giovedì 18 maggio 2023

Il "Saggio" del mese - Maggio 2023

 

Il “Saggio” del mese

 MAGGIO 2023

Ci sono autrici, come in questo caso, ed autori che, nei loro rispettivi campi, sanno leggere passato e presente nelle loro più profonde pieghe riuscendo così ad anticipare una ponderata idea di futuro, confermata poi proprio dal concreto procedere della storia. E’ il caso del saggio di questo mese che pubblicato per la prima volta nel 1980, suscitando al tempo un vivace dibattito per la coraggiosa originalità delle sue tesi, ha trovato nei decenni successivi così tante ragioni di riscontro da essere ormai considerato un “classico della storia della scienza moderna, della storia ambientale e del femminismo” e da essere ristampato, proprio per questa sua straordinaria attualità, lo scorso Settembre 2022. Lo stimolo a recuperarlo ci è stato offerto dalla conferenza tenuta da Emiliana Losma in occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle donne” lo scorso 8 Marzo, con titolo “Quando la scienza è donna”, nel corso della quale testo ed autrice sono stati citati come esempio della straordinaria produzione culturale femminile del Novecento. Parliamo di: 

la cui autrice è Carolyn Merchant

(1936, statunitense, filosofa e storica della scienza, Professore emerito di Storia Ambientale, Filosofia ed etica presso l’Università di Berkeley)

Si tratta di un testo complesso e ponderoso (496 pagine) che, per quanto di scorrevole lettura grazie ad una scrittura nitida e all’utilizzo di rimandi di vario genere, non può essere sintetizzato nei modi e spazi abituali di un nostro post, ci limitiamo quindi a ripercorrerne i passaggi più rilevanti. Con questo spirito proponiamo inoltre un modo di presentarlo che non segue la sua stesura articolata su quattordici capitoli (comprendendo l’introduzione e l’epilogo) che affrontano, intrecciandole strettamente tra di loro, tre tematiche: i fondamenti culturali (umanistici) che hanno contribuito alla nascita della scienza moderna (occidentale), l’evoluzione del concetto di ambiente (al primo tema collegato), e la correlata concezione del femminile, della donna, e del suo ruolo. L’originalità dell’approccio della Merchant consiste infatti nel porre al centro della sua analisi il punto di vista femminile ed il ruolo della donna inteso in senso lato (un approccio che ha dato vita e sostanza all’ecofemminismo, un movimento sorto negli anni Settanta/Ottanta, che ha evidenziato il legame tra subordinazione femminile e distruzione ambientale), non a caso quindi il titolo del primo Capitolo cita “La natura come femmina”. Si è pertanto preferito (per non avventurarsi in una sintesi problematica e dispersiva, viste le continue digressioni) di recuperare il pensiero della Merchant suddividendolo in tre parti dedicate a queste tre tematiche fornendone la traccia di fondo. La seguente citazione letterale consente di cogliere le finalità che hanno ispirato questo saggio:

….. Tra il XVI e il XVII secolo l’immagine di un cosmo organico con al centro una terra viva e femminile ha lasciato spazio ad una visione meccanicistica del mondo in cui la natura è stata concepita come inerte e passiva destinata ad essere dominata e controllata dagli umani. “La morte della natura” tratta dei cambiamenti economici, culturali e scientifici che hanno reso possibile questa trasformazione. Quando una donna oggi cerca di combattere contro questa dominazione sociale della natura sta anche allo stesso tempo cercando di rovesciare le costruzioni moderne della natura e della donna come entità passive e subordinate” (dalla Prefazione della seconda edizione americana) …..

La scienza moderna:

La nascita della scienza moderna viene convenzionalmente fatta coincidere con la “rivoluzione scientifica” avvenuta a cavallo del XVI e XVII secolo in primo luogo in ambito fisico/astronomico [un approccio scientifico non più definito da dogmi religiosi richiedeva che mutasse innanzitutto la visione globale della Terra, ed è esattamente in questo che è consistito l’apporto rivoluzionario prima di Copernico (1473-1543) e poi di Galileo Galilei (1564-1642)]. Ma è indubbio che sia stata il frutto di un insieme di precedenti progressivi profondi mutamenti nella società, nell’economia, nella cultura, che hanno poi trovato una prima sistemazione organica nel 1600. Questi mutamenti hanno in particolare sancito il compiersi di una svolta epocale nel rapporto umanità-natura, consistito nella definitiva affermazione della “visione meccanicistica” della natura (una concezione filosofica che vede la natura come l’insieme di tutti i suoi enti fra di loro distinti ma interconnessi in un ordine esclusivamente fisico determinato da logiche meccaniche prive di qualsiasi finalità di altro genere) sulla “visione organica(un’idea della Terra e della natura al contrario viste come un unico organismo vivente unitariamente composto da tutti i loro enti). Queste due idee del mondo e della natura sono da sempre convissute nella cultura umana fin dal suo sorgere (la Merchant in interessanti pagine recupera “immagini letterarie” e “cornici filosofiche” che testimoniano questo loro continuo intrecciarsi ed alternarsi) tant’è che, prima della svolta tardo-rinascimentale, nella stessa visione meccanicistica erano ancora ben presenti limiti di carattere etico all’agire umano. Secondo la Merchant è proprio nel prevalere del meccanicismo che si sono realizzate le condizioni culturali alla base della nascita della scienza moderna. Per attestarlo ripercorre in modo minuzioso le riflessioni filosofiche, che a cavallo del 1500/1600, dando sostanza alla visione meccanicistica, hanno alimentato l’humus culturale che ha progressivamente portato alla definizione del “metodo scientifico”, inteso come un insieme di regole, criteri, metodologie, utili per una conoscenza umana “verificabile” della natura. Emergono in particolare le idee elaborate da Francis Bacone (1561-1626) e successivamente da Renato Cartesio (1596-1650). E’ soprattutto Bacone ad essere universalmente considerato l’artefice del concetto moderno di ricerca scientifica, le sue idee irrompono, sconvolgendola, sulla precedente tradizione culturale che fin dall’antichità (con rare eccezioni tra le quali spicca la sistemazione scientifica di Aristotele) si era di fatto concretizzata in indagini “para-scientifiche” su natura e mondo che, con la sola eccezione dello studio dei corpi celesti e del corpo umano, era stata prevalentemente opera di maghi e alchimisti, i quali …. vedevano la loro azione inquadrarsi nell’ordine organico della natura, e le cui parti manipolavano all’interno di tale sistema ….. In tutt’altra direzione si muove il rivoluzionario pensiero di Bacone, figlio dei suoi tempi e delle trasformazioni economiche e sociali che stavano caratterizzando la lunga fase definibile come “proto-capitalismo(progressivo passaggio da artigianato e da agricoltura di sussistenza a prime attività pre-industriali e a coltivazioni su più larga scala) e al tempo stesso attivo ispiratore dei valori della nascente classe borghese (pur mantenendo, ed anzi accentuando, la difesa delle concezioni tradizionali di società, di religione, di famiglia, dell’idea e del ruolo della donna). L’idea baconiana di approccio scientifico si fonda su metodologie che, apertamente dichiarandolo, trattano la natura …. come una femmina che deve essere inquisita, anche con metodi brutali ..... per poi precisare che … intendo esaminare la natura tramite interrogatori …. Sono affermazioni di forte impatto ma che ben testimoniano (come meglio si vedrà successivamente)  come la svolta metodologica in campo scientifico sia avvenuta in piena sintonia con il generale contesto culturale e sociale del tempo, ed in particolare con lo spirito della “caccia alle streghe” di cui Bacone fu convinto sostenitore. La diversità di approccio non si manifesta solo nel metodo di indagine, ma investe in modo non meno drastico la finalità ultima a cui tendere: la natura, come femmina, deve essere …. obbligata a servire e resa schiava ….  Bacone suffraga la sua idea di natura suddividendola in tre stati: “in libertà”, la natura che si sviluppa spontanea, “in errore”, la natura che si manifesta nei fenomeni estremi, “in vincoli”, la natura esplorata dall’uomo e che da lui “prende ordini” grazie alle sue “arti (la tecnologia). L’opera baconiana che meglio sintetizza la sua idea di scienza e di metodo scientifico, è sicuramente “La Nuova Atlantide” del 1624, la descrizione di una società utopica fortemente gerarchica e patriarcale [e quindi molto dissimile dalla contemporanea “Città del Sole” di Tommaso Campanella (1568-1639) un analoga società utopica ma che al contrario è molto egualitaria, anche nel rapporto uomo-donna]. Al centro della Nuova Atlantide sta la visione di un programma scientifico finalizzato alla trasformazione dell’intera società e di tutta l’umanità ed in cui …… crescita e progresso possono essere conseguiti attraverso la studio delle arti meccaniche che prosperano e crescono continuamente  ….. L’istituzione che coordina la vita di Nuova Atlantide è infatti costituita “dall’istituto di ricerca scientifica, con nome Casa di Salomone(a lungo considerata il prototipo del moderno istituto di ricerca) formato esclusivamente da scienziati, ai quali spetta, sulla base della loro sapienza, ispirare l’intera attività umana, vale cioè a dire che è la scienza ……. il vero demiurgo della società umana ….. (la Merchant evidenzia, provocatoriamente, che molti degli attuali scienziati si comportano in modo non dissimile dallo scienziato di Bacone là dove si ergono a custodi di un esclusivo, ed escludente, sapere scientifico). L’idea di scienza di Bacone (che peraltro ben poco si avventura in specifiche considerazioni scientifiche) che emerge nella sua “Nuova Atlantide” deriva in modo coerentemente rigoroso dal suo convinto aderire ad una visione meccanicistica della natura e del mondo (non a caso è centrale nel suo pensiero il ruolo delle “arti meccaniche”)  ed è al contempo fortemente connessa con le tendenze, sempre più evidenti, alla crescita economica del proto-capitalismo dei suoi tempi. L’idea baconiana di scienza e di metodo scientifico intercetta, dando loro sostanza e dignità culturale, i fermenti sociali, economici e culturali del tempo, raccogliendo diffusi consensi. Già nella seconda metà del 1600, le sue idee sono riprese e approfondite da numerosi studiosi inglesi a formare un complesso teorico che delinea un nuovo sentire, in prima istanza di carattere filosofico, finalizzato a definire un “ordine universale” entro il quale uomo e natura trovano una precisa collocazione. E’ la consacrazione del definitivo e pieno affermarsi della visione meccanicistica (non a caso si afferma in modo diffuso la metafora del mondo come “macchina” composta dai vari suoi organi) che apre la strada ad una idea di indagine scientifica che, esplorandone le specifiche caratteristiche, mirava a prevedere il comportamento di ciascuna componente naturale per realizzare un ordine generale capace di orientare l’intera società. Questa stretta relazione tra ordine della natura e ordine della società, nella sua nascente forma capitalistica, rappresenta per la Merchant uno dei passaggi chiave per comprendere genesi, forme, e finalità di quella che da lì a poco si sarebbe affermata come “scienza moderna”. Un secondo fondamentale contributo in questo stesso senso è stato fornito, sempre in pieno XVII secolo, dal meccanicismo filosofico di marca francese: le tre figure che meglio lo rappresentano sono quelle di Marin Mersenne (1588-1648), di Pierre Gassendi (1592-1655) e, va da sé, soprattutto di Cartesio. Il primo, che si muove inizialmente in ambito neoplatonico mantenendo quindi un certo ruolo ai moti dello spirito, aderisce successivamente alla accezione più rigorosa e schematica del meccanicismo visto come l’esclusiva modalità della conoscenza, il secondo, al contrario fin dall’inizio convinto meccanicista, sottopone invece a critica il sistema filosofico e scientifico di Aristotele e, in stretto legame con Cartesio, recupera le concezioni atomistiche (il mondo composto da atomi) di Democrito e di Epicuro per porle come spiegazione ultima sia dei fenomeni fisici che di quelli dell’anima. Ma è Cartesio, motivato come Mersenne e Gassendi dall’urgenza di definire una completa e organica chiave di lettura della realtà, della natura e dell’uomo (finalità ultima che lo porterà alla sua fondamentale distinzione tra “res cogitans”, la realtà della ragione, e “res extensa”, la realtà fisica), che compie un fondamentale passo in avanti nella visione meccanicistica capace di tenere insieme pensiero filosofico e approfondimento scientifico (molte sue pagine contengono accurate dissertazioni, peraltro del tutto teoriche, su fenomeni naturali, in particolare quello del moto, del rapporto fra corpi, della composizione della materia che declina in un convinto atomismo). Per Cartesio la conoscenza è prerogativa solo della mente umana la quale può conoscere la realtà fisica studiando, con metodo matematico, le sue proprietà quantitative/primarie, ben sapendo però che ….. gli oggetti esterni constano solo di quantità, come estensione, figura, grandezza, movimento, ma le loro proprietà (occulte) esistono solo nella mente che li indaga …. Si tratta di un fondamentale salto di qualità (non a caso è un aspetto al quale la Merchant dedica particolare attenzione) perchè pone definitivamente la figura dello scienziato “all’esterno” della realtà che indaga, come a dire che il mondo delle idee, in questo caso scientifiche, è costituzionalmente separato dalla natura, e che è proprio in questa separazione che consiste il metodo scientifico. Un ulteriore e fondamentale contributo a rafforzare il quadro meccanicistico delle scuole inglesi e francese è fornito dal pensiero filosofico, tutt’altro che privo però di incursioni di carattere scientifico, di Thomas Hobbes (1588-1679). Nell’ambito di un rapporto non poco turbolento con lo stesso Cartesio (in particolare i due si dividono, con forti accenti polemici sulle cause del moto fisico) Hobbes compie un rilevante passo in avanti introducendo il concetto di “conatus(lett. sforzo, tentativo, voglia di….) che da una sua iniziale valenza scientifica (Hobbes lo  utilizza per spiegare il moto fisico) viene poi assunto, in quanto propensione innata, a spiegazione ultima sia dei fenomeni fisici (il concetto di conatus in questa accezione sarà poi ripreso da Leibniz, 1646-1716, che lo porrà alla base della “dinamica dei corpi”)  sia di quelli della natura umana (in questa altra accezione  diventa un concetto centrale della filosofia di Spinoza, 1632-1677, per indicare lo sforzo di autoconservazione che definisce l'intera natura umana). Si completa con quest’ultimo contributo di Hobbes un percorso culturale, in primo luogo del pensiero filosofico, che, basato sulla condivisione di comuni proprietà e principi, fornisce i presupposti, innanzitutto metodologici, per uno sviluppo rivoluzionario del pensiero scientifico. La Merchant bene evidenzia come questa innovativa connessione sappia da subito estendersi, recependo le tensioni al cambiamento sociale del periodo, anche alla visione della società e del potere. Lo testimonia in primo luogo lo stesso Hobbes che inserisce in queste dinamiche anche le cause del rischio di disordine sociale e istituzionale e della necessità di forti istituzioni in grado di tenerle sotto controllo, di domarle, non diversamente da come il pensiero scientifico può realizzare quello sulla natura (nella sua opera più importante “Leviatano” il potere è concepito proprio come regolatore dello stato di natura, del suo disordine, della sua permanente conflittualità, non a caso assimilando in modo metaforico il funzionamento dello Stato a quello di una macchina). Il successo raccolto dalla concezione meccanicistica è inoltre non poco rafforzato dai prodomi dello sviluppo tecnologico, dal crescente ingresso delle “macchine” nella vita umana reso possibile dagli sviluppi interni alle scienze della matematica e della meccanica. Il 1600 europeo è infatti un impressionante fiorire di perfezionamenti di ruote dentate, catene, pulegge, sistemi di trasmissione, pompe, che ottimizzano il lavoro di mulini, macchine tessili, pompe per miniere, strumenti agricoli. Uno strumento sintetizza simbolicamente lo spirito che ha animato questo cambiamento: l’orologio. Nel corso del 1600 in tutte le città il quadrante con le lancette delle ore e dei minuti (introdotte proprio nel 600) apposto su torri e campanili inizia a cadenzare inflessibilmente i ritmi di vita, segnando il trionfo di un ordine meccanico del tempo (e non a caso si afferma la metafora di un Dio orologiaio).  Questo cambiamento tecnologico incentiva e rafforza convinzioni filosofiche e scientifiche e al tempo stesso le trasferisce dal puro ambito teorico al concreto mondo della produzione.  La manipolazione ed il controllo della natura che ne derivano trovano giustificazione nei cinque fondamentali assunti che bene sintetizzano l’evoluzione filosofica seicentesca alla base della nascente scienza moderna e della sua presunta obiettività, :

Ø la materia è composta da particelle (assunto ontologico)

Ø l’Universo è un ordine naturale (assunto d’identità)

Ø conoscenza e informazione si possono astrarre dal mondo naturale (assunto dell’indipendenza dal contesto)

Ø i problemi sono scomponibili in parti matematicamente manipolabili (assunto metodologico)

Ø i dati dei sensi sono discreti (assunto epistemologico) (per discreto si intende un dato che può essere declinato solo in variabili limitate)

Sono questi i presupposti filosofici di fondo che, già a fine Seicento, creano le condizioni per l’impressionante salto di qualità scientifico realizzato da scienziati come  Newton (1643-1727), Leibniz (1646-1716), Christopher Wren (1632-1723), Johm Wallis (1616-1703), Christian Huygens (1629-1695). Questo salto di qualità sarà però tale da rovesciare l’iniziale rapporto che vedeva la filosofia madre della nuova scienza, sarà al contrario questa a condizionare il successivo pensiero filosofico. Già Hobbes, ma poi anche Blaise Pascal (1623-1662), possono infatti affermare che …. ragionare non è altro che sommare o calcolare ….. Nel breve giro di un secolo si realizza, in Occidente, una rivoluzione culturale che, con al suo centro la nuova scienza moderna, porterà tre secoli dopo Martin Heidegger (1889-1976), opportunamente citato dalla Merchant, a contestare ….. la disposizione per cui tutti gli oggetti naturali sono posti in forma tale da assicurare il dominio dell’uomo sulla Terra intera e persino sui pianeti …… E’ la considerazione che ci aiuta ad entrare nella seconda tematica.

La morte della natura:

(la Merchant affronta anche questo tema non da un punto di vista di ricostruzione storica, ma come individuazione delle matrici culturali, soprattutto filosofiche, che ne hanno segnato lo sviluppo)

Dopo quasi quattro secoli dal suo affermarsi la concezione meccanicista della natura sembra ormai, perlomeno nell’attuale cultura occidentale, una visione indiscutibile, scontata, il modo normale di concepire il nostro rapporto con la natura e, al tempo stesso, l’ovvia base della scienza.  La Merchant evidenzia come solo di recente, e non senza fatica, gli effetti del degrado ambientale e del rischio climatico hanno fatto sorgere dubbi sugli effetti collaterali che da essa comunque sono derivati. La storia della vita sul nostro pianeta racconta senza ombra di dubbio come l’uomo sia l’unica forma vivente capace di interagire con l’ambiente circostante in modo tale da incidere radicalmente sulla sua conformazione. Ciò è sempre avvenuto (basti pensare all’estinzione provocata dall’uomo antico di numerose specie animali), ancor prima che la svolta meccanicistica rendesse possibile un impressionante salto di qualità, l’intero percorso della civiltà umana ha in effetti testimoniato che …. ogni suo successivo mutamento storico è sempre divenuto fonte di un corrispondente mutamento ecologico …. La straordinaria accelerazione impressa dalla svolta meccanicistica del XVI e XVII secolo, che ha accentuato a dismisura questa relazione, può però essere spiegata soltanto con una svolta radicale del concetto stesso di natura che aveva sin lì accompagnato la storia dell’umanità. Ancora nel 1500 (sempre riferendoci al contesto europeo) l’interazione quotidiana con la natura era filtrata …… attraverso comunità molto unite, cooperative, organiche, in stretta e quotidiana relazione con il contesto ambientale ….. a creare una comunanza così forte da giustificare la metafora …. di un solo organismo che tutto teneva insieme … L’idea della natura come organismo vivente ed includente aveva fin lì attraversato millenni di cultura umana, mantenendo una sua validità di fondo per quanto declinata in modo molto flessibile e adattabile ai diversi contesti, geografici e storici. Corrispondentemente in campo culturale, soprattutto filosofico, è sempre esistita una ampia gamma di interpretazioni della natura che possono però essere tutte sussunte ……. nella rubrica generale della visione organica” …… (richiamata in precedenza),  a sua volta declinata in due metafore prevalenti: la natura come alma madre e la natura come nutrice dei bisogni dell’uomo ….. (figure che la Merchant recupererà come centrali anche nei passaggi del saggio dedicate al femminile, alla donna). Da ambedue (e soprattutto dalla prima) sono sempre coerentemente derivate limitazioni di ordine etico nell’utilizzo concreto delle risorse naturali, la cui evoluzione non a caso ha implicato che ….. ad ogni mutamento nella descrizione della natura sia sempre corrisposto un mutamento di valori culturali, in un rapporto di reciproco stimolo ….. Come si è detto poco sopra tutto ciò è valso ancora nella visione tardo-rinascimentale pur con i già rilevanti cambiamenti indotti dalle scoperte geografiche e dallo sviluppo dei commerci, fino a fine Cinquecento l’idea di natura, uomo, e società, ha mantenuto un forte carattere organicista (non riportiamo, coerentemente con l’impostazione di questa sintesi, le molte pagine che la Merchant dedica alle “immagini letterarie” e alle “cornici di riferimento filosofiche”, già accennate prima, per ricostruire l’evoluzione della visione organica fino alle soglie del 1600). Nella cultura rinascimentale, anche grazie al suo recupero del classicismo, la concezione della natura era ancora filtrata sulla base delle tre tradizioni filosofiche della cultura greca: platonismo – aristotelismo – stoicismo (anche in questo caso la Merchant dedica un intero capitolo, qui non sintetizzato, a ricostruire i tratti di questa concezione rinascimentale attraverso le figure che, suddivise in queste tre tradizioni, l’hanno caratterizzata). Per meglio capire la svolta meccanicistica  intervenuta tra fine 1500 e 1700, è opportuno, in aggiunta ai cambiamenti culturali ed in accordo con la stretta correlazione tra idea di natura e modi di vivere e di viverla,  indagare i cambiamenti delle visioni “ecologiche”. Nell’Europa alle soglie della modernità scientifica l’ecosistema prevalente restava quello agrario, a lungo finalizzato a produzioni appena superiori al livello di sussistenza. Ma già ad inizio Cinquecento iniziano a manifestarsi spinte ad un cambiamento economico e produttivo, incentivato dalla crescita delle reti commerciali e dalla consistente crescita demografica. E’ un cambiamento spontaneo, non governato, inizialmente nemmeno ben compreso nella sua reale portata (negli studi storici riassunto nel primo delinearsi del mercato proto-capitalistico), in grado però di innescare un crescente aumento della domanda  energetica e dei materiali naturali necessari  all’espansione delle città e delle infrastrutture connesse, dello sviluppo delle produzione e dei commerci, delle esigenze militari dei nascenti Stati moderni (soprattutto legno, sono impressionanti le distruzioni di foreste avvenute in questa fase  per usi civili e militari, soprattutto navi da guerra). E’ in questo quadro, in questa crescita economica e produttiva, che si creano i presupposti, per l’appunto, “ecologici” prima ancora che filosofici, per un sostanziale cambiamento nel modo di guardare alla natura. Il risultato non tarda a manifestarsi: nel giro di pochi decenni le risorse naturali (boschi e foreste), le risorse minerarie, gli ecosistemi come paludi e terre basse, vengono sempre più considerati meri “fattori produttivi” a comporre una visione sempre più dimentica delle (auto)limitazioni di carattere etico che avevano sin lì segnato la metafora della “alma madre”, della “natura nutrice”, della più generale “visione organica”. Se per un verso non sono pochi i pensatori tardo rinascimentali che esprimono nostalgiche preoccupazioni per questi mutamenti (la Merchant cita ad es. alcuni illuminanti passaggi di opere di William Shakespeare) dall’altro via via si accentua una tensione culturale che, aderendo e assecondando quello che ecologicamente si manifesta come il nuovo “spirito dei tempi”,  consolida la tendenza opposta a considerare la natura, vista nella sua nuove veste di risorsa,  come qualcosa di inutilmente selvaggio, come elemento riottoso a dominare, da sottomettere. Si viene così realizzando, con progressivi percorsi sotterranei, quasi invisibili, ma non per questo meno incisivi, una visione diffusa della natura persino nemica, un selvaggio ostacolo alle opere dell’uomo, che di fatto crea l‘humus, sociale prima ancora che culturale, sul quale si innescherà, proprio come risposta ad una concreta esigenza dei tempi, la nascita e la definitiva affermazione della visione meccanicistica. Il titolo dato dalla Merchant al suo saggio “La morte della natura” avvenuta nel 1600 non va pertanto interpretato in senso letterale come nefasto effetto finale delle attività umane sull’ambiente (vale a dire il rischio che stiamo vivendo oggi a distanza di tre secoli) , ma come “morte culturale” di un concetto, e di una correlata visione del mondo, che hanno accompagnato il viaggio dell’umanità fino alla svolta “scientista” del XVI e XVII secolo

Natura come donna, le donne nella natura:

(il tema del rapporto donna-natura,  l’immagine ed il ruolo concrete della donna nella cultura e nella società, attraversa l’intero saggio della Merchant in tutti i suoi passaggi più rilevanti. Ci limitiamo qui a riprendere le osservazioni che ci sono apparse più significative)

……. le idee di “donna” e “natura” sono entrambe costruzioni storiche e sociali. Il sesso, il genere, la natura non hanno alcun carattere “essenziale” e atemporale ….. E’ quindi un fatto culturale l’associazione fra l’immagine della donna e della natura che ha accompagnato l’intero percorso della civiltà umana. …. La natura è femmina …. ha rappresentato un accostamento costante quantomeno per tutta la lunga fase della visione organica del mondo, sia nella sua versione di “alma madre” che di “nutrice”. Non solo la natura, in senso generalizzato, fu vista come femmina, ma la stessa Terra fu considerata, universalmente, come una alma madre, come un grembo materno che sosteneva, nutriva, tutta la vita. Ancora in pieno Rinascimento la letteratura popolare era ricca di immagini che associavano natura, materia vivente, Terra, al sesso femminile. L’attribuzione alla natura di vesti e funzioni femminili non deve però trarre in inganno, è ben noto che storicamente la donna ha sempre avuto ruoli, attenzioni, meriti ben poco riconosciuti, quando non è stata confinata entro mansioni “a servizio dell’uomo” (La Merchant rammenta che, perlomeno in Occidente, risaltano unicamente esperienze medioevali di comunità agricole con una divisione dei ruoli fra donna e uomo più paritarie). E d’altronde la stessa associazione natura/donna a ben vedere già riproduceva una immagine della donna limitata al suo essere madre e fonte di sostentamento. Un quadro storico e culturale quindi tutt’altro che positivo ed egualitario, ma che subisce a cavallo del XVI e XVII secolo una accelerazione negativa strettamente connessa all’imporsi della visione meccanicistica, del delinearsi dell’ordine sociale protocapitalista, e della nascita del pensiero scientifico moderno esaminato in precedenza. La chiave di svolta per il “posto della donna” nel nuovo ordine che si stava affermando è rappresentato dal crescente imporsi dell’immagine della natura come elemento selvaggio da addomesticare per essere posto al totale controllo umano. Ed anche in questo caso interviene una analogia natura/donna ma di tutt’altro segno …… l’immagine della natura che acquistò importanza all’inizio dell’epoca moderna fu quella di un regno disordinato e caotico da soggiogare e controllare. Come l’immagine della madre terra questa natura selvaggia fu associata alla femmina. La terra madre dava nutrimento e fertilità, ma la natura apportava anche tempeste, pestilenze, carestie. Non diversamente la donna disordinata, selvatica, nella figura della strega, simbolo della natura selvaggia, suscitava tempeste, causava malattie, seccava i raccolti. Anche la donna disordinata, come la natura, doveva essere sottoposta a controllo …… Questa citazione letterale dal testo della Merchant, sintetizzando in poche righe un preciso processo storico, richiama in particolare una vicenda, quella della “caccia alle streghe”, che, già iniziata a fine Quattrocento, terminerà, attraverso due tornate di particolare violenza, solo a metà Seicento tanto da divenire, a suo avviso, una precisa chiave di lettura di questa trasformazione dell’immagine femminile (basti pensare che, come già evidenziato in precedenza, le pratiche inquisitorie della caccia alle streghe, fatte di minuziosi interrogatori e controlli, sono state assunte da Bacone come esempio per la stessa indagine scientifica). L’ossessiva idea di una donna “incontrollabile”, al servizio di forze oscure e sacrileghe, e come tale pericoloso esempio di sovvertimento di regole e ruoli racchiude e sintetizza l’intera costruzione di un nuovo ordine sociale, economico, culturale basato sull’affermazione della visione meccanicistica della natura e del mondo. Nella caccia alle streghe emerge in particolare una particolare paura del pensiero maschile e patriarcale che stava ispirando questa (ri)costruzione (e non è certo un caso che su di essa convergano sia Riforma e Controriforma): la passione sessuale. La propensione innata alla lussuria è infatti una delle accuse più frequenti e più rilevanti nei processi per stregoneria, ed i termini ed i toni che accompagnano questa isterica campagna repressiva rivelano la diffusa convinzione che questa sia la propensione naturale della donna, del suo possedere una natura selvaggia.  Si coglie proprio in questa ossessione la tensione verso un rimodellamento della società, in tutti i suoi aspetti, e ciò doveva avvenire con l’instaurazione di un forte “ordine sociale” che, ispirata proprio dalla nascente scienza “meccanica” e da suoi presupposti filosofici, vedeva nel pensiero femminile, nella sua correlazione con la natura, uno degli obiettivi principali da colpire. Emerge, accanto a questa ossessione maschilista, un ulteriore e parallelo elemento: il dualismo natura-cultura (tema già affrontato in due nostri precedenti post: “Oltre natura e cultura” di Philippe Descola, “Saggio del mese” di Giugno 2021, e “Natura vs cultura”, “Parola del mese” di Marzo 2023). La radice culturale della identificazione delle donne con una forma di vita inferiore e pericolosa, perché “naturale, selvaggia, sessualmente animalesca”, contiene infatti anche la convinzione, presente in tutte le discipline umanistiche del 1600, che la “natura” si situi ad un livello analogamente inferiore rispetto alla “cultura”, guarda caso associata, simbolicamente e fattivamente, al solo uomo. Il crescente affermarsi di questa dicotomia natura-cultura, perfettamente coerente con la visione meccanicistica, si presta inoltre ad essere usato, lungo tutto il 600, come giustificazione per estendere tenere l’idea di una donna da domare, da controllare, anche a quelle delle classi nobili, Regine comprese, che potevano permettersi, in base al censo, una qualche velleità di protagonismo intellettuale. Emerge quindi un quadro complessivo che la Marchant così sintetizza …… la natura femminile nella sua immagine disordinata e selvaggia è quindi sottoposta a forzato controllo e sottomissione per essere adattata all’ordine sociale necessario per le nuove forme dell’economia, giustificata sul piano ideologico dalla nascente scienza sperimentale, dal progresso tecnico, e finalizzata all’immagine di sé della nuova classe emergente della borghesia  …….. (in questo quadro una categoria femminile, quella delle guaritrici, delle levatrici, è stata particolarmente colpita proprio per la sua stretta relazione con la natura, i suoi rimedi, e con il sesso femminile, e più in generale con ruolo della donna nel fondamentale ciclo delle riproduzione. Le pesanti costrizioni al ruolo delle levatrici hanno posto fine, proprio nel Seicento, alla esclusività femminile dell’ostetricia, disciplina che, in sintonia con anatomia e medicina, diventa di competenza esclusiva di medici maschi, quantomeno ufficialmente visto che la figura femminile della levatrice resisterà, soprattutto nelle classi povere, ancora molto a lungo). Non a caso quindi è proprio in questa fase storica che si accentua la costruzione di strutture familiari a forte carattere patriarcale e autoritario. L’insieme di questi elementi definisce un processo che, proprio con la riduzione sotto controllo totale e invasivo della femminilità e del ruolo delle donne, contribuisce in misura decisiva a formare una nuova immagine della natura, che …… come una femmina è socialmente da controllare, scientificamente da dissezionare con l’esperimento, utilitaristicamente da spogliare delle sue risorse …… A dispetto del rigido orientamento generale, l’orgoglio femminile è comunque riuscito ad esprimersi anche in questo secolo così oppressivo verso le donne. Alcune rilevanti figure di scienziate e filosofe hanno coraggiosamente fatto sentire la loro voce in tempi a loro decisamente ostili. Spiccano in particolare quella di Anne Finch, viscontessa di Conway (1631-1679) filosofa della scienza, capace di riflessioni che non poco influenzeranno la stessa opera di Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716, matematico, filosofo logico tedesco) in particolare nella sua elaborazione dell’idea greca delle “monadi(sostanze puntiformi, con valenza di un 'centro di forza' che non ha inizio o fine nel tempo ed è alla base di ogni materia) e di Margaret Cavendish duchessa di Newcastle (1623-1673), filosofa della scienza, autrice di ben quattordici testi di studi sugli atomi, la materia ed il moto

Epilogo:

Non devono trarre in inganno le supposizioni di carattere scientifico, ovviamente molto approssimative e per certi versi persino ingenue per le attuali conoscenze, che accompagnano le considerazioni filosofiche, e culturali in genere, alla base della “svolta meccanicistica” e della prima definizione del “metodo scientifico”. Per quanto sia stato impressionante il progresso scientifico dei secoli successivi tali concezioni ……. risultano dominanti ancora oggi in ambito scientifico ….. tale è rimasta l’idea di natura, tali sono rimasti i metodi per indagarla, tali sono gli strumenti per controllarla. Solo in tempi recenti, segnati dal progredire delle problematiche ambientali, sono apparsi dubbi sul confinare la natura ad “oggetto”, esterno all’uomo e a sua totale disposizione. Interrogarsi su questo ordine di problemi non significa disconoscere i meriti del progresso scientifico, ma invita piuttosto a inserirlo ed armonizzarlo in una diversa idea del rapporto “cultura, natura, uomo”. Ed ancora una volta un contributo decisivo può venire dal punto di vista femminile, dalle donne. Le rivendicazioni femministe, proprio per quanto si è qui visto in relazione al rapporto “donne e natura” possono tornare a fornire sensibilità culturali indispensabili per le battaglie ecologiche.

La natura si svela alla scienza – scultura in marmo e onice di Louis Ernest Barrias (1899)




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