giovedì 1 dicembre 2016

Relazione sulla conferenza della dottoressa Mirella Rostagno:

“La trasformazione dei ruoli e delle identità nella famiglia che cambia”

Per riflettere sui cambiamenti che si sono verificati, nel corso degli ultimi decenni, rispetto alle modalità del “fare famiglia” – intendendo con questa espressione un insieme di elementi relativi all’interpretazione dei ruoli parentali, agli stili educativi, ai valori e ai riti – la dottoressa Mirella Rostagno ha potuto attingere, oltre alla sua competenza psicoanalitica, ad una collaudata esperienza di perito e  collaboratrice dei giudici minorili presso il Tribunale di Torino e di socia del Centro studi di psicologia forense. Questo ha dato al suo intervento un’ampiezza teorica e insieme una concretezza di riferimenti che sono stati particolarmente apprezzati dal pubblico di CircolarMente, anche se non possono trovare in questa relazione necessariamente riassuntiva tutto lo spazio necessario per disporsi con interezza.

* Da Edipo a Narciso:
Dopo questa precisazione, che ci pare giusto evidenziare, veniamo ai temi più importanti che sono emersi nel discorso, a partire dalle due immagini simboliche di derivazione psicanalitica di cui la relatrice si è avvalsa per marcare una differenza forte fra la famiglia del passato e  la famiglia di oggi. Basata, la prima, sulla chiara definizione di due distinti ruoli parentali e sulla centralità dell’adulto rispetto al bambino, con modalità educative che pur non prescindendo dall’affetto ponevano l’accento sulla gestione della quotidianità e su di un preciso impianto normativo, con regole che si supponevano inderogabili e la cui trasgressione era in generale severamente sanzionata dall’esterno e vissuta con ilteriori sensi di colpa; una famiglia certo stabile e fornitrice di sicurezze, ma cristallizzata nella tradizione e certamente poco incline a valorizzare le differenze individuali rispetto alla conservazione di un preciso ordine familiare e sociale.
Un modello che ha visto nel giro di pochi decenni un cambiamento sostanziale, rovesciandosi talora nel suo opposto col contrapporre alla centralità dell’adulto quella del bambino, che diventa in questo caso il destinatario di modalità educative intese ad esaltare la libera espressione della sua individualità, incapaci  peraltro di assicurare quel contenimento educativo indispensabile alla crescita. Una famiglia in cui i genitori talvolta si pongono come “amici” dei figli, mostrando di non saper distinguere la differenza che è espressione di mero potere e che è giusto rifiutare da quella che nasce dall’esperienza, dalla consapevolezza e soprattutto dalla responsabilità educativa, e che chiede pertanto venga invece riconosciuta quella chiara distinzione fra “grande” e “piccolo” la cui mancanza lascia di fatto il bambino  da solo in uno spazio vuoto. Ora è davvero il tempo, secondo il giudizio della relatrice che non nasce da una posizione ideologica ma da un impianto teorico nutrito e vitalizzato dall’esperienza, di cambiare le regole del gioco recuperando il dovere dell’adulto di costruire, facendosene carico in prima persona, un quadro coerente di regole che siano credibili e in cui si aprano spazi importanti di condivisione, per fondare un  vero “patto educativo” con chi ha l’esigenza di essere guidato con le modalità corrette ad una progressiva assunzione di autonomia personale.
Parlare di regole condivise si può prestare in effetti a possibili fraintendimenti, pertanto la dottoressa Rostagno, rispondendo ad alcuni interventi del pubblico, ha specificato che condividere non significa mettere sulle spalle del bambino la gestione delle norme e delle scelte familiari: l’adulto ha certamente non solo il diritto, ma anche il dovere di prendere in prima persona  delle decisioni, prevedendo  tuttavia che il bambino possa fare lui stesso, ogni qualvolta sia possibile, delle scelte assumendosene la responsabilità, perché la coerenza si impara anzitutto sperimentandola attraverso esperienze reali, per non risolversi in qualcosa di puramente formale e alla lunga fittizio.
Certo non è facile l’esercizio della responsabilità genitoriale, nondimeno bisogna essere consapevoli, secondo la relatrice, che la perdita della funzione contenitiva della regola produce guasti che dal suo punto di osservazione di terapeuta e di collaboratrice del Tribunale dei minori le risultano evidenti, assieme ad altri problemi che si sono fatti via via più inquietanti. Nella nostra società narcisistica, dove l’immagine è tutto, quando il bisogno di rispecchiarsi nello sguardo degli altri cercando attraverso di essi il riconoscimento di sé non viene soddisfatto, quando questa immagine si incrina, chi è più fragile può avvertire  questa mancanza come un tradimento insopportabile della coerenza interna, che lo induce a ritirarsi dallo sguardo che annulla fino ad annullare a volte se stesso.
La cronaca ci mostra ormai con drammatica evidenza che la vergogna ha preso il posto, come foriera di sofferenza psichica, di quel senso di colpa che nella società edipica derivava dalla trasgressione di regole che venivano percepite come emanazione da un’autorità superiore, e che anche se negate rimanevano pur sempre  presenti sullo sfondo: un sentimento altrettanto doloroso, pur tuttavia passibile di riscatto, mentre secondo la dottoressa Rostagno è ancora più difficile superare la svalorizzazione della propria immagine, soprattutto nei soggetti giovani e insicuri. Per questo motivo oggi si pone molta attenzione nel predisporre, per i ragazzi che si sono resi responsabili di un reato, dei percorsi riparatori che non mettano ulteriormente in crisi l’immagine di sé, offrendo loro una possibilità di maturazione attraverso esperienze formative senza macchiare ulteriormente e in modo indelebile il loro profilo esteriore ed interno.

* Dal ruolo alla funzione:
Dopo aver affrontato il tema della responsabilità genitoriale, che non a caso ha sostituito anche a livello legislativo il termine ormai desueto di potestà, la dottoressa Rostagno ha messo a fuoco, con il concetto di “funzione”, un altro elemento fondamentale del cambiamento relativo ai ruoli parentali e alla connessa identità di genere.
Nella famiglia del passato venivano infatti riconosciuti e addebitati ai genitori competenze e doveri differenziati: alla donna e madre l’accudimento, la gestione del quotidiano e lo spazio dell’intimità, all’uomo e padre il sostegno economico della famiglia attraverso il lavoro e il ruolo di garante normativo dell’ordine familiare e sociale. Questa suddivisione di compiti così netta e “sessuata” oggi non è certo proponibile nella stessa forma, e i ruoli parentali appaiono sempre più orientati verso un’intercambiabilità che può essere molto evolutiva, arricchendo l’identità di ognuno di competenze, saperi, esperienze trasformative (pensiamo solo a cosa può significare sul piano emotivo e relazionale, per un uomo, l’accudimento dei figli – il cosiddetto “maternage” – come per una donna la possibilità di esplicare le proprie capacità non solo come moglie e madre). Naturalmente l’entrare ognuno nel campo dell’altro può generare conflitti – non è più così chiaro cosa tocca fare a chi – ma questo non dipende tanto dallo sfumare della separazione fra i ruoli quanto dalla eventuale carenza di quelle capacità di mediazione e di negoziazione che risultano indispensabili e vanno ovviamente potenziate. Quello che è invece importante evidenziare, secondo la relatrice, è come il riconoscimento della maggiore ampiezza delle potenzialità interne ad ogni persona conduca a parlare non solo di madri e padri bensì di “funzione” materna e paterna: in altri termini non è il ruolo che va sancito ma la funzione, che non deve mancare nella buona crescita di un bambino e che può essere esercitata adeguatamente da ciascuno dei due genitori, a seconda della loro attitudine personale.
Questo ci fa comprendere come nelle separazioni sia oggi non solo possibile, ma in certi casi addirittura opportuno l’affidamento dei figli al padre indipendentemente dall’età di questi ultimi, e come la pratica ormai diffusa dell’affidamento congiunto riposi sia su principi di parità che su di un dato esperienziale ormai acquisito culturalmente. Allo stesso modo non sono attualmente escluse dall’affido di minori in difficoltà le famiglie omosessuali, qualora si riscontri in esse la capacità di rispondere all’esigenza del bambino di poter usufruire di entrambe le funzioni. Diverso peraltro è  il caso dell’adozione: non perché queste famiglie vengano a priori ritenute inadeguate ad assicurare una buona crescita (dal punto di vista psicologico, ormai suffragato da ricerche importanti, soprattutto statunitensi, risulta ormai con sufficiente evidenza che i bambini cresciuti in famiglie omosessuali non si discostano  dai loro coetanei quanto a salute psichica e a maturazione identitaria) ma perché in un ambiente sociale in cui i germi dell’omofobia purtroppo sono ancora abbastanza vitali, si ritiene per ora di dover  tutelare, in virtù di questo,  dei bambini che hanno già subito il trauma della mancanza dei genitori.

 * Criticità e potenzialità:
    la famiglia alla sfida del presente e del futuro  
Da qui in avanti, la dottoressa Rostagno ha allargato la conversazione a temi diversi, intrecciandoli nel discorso, dopo aver ulteriormente ribadito – a proposito di separazioni - come la responsabilità genitoriale dovrebbe costituire in questi casi un vero e proprio monito, sufficiente ad evitare quella svalorizzazione dell’altro che costituisce a suo giudizio il rischio maggiore di ricaduta negativa sulla tenuta psicologica dei figli e sul loro modo di pensare e di vivere poi la famiglia e la relazione di coppia.
Si tocca anche con particolare incisività il problema della violenza, che pur non costituendo lo specifico dell’incontro è ben presente sullo sfondo, dal momento che la riflessione sulle trasformazioni della famiglia è stata organizzata da CircolarMente come momento di partecipazione al progetto  “Impronte”, presentato  a inizio serata dall’ Assessore alle pari opportunità, dott.sa Rossella Morra.
Nell’indicarne le linee guida, l’assessore ha spiegato come l’amministrazione abbia cercato - nella consapevolezza dell’accentuarsi dei conflitti familiari e dell’acuirsi della violenza di cui sono spesso vittime le donne - di dare vita ad alcuni interventi intesi da un lato ad aiutare le associazioni che lavorano sul campo a fare rete, fornendo  dei materiali informativi, dall’altro ad offrire alle donne tutta una serie di opportunità ludiche, sportive e culturali utili per uscire dall’isolamento, agendo nel contempo a livello di prevenzione col proporre alle scuole dei momenti di approfondimento e col valorizzare l’impegno degli insegnanti che sono sensibili a questi temi.
Ora è indubbio, secondo la relatrice (che preferisce porre l’attenzione sulla violenza tout court, senza declinazioni di genere) che la trasformazione del ruolo delle donne può aver messo in difficoltà quegli uomini che basavano il proprio riconoscimento su di un ruolo di potestà e che non hanno sufficiente consapevolezza e maturità per accettare la perdita di queste sicurezze, per quanto fragili. Tutti abbiamo infatti bisogno di essere riconosciuti per riconoscerci, e la violenza diventa talvolta un modo patologico e deviato per riaffermare questo bisogno che non sa esprimersi diversamente e che la sanzione sociale non basta a contenere, oltre al fatto che dovrebbe essere ancora più avvertita a livello di coscienza collettiva. Secondo la dottoressa Rostagno peraltro è molto importante ricordare che per proteggere davvero le donne bisogna aiutare gli uomini a ritrovare il loro valore, perché possano  riuscire a costruire un’identità nuova e più evoluta (si vanno organizzando infatti  percorsi specifici di aiuto per quegli uomini che si rendono conto di essere in difficoltà, e che nel gruppo spesso riescono a riconoscere la violenza come un male interno, recuperando in molti casi la  possibilità di ricostruire percorsi di vita che  hanno reso gravidi di infelicità per gli altri e per se stessi).
E’ indispensabile, oggi, dare vita ad una diversa alleanza, che consenta a uomini e donne di affrontare insieme le difficili sfide che attengono non solo alla strutturazione interna alla famiglia, ma dipendono dal contesto sociale. E’ infatti su di esse che si ragiona nella parte conclusiva dell’incontro, evidenziando dapprima alcuni problemi a cui la relatrice stessa fa riferimento a partire dalla sua esperienza professionale (in particolare, menzionando le difficoltà del confronto, anche a livello giuridico, con modalità culturali diverse di pensare e di fare famiglia, oltre all’emergere di nuove patologie e sofferenze psichiche che si manifestano in coloro che si trovano sbalzati all’interno di società molto diverse da quelle di appartenenza, e che devono costruire non facili percorsi di integrazione). In altri casi si segue invece il filo degli interventi del pubblico, che mettono in rilievo sia la precarizzazione del lavoro, che rende  davvero difficile, per i giovani, impostare un progetto di vita familiare, che la progressiva riduzione del Welfare, che obbliga le famiglie a sopperirne le carenze, e ancora, in un allargamento ulteriore dello sguardo, la dissociazione fra una società dove la deregolazione sta diventando sempre più evidente e una famiglia che dovrebbe invece impostare su regole coerenti il suo lavoro educativo, senza contare certi venti di reazione che spirano un po’ ovunque  attivando nostalgie di ritorno ad un  mitico “ordine” del passato.

Su questi temi peraltro la dottoressa Rostagno ha aperto immagini di speranza, evocando il valore della resilienza, che ci spinge a non dismettere le nostre idealità e a riconfermare i gesti del quotidiano che le accompagnano, sapendo che i venti possono anche mutare e le voci urlate affievolirsi alla prova della realtà, e soprattutto sottolineando l’importanza di lavorare sulle sfumature, senza sottovalutare l’emergere nelle nuove generazioni di creatività e talenti  inaspettati che ci fanno porre  fiducia nella  loro capacità di affrontare il futuro. 

Nessun commento:

Posta un commento