mercoledì 1 febbraio 2023

La Parola del mese - Febbraio 2023

                                             La Parola del mese

Una parola in grado di offrirci

nuovi spunti di riflessione

FEBBRAIO 2023

La recente scomparsa di Papa Ratzinger, unanimemente considerato teologo di assoluto valore, ha riproposto all’attenzione di molti il rapporto tra “fede” e “ragione”, tra “fede” e “scienza”, stante la centralità che questo tema ha avuto nella sua ricerca teologica. Per la religione cristiana definibile, come quella ebraica e quella mussulmana, “religione del Libro” questo rapporto si è da sempre articolato attorno alla coerenza fra testi sacri e risultati del progresso scientifico. Non è certo nostro scopo entrare più di tanto nel merito di una questione che chiama direttamente in causa la “personale fede”, semplicemente, stimolati  dai numerosi commenti sul pensiero teologico di Papa Benedetto XVI, si vuole in questa modesta “Parola del mese” offrire una sintetica panoramica di un particolare approccio ai testi religiosi, in questo caso quelli giudaico-cristiani, basato proprio su criteri “storico-scientifici”. Si parla quindi di…..

ESEGESI

Esegesi = dal greco “ex-ago” (tirare fuori) interpretazione di un testo indagandone l’origine, l’autore  e le finalità

Coerentemente con questo significato l’esegesi viene utilizzata per interpretare testi di vario genere, da quelli di diritto come ad opere di saggistica o narrativa, quella che è qui chiamata in causa è “l’esegesi biblica”, ossia lo studio della Bibbia, intesa come Vecchio e Nuovo Testamento, per meglio interpretarla grazie alla ricostruzione “scientifica” della sua genesi (l'ambiente storico, culturale, geografico in cui è nata), il genere letterario (cronaca, parabola, racconto didattico, poesia, ecc.), il possibile autore materiale, le eventuali mutazioni intervenute nel corso del tempo e delle sue tante traduzioni, e le sue presumibili finalità specifiche. Proprio perché approccio scientifico anche l’esegesi biblica (da qui in poi solo “esegesi”) integra l’interpretazione letterale dei testi [con una loro valutazione ermeneutica, dal greco “ermeneutiukè (tèchne) indica “l’arte, la tecnica, di interpretare”] con le risultanze delle ricerche in diverse discipline quali: l’archeologia, l’antropologia, la linguistica. Si parla quindi di un approccio a testi, considerati “sacri” in quanto “parola di Dio”, e quindi come tali alla base del sentimento e della pratica di fede, certamente innovativo rispetto a quello più canonico da sempre avvenuto, sia in ambito ebraico (le tradizionali forme ebraiche di esegesi si trovano nella letteratura del Midrash, termine generico per indicare tutti i dibattiti, i commenti, le spiegazioni, sui testi della Bibbia ebraica) che cristiano [ben riassunto dal celebre distico di Agostino di Dacia (?-1285, frate domenicano) “Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas anagogia” = La lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere, il senso morale che cosa fare, e l'anagogia (interpretazione spirituale) dove tendere]. Se in ambito cristiano cattolico questo approccio è rimasto sostanzialmente immutato fino a Modernità avanzata, in quello del protestantesimo, che considera la Bibbia l’unica autorità per il fedele cristiano (Sola scriptura), la lettura dei testi sacri ha ben prima favorito un loro più ampio approfondimento. In generale è però nel 1600, con la nascita del metodo scientifico nella forma rigorosa attribuita a Galileo (1564-1642da cui anche il nome metodo galileiano), che la lettura e l’interpretazione della Bibbia inizia a cambiare radicalmente. E’ lo stesso Galileo, chiamato pesantemente in causa per le sue scoperte astronomiche, a contestare apertamente la sua interpretazione in senso letterale. Poco dopo è Baruch Spinoza (1632-1677, filosofo ebreo olandese) ad affermare perentoriamente”, e anticipando di molto le successive svolte,  nel suo “Trattato teologico-politico" che “la regola universale da osservare nell’interpretazione della Scrittura è di non attribuirle altri insegnamenti che quelli che l’inchiesta storica non ci avrà chiarissimamente dimostrato di averci dato”. E’ in questa breccia, destinata ad ampliarsi di molto nei secoli successivi, che si inserisce l’opera di Richard Simon (1638-1712, teologo e biblista francese), considerato il padre dell’esegesi moderna. E’ nella sua “Storia critica dell’Antico Testamento” che si possono rintracciare alcuni dei canoni alla base di quella che da lì in poi sarà definita esegesi critica dei testi biblici”, vale a dire la loro lettura/interpretazione basata sui fondamenti metodologici enunciati in precedenza. Grazie ai costanti miglioramenti analitici, al contributo di altre discipline, al recupero di testi antichi a lungo dimenticati, l’esegesi critica acquista una sua consistenza analitica tale da suscitare, in non pochi casi, da parte delle istituzioni ecclesiastiche reazioni ed irrigidimenti in difesa della “lettura canonica”. Vale come esempio significativo l’opera di Jean Astruc (1684-1766, medico e biblista francese) che già a metà del Settecento, analizzando, dal punto di vista della critica testuale (analisi della forma e della sintassi dei testi), i libri del Pentateuco, tradizionalmente attribuiti a Mosè, può affermare su solide basi che essi sono stati in effetti composti nel corso di molti secoli da più autori e solo in epoca molto successiva a quella fin lì fissata condensati in un unico documento. A partire dal 1800, soprattutto in ambito tedesco, si registra una crescente diffusione dell’esegesi. Fra gli altri spiccano, in successione storica, i lavori di Ernst Renan (1823-1892), di Julius Wellhausen (1844-1918), di Hermann Gunkell (1862-1932), di Martin Noth (1902-1968). L’alto profilo scientifico di questi studi e dei loro autori, l’inconfutabilità di molte delle evidenze raggiunte, hanno poco alla volta ammorbidito la diffidenza delle istituzioni ecclesiastiche, sia cattoliche che protestanti, non stupisce quindi che già alla fine del 1800 il Vaticano ribalti la sua iniziale condanna dell’esegesi giungendo persino a consigliarla a tutti gli studiosi dei sacri testi. Non è necessario in questa sintetica ricostruzione storica entrare nel dettaglio dei contributi via via forniti dalle diverse scuole di pensiero, non di rado fra di loro contrapposte, che per tutto il Novecento hanno arricchito la conoscenza storico/scientifica dei testi biblici. Vale però la pena di evidenziare che progressivamente l’interesse esegetico si è spostato dal Vecchio al Nuovo Testamento, nella cui esegesi spiccano i lavori di Holtzmann Heinrich (1832-1910, che ha ricostruito una più corretta cronologia dei Vangeli, ormai assunta come quella ufficiale, individuando in particolare i legami fra quelli, non a caso definiti sinottici in quanto derivanti da un’unica fonte, chiamata “fonte Q”). L’esegesi dei Vangeli è poi stata ulteriormente incentivata dalla straordinaria scoperta, nel 1948, dei “Rotoli del Mar Morto”, una raccolta di documenti, coevi o di epoca appena successiva a quelli canonici del Nuovo Testamento, che hanno fornito importanti integrazioni alle fonti evangeliche.  Anche in questi primi decenni del nuovo millennio l’esegessi sta rivelando una disciplina in continua evoluzione che vede in particolare il fiorire di molti studi nell’ambito accademico statunitense (spiccano in particolare i nomi di Herman Bart, autore di numerosi saggi sul tema pubblicati anche in Italia, di Friedman Richard Eliot, di Lane Fox Robin, e di Wilken Robert Louis) che guardano con grande attenzione al recupero del “Gesù storico”, del suo forte legame con il giudaismo e con le correnti politico-religiose della Palestina del I secolo (su questi stessi temi vertono i saggi di Mauro Pesce “Le parole dimenticate di Gesu” e di Renzetti Roberto “Alla ricerca di un uomo chiamato Gesu”). Per quanto l’esegesi rappresenti ormai un approccio critico ai testi sacri riconosciuto nella sua serietà scientifica non mancano, ancora oggi, diffidenze e tensioni con la lettura dogmatica “ufficiale". Lo conferma lo stesso rigore in materia di Papa Ratzinger ripreso e commentato in questo interessante articolo del noto teologo Vito Mancuso (teologo e docente di teologia) apparso il 3 Gennaio su La Stampa (nel testo compare più volte il termine “scienze bibliche”, è a tutti gli effetti un sinonimo di Esegesi):


Il grido d’allarme di Ratzinger nel suo testamento spirituale

Il testamento spirituale di Joseph Ratzinger diffuso dopo la sua morte, ma composto nel 2006, è molto istruttivo per comprenderne l’anima, direi più precisamente la psiche, cioè quella dimensione interiore in cui il pensiero di un essere umano si mescola alle emozioni e crea quel coacervo di razionalità e di irrazionalità in cui ognuno di noi propriamente consiste. Il breve testo si divide in quattro parti: ringraziamenti, richiesta di perdono, esortazioni, richiesta di preghiera. Senza sminuire i ringraziamenti e le richieste, belle dal punto di vista umano ma prevedibili quanto ai ringraziamenti e convenzionali quanto alle richieste, la parte decisamente più interessante è la terza delle esortazioni a tutti i cattolici. Scrivendo egli sapeva che questo testo sarebbe stato letto all’indomani della sua morte con la massima attenzione da parte di tutti, il che significa che, se aveva un asso da giocare, era proprio quello il luogo per farlo. E infatti Ratzinger lo giocò. Dapprima rivolto ai soli bavaresi: «Non lasciatevi distogliere dalla fede». Poi rivolto a tutti e rafforzando con due punti esclamativi l’invito: «Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!». Ecco la sua più grande esortazione, l’obiettivo per cui spese la vita, il suo asso: la conservazione della fede. Prova ne sia che nel 2016, quando già da tre anni aveva rinunciato al papato, conversando con il giornalista tedesco Peter Seewald per quella che è stata la sua ultima pubblicazione intitolata proprio “Ultime conversazioni”, affermerà: «Oggi l’importante è preservare la fede. Io considero questo il compito centrale». Ma ora si faccia attenzione ai verbi usati: non lasciarsi distogliere, rimanere, non lasciarsi confondere, preservare. Chi parla così? Chi sente di essere al cospetto di una grave minaccia e ne ha paura. Il messaggio conclusivo e sintetico di Joseph Ratzinger, quindi, è nella sua essenza profonda un grido d’allarme. La sua ragione era quella di un uomo sicuro, ma la sua psiche, al contrario, quella di un uomo impaurito. Di cosa aveva paura? Lo si comprende dalle “Ultime conversazioni” quando afferma che oggi prevale «una cultura positivista e agnostica che si mostra sempre più intollerante verso il cristianesimo», con la conseguenza che «la società occidentale, in ogni caso in Europa, non sarà una società cristiana». Idea ribadita poco dopo: «La scristianizzazione dell’Europa progredisce, l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società». Ma occorre proseguire l’analisi del testamento spirituale perché in esso Ratzinger entra ancor più nello specifico e mette in guardia i cattolici dal pericolo a suo avviso più minaccioso: «Spesso sembra che la scienza - le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro - siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica». Il pericolo quindi è la scienza? Il testo parla di due forme di scienza: le scienze naturali e le scienze storico-bibliche. Per le prime alla domanda sollevata occorre rispondere di no: la scienza per Ratzinger non è un pericolo, lo sono semmai alcune «interpretazione filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza». Anzi, la pura scienza può risultare persino utile alla fede, perché «nel dialogo con le scienze naturali la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità». Immagino che qui Ratzinger pensasse al caso Galileo e al fatto che oggi un episodio del genere non è neppure lontanamente concepibile. Per la fede quindi le scienze naturali non sono un pericolo, anzi talora sono persino un aiuto. Le cose stanno in modo diverso per le scienze bibliche, al cui riguardo ecco le precise parole di Ratzinger: «Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc...), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc...), la generazione marxista». Fa un certo effetto ritrovare in un testamento spirituale, accanto ai ringraziamenti più belli a Dio e ai familiari e alle richieste più intime di perdono e di preghiera, la menzione di scuole esegetiche con tanto di nomi. Ma fa ancora più effetto non ritrovare nessuna parola di apprezzamento per le scienze bibliche, contrariamente a quanto avvenuto per le scienze naturali. Di esse Ratzinger dice solo di aver visto crollare tesi, quasi che nulla sia rimasto in piedi del lavoro svolto, per cui non rimarrebbe altro che affidarsi alla lettura tradizionale della Bibbia promossa dalla Chiesa per riscoprire sempre «la ragionevolezza della fede» e che «Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita». Le cose però non stanno per nulla così. Come le scienze naturali, anche le scienze bibliche hanno contribuito notevolmente ad approfondire e a purificare la fede mettendo in condizione di interpretare in modo adulto i testi biblici. Nel 2008, mentre papa Benedetto regnava, il cardinal Martini insigne studioso della Bibbia pubblicò un testo che fece scalpore, “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, dove giunse a parlare di vere e proprie scuole bibliche per «rendere indipendenti i cristiani» perché, a suo avviso, «ogni cristiano che vive con la Bibbia dovrebbe trovare risposte personali alle domande fondamentali». Trovare risposte personali. Per Martini infatti la Chiesa deve essere più «un contesto che procura stimoli e supporto, che non un magistero da cui il cristiano dipende». La meta non è l’obbedienza alla Chiesa continuando a credere come si credeva nei secoli passati; è piuttosto la libertà della mente al fine di verificare in prima persona la «ragionevolezza della fede», nel caso purificarla, vivendo così la vita autentica di chi è se stesso e non un portavoce di pensieri altrui. La sfiducia di Ratzinger nei confronti delle scienze bibliche emerge in modo clamoroso nella sua opera su Gesù in tre volumi, dove per centinaia di pagine egli prescinde quasi totalmente dai secoli di esegesi scientifica sul testo dei Vangeli, evita le domande scomode e finisce per presentare una figura di Gesù ai limiti del devozionismo. E se questo è un problema che riguarda solo lui e la statura scientifica di questo suo lavoro, quello che invece riguarda tutti è il modo con cui egli da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (carica mantenuta per 23 anni) esercitò il suo potere disciplinare contro quei biblisti e quei teologi che, come auspicava il cardinal Martini, pensavano in prima persona rielaborando la teologia. Mi riferisco alle decine e decine di teologi a cui venne tolta la cattedra, tra cui ricordo Leonardo Boff, José Maria Castillo, Charles Curran, Jacques Dupuis, Matthew Fox, Ion Sobrino e la condanna post mortem di Anthony De Mello. La teologia della liberazione venne perseguitata in tutte le sue forme e il vescovo martire Oscar Romero dovette attendere papa Francesco per essere elevato agli onori degli altari. Come ho scritto all’inizio, il problema di Ratzinger è stato a mio avviso la paura. Lo si capisce dai verbi usati nel testamento spirituale tutti sulla difensiva. E dalla paura nasce l’aggressività. Egli è stato un uomo sinceramente devoto al suo Signore, il grande teologo francese Yves Congar nel suo diario del Concilio lo ricorda come «ragionevole, modesto, disinteressato, di buon animo», e io credo che egli sia stato proprio così. Ma la paura è sempre una cattiva consigliera. 


1 commento:

  1. Vito Mancuso, che si definisce un teologo laico, per la sua preparazione culturale ha usufruito inizialmente soprattutto delle intuizioni geniali di Simone Weil, con la sua " vocazione di essere cristiana al di fuori della Chiesa", intuizioni suffragate ora dalle attuali scoperte delle scienze bibliche.

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