Relazione
sulla conferenza di Lorenzo Gianotti (già Senatore della Repubblica)
UN SECOLO DI RUSSIA:
DALLA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA
A PUTIN
A PUTIN
Presentazione:
A nome di
CircolarMente, Massima Bercetti porge un caloroso benvenuto ad un relatore ben
conosciuto dal pubblico, sia per il suo percorso politico – è stato
parlamentare e Senatore della Repubblica per tre legislature, prima per il PCI
e poi per il PDS - che per la sua attività di studioso, in cui si è occupato in
modo approfondito della Russia (si fa menzione in particolare del suo libro più
recente, scritto con Nicola Lombardozzi e intitolato “Un secolo di Russia.
1917 – 2017 – Dalla rivoluzione bolscevica a Vladimir Putin”). Con il dott.
Gianotti si intendono per l’appunto
affrontare alcune questioni relative alla situazione attuale di questo paese,
che non a caso è stato inserito come importante tema culturale e geopolitico
nel programma annuale dell’Associazione, intitolato “Futuri”. Si è tenuto conto
infatti di alcuni elementi, che vengono ora evidenziati da Massima Bercetti con
un movimento in tre mosse, come aprendo una di quelle matrioske che
rappresentano una delle più conosciute immagini simbolo della Russia. In primo
luogo, si fa riferimento alla nuova aggressività della politica putiniana,
estesa sia nell’area medioorientale che nei confronti della Crimea e di altri
paesi limitrofi, andando in qualche modo a mettere in discussione quelli che
erano i limiti, i patti, i confini e le stesse istituzioni nate alla fine del
secondo conflitto mondiale. Un elemento di cui non possiamo non tenere conto, e
da cui emerge una prima domanda: ci sarà la Russia, nel nostro futuro? Più
dinamismo, più ingerenze, più aggressività, anche nei confronti dell’Europa? La
seconda motivazione è relativa invece al recente avvicinamento al Cremlino da
parte delle destre radicali e sovraniste europee, e allo sguardo alquanto
benevolo che alcune di esse hanno certamente ricevuto in cambio, il che ci
spinge di nuovo a chiederci quanta Russia ci sarà nel nostro futuro, nelle
nostre iniziative commerciali, nei nostri meccanismi decisionali. Ma è nell’ultimo
di questi elementi che si cela, secondo Massima Bercetti, il vero nocciolo – la
bambolina interna, più piccola ma non meno importante: esso è emerso infatti dalla
lettura del testo breve ma denso del dott. Gianotti, in cui si dà rilievo all’analisi
di un romanziere, Vladimir Sorokin, secondo
il quale la Russia soffre di una
patologia della memoria, una “ecmnesia”
intesa come un atteggiamento in cui ci si distanzia dal presente, lo si
dimentica, si confonde in qualche modo il presente con il passato facendolo
coincidere con il futuro. Una tendenza che secondo Sorokin nasce dalle
difficoltà che il paese incontra nella sua politica interna e lo fa sprofondare
lentamente in un passato millenario e favolistico. Lo stesso, osserva Massima
Bercetti, che sembra attirare alcune delle nostre forze politiche che guardano con
nostalgia ad un passato di fatto mai esistito, come se da esso potesse nascere
un nuovo e più allettante futuro. Motivazioni molteplici dunque, sulla base
delle quali è stato richiesto l’intervento del dott. Gianotti come persona
particolarmente adatta a confrontarsi con il pubblico di CircolarMente su questi
temi.
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UN
PAESE CON LO SGUARDO RIVOLTO AL PASSATO?
RITRATTO
IN CHIAROSCURO DEL “PIANETA RUSSIA”
Nella
sua ampia e chiara relazione, il dott. Gianotti ha inteso soprattutto porre
l’attenzione sulle somiglianze e sulle differenze che si evidenziano fra la
Russia attuale e quella storica: la Russia rivoluzionaria per intanto, da cui è
emersa quella che per lungo tempo abbiamo conosciuto come l’Unione Sovietica,
ma anche la Russia zarista. Un confronto che a suo giudizio può dare alcune
utili indicazioni per comprendere il presente, e che naturalmente va affrontato
su diversi piani, da quello sociale ed economico a quello politico-istituzionale
e ideologico, dalla cui lettura possiamo evincere un quadro per molti aspetti
problematico e contradditorio. Vediamoli dunque separatamente, seguendo il suo
discorso.
Il piano sociale ed economico:
Il piano sociale ed economico:
Cominciamo
dal piano sociale, in cui le differenze che possiamo riscontrare rispetto al
recente passato sono davvero astronomiche. Nella vecchia Unione Sovietica, come
sappiamo, la proprietà privata non esisteva e le differenze di reddito fra le
varie categorie della popolazione erano estremamente limitate, mentre oggi si
riscontra che l’1% della popolazione possiede il 75% della ricchezza del paese,
e che una fascia molto ampia di essa, stimata attorno al 25%, vive in
condizioni di povertà. Manca inoltre una politica di redistribuzione del
reddito, in quanto è prevista una sola imposta del 13% uguale per tutti (non è certo un paese dove si toglie ai
ricchi per dare ai poveri, commenta il dott. Gianotti) e in aggiunta non ci
sono dei sindacati che possano assumere la difesa dei lavoratori. Giusto
chiederci, dunque, come sia vissuta questa sperequazione da parte della
popolazione, e se essa dia adito o no a proteste di una certa entità. Questo è
successo in effetti di recente per via dell’innalzamento dell’età pensionabile
(dai 55 anni ai 60 per le donne, dai 60 ai 65 per gli uomini) che ha dato il
via ad una protesta diffusa, ben comprensibile se teniamo presente che le
prospettive di vita sono in Russia molto più basse che in occidente (66 anni,
per gli uomini). Il trattamento pensionistico è inoltre di bassa entità, il che
obbliga spesso i lavoratori a continuare l’attività per riuscire ad avere un
livello di vita almeno decente. Se poi dal piano sociale ci spostiamo a quello
economico, troviamo una situazione sotto molti aspetti contradditoria. Intanto,
di fronte ad un prodotto interno lordo grosso modo simile a quello italiano,
abbiamo un controllo statale fortissimo e una presenza davvero impressionante
dei cosiddetti “oligarchi” legati al potere politico; dobbiamo inoltre rilevare
che sulla situazione economica generale c’è una forte incidenza della
corruzione. Ci sono sicuramente fonti importanti di ricchezza, che per il paese
derivano per il 70% del suo export dal petrolio e dal gas di cui il territorio
russo ha ampie riserve, ma l’industria manifatturiera è ancora debole, e non pare
abbia dato esito particolarmente brillante il tentativo di incrementarla, dopo
la rottura con l’Occidente, con prodotti sostitutivi. Ha invece una buona
tenuta il settore cerealicolo (la Russia è ancora oggi uno dei maggiori
esportatori di grano al mondo), anche se deve importare dall’estero, in
particolare dall’Africa e dall’Asia, buona parte degli altri prodotti
alimentari.
Il piano istituzionale
e politico:
Se
invece esaminiamo la situazione dello Stato possiamo riscontrare un
riavvicinamento fra la situazione odierna e quella che caratterizzava il periodo
precedente. Permane infatti una tendenza che viene definita dai teorici come “la verticale del potere”, intendendo con
questa espressione un processo per cui il potere decisionale viene fatto
discendere dall’alto verso il basso, dal Cremlino al più remoto dei villaggi,
secondo una logica centralistica assoluta.
Non
ci sono più in effetti dei veri e propri partiti che possano raccogliere le
istanze sociali ed agire come mediatori istituzionali: ci sono bensì dei
candidati che si presentano alle elezioni, ma questo avviene entro una cornice
organizzativa estremamente condizionante (la loro possibilità di partecipare
deve essere infatti convalidata da una commissione nominata dal governo, e
sottostare a criteri rigidi e alquanto scoraggianti). Ma più ancora di questi
elementi, già di per sé sufficientemente illuminanti per cogliere l’atmosfera
non proprio liberale del paese, va registrata un’idea “complottista” largamente diffusa secondo la
quale il mondo intero, e in particolare l’Occidente, è ostile alla Russia, il
che porta ad una esaltazione massima del tema della sicurezza (pensiamo, osserva il dott. Gianotti, al
fatto che le ONG non direttamente dipendenti dallo stato sono inserite nella categoria degli “Agenti stranieri”); è
stata inoltre istituita di recente una Guardia Nazionale alle dirette
dipendenze di Putin, composta da 340.000
uomini e con attrezzature militari di tutto rispetto. Questa atmosfera
generalizzata fa sì che l’opposizione sia davvero sotto scacco e che la
possibilità di sviluppare forze non subordinate al potere, e capaci di intervenire
con iniziative proprie, sia davvero scarsa: gli oppositori del regime sono
costantemente sotto sorveglianza, le manifestazioni sono vietate o represse
quando nonostante tutte le difficoltà si riesce ad organizzarle. Se poi
prendiamo atto del fatto che la magistratura è in Russia direttamente
dipendente dall’esecutivo - il che viola, come ben sappiamo, uno dei principi
fondamentali dello stato di diritto – vediamo bene che ci troviamo di fronte ad
una “democrazia sovrana” che inibisce il pluralismo politico, riavvicinandosi
non solo al passato marxista-lenilista, ma addirittura per certi versi a quello
zarista, come se ci fosse una linea di continuità fra momenti storici pur
apparentemente così diversi.
Il piano ideologico:
Per
definire meglio questa situazione può essere utile portarci sul terreno
dell’ideologia. Se infatti riflettiamo su quali possano essere i comuni fondamenti
di questi diversi passati storici, troveremo un trinomio basato sull’ortodossia
(intendendola qui sotto l’aspetto religioso, per quanto questo fosse assente
nella Russia sovietica), sull’autocrazia sul piano del potere politico e sul
nazionalismo, che è sempre stato percepito come indispensabile elemento
unificante di un insieme altrimenti dispersivo e caleidoscopico di etnie e di
popoli. Parole antiche, osserva il dott.Gianotti, che però connotano
ancora il presente della Russia.
Sappiamo
infatti che l’alleanza fra stato e chiesa ortodossa è molto stretta (se può essere in qualche misura
folkloristico registrare che Putin, ex ateo del KGB ora redento, abbia un
confessore personale, è più preoccupante venire a conoscenza del processo che
di recente è stato istituito contro un cittadino danese residente in Russia,
con l’accusa di proselitismo in quanto Testimone di Geova). La legge
statale stabilisce infatti una netta differenza fra le confessioni religiose
considerate nazionali (in primis quella ortodossa, seguita dalla musulmana e
dalla buddista) e quelle che vengono definite “straniere”. Quanto
all’autocrazia, è parola che può ben ancora definire, secondo il dott.
Gianotti, il nuovo potere putiniano, mentre il centralismo trova una nuova
versione in quella “verticale del potere” cui abbiamo già fatto accenno (il partito di Putin, Russia Unita, domina
la Duma e fornisce praticamente tutto il personale politico, dai ministri ai
sindaci). Che cosa è rimasto dunque della Russia rivoluzionaria, nella Russia
di oggi? Una domanda questa che spesso
gli viene posta nel corso dei suoi interventi pubblici, a cui ora risponde
anticipatamente attraverso alcuni esempi quanto mai illuminanti per rendere
l’idea di uno “stemperamento”, più che una vera e propria cancellazione. Se è vero
infatti che la salma di Lenin ancora riposa nel grande mausoleo della
Piazza Rossa, non è privo di nota il fatto che nel 2016 lo stesso Putin abbia
inaugurato con grande enfasi un mausoleo dedicato al principe Vladimir, come colui che nel 988 ha introdotto il cristianesimo nel paese;
e ancora non è irrilevante che la data
del più importante giorno festivo sia stata spostata dal 7 novembre,
anniversario della rivoluzione d’ottobre, al 4 novembre, celebrando la cacciata
dell’esercito polacco da Mosca avvenuta nel 1617. Aggiungiamo a ciò la
rivalutazione di Stalin, che può apparirci sorprendente se pensiamo ai crimini
di cui si è reso responsabile: eppure, in un recente sondaggio di opinione in
cui è stato chiesto ai partecipanti di indicare le personalità mondiali di
maggiore gradimento, il suo nome appariva ai primi posti. Si parla inoltre il
meno possibile dei campi di concentramento: gli archivi sono chiusi, e coloro
che più si attivano per riaprirli vengono giudicati al pari di agenti
stranieri, come se questo fosse paragonabile ad un atto di sabotaggio.
La politica estera:
In
questa ricostruzione, pur succinta, non può mancare naturalmente l’analisi
delle ambizioni geopolitiche di cui la Russia di Putin ha dato ultimamente più
di una prova. Non è infatti un caso, osserva il dott. Gianotti, che Putin già
all’indomani della sua ascesa al governo del paese abbia dichiarato che la
scomparsa dell’URSS andava vista come la più grande tragedia del secolo: tutta
la sua azione politica è infatti visibilmente intesa a recuperare la potenza
che il riferimento a quel passato evocava. Parlare di politica estera significa
peraltro distinguere due diversi fronti. C’è intanto un estero “vicino”,
rappresentato dalle 14 repubbliche che un tempo facevano parte dell’Unione
sovietica: di esse le tre baltiche (Estonia,
Lettonia e Lituania) sono ormai da tempo fuori dall’influenza russa, mentre
con le tre caucasiche (Georgia,
Azerbaigian e Armenia) i rapporti sono più problematici (buoni con l’Armenia
ma pessimi con la Georgia). Più ambiguo e complesso il rapporto con la Cina,
con cui c’è stato un avvicinamento dopo la rottura con gli Stati Uniti e
l’Unione Europea, in seguito all’annessione della Crimea. Restano però alcuni
elementi di difficile composizione, fra cui il fatto che la Cina come attore
politico è relativamente nuovo, ma è già ora un gigante economico mentre la
Russia, nonostante le sue ambizioni, quanto ad economia e sviluppo tecnologico
è indietro rispetto sia alla Cina che ai paesi occidentali. Restano poi aperti
alcuni forti motivi di contesa dovuti principalmente all’intervento economico
cinese nell’Asia centrale, dove ci sono alcune delle repubbliche che un tempo
facevano parte dell’Unione Sovietica, il cui territorio è ricchissimo di
combustibili fossili. Quello che più ha colpito di recente gli osservatori
occidentali in prospettiva geopolitica è peraltro il nuovo attivismo russo in
Medio Oriente, il cui successo, secondo il dott. Gianotti, non è solo dovuto al
fatto che sul piano militare la Russia dispone di un notevole arsenale, se pure
ancora inferiore a quello degli Stati Uniti, ma alla scarsa volontà contrastiva
dimostrata proprio dal suo antagonista storico.
Il rapporto con
l’Europa e in particolare con l’Unione Europea:
Qui
la situazione è per molti versi curiosa. Da un lato la Russia è il nostro
principale fornitore di gas, ed è dunque fondamentale per soddisfare il nostro
bisogno energetico, ma dall’altro i rapporti con l’Unione Europea si sono
profondamente incrinati per via delle tendenze annessionistiche della Russia
(la questione ucraina). In questa incrinatura la Russia si sta muovendo
abilmente, sfruttando a proprio vantaggio la situazione politica problematica
che sta vivendo la UE: cerca dunque rapporti diretti con i singoli stati
oltrepassando l’Unione, e punta a stabilire buone relazioni con le forze che
nei paesi occidentali si pongono in modo antagonistico e conflittuale con
l’Unione stessa, in qualche caso finanziandole direttamente. In
questo atteggiamento peraltro, secondo il dott. Gianotti, non c’è soltanto
l’applicazione del vecchio adagio per cui “i
nemici del mio nemico sono miei amici”, ma anche una indubbia concordanza
di idee, di principi ideologici, di sentimenti nazionalistici e identitari. Come
in alcuni paesi dell’est europeo, prima di tutti l’Ungheria di Victor Orbàn -
il teorico della “democrazia illiberale” che è poi una democrazia svuotata
della sua essenza – prevale nella Russia di Putin il culto della tradizione,
che si accompagna all’ostilità verso tutte quelle forme di libertà civili e di
diritti della persona che sono state la conquista della modernità (per fare un
esempio, l’omosessualità costituisce un reato punibile per legge); il
sentimento nazionale e patriottico è molto forte, non solo perché sostenuto da
un perfetto apparato propagandistico (tutte le televisioni e le principali
testate giornalistiche sono praticamente asservite al potere) ma perché in
effetti si posa su di una mentalità che ha radici popolari profonde (la Grande
Madre Russia), e che si è presumibilmente formata sulla necessità di un forte
collante ideale e patriottico che tenesse insieme un paese così composito. Un
mondo diverso dal nostro, dunque, quello che ci troviamo di fronte, quasi “un
mondo parallelo” (come ha avuto occasione
di osservare Angela Merkel dopo un incontro con Putin, riscontrando nel loro
colloquio la mancanza di riferimenti comuni su quanto
accade nel mondo). Ed è proprio qui che si pone, secondo il dott. Gianotti,
quell’idea di “ecmnesia” cui ha fatto
riferimento Massima Bercetti nella sua introduzione alla conferenza e che ora
il relatore riprende chiudendola: la tendenza cioè a pensare il presente come
fosse il passato, che è cosa a suo giudizio assai pericolosa, su cui conviene
davvero interrogarsi.
INTERVENTI DEL PUBBLICO E
APPROFONDIMENTI
Molti
gli interventi e le domande da parte di un pubblico numeroso e attento, con cui
il dott. Gianotti ha avviato un dialogo molto aperto. Qui ci permettiamo
peraltro di sintetizzarne solo brevemente i temi, al di là delle modalità e
dell’ordine con cui sono stati richiamati all’attenzione del relatore, cercando
di mettere in luce gli elementi utili di approfondimento relativi al piano
storico e a quello sociale e istituzionale.
Sul
piano storico:
Alcuni
interlocutori hanno chiesto al relatore di confrontarsi con quelle figure che
hanno segnato a loro giudizio una tappa importante nel processo di
modernizzazione del paese e di sia pure parziale evoluzione democratica. Gorbacev,
in primis, di cui il dott. Gianotti ha riconosciuto la sincera volontà di
trasformazione democratica, vanificata peraltro dal fatto di essere tardiva
rispetto ad un sistema che si era ormai troppo slabbrato (pensiamo a Chernobyl!)
così che la “glasnost” si è conclusa con un sostanziale fallimento; e ancora
prima Kruscev, che certamente ha avuto a suo giudizio grandi meriti nella
modernizzazione del paese: oltre alla denuncia dei crimini staliniani e alla
chiusura dei campi di concentramento, ha avviato infatti riforme importanti procedendo
per balzi improvvisi, come era nel suo
stile - non era certo un intellettuale dal pensiero lungo, ma poteva contare su di un sano pragmatismo
contadino. In effetti la sua defenestrazione è stata opera degli apparati
burocratici ostili ad ogni cambiamento, che hanno aperto la strada alla presa
del potere da parte di Breznev.
Sul
piano politico, sociale e istituzionale:
Nella
maggior parte degli interventi peraltro si è tornati ai temi impostati nella conferenza,
in qualche caso per confermare, da parte di quegli interlocutori che hanno avuto
un’esperienza diretta della situazione russa, quella sorta di rassegnazione al
potere da parte della popolazione le cui origini, secondo il dott. Gianotti, posano
su di un senso della patria davvero dominante rispetto ad altri valori (per esemplificare ulteriormente queste
considerazioni, ricorda quanto è successo nel 42, quando di fronte alla
minaccia tedesca Stalin ha aperto i campi di concentramento per trasformare in
soldati coloro che vi erano imprigionati – più di un milione di persone, la
maggior parte delle quali erano state vittime di una persecuzione tanto
implacabile quanto ingiusta. Eppure non ci fu alcuno fra loro che pensasse ad
una ribellione, nel momento in cui la patria era in pericolo). Viene
anche evidenziata, da parte di chi ha avuto diverse occasioni di confrontarsi
con interlocutori russi, una vera e propria paura delle idee di minoranza,
considerate portatrici di un potenziale pericolo; è probabilmente questo
atteggiamento a far sì che una buona parte della società civile, in cui
dovrebbero risiedere gli anticorpi all’involuzione democratica del regime, giustifichi
in qualche modo le limitazioni alla libertà. Occorre peraltro tenere conto,
osserva il dott. Gianotti, che i pericoli delle opinioni di minoranza non sono
solo potenziali, perché chi le esprime va incontro a situazioni alquanto
spiacevoli! E forse è anche utile ricordare che la vasta pletora dei dipendenti
pubblici gode di alcuni privilegi (uno dei quali è sicuramente quello di poter
contare su diverse possibilità corruttive) il che li rende in generale poco
propensi ad una attitudine di cambiamento. Il tema della società civile ritorna
ancora nelle parole di chi, facendo riferimento alle tesi di Gramsci secondo il
quale la rivoluzione russa è avvenuta con quelle particolari modalità proprio
perché nel paese la società civile di fatto non esisteva, si chiede che segni
essa dia, oggi, della propria esistenza. In effetti, secondo l’esperienza del dott. Gianotti, non si può dire che essa non
esista, tutt’altro: ci sono moltissime persone in Russia che hanno studiato,
che viaggiano, che hanno esperienza del mondo, ma il sistema è imperniato su di
una sorta di imbrigliamento che non ci consente di parlare di una vera e
propria opposizione e che comunque non assume connotati radicali, anche quando
si esprime. I pochi giornali di opposizione prendono infatti principalmente di
mira gli alti funzionari del partito e la corruzione governativa, ma
difficilmente toccano Putin che in qualche misura simboleggia la patria e
l’unità del paese, diventando così intoccabile.
Sul
piano economico:
Pur
nel quadro di un sistema per molti aspetti contradditorio, quale è stato
esposto nella conferenza, ha destato comunque un certo sconcerto in uno degli
interlocutori la rapidità con cui il tessuto economico e sociale ha potuto
passare dalla negazione della proprietà privata alla concentrazione
oligarchica. In effetti, secondo il dott. Gianotti che riprende ora il discorso,
si è trattato di un’appropriazione totalmente indebita che è avvenuta fuori da
ogni regola e che è stata compiuta con la protezione del potere politico dagli
alti funzionari dello stato e del partito, spesso vicini allo stesso Putin
(senza dimenticare peraltro il ruolo giocato dalla criminalità organizzata). Il
relatore fa comunque notare come la stessa vicinanza al potere, che ha permesso
che ciò avvenisse senza mai essere legalizzato, comporti tanto rapide ascese
quanto cadute rovinose, nel momento in cui il potere cambia di segno (pensiamo, dice, a Khodorovskij, che è stato
per un certo tempo l’uomo più ricco della Russia per essere poi accusato di
evasione fiscale e peculato, reati per cui sta scontando otto anni di carcere
in una prigione siberiana…). Si
tratta comunque di un elemento di grande debolezza del sistema, oltre che di
grande ingiustizia. Fra gli interventi che si riferiscono a temi economici,
segnaliamo ancora la richiesta di approfondire il rapporto della Russia con
quelli che consideriamo elementi tipici della modernità, da Internet ai vari
dispositivi digitali e all’alta tecnologia in genere. Alcune osservazioni
interessanti vengono in questo caso forniti da chi, esperto del ramo, ha avuto occasione
di approfondire questo aspetto e si sente pertanto di affermare che se pure un
ritardo c’è stato rispetto all’occidente, esso è stato brillantemente colmato
(non sempre in effetti il ritardo è dannoso, si impara anche dagli errori
altrui!): a quanto ha potuto notare, le nuove infrastrutture sono di ottimo
livello come in generale quelli che abbiamo definito come elementi fondanti
della modernità, da Internet all’alta velocità alla potenza di calcolo ecc…
Sul
piano del rapporto con l’Europa:
Poniamo
in ultima posizione un tema che in realtà ha aperto la discussione, perché ci
sembra adatto a concludere questa breve rassegna di interventi in quanto si
riallaccia idealmente ad una delle domande da cui si è partiti (“C’è la Russia nel nostro futuro?”). Muovendo da alcune riflessioni sull’equiparazione
sul piano storico e concettuale fra l’esperienza storica del nazismo e quella
del comunismo, che gli pare fuorviante
(anche se naturalmente possono ben essere accostati nelle atrocità compiute), un interlocutore ha
posto infatti il tema del rapporto fra Europa e Russia chiedendosi se non
sarebbe davvero il caso di giocare d’anticipo con questo futuro, stringendo un
rapporto organico con la Russia in cui punti di forza e punti di debolezza
potessero equilibrarsi. Non sarebbe possibile – questa la domanda - pensare ad
un unico continente, dotato di enormi risorse energetiche e di un grande
mercato disponibile? Rispetto
a questa proposta, il dott. Gianotti esprime tutte le sue perplessità (al di là
del fatto che un tale continente rischierebbe a suo giudizio di diventare fin
troppo “arioso”, arrivando al Pacifico!): allearsi con un autocrate in cui si
pone l’idea del potere unico e sovrano non gli sembra proprio buona cosa. Vero
è che le difficoltà attuali dell’Europa non sono poche, ma essa rappresenta pur
sempre un baluardo in tema di diritti umani e democrazia a cui non è certo il
caso di rinunciare. Con questo, il
relatore non intende certo rappresentare la Russia come il regno del male, ben
sapendo che bene e male non sono mai così nettamente suddivisi (lui stesso, per un certo periodo, ha creduto
di vedere in Putin l’uomo nuovo che se pure con una certa rudezza poteva essere
in grado di risollevare il paese dal baratro in cui era caduto, anche se poi ha
dovuto ricredersi): nondimeno, non gli pare né possibile né augurabile
un’alleanza organica con un paese bloccato da una impasse democratica che non
consente a tutte le forze interne di
esprimersi e di stabilire rapporti internazionali diversamente impostati.
N.B.
= Terminiamo con questa riflessione la nostra relazione sulla conferenza del dott.
Gianotti, assumendo come di consueto ogni responsabilità per eventuali errori e
fraintendimenti del suo discorso
Per
CircolarMente,
Enrica
Gallo