi in un mondo che deve (ri)conoscere usando strumenti e strategie diverse da quelle che sembravano consolidate. Allo stesso modo l’umanità è, comprensibilmente, alle prese con una “inquietudine” mai percepita prima, con reazioni non sempre facilmente attribuibili ai campi tradizionali della destra e della sinistra

ü non stupisce, in questo quadro, il crollo, peraltro inevitabile, dell’ordine internazionale. La mappatura dell’antico pianeta terra che esso rappresentava non può più, oggettivamente, corrispondere alle esigenze, alle relazioni che Terra/Gaia richiedono. Molti reagiscono a questo vuoto diventando facile preda della “tentazione nazionale”. Nazione (femminile) è una bella parola, di più di Stato (maschile), ma da sola non aiuta un popolo a trovare la risposta al bisogno di “rinascere”. Perché di rinascere si tratta, ma dove? con chi?

ü vale a dire che, in Terra/Gaia, una parola come “identità”, per avere senso deve essere ridefinita da capo collegandola a “sovrapposizione e sconfinamento”. Gli organismi viventi capaci di nutrirsi da soli (ad es. batteri e piante) sono definiti “autotrofi”. La rivendicazione ad essere “individuali”, a bastare a sé stessi, può essere, al limite, rivendicata solo da esseri perfettamente autotrofi, e l’uomo non lo è biologicamente e politicamente

Religione

ü al tormentato (ri)adattamento della politica corrispondono analoghe difficoltà per le anime religiose. La consapevolezza del confinamento nella sottile striscia di Terra/Gaia ha accentuato, per gli stessi credenti, l’equivoco, mai del tutto chiarito, dell’idea di un “Cielo”, di un “altrove”, in cui vivere la vera vita. Il “quaggiù”, con tutto il suo bagaglio di complessità, sta imponendo di volgere lo sguardo, di distoglierlo da quel “lassù” fatto di valori non facilmente spendibili nella nicchia investita dalla metamorfosi.

ü Non è certo semplice ed immediato questo cambio di sguardo, si fa ancora sentire la contrapposizione tra il “mondo spirituale”, il lassù, che secoli di arte sacra hanno rappresentato come uno strato orizzontale e perfettamente terso, al di sopra dello strato più scuro del “mondo materiale”, del quaggiù. E non basta accentuare la “secolarizzazione”, la laicizzazione della separazione fra materiale e spirituale. Immaginare un mondo spiritualizzato in forma ri-materializzata significa caricare valori “terreni” di una valenza spirituale che non risponde a tutta la domanda di fede e al tempo stesso complica la stessa azione secolarizzata

ü l’idea che da sempre sostiene molti credenti di vivere in modo diverso può aiutare a  riportare nel “quaggiù”, ri-materializzandoli, i suoi valori,  ma deve essere completata puntando su quelli che di più possono servire a sciogliere la tensione fra i modi consolidati di vita sulla terra e quelli necessari alla vita con Terra/Gaia

Economia

ü da poco Gregor Samsa si è scoperto insetto eppure già alla sua porta bussa il procuratore che lo richiama al suo dovere di lavoratore, di “soggetto economico”. Ed anche noi, dopo la metamorfosi di Terra/Gaia, sentiamo bussare chi ci chiama ad agire per “accelerare la ripresa”. Come Gregor non dobbiamo aprire, rispondendo che è arrivato il tempo di “fare completamente a meno dell’Economia”, con la maiuscola, quella che pur occupandosi delle cose più comuni, più importanti, per risolvere le nostre necessità quotidiane, quelle che rientrano “naturalmente” nell’economia, con la minuscola, le ha elevate a valori a sé, a parametri definiti assoluti da una pseudo-scienza, esautorando la naturalità per creare  una dimensione che non considera più “l’uomo”, che sta in piedi anche “senza di noi

ü noi che in questa dimensione artificiale, diventati “homo oeconomicus”, abbiamo perso ogni nostra caratteristica umana, per divenire anonimi “soggetti economici” manovrati da logiche, che tutto valutano come “risorsa”,  ispirate dall’egoismo radicale del “non dovere niente a nessuno

ü quello che terrorizza il procuratore, e queste logiche, è che Gregor e l’umanità, una volta trasformati,  possano davvero decidere, per entrare in sintonia con  Terra/Gaia, di abbandonare l’Economia, compiendo un primo decisivo passo: quello di smettere di considerarci soggetti che hanno “una dimensione economica

ü un passo che non mira a salire verso l’alto, nel mondo delle teorie economiche, ma al contrario a scendere verso il basso, là dove stanno le fondamenta materiali, tutte quelle che non possono avere risposta “finchè si considera l’economia come Economia.  In questo senso a ben poco serve lo sforzo, quasi sempre inascoltato, dei tanti economisti che avanzano legittime critiche alle attuali politiche economiche. All’ordine del giorno va posto l’obiettivo di “abbandonare l’Economia, come descrizione dei rapporti che le forme di vita intrattengono tra loro

ü soggiace a questa idea quella di una natura regolata in modo ferreo, meccanicistico, dalle “leggi dell’evoluzionismo”, ridotto però alla forma più schematica di lotta per la sopravvivenza. E’ qui che l’irruzione metamorfica di Gaia, peraltro in linea con la vera essenza dell’evoluzionismo, intacca alla base la presunzione di molte costruzioni teoriche, quelle economiche comprese: l’idea di una selezione naturale perfettamente calcolabile non è sostenibile, se mai i viventi fossero in grado di “calcolare alla perfezione le proprie azioni” non riuscirebbero a sopravvivere. Le relazioni tra viventi sono così complesse, intrecciate, sotterranee, da rendere priva di senso ogni pretesa di economizzare l’intera natura, l’intera vita. Gaia testimonia che possiamo vivere usando il meglio possibile un’idea, terrestre, di economia, nessun terrestre ha mai abitato la casa dell’Economia

Territorio, territori

ü sostituire l’Economia richiede anche di riconsiderare, con parametri diversi, il “dove stiamo”, se dobbiamo abitare “da qualche parte e non più in un luogo qualsiasi, indistinto”. Una riflessione che inevitabilmente richiama in gioco una continua associazione di verbi, di azioni, ad esempio: sussistere, fare gruppo, essere un suolo, descriversi, quest’ultimo in particolare. Il decidere di “abitare da qualche parte” poggia infatti sull’idea che abbiamo di noi stessi e non richiede di individuare coordinate geografiche ma risposte alla “domanda di interdipendenza” che è ineliminabile per l’uomo. Non sono la stessa cosa “localizzarsi”, il dove collocarsi geograficamente, e “situarsi”, lo stare in un determinato contesto di relazioni

ü in un primo modo “territorio” è tutto quello che può essere trasferito e localizzato su una cartina, in un secondo modo diventa l’ambito che racchiude, anche fisicamente, l’elenco delle interazioni che si intende sostenere. Il primo modo è trasferibile in alcuni dei dati della carta di identità, il secondo si completa in una “lista di appartenenza”, che non necessariamente, soprattutto nell’attuale società tecnologizzata, implica la vicinanza fisica. Consiste in questo aspetto la differenza tra “locale”, l’essere anche vicini fisicamente, e “collegato”, l’essere comunque in relazione al di là della relazione fisica. 

ü decidere dove abitare è una operazione complessa sulla quale incidono svariati fattori.    Sono molte le interazioni che intervengono, spesso poco visibili ma non per questo meno importanti, ed ognuna di esse, una volta individuata, implica un qualche obbligo, una qualche conseguenza. Una consiste nel dare nuovo senso al “locale”, trasformandolo in “tutto ciò che viene discusso e argomentato in comune”, e cioè una misura di “coinvolgimento e di intensità”. Al suo opposto “lontano” diventa “tutto ciò di cui non devo preoccuparmi” perché non ha immediate implicazioni sulle mie relazioni ed attività. “Locale e globale”, in questa scala, individuano “rapporti di concatenazione”, la loro consistenza ed il loro diverso peso.

ü Sono queste le ragioni per cui Gaia non sarà mai riducibile su un planisfero o su una mappa, e che rendono problematico sovrapporre perfettamente “il mondo in cui viviamo” con “il mondo di cui viviamo”. E soprattutto che pongono al centro dell’economia dei Gaia, sottraendolo dalle nebbie artificiali dell’Economia che tutto e tutti de-territorializza in un unico indistinto mercato, un “popolo che abita un suolo

Confini e frontiere

ü è un ordine di problemi per il quale Gregor Samsa non può esserci di aiuto, per la semplice ragione che Kafka, nel suo racconto, non lo fa mai incontrare con altri suoi simili, con altri insetti. Al contrario affrontare la metamorfosi è questione che investe l’intera umanità chiamata, da subito, ad affrontare le conseguenze politiche del “nuovo regime climatico”, un problema oggettivamente risolvibile solo globalmente.

ü ma l’umanità si sta rivelando tutt’altro che compatta, ed è attraversata da profonde divisioni che evidenziano atteggiamenti diversi e contrastanti:  quelli, con ogni probabilità la grande maggioranza, degli indifferenti alla progressiva scomparsa della terra su cui vivono tesi come sono ad inseguire il mito della modernizzazione infinita, quelli, non meno numerosi, che trovano una possibile risposta nell’illusoria sicurezza dei confini degli storici Stati, e poi coloro che, scendendo ad un livello ancora più ridotto, si rifugiano nel “locale”, nella porzione di territorio che sentono più propria, per finire con i super ricchi che, ben informati su dove ci sta portando la traiettoria della terra, hanno deciso di abbandonarla, abitando in bunker iper-moderni in attesa di trasferirsi su qualche altro pianeta.

ü non è certo questa la nuova umanità sulla quale contare, e a nulla serve il generico e amorfo concetto di “umanità”, l’essere genericamente tutti accumunati in quanto “esseri umani”. Terra/Gaia impongono di andare oltre, di compiere una straordinaria operazione di rifondazione dei legami di relazione fra umani, un’autentica universale “etnogenesi(processo di formazione di un gruppo etnico, che può avere origine da un percorso di auto-identificazione o essere il risultato di una percezione esterna).  Per compiere la quale il primo inaggirabile passo è la totale messa in discussione delle “frontiere” che l’umanità ha sin qui costruito per dividere sé stessa entro “confini” che, se mai un senso hanno avuto, certo lo hanno definitivamente perso ad avvenuta metamorfosi della terra.

ü la quale ha definitivamente svuotato del loro originale significato termini come suolo, territorio, popolo, radicamento, localizzazione. Un lungo elenco nel quale si trovano  anche concetti come “nazione” e “Stato”, che trovavano senso nel riferirsi alla parte del “mondo in cui si vive”, ridotta e racchiusa da confini e frontiere, ma del tutto inadeguati ad esprimere l’idea di mondo che Terra/Gaia impone, il “mondo di cui vivo”, una parte del pianeta molto più vasta e pressochè impossibile da circoscrivere

ü questo nuovo e diverso ordine del mondo non poggia più esclusivamente con la localizzazione, ma guarda, come la stessa scelta dell’abitare, all’intero e fitto insieme di relazioni che costituiscono l’essenza stessa di Terra/Gaia e che tutte le comunità indistintamente mantengono verso altre parti del mondo. E’ nelle pieghe di questa sorta di “Stati fantasma”, quelli che possono diversamente raggruppare le sparse colonie di umani con caratteristiche di “olobionti” (organismi caratterizzati dalla convivenza simbiotica di agenti biologici che non condividono lo stesso DNA. Lo stesso uomo, con le sue colonie interne di batteri, è un olobionte), che si possono individuare le nuove mappe di relazione tra umani al di là della loro appartenenza istituzionale ad uno Stato

ü E’ ovviamente una rotta quanto mai impervia. Per quanto sia una evoluzione ineludibile il superamento della rigidità, ormai insostenibile, di limiti, frontiere, di rapporti economici, sociali, politici, e quindi di relazioni tra Stati, non può non entrare in frizione con l’attuale ordinamento istituzionale globale. Non mancheranno purtroppo conflitti, anzi questi si estenderanno perché, al culmine del prelievo indiscriminato di risorse della terra, tutto (ad es.  petrolio, gas, terre rare, acqua, prodotti della terra) può essere materia di conflitto di tutti contro tutti, rendendo impossibile la stessa individuazione degli opposti contendenti, i quali costantemente ondeggeranno in mutevoli schieramenti capaci di attraversare dall’interno gli stessi storici Stati.

ü è impossibile al momento delineare i possibili futuri scenari, quel che è certo è che la conformazione geo-politica globale sarà comunque in costante mutazione. La nuova umanità dovrà avere la forza di inserirsi nelle tante contraddizioni che sicuramente tutto ciò comporterà. E sarà necessaria anche una nuova “arte della diplomazia”, Una diplomazia ispirata dalla capacità di muoversi cogliendo i “limiti di qualsiasi concetto di limite”. Quella “classica”, ispirata di fatto dall’Economia, nulla può risolvere, non possedendo mezzi e logiche adatte ad un quadro di relazioni radicalmente diverso. La drammatica ed urgente necessità di “rammendare” diversamente le parti del mondo impone davvero di inventarne una nuova: “la diplomazia degli olobionti”, dei terrestri che sono consapevoli di vivere proprio grazie alla simbiosi diffusa con il resto del mondo


 




Nessun commento:

Posta un commento