venerdì 1 febbraio 2019

La parola del mese - Febbraio 2019


La parola del mese
 A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

FEBBRAIO 2019

L’abbiamo scelta, per quanto sia davvero poco conosciuta e tanto meno citata visto che è un neologismo nato ed utilizzato in ambiti ristretti, perché consente un collegamento con precedenti “Parole del mese”. Certamente con tutte quelle che, direttamente o indirettamente, si sono agganciate al tema dei “futuri” al centro della prima parte del nostro programma 2018 – 2019, ed inoltre a quella del mese scorso, “egocrazia”, in quanto rimanda al tema del “libero arbitrio”, o a quanto di esso resta nell’era dei big data.

DATAISMO

Da Wikipedia
dataismo è un termine che è stato usato per descrivere la mentalità o la filosofia creata dal significato emergente dei Big Data. È stato usato per la prima volta da David Brooks (giornalista ed opinionista statunitense) nel New York Times nel 2013: "Se mi chiedessi di descrivere la crescente filosofia del giorno, direi che è Data-ism", Nel 2015, il libro intitolato proprio "Data-ism" di Steve Lohr (anchìegli giornalista ed opinionista statunitense, premio Pulitzer per il giornalismo divulgativo)  ha esaminato come Big Data stia trasformando la società, usando il termine per descrivere la rivoluzione dei Big Data. Più recentemente, il termine è stato ampliato per descrivere ciò che lo scienziato sociale Yuval Noah Harari ha definito un'ideologia emergente o persino una nuova forma di religione, in cui il flusso di informazioni è il “valore supremo”.

Il rimando ad Harari merita qualche parola di presentazione in più: Yuval Noah Harati, Professore Universitario di Storia presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e saggista di fama internazionale, si è fatto conoscere ed apprezzare dal grande pubblico con il suo, bellissimo, libro “Sapiens: da animali a dei”. Sono poi seguti altri saggi - “Homo deus”  e “21 lezioni per il XXI secolo - tutti dedicati proprio al tema dei “futuri” , nei quali avanza forti preoccupazioni per l’invadenza della tecnologia e della Rete nelle nostre vite. In questo quadro ha precisato alcune riflessioni, collegate per l’appunto al dataismo e al “libero arbitrio”. Il seguente articolo, apparso nel supplemento del Financial Times nellìOttobre 2016 sintetizza le sue opinioni sul dataismo……

Da Dio, all’uomo, all’algoritmo - Yuval Noah Harari

Scordatevi di ascoltare voi stessi. Nell’era dei dati sono gli algoritmi a darvi le risposte che cercate. Per migliaia di anni l’umanità ha creduto che l’autorità venisse dagli dei, poi, durante l’età moderna, l’umanesimo l’ha gradualmente spostata dalle divinità alle persone. Jean-Jacques Rousseau ha riassunto questa rivoluzione nell’Emilio (1762), il suo famoso trattato sull’educazione, in cui spiega di aver trovato le regole di comportamento da adottare nella vita “in fondo al mio cuore, scritte dalla natura a caratteri indelebili. Io non ho che da consultare me stesso su quel che voglio fare: tutto ciò che sento essere bene è bene, tutto ciò che sento essere male è male”. I pensatori umanisti come Rousseau ci hanno convinto che i nostri sentimenti e desideri fossero una fonte suprema di significato e che il nostro libero arbitrio fosse dunque la più alta delle autorità. Ora si sta verificando un nuovo cambiamento. Così come l’autorità divina era stata giustificata dalle religioni e l’autorità umana era stata legittimata da ideologie umaniste, allo stesso modo i guru dell’high-tech e i profeti della Silicon Valley stanno dando vita a una nuova narrativa universale che legittima d’autorità degli algoritmi e dei Big Data, un nuovo credo che potremmo chiamare “Dataismo”. I sostenitori più estremisti del dataismo percepiscono l’intero universo come un flusso di dati, vedono gli organismi come poco più di algoritmi biochimici e sono convinti che la vocazione cosmica dell’umanità sia di creare un sistema onnicomprensivo di elaborazione di tali dati per poi fondersi con esso. Lo studioso tedesco Alexander Pschera si è occupato degli aspetti etico del dataismo in un libro tradotto anche in italiano. Stiamo già diventando piccoli componenti di un sistema immenso che nessuno capisce realmente, io stesso ricevo ogni giorno innumerevoli frammenti di dati, fra email, telefonate e articoli, li elaboro e in seguito li ritrasmetto con altre email, telefonate e articoli. Non sono realmente consapevole di quale sia il mio posto all’interno del grande schema delle cose, né di come i miei dati si colleghino con quelli prodotti da milioni di altri esseri umani e computer e non ho il tempo di scoprirlo, perché sono troppo impegnato a rispondere alle email. Sta di fatto che questo flusso incessante dà luogo a invenzioni e punti di rottura che nessuno riesce a pianificare, controllare o comprendere. In realtà nessuno è tenuto a capire, l’unica cosa che bisogna fare è rispondere più velocemente possibile alle email. Così come i capitalisti liberisti credono nella mano invisibile del mercato, i dataisti credono nella mano invisibile del flusso di dati. Man mano che il sistema globale di elaborazione diventa onnisciente e onnipotente, il collegamento ad esso diventa l’origine di ogni significato. Il nuovo motto è: “Se fai qualcosa, registralo. Se registri qualcosa, caricalo. Se carichi qualcosa, condividilo”. I dataisti credono inoltre che sulla base dei dati biometrici e del potere informatico tale sistema onnicomprensivo possa arrivare a capirci molto meglio di quanto non capiamo noi stessi. Quando questo succederà, gli esseri umani perderanno la loro autorità e pratiche umaniste come le elezioni democratiche diventeranno obsolete quanto la danza della pioggia e i coltelli di selce. Quando Michael Gove ha annunciato la sua breve candidatura alla carica di Primo Ministro britannico, subito dopo il referendum di giugno per la Brexit, ha spiegato: “In ogni fase della mia carriera politica mi sono posto una domanda, ‘Qual è la cosa giusta da fare? Cosa ti dice il tuo cuore?’”. Per questo motivo, a sua detta, si è battuto tanto strenuamente affinché la Gran Bretagna uscisse dall’Unione Europea, si è sentito in dovere di pugnalare alle spalle il suo ex alleato Boris Johnson e di competere in prima persona per il ruolo di leader, perché il suo cuore gli diceva di farlo. Gove non è certo il solo ad ascoltare il suo cuore nei momenti critici. Negli ultimi secoli l’umanesimo ha considerato il cuore umano come la fonte suprema dell’autorità non solo in politica, ma in qualsiasi campo d’azione. Fin dall’infanzia siamo bombardati da slogan che ci danno consigli del tipo: “Ascolta te stesso, sii sincero con te stesso, fidati di te stesso, segui il tuo cuore, fa ciò che ti fa stare bene”. In politica si crede che l’autorità dipenda dalla libera scelta degli elettori, l’economia di mercato parte dal presupposto che il cliente ha sempre ragione, nell’arte umanista la bellezza sta negli occhi di chi guarda, l’educazione umanista ci insegna a pensare a noi stessi e l’etica umanista ci insegna che se una cosa ci fa stare bene dobbiamo andare avanti e farla. Certo, l’etica umanista si trova spesso in difficoltà nelle situazioni in cui ciò che fa bene a me fa male a te. Per esempio, ogni anno, da dieci anni, la comunità gay israeliana indice un Gay Pride nelle strade di Gerusalemme. È l’unico giorno di armonia per una città spaccata in due dal conflitto, perché solo in questa occasione gli ebrei, i musulmani e i cristiani si uniscono finalmente in una causa comune, scagliandosi in blocco contro il Gay Pride. La cosa più interessante, però, è l’argomentazione dei fanatici religiosi, che non dicono “Non dovreste fare il Gay Pride perché Dio proibisce l’omosessualità”, ma dichiarano davanti ai microfoni e alle telecamere “Veder passare un Gay Pride per le strade della città santa di Gerusalemme ferisce i nostri sentimenti. Così come i gli omosessuali ci chiedono rispetto, noi lo chiediamo a loro”. Non importa come la pensiate su queste affermazioni paradossali, è molto più importante capire che in una società umanista i dibattiti etici e politici sono condotti in nome di sentimenti umani contrastanti, non in nome dei comandamenti divini. Eppure oggi l’umanesimo sta affrontando una sfida esistenziale e il concetto di “libero arbitrio” è messo a repentaglio. Ricerche scientifiche sul funzionamento del cervello e del corpo suggeriscono che i sentimenti non siano qualità spirituali prettamente umane, bensì meccanismi biochimici utilizzati da tutti i mammiferi e gli uccelli per prendere decisioni calcolando velocemente le loro probabilità di sopravvivenza e di riproduzione. Contrariamente all’opinione popolare, le emozioni non sono il contrario della ragione, anzi, sono la manifestazione di una razionalità evoluzionistica. Quando un babbuino, una giraffa o un essere umano vedono un leone hanno paura perché un algoritmo biochimico calcola i dati attinenti concludendo che la probabilità di morte è alta. Allo stesso modo, l’attrazione sessuale si manifesta quando altri algoritmi biochimici calcolano che un individuo vicino a noi offre un’alta probabilità di accoppiamento fecondo. Questi algoritmi si sono sviluppati in milioni di anni di evoluzione: se le emozioni di qualche vecchio antenato si sbagliavano i geni che la determinavano non passavano alla generazione successiva. Sebbene gli umanisti sbagliassero a pensare che i sentimenti riflettano un misterioso “libero arbitrio”, il loro ottimo senso pratico ci è tornato molto utile, perché anche se le nostre emozioni non avevano niente di magico, erano comunque il miglior metodo esistente per prendere decisioni e nessun sistema esterno poteva sperare di capirle meglio di noi. Anche se la Chiesa Cattolica o il KGB avessero spiato ogni minuto della mia giornata gli sarebbero mancate le conoscenze biologiche e il potere informatico necessari per calcolare i processi biochimici che determinano le mie scelte e i miei desideri. Quindi gli umanisti facevano bene a dire alla gente di seguire il cuore, dovendo scegliere fra ascoltare la Bibbia e i propri sentimenti era molto meglio la seconda opzione. In fondo la Bibbia rappresentava le opinioni e gli interessi dei pochi sacerdoti dell’antica Gerusalemme, mentre le emozioni nascono da una saggezza frutto di milioni di anni di evoluzione, sottoposta ai rigidi test qualitativi della selezione naturale. Ciò nonostante, dato che Google e Facebook hanno preso il posto della Chiesa e del KGB, l’umanesimo ha perso i suoi vantaggi pratici, perché adesso ci troviamo a un punto di confluenza di due tsunami scientifici. Da una parte i biologi stanno decifrando i misteri del corpo umano, in particolare del cervello e delle emozioni, e allo stesso tempo gli informatici hanno acquisito un potere senza precedenti nell’elaborazione dei dati. Mettendo insieme le due cose si ottengono sistemi esterni in grado di monitorare e comprendere i nostri sentimenti meglio di noi, a questo punto l’autorità passerebbe dagli umani agli algoritmi e i Big Data potrebbero gettare la basi per il Big Brother. È già successo in campo medico, un settore in cui le decisioni più importanti sono basate sempre meno sul senso di benessere o malessere o sul parere di un dottore e molto di più sui calcoli di computer che ci conoscono meglio di noi stessi. Un esempio recente è quello di Angelina Jolie, che nel 2013 si è sottoposta a un test genetico da cui è risultata essere portatrice di una pericolosa mutazione del gene BRCA1. Secondo i database statistici, le donne che presentano tale mutazione hanno una probabilità dell’87% di sviluppare un tumore al seno. Pur non essendo malata, la Jolie ha deciso di prevenire il cancro con una doppia mastectomia. Non si è ammalata, ma ha saggiamente dato ascolto ad algoritmi software che dicevano “Forse ti sembra di stare bene, ma il tuo DNA nasconde una bomba a orologeria. Fa’ qualcosa, subito!”. È probabile che ciò che sta già succedendo in campo medico possa estendersi in altri ambiti. Si comincia con le cose più semplici, come i libri da comprare o da leggere. Come fanno gli umanisti a scegliere un libro? Vanno in libreria, cominciano a curiosare in giro, sfogliano qua e là, leggono le prime righe, finché l’istinto non li connette a un libro in particolare. I dataisti, invece, si affidano ad Amazon: appena entro nel negozio virtuale compare un messaggio che mi dice: “So quali libri ti sono piaciuti. Le persone con gusti simili ai tuoi tendono ad apprezzare questo o quel nuovo libro”. Questo è solo l’inizio. I dispositivi come Kindle sono in grado di raccogliere costantemente dati sugli utenti nel momento stesso in cui stanno leggendo. Possono monitorare quali parti leggi più velocemente e quali più lentamente, su quali ti soffermi e l’ultima frase che hai letto prima di abbandonare il libro senza finirlo. Se Kindle dovesse essere aggiornato con software per il riconoscimento facciale e sensori biometrici saprebbe come ogni frase influenza il battito cardiaco e la pressione sanguigna del lettore. Saprebbe cosa ci fa ridere, cosa ci rende tristi o ci fa arrabbiare. Presto i libri vi leggeranno mentre li leggete e anche se voi potete dimenticare velocemente ciò che avete letto state certi che i computer non lo faranno. Tutti questi dati avrebbero lo scopo di permettere ad Amazon di selezionare i vostri libri con precisione sconcertante, oltre che di sapere esattamente chi siete e come fare leva sulle vostre emozioni. Saltando a conclusioni logiche, le persone potrebbero affidare agli algoritmi le decisioni più importanti della loro vita, ad esempio con chi sposarsi. Nell’Europa medievale erano i preti e i genitori a deciderlo, mentre nelle società umaniste si ascoltano i sentimenti. Nella società dataista chiederò a Google di scegliere al posto mio: “Senti, Google”, gli dirò, “John e Paul mi stanno corteggiando. Mi piacciono tutti e due, ma in modo diverso e non riesco proprio a decidermi. Considerato tutto quello che sai, cosa mi consigli?” e lui risponderà “Beh, ti conosco da quando sei nato. Ho letto tutte le tue email, ho registrato tutte le tue telefonate e conosco i tuoi film preferiti, il tuo DNA e l’intera storia biometrica del tuo cuore. Ho i dati esatti di ogni tuo appuntamento e posso mostrarti i grafici del tuo battito cardiaco, che ho tracciato secondo per secondo, la tua pressione e i livelli di zucchero nel sangue a ogni incontro con John e con Paul e, come è naturale che sia, li conosco entrambi come conosco te. Basandomi su tutte queste informazioni, sui miei superbi algoritmi e su decenni di statistiche su milioni di relazioni, ti consiglio di andare con John, con l’87% di probabilità che tu sia più soddisfatto con lui a lungo termine. In effetti ti conosco così bene da sapere che questa risposta non ti piace. Paul è molto più attraente e visto che tu dai troppo peso all’aspetto esteriore desideravi segretamente che ti dicessi ‘Paul’. L’apparenza è importante, certo, ma non quanto credi. I tuoi algoritmi biochimici, che si sono sviluppati decine di migliaia di anni fa nella savana africana, attribuiscono alla bellezza un peso del 35% nella classificazione dei potenziali accoppiamenti, mentre i miei, che sono basati sugli studi e sulle statistiche più recenti, dicono che l’impatto dell’aspetto fisico sul successo a lungo termine delle relazioni amorose è del 14%. Quindi, anche tenendo conto della bellezza di Paul, continuo a dirti che staresti meglio con John”. Google non sarà perfetto, non bisognerà nemmeno correggerlo in continuazione, sarà solo mediamente più bravo di me, il che non è difficile, dato che molte persone non conoscono bene se stesse e la maggior parte commette gravi errori nelle scelte più importanti. La prospettiva dataista piace molto ai politici, agli imprenditori e ai consumatori perché offre tecnologie rivoluzionarie, oltre che poteri nuovi e immensi. Dopotutto, pur temendo di compromettere la loro privacy e libertà di scelta, al momento di scegliere fra la riservatezza e l’accesso a una sanità superiore la maggior parte dei consumatori metterebbe al primo posto la salute. Per gli accademici e agli intellettuali, invece, il dataismo rappresenta la promessa di un Santo Graal scientifico che ci è sfuggito per secoli: una singola teoria che unificherebbe tutte le discipline, dalla musicologia, all’economia, alla biologia. Secondo il dataismo, la Quinta Sinfonia di Beethoven, una bolla finanziaria e il virus dell’influenza non sono altro che tre flussi di dati che possono essere analizzati attraverso gli stessi concetti e strumenti. L’idea è estremamente allettante, in quanto offre alla scienza un linguaggio comune, erige ponti sulle fratture accademiche ed esporta facilmente la ricerca al di là dei confini di settore. Di certo, come i precedenti dogmi onnicomprensivi, anche il dataismo potrebbe basarsi su un fraintendimento della vita, in particolare non risolve famigerato “problema della coscienza”. Al momento siamo molto lontani dalla possibilità di spiegare la coscienza in termini di elaborazione dei dati. Per quale motivo miliardi di neuroni si scambiano messaggi dando origine a sentimenti soggettivi di amore, paura o rabbia? Non ne abbiamo la più pallida idea. In ogni caso, il dataismo conquisterebbe il mondo anche se si sbagliasse. Molte ideologie hanno ottenuto consenso e potere pur presentando incongruenze concrete. Se ce l’hanno fatta il Cristianesimo e il comunismo, perché non dovrebbe farcela il dataismo? Le sue prospettive sono particolarmente buone, perché attualmente si sta diffondendo in diversi ambiti scientifici e un paradigma unificato potrebbe facilmente diventare un dogma inattaccabile. Se tutto questo non vi piace e volete rimanere fuori dalla portata degli algoritmi, forse c’è solo un consiglio che posso darvi, un vecchio trucco: conosci te stesso. Dopotutto è un dato di fatto: finché vi conoscerete meglio di quanto non vi conoscano gli algoritmi le vostre scelte saranno ancora superiori alle loro e continuerete ad avere una certa autorità, ma se gli algoritmi sembrano sul punto di prendere il sopravvento, il motivo principale è che molti esseri umani non si conoscono per niente.

Sempre di Harari pubblichiamo questo secondo articolo, recentemente apparso nelle pagine culturali di molti quotidiani occidentali (in Italia è stato pubblicato su La Repubblica del 12 Gennaio scorso nell’inserto Robinson) più mirato al tema del libero arbitrio…….

La democrazia liberale affronta una doppia crisi. Ciò che maggiormente focalizza l'attenzione è il noto problema dei regimi autoritari. Ma le nuove scoperte scientifiche e gli sviluppi tecnologici rappresentano una sfida molto più profonda all'ideale liberale di base: la libertà umana. Il liberalismo è riuscito a sopravvivere, per secoli, a molti demagoghi e autocrati che hanno cercato di strangolare la libertà dall'esterno. Ma ha avuto poca esperienza, fino ad ora, con tecnologie in grado di corrodere la libertà umana dall'interno. Per assimilare questa nuova sfida, iniziamo col capire cosa significa liberalismo. Nel discorso politico occidentale, il termine "liberale" è spesso usato in senso strettamente partigiano, al contrario di "conservatore". Ma molti dei cosiddetti conservatori adottano la visione liberale del mondo in generale. Il tipico elettore di Trump sarebbe stato considerato un liberale radicale un secolo fa. Fai tu stesso la prova. Pensi che le persone dovrebbero eleggere il loro governo invece di obbedire ciecamente ad un monarca? Pensi che una persona dovrebbe scegliere la sua professione invece di appartenere per nascita ad una casta? Pensi che una persona dovrebbe scegliere il proprio coniuge invece di sposare chi hanno deciso i loro genitori? Se rispondi sì alle tre domande, congratulazioni, sei liberale. Il liberalismo difende la libertà umana perché presuppone che le persone siano entità uniche, diverse da tutti gli altri animali. A differenza dei ratti e delle scimmie, l'Homo sapiens, in teoria, ha il libero arbitrio. Questo è ciò che rende i sentimenti e le decisioni umane la massima autorità morale e politica del mondo. Sfortunatamente, il libero arbitrio non è una realtà scientifica. È un mito che il liberalismo ha ereditato dalla teologia cristiana. I teologi hanno elaborato l'idea del libero arbitrio per spiegare perché Dio fa bene quando punisce i peccatori per le loro decisioni sbagliate e premia i santi per le giuste decisioni. Se non prendiamo le nostre decisioni liberamente, perché Dio ci punirà o ci ricompenserà? Secondo i teologi, è ragionevole che lo facciano perché le nostre decisioni sono il riflesso del libero arbitrio delle nostre anime eterne, che sono completamente indipendenti da qualsiasi limite fisico e biologico. Questo mito ha poche relazioni con ciò che la scienza ci dice sull'Homo sapiens e su altri animali. Gli esseri umani, senza dubbio, hanno una volontà, ma non è libera. Non riesco a decidere quali desideri ho. Non decido di essere introverso o estroverso, calmo o irrequieto, gay o etero. Gli esseri umani prendono decisioni, ma non sono mai decisioni indipendenti. Ognuno di loro dipende da condizioni biologiche e sociali che sfuggono al mio controllo. Posso decidere cosa mangiare, chi sposare e chi votare, ma quelle decisioni dipendono dai miei geni, dalla mia biochimica, dal mio sesso, dalla mia famiglia, dalla mia cultura nazionale, eccetera; tutti elementi che non ho scelto. Questa non è una teoria astratta, ma è facile da osservare. Pensa alla prossima idea che ti viene in mente. Da dove viene? Ti è venuta in mente liberamente? Certo che no. Se osservi attentamente la tua mente, ti renderai conto di avere un controllo limitato su ciò che accade in essa e che non decidi liberamente su cosa pensare, cosa sentire o cosa vuoi. Ti è mai successo che, la sera prima di un evento importante, tu provi a dormire, ma sei tenuto sveglio da una serie costante di pensieri e preoccupazioni più irritanti? Se possiamo scegliere liberamente, perché non possiamo fermare quel flusso di pensieri e rilassarci? Sebbene il libero arbitrio sia sempre stato un mito, nei secoli precedenti era utile. Ha dato coraggio a coloro che hanno combattuto contro l'Inquisizione, il diritto divino dei re, il KGB e il Ku Klux Klan. Ed era un mito che aveva pochi costi. Nel 1776 (Dichiarazione di Indipendenza americana) e nel 1939 non fu molto serio credere che le nostre convinzioni e decisioni fossero il prodotto del libero arbitrio, e non della biochimica e della neurologia. Perché nel 1776 e nel 1939 nessuno capiva molto bene la biochimica, né la neurologia. Ora, tuttavia, avere fiducia nel libero arbitrio è pericoloso. Se i governi e le aziende riescono a hackerare o piratare il sistema operativo umano, le persone più facili da manipolare saranno quelle che credono nel libero arbitrio. Per far raggiungere gli esseri umani dai pirati, sono necessarie tre cose: una solida conoscenza della biologia, molti dati e una grande capacità di calcolo. L'Inquisizione e il KGB non riuscirono mai a penetrare negli esseri umani perché mancavano di quella conoscenza della biologia, dell'arsenale di dati e della capacità di calcolo. Ora, tuttavia, è possibile che sia le aziende che i governi abbiano presto tutto questo e, quando riescono a piratare, non solo possono prevedere le nostre decisioni, ma anche manipolare i nostri sentimenti. Chiunque creda nella tradizionale storia liberale sarà tentato di minimizzare questo problema. "No, non succederà mai. Nessuno potrà mai piratare lo spirito umano perché contiene qualcosa che va oltre i geni, i neuroni e gli algoritmi. Nessuno può prevedere o manipolare le mie decisioni perché esse sono il riflesso del mio libero arbitrio". Sfortunatamente, ignorare il problema non lo farà andare via. Serve solo a renderci più vulnerabili. Una fede ingenua nel libero arbitrio ci acceca. Quando una persona sceglie qualcosa - un prodotto, una carriera, un partner, un politico - si dice che lo scelga grazie al suo libero arbitrio. E non c'è più niente da aggiungere. Non c'è motivo di essere curiosi per sapere cosa succede dentro, a causa delle forze che lo hanno portato a prendere quella decisione. Tutto inizia con dettagli semplici. Mentre qualcuno sta navigando su Internet, un titolo attira la sua attenzione: "Una banda di immigrati violenta le donne locali". Fare clic su di esso. Nello stesso tempo, anche la sua vicina sta navigando sul web e vede un titolo diverso: "Trump prepara un attacco nucleare contro l'Iran". Farà clic su di esso. In realtà, i due titoli sono notizie false, forse generate da troll russi, o da un sito web desideroso di attirare più traffico per migliorare i propri introiti pubblicitari. Sia la prima persona che il suo vicino credono di essersi indirizzati su quei titoli per il proprio libero arbitrio. Ma, in realtà, sono stati hackerati. Propaganda e manipolazione non sono nuove, ovviamente. In passato agivano con massicci bombardamenti; oggi sono, sempre più, munizioni di alta precisione contro obiettivi precisamente scelti. Quando Hitler pronunciò un suo discorso alla radio, indicò un minimo comune denominatore perché non poteva costruire un messaggio su misura per ciascuna delle specifiche debolezze di ciascun cervello. Ora è possibile farlo. Un algoritmo può dire se qualcuno è già predisposto contro gli immigrati e se il suo vicino detesta già Trump, in modo che il primo veda un titolo e il secondo, invece, un altro completamente diverso. Alcune delle menti più brillanti del mondo hanno passato anni a studiare come hackerare il cervello umano per farci fare clic su determinati annunci pubblicitari e vendergli qualcosa. Il metodo migliore è premere i pulsanti di paura, odio o avidità che portiamo dentro. E questo metodo ha iniziato ad essere usato per venderci oggi politici e ideologie. E questo è solo l'inizio. Per ora, i pirati si limitano ad analizzare i segnali esterni: i prodotti che acquistiamo, i luoghi che visitiamo, le parole che cerchiamo su Internet. Ma, tra qualche anno, i sensori biometrici potrebbero fornire un accesso diretto alla nostra realtà interiore e sapere cosa succede nei nostri cuori. Non il tanto amato cuore metaforico delle fantasie liberali, ma il muscolo che pompa e regola la pressione del sangue e gran parte della nostra attività cerebrale. Quindi, i pirati potrebbero correlare la frequenza cardiaca con i dati della carta di credito e la pressione sanguigna con la cronologia delle ricerche. Cosa avrebbero potuto fare l'Inquisizione e il KGB con braccialetti biometrici per monitorare costantemente il nostro umore e i nostri affetti? Sfortunatamente, ho l'impressione che conosceremo presto la risposta. Il liberalismo ha sviluppato un impressionante arsenale di argomenti e istituzioni per la difesa delle libertà individuali contro gli attacchi esterni da parte di governi repressivi e religioni intolleranti, ma non è preparato per una situazione in cui la libertà individuale è minata dall'interno e dove, di fatto, i concetti di "libertà" e "individuo" non hanno più molto senso. Per sopravvivere e prosperare nel ventunesimo secolo, abbiamo bisogno di lasciarci alle spalle la visione ingenua degli esseri umani come individui liberi – una concezione ereditata della teologia cristiana e illuministica - e accettare ciò che in realtà sono gli esseri umani: animali piratabili. Abbiamo bisogno di conoscerci meglio.  Questo consiglio non è nuovo, ovviamente. Sin dall'antichità, i saggi e i santi non hanno smesso di dire "conosci te stesso". Ma ai tempi di Socrate, Buddha e Confucio, uno non aveva alcuna competizione in questa ricerca. Se non ti conoscevi, era ancora una scatola nera per il resto dell'umanità. Ora, invece, c'è competizione. Mentre leggi queste righe, i governi e le aziende stanno lavorando per violarti. Se ti conoscono meglio di quanto tu sappia, possono venderti tutto ciò che vuoi, sia esso un prodotto o un politico. È particolarmente importante conoscere i nostri punti deboli perché sono gli strumenti principali per coloro che tentano di piratarci. I computer sono hackerati attraverso linee di codici difettose preesistenti. Gli esseri umani attraverso paure preesistenti, odi, pregiudizi e desideri. I pirati non possono creare paura o odio dal nulla. Ma, quando scoprono ciò che una persona già teme e odia, hanno gioco facile nello stringere i dati emotivi corrispondenti e provocare una furia ancora maggiore. Se non riusciamo a conoscerci attraverso i nostri sforzi, forse la stessa tecnologia che usano i pirati può servire a proteggere le persone. Proprio come il computer ha un antivirus che lo protegge dal software dannoso, forse abbiamo bisogno di un antivirus per il cervello. Questo aiutante artificiale imparerà dall'esperienza quale sia la particolare debolezza di una persona - i video dei gatti o le notizie irritanti su Trump - e sarà in grado di bloccarli per difenderci. Tuttavia, tutto ciò è solo un aspetto marginale. Se gli esseri umani sono animali da guerra e se le nostre decisioni e opinioni non sono il riflesso del nostro libero arbitrio, a che serve la politica? Per 300 anni, gli ideali liberali hanno ispirato un progetto politico che mirava a dare al maggior numero possibile di persone la capacità di perseguire i propri sogni e realizzare i propri desideri. Ci stiamo avvicinando sempre di più a raggiungere quell'obiettivo, ma ci rendiamo anche conto che, in realtà, è una bufala. Le stesse tecnologie che abbiamo inventato per aiutare le persone a perseguire i loro sogni ci permettono di ridisegnarle. Quindi, come posso fidarmi di qualcuno dei miei sogni? È possibile che questa scoperta dia agli esseri umani un tipo di libertà completamente nuova. Fino ad ora, ci siamo identificati fermamente con i nostri desideri e cercato la libertà necessaria per soddisfarli. Quando ci è venuta in mente un'idea, avremmo fretta di obbedirle. Abbiamo trascorso il tempo correndo come pazzi, spronati, arrampicati su una furiosa montagna russa di pensieri, sentimenti e desideri, che abbiamo erroneamente creduto rappresentasse il nostro libero arbitrio. Cosa succederà se smettiamo di identificarci con le montagne russe? Cosa succederà quando osserveremo attentamente la prossima idea che emerge nella nostra mente e ci chiederemo da dove viene? A volte la gente pensa che, se rinunciamo al libero arbitrio, diventeremo completamente apatici, ci rannicchieremo in un angolo e ci lasceremo morire di fame. La verità è che rinunciare a questo inganno può suscitare una profonda curiosità. Finché ci identifichiamo fermamente con qualsiasi pensiero e desiderio che sorge nella nostra mente, non abbiamo bisogno di fare grandi sforzi per conoscere noi stessi. Pensiamo di sapere già molto bene chi siamo. Tuttavia, quando ci si rende conto che "questi pensieri non sono miei, sono solo determinate vibrazioni biochimiche", capisci anche che non hai idea di chi o cosa sia. E questo potrebbe essere l'inizio della più eccitante avventura esplorativa che si possa intraprendere. Interrogare il libero arbitrio ed esplorare la vera natura dell'umanità non è nuovo. Gli umani hanno fatto questo dibattito migliaia di volte. Tranne che prima non avevamo la tecnologia. E la tecnologia cambia tutto. Gli antichi problemi filosofici si trasformano ora in problemi pratici di ingegneria e politica. E, mentre i filosofi sono persone molto pazienti - possono discutere un argomento per 3000 anni senza arrivare a nessuna conclusione - gli ingegneri non lo sono. E i politici sono i meno pazienti di tutti. Come funziona la democrazia liberale in un'era in cui i governi e le aziende possono hackerare gli umani? Dove sono affermazioni come "l'elettore sa cosa è conveniente" e "il cliente ha sempre ragione"? Come vivere quando comprendiamo che siamo animali piratabili, che il nostro cuore può essere un agente del governo, che il nostro amigdala potrebbe funzionare per Putin e la prossima idea che ci viene in mente alla perfezione potrebbe non essere il risultato del libero arbitrio, ma di un algoritmo che ci conosce meglio di noi stessi? Queste sono le domande più interessanti che l'umanità deve affrontare. Sfortunatamente, queste non sono domande che la maggior parte delle persone tende a porsi. Invece di indagare su ciò che ci attende oltre l'illusione del libero arbitrio, le persone si stanno ritirando in tutto il mondo per rifugiarsi in illusioni ancora più remote. Invece di affrontare la sfida dell'intelligenza artificiale e della bioingegneria, le persone ricorrono a fantasie religiose e nazionalistiche ancora più lontane del liberalismo delle realtà scientifiche del nostro tempo. Ciò che ci viene offerto, invece di nuovi modelli politici, sono i resti reimballati del XX secolo o anche del Medioevo. Quando cerchi di indulgere in queste fantasie nostalgiche, finisci per discutere la verità della Bibbia e la sacralità della nazione (specialmente se, come me, vivi in un Paese come Israele). Per uno studioso, questo è deludente. Discutere della Bibbia era molto moderno ai tempi di Voltaire, e discutere dei meriti del nazionalismo era una filosofia d'avanguardia un secolo fa, ma oggi sembra una terribile perdita di tempo. L'intelligenza artificiale e la bioingegneria stanno per cambiare il corso dell'evoluzione, niente di meno, e abbiamo solo pochi decenni per decidere cosa fare. Non so da dove verranno le risposte, ma sicuramente non sarà nelle storie di 2000 anni fa, quando si sapeva poco della genetica e meno dei computer. Cosa fare? Suppongo che dobbiamo combattere su due fronti contemporaneamente. Dobbiamo difendere la democrazia liberale non solo perché ha dimostrato che è una forma di governo più benigna di qualsiasi altra alternativa, ma anche perché è ciò che meno limita il dibattito sul futuro dell'umanità. Ma, allo stesso tempo, dobbiamo mettere in discussione le ipotesi tradizionali del liberalismo e sviluppare un nuovo progetto politico più in linea con le realtà scientifiche e le capacità tecnologiche del XXI secolo……

Presumendo che l’affermazione di Harari sulla inesistenza del libero arbitrio possa aver suscitato curiosità se non perplessità completiamo questo post, per chi fosse interessato ad approfondire il tema, con un articolo, seppur non direttamente collegato alla parola del mese “dataismo”, tratto dal  sito on-line “Le Scienze” che affronta il tema del libero arbitrio con un approccio “scientifico”……

Dieci errori concettuali in materia di libero arbitrio

Quando qualcuno parla di una “domanda a cui la scienza non può rispondere”, ciò che intende realmente è una domanda per cui non vuole una risposta. E' vero, la scienza può essere molto irriverente verso le convinzioni delle persone. Ma mentre sono disposta ad accettare il desiderio di credere anziché di sapere, mi arrabbio se qualcuno spaccia i propri desideri per un argomento reale. “Gli esseri umani hanno il libero arbitrio?” è una domanda che mi interessa profondamente. E' al centro del nostro modo di comprendere noi stessi e di organizzare il nostro vivere insieme. E ha anche un ruolo centrale per i fondamenti della meccanica quantistica. Nei più reconditi recessi del mio animo, sono convinta che non stiamo facendo alcun progresso nella gravità quantistica perché i fisici non sono capaci di abbandonare la loro fede nel libero arbitrio. E dai fondamenti della meccanica quantistica questo freno si ripercuote fino alle neuroscienze e alla politica. A quanto pare, suggerire che il libero arbitrio non esiste è in grado di sconvolgere anche nel XXI secolo. Non bisogna farlo, perché si presuppone che dirlo basti a rendere immorali gli altri. Questi timori nascono da un fraintendimento su ciò che vuol dire non avere il libero arbitrio. In questo post affronto gli errori concettuali più comuni, ma prima lasciatemi spiegare perché, stando alle migliori conoscenze  attuali delle leggi della natura, non abbiamo il libero arbitrio. Partiamo dai fatti.
· Fatto 1: Tutto nell'universo, compresi noi e il nostro cervello, è costituito da particelle elementari. Quello che fanno queste particelle è descritto dalle leggi fondamentali della fisica. Tutto il resto, in linea di principio, deriva da questo. Ne consegue che, per quanto poco pratico, in linea di principio si può descrivere, per esempio, l'anatomia umana in termini di quark ed elettroni. Gli scienziati delle altre discipline usano però componenti più grandi e cercano di descriverne il comportamento. L'utilità pratica del ricorso a scale, variabili e componenti sempre più grandi - e la precisione approssimativa di tale procedura - si chiama “emergenza” [di una proprietà]. In linea di principio, però, tutte queste proprietà derivano dalla descrizione fondamentale. Questo è ciò che viene definito riduzionismo. L'idea che le proprietà emergenti dei grandi sistemi non derivino dalla descrizione fondamentale si chiama “emergenza forte”. Ad alcuni piace affermare che, solo perché un sistema (per esempio il cervello) è costituito da molte componenti, è in qualche modo esente dal riduzionismo e che qualcosa (il libero arbitrio) “emerge in modo forte”. Ma il fatto è che non esiste un solo esempio noto di un simile evento, né esiste alcuna teoria – neppure una non sperimentata – su come può funzionare una simile “emergenza forte”. E' del tutto irrilevante che il sistema sia caratterizzato da aggettivi come aperto, caotico, complesso o consapevole. Si tratta sempre solo di un numero molto grande di particelle che obbediscono alle leggi fondamentali della natura. Allo stato attuale, credere nell'emergenza forte si colloca sullo stesso livello intellettuale del credere in un'anima immortale o nella percezione extrasensoriale.
· Fatto 2: Tutte le leggi fondamentali conosciute della natura sono o deterministiche o casuali. Per quanto ne sappiamo attualmente, l'universo si evolve grazie a una miscela di entrambe, ma quali siano le esatte proporzioni della miscela non sembra rilevante per quanto segue.
Detto ciò, devo spiegare cosa intendo esattamente per assenza del libero arbitrio:
a) Se le tue decisioni future sono determinate dal passato, non hai il libero arbitrio
b) Se le tue decisioni future sono casuali, significa che nulla le può influenzare, e quindi non hai il libero arbitrio.
c) Se le tue decisioni sono una qualsiasi combinazione di a) e b), non hai il libero arbitrio.
In quanto precede, si può leggere “tu” come “qualsiasi sottosistema dell'universo”, i dettagli non contano. Dal Fatto 1 e dal Fatto 2 segue direttamente che - secondo la definizione di mancanza di libero arbitrio in a), b), c) - il libero arbitrio è incompatibile con ciò che  conosciamo attualmente della natura. Ammetto che ci sono altri modi per definire il libero arbitrio. Alcuni, per esempio, vogliono chiamare “libera” una scelta se nessun altro avrebbe potuto prevederla, ma per quello che mi riguarda questo è solo pseudo-libero arbitrio. Vero! Non ho parlato di neurobiologia, di coscienza, di subconscio o di persone che premono pulsanti. Non mi serve. Perché il libero arbitrio esista, è necessario che sia consentito dalle leggi fondamentali della fisica. E' necessario, ma non sufficiente: se si potesse rendere il libero arbitrio compatibile con le leggi della fisica, sarebbe ancora possibile che la neurobiologia trovi che il nostro cervello non è in grado di usare quell'opzione. La fisica non può dire che il libero arbitrio esiste, ma può dire che non esiste. Ed è quello che ho appena detto. Si noti che non affermo che non esiste l'emergenza forte, né che una legge fondamentale deve essere una combinazione di determinismo e casualità. Quello che sto dicendo è che se si vuole sostenere che il libero arbitrio esiste (o che si può sfuggire a determinismo e casualità) perché l'emergenza forte funziona, allora voglio vedere un esempio di come dovrebbe funzionare. Ed ecco i principali equivoci in materia di libero arbitrio.
1. Se non hai il libero arbitrio, non puoi o non devi prendere decisioni. Indipendentemente dal fatto che tu abbia o meno il libero arbitrio, il tuo cervello esegue valutazioni e produce risultati, e questo è ciò che significa “prendere una decisione”. Non si può non prendere decisioni. Il fatto che i tuoi processi mentali siano deterministici non comporta che non debbano essere eseguiti in tempo reale. Lo stesso vale anche se hanno una componente casuale. Questo equivoco nasce da una concezione “divisa” della personalità: le persone immaginano se stesse come se, nel cercare di prendere una decisione, fossero ostacolate di qualche malvagia legge di natura che sfida il libero arbitrio. Questo naturalmente non ha senso. Tu sei qualsivoglia processo cerebrale che funzioni con qualsivoglia input che riceve. Se non hai libero arbitrio, non l'hai mai avuto, e finora te la sei cavata bene. Puoi continuare a pensare nello stesso modo in cui hai sempre pensato. Lo faresti comunque.
2. Senza il libero arbitrio, non hai alcuna responsabilità delle tue azioni. Anche questo equivoco deriva da una concezione “divisa” della personalità. Tu sei quello che prende le decisioni (raccogliendo informazioni ed elaborandole) ed esegue le azioni (atti sulla base dei risultati). Se le tue azioni sono problematiche per gli altri, tu sei la fonte del problema e gli altri prenderanno misure per risolvere il problema. Non è che abbiano molta scelta. Se il risultato dei tuoi processi cerebrali rende difficile la vita di altri, sarai tu a essere incolpato, recluso, mandato in psicoterapia o preso a calci. E' del tutto irrilevante che la tua elaborazione difettosa delle informazioni sia o meno inscritta nelle condizioni iniziali dell'universo; la questione rilevante è ciò che ti porterà il futuro, se altri cercano di sbarazzarsi di te. La parola “responsabilità” è uno specchietto per le allodole, perché è tanto mal definita quanto inutile
3. Non bisogna dire alla gente che non ha il libero arbitrio, perché pregiudica le regole di una società moralmente giusta. Questo equivoco si fonda sui primi due e sull'idea che senza il libero arbitrio la gente non ha ragione di riflettere sulle proprie azioni e tenere conto del benessere altrui. Questo, naturalmente, è sbagliato. L'evoluzione ci ha dotato della capacità di stimare l'impatto futuro delle nostre azioni e la selezione naturale ha preferito coloro che hanno agito in modo che gli altri fossero d'aiuto rispetto ai loro bisogni, o almeno non apertamente aggressivi verso di loro. Anche senza il libero arbitrio, le persone devono comunque prendere decisioni e saranno comunque biasimate se rendono infelice la vita di altre persone. A volte qualcuno mi cita uno studio che dimostrerebbe che “Incoraggiare la credenza nel determinismo aumenta la disonestà”. Questo studio incoraggia anche l'errore concettuale numero 2, quindi i suoi risultati non sorprendono. Mi piacerebbe vederlo replicato, ma con l'aggiunta della spiegazione che i soggetti dello studio prendevano comunque delle decisioni, indipendentemente dal fatto che il risultato fosse predeterminato o meno, e che, naturalmente, il risultato contava eccome.
4. Se non hai il libero arbitrio, le tue azioni possono essere previste. Anche se in via di principio i processi cerebrali fossero prevedibili, è altamente opinabile che in pratica sia possibile prevederli. Inoltre, come ho spiegato prima, questi processi potrebbero avere una componente casuale che, sempre in via di principio, non è prevedibile. Allo stato attuale non è molto chiaro quale potrebbe essere il peso di una tale componente.
5. Se non c'è il libero arbitrio, il futuro è determinato dal passato. Stesso equivoco del caso 4. Per quanto ne sappiamo, la casualità è una componente delle leggi fondamentali. In questo caso, il futuro non è determinato dal passato, ma nemmeno esiste il libero arbitrio, perché niente può influenzare questa casualità.
6. Se non abbiamo il libero arbitrio possiamo ricavare deterministicamente una morale umana. Non so perché ci si preoccupi tanto di questa cosa. Morale e valori sono solo schemi mentali che gli esseri umani usano per prendere decisioni. La loro importanza deriva dal fatto che questi schemi siano condivisi da molte persone in versioni affini. Se le leggi fondamentali dell'universo fossero deterministiche e se si fosse veramente bravi nel calcolo, allora in via di principio sarebbe possibile calcolare questi schemi. In pratica, nessuno può farlo.  Inoltre, in effetti non è questo che si intende quando si parla di “ricavare la morale”. Quello che si intende in realtà  è se si può derivare ciò che gli esseri umani “dovrebbero fare”. Questo però è possibile solo dopo che è stato definito uno scopo: “dovrebbero fare” per ottenere  cosa? E questo sposta la questione altrove. La scienza non può rispondere alla domanda perché è mal definita. La scienza non può dire quello che una persona dovrebbe fare perché è una frase senza senso. La scienza può, nel migliore dei casi, dire soltanto che cosa farà. CorbisPiù precisamente, il punto è (come ho spiegato più ampiamente in un precedente post) che in qualsiasi momento ci sono domande a cui la scienza non può rispondere perché le conoscenze che abbiamo sono insufficienti. Queste sono le domande che lasciamo alla decisione politica. Tutte le domande “si dovrebbe” sono di questo tipo.
7. Il libero arbitrio è impossibile. Non necessariamente. Come ho spiegato in un altro post, è possibile concepire leggi di natura che non siano né deterministiche né casuali e che si può plausibilmente affermare che consentano il libero arbitrio. Ahimè, al momento non abbiamo alcuna prova che qualcosa di simile si realizzi in natura, né è noto se sia anche compatibile con le leggi della natura che conosciamo. Datemi un finanziamento sufficiente e qualche anno di tempo, e lo scoprirò.
8. Per parlare di libero arbitrio devi essere un neuroscienziato. Associamo il libero arbitrio a sistemi autonomi che fanno scelte, con schemi di attivazione del cervello umano, che è il regno della neurobiologia. Ma il cervello, esattamente come ogni altra parte dell'universo, obbedisce alle leggi fondamentali della natura. Che queste leggi fondamentali consentano il libero arbitrio è una condizione necessaria per l'esistenza del libero arbitrio.
9. Per parlare di libero arbitrio devi essere un filosofo. Se volete sapere come è stato definito il libero arbitrio nel corso della storia dell'umanità, ci sono alcune migliaia di anni di discussioni sulla questione da leggere. Ma a me non piace perdere tempo sulle definizioni e non vedo alcun merito nell'elencare tutte le varianti del libero arbitrio che sono state tirate fuori di volta in volta. Ho detto prima molto chiaramente cosa intendo con “assenza di libero arbitrio”, che poi è il nocciolo del problema riassunto in due paragrafi. Se volete chiamarlo in modo diverso da “libero arbitrio”, non mi interessa, il nocciolo del problema resta quello. 10. Senza il libero arbitrio non è possibile fare scienza. Ho aggiunto questo punto perché si presenta ogni volta che parlo di superdeterminismo in meccanica quantistica. La ragione fondamentale per cui possiamo fare scienza è che il nostro universo evolve in un modo che ci permette di estrarre regolarità in questa evoluzione. È necessario essere in grado di misurare ciò che accade a sistemi simili in condizioni simili, e rintracciarvi degli schemi. Ma come questi sistemi simili siano venuti in essere è del tutto irrilevante: non importa, per esempio, se il laboratorio e le impostazioni del rivelatore erano già predeterminati all'inizio dell'universo. Tutto ciò che conta è che ci sono sistemi simili, che si possono fare rilevazioni, e che i risultati vengono elaborati da voi (o da qualche computer) per estrarne delle regolarità.
Voglio essere molto chiara: non ho detto che il libero arbitrio non esiste. Ho detto che non esiste in base alle nostre migliori conoscenze attuali di come funziona la natura. Se si vuole conservare il libero arbitrio è meglio presentarsi con una buona idea su come renderlo compatibile con le conoscenze scientifiche esistenti. Voglio vedere il progresso, non cortine fumogene di “emergenza forte”, “qualia” e altre fantasie.

Sabine Hossenfelder (professoressa di fisica delle alte energie presso il Nordic Institute for Theoretical Physics di Stoccolma).

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