mercoledì 1 luglio 2015

La parola del mese - LUGLIO 2015


LA PAROLA DEL MESE

A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

LUGLIO 2015


REFERENDUM = dal verbo latino refere (riferire) in particolare dalla locuzione ad referendum (convocazione per riferire) è un istituto giuridico elettorale presente in molti paesi

 

In virtù di esso si può richiedere ad un corpo elettorale il consenso o dissenso rispetto a una decisione riguardante singole questioni; si tratta dunque di uno strumento di democrazia diretta, che consente agli elettori di pronunciarsi senza intermediario alcuno su un tema specifico oggetto di discussione. I requisiti, la disciplina e le caratteristiche sono variamente disciplinati nei vari  ordinamenti giuridici 
 






 
 

2 commenti:

  1. E' uno strumento dato ai cittadini per esprimere un'opinione, un gradimento o una disapprovazione su un disegno, su una legge, su un intento del governo oppure, nel nostro ordinamento, di iniziativa popolare.
    In Italia è stato usato soprattutto negli anni '70 del secolo scorso e in seguito, a mio avviso forse abusato e la popolazione non sempre è stata all'altezza di capire l'argomento oppure ha pensato che non le potesse interessare più di tanto.
    Sono sempre stata favorevole all'utilizzo di questo strumento di consultazione ma oggi mi sorgono alcuni dubbi e mi chiedo sempre più spesso:
    1) i cittadini sono sempre in grado di prendere una posizione consapevole per poter decidere?
    2) I cittadini sono sempre informati completamente su quanto devono decidere?
    3) I cittadini fino a che punto sono pienamente obiettivi o non sono piuttosto fuorviati da motivi personali, mode o cose un po' superficiali?
    Per utilizzare al meglio questo strumento occorre a mio avviso studiare molto la materia, informarsi dalle persone competenti, pensarci bene prima di decidere e non lasciarci trasportare dall'emotività
    Siamo in grado tutti di essere consapevoli ed esenti da strumentazioni?
    Mi piacerebbe conoscere il vostro parere su questi miei dubbi.
    Se penso ai referendum più significativi quali quello del '46 su monarchia e repubblica o ai due sul divorzio e sull'aborto coinvolgevano la vita di tutti noi e ci chiamavano a esprimere le nostre convinzioni su argomenti che in qualche modo avevamo vissuto, era forse più facile decidere.
    Ma ora anche chiederci tramite internet di intervenire in varie decisioni come vorrebbero i 5 stelle siamo pronti e soprattutto siamo consapevoli della responsabilità che ci prendiamo?
    Lungi da me di sottrarmi alla partecipazione ma non sa un po' troppo di populismo?
    E il populismo può essere a volte pericoloso o sbaglio?

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  2. Condivido le perplessità di Carla: sul referendum e quelle più generali sui limiti della democrazia. Non occorre qui scomodare i tanti nomi illustri che, già a partire dai primi decenni del secolo scorso, hanno su questo tema sviluppato riflessioni accurate e illuminanti, d’altronde termini come “dittatura della maggioranza”, “disaffezione elettorale”, “crisi dei partiti”, tanto per citarne alcuni, fanno ormai parte del sentire comune e diffuso. Si è poi progressivamente aggiunta l’incidenza della complessità dei problemi sui quali le scelte democratiche sono chiamate ad intervenire. Crisi economica e modi per affrontarla, terrorismo internazionale, fenomeni migratori epocali, evoluzione dei costumi, crisi delle istituzioni e del processo di unificazione europeo, ad esempio, non sono temi sui quali il normale dibattito democratico, e la sua capacità di coinvolgimento collettivo, si stia dimostrando in grado di capire e far capire, di elaborare proposte ragionate, siano esse orientate a destra o a sinistra, capaci di ottenere consensi motivati e convinti. Si vota, sempre in meno, per affezione ideologica, per esprimere rabbia e paure, per punire più che per premiare, affascinati dalla novità del momento e da chi fa la voce più grossa, in sostanza più per esprimere stati d’animo che convinzioni ragionate. La storia dimostra che è esattamente questo il terreno fertile per populismi e autoritarismi. La parola del mese è stata sicuramente sollecitata da quello greco del 5 Luglio, anch’esso una dimostrazione di questo stato di cose. Il popolo greco ha votato, ha espresso il suo sentire, ma appare evidente che i problemi sui quali la Grecia e l’Europa tutta stanno dimostrando incapacità, limiti, cecità, restano intatti sul tavolo. Tutti noi ci auguriamo che si arrivi presto ad una soluzione, ragionata e ragionevole, ma non è detto che il referendum aiuti in questo senso e neppure che il suo risultato venga tradotto in scelte ad esso coerenti. La partita, si sa, si gioca su altri tavoli, ed in questo “sdoppiamento” sta il cuore della crisi della democrazia. Occorre recuperare in fretta una riflessione ampia e profonda su questo tema, incombono scenari spaventosi e scelte sempre più complesse se non drammatiche: chi e come deciderà? Attraverso quali percorsi? Il mondo andrà in una direzione piuttosto che in un’altra sulla base del voto espresso da meno della metà degli aventi diritto al voto, media elettorale sempre più standard? Non basta, è la mia opinione, sparare sui partiti; che siano uno strumento non più adeguato lo si sa da tempo, che vivano in un mondo a parte autoreferenziale, inquinato, incapace, è evidenza acquisita; ma ripeterlo per giustificare l’intera crisi del sistema democratico è un disco rotto che da solo non offre soluzioni. Serve ben altro e serve in fretta, maledettamente in fretta.

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