sabato 1 agosto 2015

La parola del mese - AGOSTO 2015

LA PAROLA DEL MESE

A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

AGOSTO 2015


Vacanza
 s. f. [dal lat. vacantia, neutro  sostantivato di vacans -antis, part. pres. di vacare (v. vacare), attraverso il francese vacance].


1. Il fatto, la condizione di essere o di rimanere vacante; lo stato di una carica, di un ufficio civile o ecclesiastico, di un beneficio che siano privi del titolare e anche il periodo durante il quale rimangono vacanti: vacanze previste, negli uffici pubblici, quelle che si verificano in conseguenza di collocamento a riposo, vacanze impreviste le altre; vacanza della Sede Apostolica o della
Santa Sede, vacanza di una cattedra episcopale

2. Intermissione, temporanea cessazione di un’attività. In particolare:
·         Intervallo di riposo, di uno o più giorni, che nella ricorrenza di una festività o per altra circostanza viene concesso agli studenti e agli impiegati, mentre le scuole e gli uffici rimangono chiusi: mezza vacanza negli uffici, quando si ha solo mezza giornata libera. Al plurale, le vacanze, periodo di più giorni (come le vacanze natalizie e le vacanze pasquali) o anche di più mesi (come le vacanze estive); quando non siano determinate, s’intende per lo più le vacanze estive: vacanze intelligenti, per indicare il tipo di vacanze nelle quali il riposo si concilia con attività di svago culturale: Detesto il concetto di vacanza intelligente, mi pare presupponga che l’anno sia tutto idiota, eccetto quei quaranta giorni (Giorgio Manganelli). Nel Parlamento e in altre assemblee, periodo durante il quale sono sospese le sedute
·       Riposo più o meno lungo dalle proprie ordinarie occupazioni che una persona si concede (se svolge attività autonoma), o si fa concedere (se è in posizione subordinata). In senso figurato: avere, mandare il cervello in vacanza, smettere di pensare, di lavorare in modo attivo col cervello

3. In locuzioni determinate, sospensione: vacanza particolare se limitata ad alcune categorie; vacanza dei pagamenti; vacanza della legalità, la sospensione delle garanzie costituzionali, Con significati. affini a questo e anche ai precedenti, vacanza della legge, nel linguaggio giuridico, espressione che traduce il latino vacatio

4. In fisica e in chimica, vacanza atomica o vacanza reticolare, difetto costituito dalla mancanza di un atomo o di uno ione in un reticolo; vacanza elettronica, la mancanza di un elettrone nella struttura elettronica di un atomo

  

3 commenti:

  1. suggerimenti per vacanze ecologicamente ideali

    andare in vacanza significa per lo più spostarsi in un altro luogo geografico, ma perché non andare altrove non geograficamente ma con spostamenti " interni"?

    perché non "allontanarsi"( da notare: la terminologia rimane sempre spaziale), abbandonare il nostro Super-Io? quello scocciatore che dice sempre la sua, anche se non richiesta? da quel sapientone, sempre saccente e via dicendo.

    esemplifichiamo una vacanza ideale.

    che ne direste di cambiare il nostro rapporto con il tubetto del dentifricio? ci è sempre stato insegnato che va schiacciato dal basso verso l'alto. orbene se voglio andare in vacanza dal proprio Super-Io , allora schiaccerò il tubetto dove mi pare? giusto?

    è vacanza oppure no? la nostra amigdala farebbe salti di gioia.

    attenzione: forse così significa cadere dalla padella nella brace. infatti in tal caso entrerebbe in azione la censura di un altro censore: l'ANTI SUPER-IO.

    cielo, ma allora come potremo andare in vacanza dalla nostra MENTE?

    ma questo è utopia o distopia?

    e che nessuno voglia suggerire una soluzione finale, chiaro? sarebbe troppo semplice.

    RispondiElimina
  2. La lettura del testo che accompagna la parola del mese mi suggerisce l’idea di vacanza come “sospensione”, e certo la vacanza lo è, quando ci permette di sottrarci, sia pure per un breve periodo, alla fatica del lavoro e magari di eludere qualcuno dei molteplici obblighi della quotidianità.
    In questo senso essere “sospesi” è davvero una buona cosa!
    Ci sono nondimeno aspetti di questo termine assai meno favorevoli, che mi pare di ravvisare in alcuni accenni del testo alla possibile “vacatio” legislativa, che certo non suggerisce l’idea di luoghi ombrosi e di mari blu, ma contiene in sé qualcosa di più ambiguo e inquietante.
    In effetti questa accezione del termine ha richiamato alla mia memoria un libro che ha rappresentato per noi di CircolarMente, quando eravamo ancora un semplice gruppo di studio, una vera sfida. Intendo parlare del saggio di Giorgio Agamben “Homo sacer”, testo illuminante ma certo decisamente ostico, specie nella prima parte in cui l’autore mette in discussione il rapporto fra il diritto e la violenza analizzando il potere della sovranità di promulgare lo “stato di eccezione”, in cui la legge viene “legalmente” sospesa e in cui si possono privare di ogni prerogativa coloro che ne sono fatti oggetto, spingendoli in una sorta di terra di nessuno dove tutto diventa possibile e ogni vita, ridotta a ”nuda vita”, può assomigliare a quella dell’Homo sacer citato nel titolo.
    Spiega Agamben, facendo riferimento ad una oscura figura del diritto romano arcaico, che veniva chiamato “sacro” colui che, essendosi macchiato di particolari delitti (quale, ad esempio – se ricordo bene - l’essersi sottratto ai suoi doveri verso il dominus, se liberto, o aver esercitato violenza nei suoi confronti) non veniva messo a morte nelle forme consacrate dal rito, che lo avrebbero incluso nel diritto umano e divino, ma veniva abbandonato in uno spazio di indifferenziazione, così che poteva essere ucciso da chiunque senza che questo venisse considerato un assassinio. In altri termini la legge veniva sospesa per lui, esponendo la sua vita ad un potere di morte non normato ma tuttavia ben presente e reale.

    RispondiElimina
  3. Per Agamben l’uomo sacro è un perfetto simbolo della condizione dell’uomo moderno, stretto fra le maglie di una politica che vuole porsi a garante della sua vita – per questo la chiamiamo “biopolitica”, da quando Foucault ha introdotto l’uso di questo termine nel dibattito storico politico - ma che può in ogni momento rovesciarsi nel suo opposto, per coloro che non vengono inclusi nel novero degli “aventi diritto”. Quanto è accaduto storicamente nei campi di concentramento nazisti, dove ebrei ed altri supposti portatori di impurità sono stati letteralmente schiacciati come pidocchi per un fine che si presentava paradossalmente come umanitario (preservare il bios del popolo ariano, impedendone la degenerazione) è paradigmatico, pur se estremo – anzi, proprio in quanto estremo - di tutte le situazioni in cui si produce uno stato di eccezione: un “campo”, come lo definisce Agamben, che considera tale il luogo non luogo dove stanno coloro che sono sospesi fra la vita e la morte, in un momento in cui la scienza e la tecnologia stanno modificando i concetti di vita, di morte, di corpo; il luogo non luogo dove stanno i rifugiati politici, perché il diritto umanitario, pur se ora formalmente riconosciuto, non si incarna in uno stato che li riconosca come suoi cittadini…
    E’ campo, insomma, ogni luogo dove vita e norma entrano in uno stato di indistinzione.

    Così il libro, con il suo invito forte a ripensare lo spazio politico dell’Occidente. Poco vacanziero, certo, anche se proprio di sospensione parla, attirando la nostra attenzione su uno dei nodi cruciali della nostra difficile contemporaneità. Mi è piaciuto ricordarlo ora, mentre molti di noi si stanno chiedendo per quanto tempo l’antica legge del mare impedirà al nostro Mediterraneo di diventare un vero “campo” nel senso in cui lo intende Agamben, e quali forme assumerà l’urto fra quello Thomas L. Friedman, in un recente articolo, ha definito “Il mondo dell’Ordine” che si abbarbica alle sue frontiere e “Il mondo del Disordine” che preme alle sue porte.
    Che sia già fra noi, il “Paese delle ultime cose” di cui parla Paul Auster, nel bel romanzo distopico che Gianluca Cuozzo ci presenterà nel suo seminario sul confine fra utopia e distopia? O se invece un cambiamento sia ancora possibile, come questo filosofo sembra pensare, se solo saremo capaci di portare all’esistenza delle virtualità finora inoperanti che abbiamo lasciato da parte, catturati come eravamo dai bagliori dell’utopia di un progresso indefinito?
    Non saprei. Chi di noi saprebbe? Insegnavo un tempo che cambiando una sola virgola la frase può acquistare un nuovo senso, ma uomini e cose sono diversi dalle parole, se pure non del tutto…
    Ci penseremo su, il programma di quest’anno ce lo propone. Ora però prendiamoci ancora un po’ di sospensione leggera – di vacanza nel suo significato benefico - perché anche a noi, abitanti del Mondo dell’Ordine, giova dare un po’ di sollievo ai giorni, che non sono privi per nessuno di fatiche e di affanni.
    A risentirci, dunque.


    RispondiElimina