domenica 24 febbraio 2019

Relazione sulla conferenza di Lorenzo Gianotti - a cura di Enrica Gallo


Relazione sulla conferenza di Lorenzo Gianotti (già Senatore della Repubblica)

UN SECOLO DI RUSSIA:
DALLA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA 
A  PUTIN

Presentazione:

A nome di CircolarMente, Massima Bercetti porge un caloroso benvenuto ad un relatore ben conosciuto dal pubblico, sia per il suo percorso politico – è stato parlamentare e Senatore della Repubblica per tre legislature, prima per il PCI e poi per il PDS - che per la sua attività di studioso, in cui si è occupato in modo approfondito della Russia (si fa menzione in particolare del suo libro più recente, scritto con Nicola Lombardozzi e intitolato “Un secolo di Russia. 1917 – 2017 – Dalla rivoluzione bolscevica a Vladimir Putin”). Con il dott. Gianotti  si intendono per l’appunto affrontare alcune questioni relative alla situazione attuale di questo paese, che non a caso è stato inserito come importante tema culturale e geopolitico nel programma annuale dell’Associazione, intitolato “Futuri”. Si è tenuto conto infatti di alcuni elementi, che vengono ora evidenziati da Massima Bercetti con un movimento in tre mosse, come aprendo una di quelle matrioske che rappresentano una delle più conosciute immagini simbolo della Russia. In primo luogo, si fa riferimento alla nuova aggressività della politica putiniana, estesa sia nell’area medioorientale che nei confronti della Crimea e di altri paesi limitrofi, andando in qualche modo a mettere in discussione quelli che erano i limiti, i patti, i confini e le stesse istituzioni nate alla fine del secondo conflitto mondiale. Un elemento di cui non possiamo non tenere conto, e da cui emerge una prima domanda: ci sarà la Russia, nel nostro futuro? Più dinamismo, più ingerenze, più aggressività, anche nei confronti dell’Europa? La seconda motivazione è relativa invece al recente avvicinamento al Cremlino da parte delle destre radicali e sovraniste europee, e allo sguardo alquanto benevolo che alcune di esse hanno certamente ricevuto in cambio, il che ci spinge di nuovo a chiederci quanta Russia ci sarà nel nostro futuro, nelle nostre iniziative commerciali, nei nostri meccanismi decisionali. Ma è nell’ultimo di questi elementi che si cela, secondo Massima Bercetti, il vero nocciolo – la bambolina interna, più piccola ma non meno importante: esso è emerso infatti dalla lettura del testo breve ma denso del dott. Gianotti, in cui si dà rilievo all’analisi  di un romanziere, Vladimir Sorokin, secondo il quale  la Russia soffre di una patologia della memoria,  una “ecmnesia” intesa come un atteggiamento in cui ci si distanzia dal presente, lo si dimentica, si confonde in qualche modo il presente con il passato facendolo coincidere con il futuro. Una tendenza che secondo Sorokin nasce dalle difficoltà che il paese incontra nella sua politica interna e lo fa sprofondare lentamente in un passato millenario e favolistico. Lo stesso, osserva Massima Bercetti, che sembra attirare alcune delle nostre forze politiche che guardano con nostalgia ad un passato di fatto mai esistito, come se da esso potesse nascere un nuovo e più allettante futuro. Motivazioni molteplici dunque, sulla base delle quali è stato richiesto l’intervento del dott. Gianotti come persona particolarmente adatta a confrontarsi con il pubblico di CircolarMente su questi temi.   
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UN PAESE CON LO SGUARDO RIVOLTO AL PASSATO?
RITRATTO IN CHIAROSCURO DEL “PIANETA RUSSIA”

Nella sua ampia e chiara relazione, il dott. Gianotti ha inteso soprattutto porre l’attenzione sulle somiglianze e sulle differenze che si evidenziano fra la Russia attuale e quella storica: la Russia rivoluzionaria per intanto, da cui è emersa quella che per lungo tempo abbiamo conosciuto come l’Unione Sovietica, ma anche la Russia zarista. Un confronto che a suo giudizio può dare alcune utili indicazioni per comprendere il presente, e che naturalmente va affrontato su diversi piani, da quello sociale ed economico a quello politico-istituzionale e ideologico, dalla cui lettura possiamo evincere un quadro per molti aspetti problematico e contradditorio. Vediamoli dunque separatamente, seguendo il suo discorso.
 Il piano sociale ed economico:
Cominciamo dal piano sociale, in cui le differenze che possiamo riscontrare rispetto al recente passato sono davvero astronomiche. Nella vecchia Unione Sovietica, come sappiamo, la proprietà privata non esisteva e le differenze di reddito fra le varie categorie della popolazione erano estremamente limitate, mentre oggi si riscontra che l’1% della popolazione possiede il 75% della ricchezza del paese, e che una fascia molto ampia di essa, stimata attorno al 25%, vive in condizioni di povertà. Manca inoltre una politica di redistribuzione del reddito, in quanto è prevista una sola imposta del 13% uguale per tutti (non è certo un paese dove si toglie ai ricchi per dare ai poveri, commenta il dott. Gianotti) e in aggiunta non ci sono dei sindacati che possano assumere la difesa dei lavoratori. Giusto chiederci, dunque, come sia vissuta questa sperequazione da parte della popolazione, e se essa dia adito o no a proteste di una certa entità. Questo è successo in effetti di recente per via dell’innalzamento dell’età pensionabile (dai 55 anni ai 60 per le donne, dai 60 ai 65 per gli uomini) che ha dato il via ad una protesta diffusa, ben comprensibile se teniamo presente che le prospettive di vita sono in Russia molto più basse che in occidente (66 anni, per gli uomini). Il trattamento pensionistico è inoltre di bassa entità, il che obbliga spesso i lavoratori a continuare l’attività per riuscire ad avere un livello di vita almeno decente. Se poi dal piano sociale ci spostiamo a quello economico, troviamo una situazione sotto molti aspetti contradditoria. Intanto, di fronte ad un prodotto interno lordo grosso modo simile a quello italiano, abbiamo un controllo statale fortissimo e una presenza davvero impressionante dei cosiddetti “oligarchi” legati al potere politico; dobbiamo inoltre rilevare che sulla situazione economica generale c’è una forte incidenza della corruzione. Ci sono sicuramente fonti importanti di ricchezza, che per il paese derivano per il 70% del suo export dal petrolio e dal gas di cui il territorio russo ha ampie riserve, ma l’industria manifatturiera è ancora debole, e non pare abbia dato esito particolarmente brillante il tentativo di incrementarla, dopo la rottura con l’Occidente, con prodotti sostitutivi. Ha invece una buona tenuta il settore cerealicolo (la Russia è ancora oggi uno dei maggiori esportatori di grano al mondo), anche se deve importare dall’estero, in particolare dall’Africa e dall’Asia, buona parte degli altri prodotti alimentari.
Il piano istituzionale e politico:
Se invece esaminiamo la situazione dello Stato possiamo riscontrare un riavvicinamento fra la situazione odierna e quella che caratterizzava il periodo precedente. Permane infatti una tendenza che viene definita dai teorici come “la verticale del potere”, intendendo con questa espressione un processo per cui il potere decisionale viene fatto discendere dall’alto verso il basso, dal Cremlino al più remoto dei villaggi, secondo una logica centralistica assoluta.
Non ci sono più in effetti dei veri e propri partiti che possano raccogliere le istanze sociali ed agire come mediatori istituzionali: ci sono bensì dei candidati che si presentano alle elezioni, ma questo avviene entro una cornice organizzativa estremamente condizionante (la loro possibilità di partecipare deve essere infatti convalidata da una commissione nominata dal governo, e sottostare a criteri rigidi e alquanto scoraggianti). Ma più ancora di questi elementi, già di per sé sufficientemente illuminanti per cogliere l’atmosfera non proprio liberale del paese, va registrata un’idea  “complottista” largamente diffusa secondo la quale il mondo intero, e in particolare l’Occidente, è ostile alla Russia, il che porta ad una esaltazione massima del tema della sicurezza (pensiamo, osserva il dott. Gianotti, al fatto che le ONG non direttamente dipendenti dallo stato sono inserite nella categoria degli “Agenti stranieri”); è stata inoltre istituita di recente una Guardia Nazionale alle dirette dipendenze di Putin, composta da  340.000 uomini e con attrezzature militari di tutto rispetto. Questa atmosfera generalizzata fa sì che l’opposizione sia davvero sotto scacco e che la possibilità di sviluppare forze non subordinate al potere, e capaci di intervenire con iniziative proprie, sia davvero scarsa: gli oppositori del regime sono costantemente sotto sorveglianza, le manifestazioni sono vietate o represse quando nonostante tutte le difficoltà si riesce ad organizzarle. Se poi prendiamo atto del fatto che la magistratura è in Russia direttamente dipendente dall’esecutivo - il che viola, come ben sappiamo, uno dei principi fondamentali dello stato di diritto – vediamo bene che ci troviamo di fronte ad una “democrazia sovrana” che inibisce il pluralismo politico, riavvicinandosi non solo al passato marxista-lenilista, ma addirittura per certi versi a quello zarista, come se ci fosse una linea di continuità fra momenti storici pur apparentemente così diversi.
Il piano ideologico:
Per definire meglio questa situazione può essere utile portarci sul terreno dell’ideologia. Se infatti riflettiamo su quali possano essere i comuni fondamenti di questi diversi passati storici, troveremo un trinomio basato sull’ortodossia (intendendola qui sotto l’aspetto religioso, per quanto questo fosse assente nella Russia sovietica), sull’autocrazia sul piano del potere politico e sul nazionalismo, che è sempre stato percepito come indispensabile elemento unificante di un insieme altrimenti dispersivo e caleidoscopico di etnie e di popoli. Parole antiche, osserva il dott.Gianotti, che però connotano ancora  il presente della Russia.
Sappiamo infatti che l’alleanza fra stato e chiesa ortodossa è molto stretta (se può essere in qualche misura folkloristico registrare che Putin, ex ateo del KGB ora redento, abbia un confessore personale, è più preoccupante venire a conoscenza del processo che di recente è stato istituito contro un cittadino danese residente in Russia, con l’accusa di proselitismo in quanto Testimone di Geova). La legge statale stabilisce infatti una netta differenza fra le confessioni religiose considerate nazionali (in primis quella ortodossa, seguita dalla musulmana e dalla buddista) e quelle che vengono definite “straniere”. Quanto all’autocrazia, è parola che può ben ancora definire, secondo il dott. Gianotti, il nuovo potere putiniano, mentre il centralismo trova una nuova versione in quella “verticale del potere” cui abbiamo già fatto accenno (il partito di Putin, Russia Unita, domina la Duma e fornisce praticamente tutto il personale politico, dai ministri ai sindaci). Che cosa è rimasto dunque della Russia rivoluzionaria, nella Russia di oggi?  Una domanda questa che spesso gli viene posta nel corso dei suoi interventi pubblici, a cui ora risponde anticipatamente attraverso alcuni esempi quanto mai illuminanti per rendere l’idea di uno “stemperamento”, più che una vera e propria cancellazione.  Se è vero  infatti che la salma di Lenin ancora riposa nel grande mausoleo della Piazza Rossa, non è privo di nota il fatto che nel 2016 lo stesso Putin abbia inaugurato con grande enfasi un mausoleo dedicato al principe Vladimir,  come colui che nel  988 ha introdotto il cristianesimo nel paese; e ancora non è irrilevante che  la data del più importante giorno festivo sia stata spostata dal 7 novembre, anniversario della rivoluzione d’ottobre, al 4 novembre, celebrando la cacciata dell’esercito polacco da Mosca avvenuta nel 1617. Aggiungiamo a ciò la rivalutazione di Stalin, che può apparirci sorprendente se pensiamo ai crimini di cui si è reso responsabile: eppure, in un recente sondaggio di opinione in cui è stato chiesto ai partecipanti di indicare le personalità mondiali di maggiore gradimento, il suo nome appariva ai primi posti. Si parla inoltre il meno possibile dei campi di concentramento: gli archivi sono chiusi, e coloro che più si attivano per riaprirli vengono giudicati al pari di agenti stranieri, come se questo fosse paragonabile ad un atto di sabotaggio.
La politica estera:
In questa ricostruzione, pur succinta, non può mancare naturalmente l’analisi delle ambizioni geopolitiche di cui la Russia di Putin ha dato ultimamente più di una prova. Non è infatti un caso, osserva il dott. Gianotti, che Putin già all’indomani della sua ascesa al governo del paese abbia dichiarato che la scomparsa dell’URSS andava vista come la più grande tragedia del secolo: tutta la sua azione politica è infatti visibilmente intesa a recuperare la potenza che il riferimento a quel passato evocava. Parlare di politica estera significa peraltro distinguere due diversi fronti. C’è intanto un estero “vicino”, rappresentato dalle 14 repubbliche che un tempo facevano parte dell’Unione sovietica: di esse le tre baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) sono ormai da tempo fuori dall’influenza russa, mentre con le tre caucasiche (Georgia, Azerbaigian e Armenia) i rapporti sono più problematici (buoni con l’Armenia ma pessimi con la Georgia). Più ambiguo e complesso il rapporto con la Cina, con cui c’è stato un avvicinamento dopo la rottura con gli Stati Uniti e l’Unione Europea, in seguito all’annessione della Crimea. Restano però alcuni elementi di difficile composizione, fra cui il fatto che la Cina come attore politico è relativamente nuovo, ma è già ora un gigante economico mentre la Russia, nonostante le sue ambizioni, quanto ad economia e sviluppo tecnologico è indietro rispetto sia alla Cina che ai paesi occidentali. Restano poi aperti alcuni forti motivi di contesa dovuti principalmente all’intervento economico cinese nell’Asia centrale, dove ci sono alcune delle repubbliche che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica, il cui territorio è ricchissimo di combustibili fossili. Quello che più ha colpito di recente gli osservatori occidentali in prospettiva geopolitica è peraltro il nuovo attivismo russo in Medio Oriente, il cui successo, secondo il dott. Gianotti, non è solo dovuto al fatto che sul piano militare la Russia dispone di un notevole arsenale, se pure ancora inferiore a quello degli Stati Uniti, ma alla scarsa volontà contrastiva dimostrata proprio dal suo antagonista storico.
Il rapporto con l’Europa e in particolare con l’Unione Europea:
Qui la situazione è per molti versi curiosa. Da un lato la Russia è il nostro principale fornitore di gas, ed è dunque fondamentale per soddisfare il nostro bisogno energetico, ma dall’altro i rapporti con l’Unione Europea si sono profondamente incrinati per via delle tendenze annessionistiche della Russia (la questione ucraina). In questa incrinatura la Russia si sta muovendo abilmente, sfruttando a proprio vantaggio la situazione politica problematica che sta vivendo la UE: cerca dunque rapporti diretti con i singoli stati oltrepassando l’Unione, e punta a stabilire buone relazioni con le forze che nei paesi occidentali si pongono in modo antagonistico e conflittuale con l’Unione stessa, in qualche caso finanziandole direttamente. In questo atteggiamento peraltro, secondo il dott. Gianotti, non c’è soltanto l’applicazione del vecchio adagio per cui “i nemici del mio nemico sono miei amici”, ma anche una indubbia concordanza di idee, di principi ideologici, di sentimenti nazionalistici e identitari. Come in alcuni paesi dell’est europeo, prima di tutti l’Ungheria di Victor Orbàn - il teorico della “democrazia illiberale” che è poi una democrazia svuotata della sua essenza – prevale nella Russia di Putin il culto della tradizione, che si accompagna all’ostilità verso tutte quelle forme di libertà civili e di diritti della persona che sono state la conquista della modernità (per fare un esempio, l’omosessualità costituisce un reato punibile per legge); il sentimento nazionale e patriottico è molto forte, non solo perché sostenuto da un perfetto apparato propagandistico (tutte le televisioni e le principali testate giornalistiche sono praticamente asservite al potere) ma perché in effetti si posa su di una mentalità che ha radici popolari profonde (la Grande Madre Russia), e che si è presumibilmente formata sulla necessità di un forte collante ideale e patriottico che tenesse insieme un paese così composito. Un mondo diverso dal nostro, dunque, quello che ci troviamo di fronte, quasi “un mondo parallelo” (come ha avuto occasione di osservare Angela Merkel dopo un incontro con Putin, riscontrando nel loro colloquio   la mancanza di riferimenti comuni su quanto accade nel mondo). Ed è proprio qui che si pone, secondo il dott. Gianotti, quell’idea di “ecmnesia” cui ha fatto riferimento Massima Bercetti nella sua introduzione alla conferenza e che ora il relatore riprende chiudendola: la tendenza cioè a pensare il presente come fosse il passato, che è cosa a suo giudizio assai pericolosa, su cui conviene davvero interrogarsi.

INTERVENTI DEL PUBBLICO E APPROFONDIMENTI

Molti gli interventi e le domande da parte di un pubblico numeroso e attento, con cui il dott. Gianotti ha avviato un dialogo molto aperto. Qui ci permettiamo peraltro di sintetizzarne solo brevemente i temi, al di là delle modalità e dell’ordine con cui sono stati richiamati all’attenzione del relatore, cercando di mettere in luce gli elementi utili di approfondimento relativi al piano storico e a quello sociale e istituzionale.
Sul piano storico:      
Alcuni interlocutori hanno chiesto al relatore di confrontarsi con quelle figure che hanno segnato a loro giudizio una tappa importante nel processo di modernizzazione del paese e di sia pure parziale evoluzione democratica. Gorbacev, in primis, di cui il dott. Gianotti ha riconosciuto la sincera volontà di trasformazione democratica, vanificata peraltro dal fatto di essere tardiva rispetto ad un sistema che si era ormai troppo slabbrato (pensiamo a Chernobyl!) così che la “glasnost” si è conclusa con un sostanziale fallimento; e ancora prima Kruscev, che certamente ha avuto a suo giudizio grandi meriti nella modernizzazione del paese: oltre alla denuncia dei crimini staliniani e alla chiusura dei campi di concentramento, ha avviato infatti riforme importanti procedendo per  balzi improvvisi, come era nel suo stile - non era certo un intellettuale dal pensiero lungo,  ma poteva contare su di un sano pragmatismo contadino. In effetti la sua defenestrazione è stata opera degli apparati burocratici ostili ad ogni cambiamento, che hanno aperto la strada alla presa del potere da parte di Breznev.
Sul piano politico, sociale e istituzionale:
Nella maggior parte degli interventi peraltro si è tornati ai temi impostati nella conferenza, in qualche caso per confermare, da parte di quegli interlocutori che hanno avuto un’esperienza diretta della situazione russa, quella sorta di rassegnazione al potere da parte della popolazione le cui origini, secondo il dott. Gianotti, posano su di un senso della patria davvero dominante rispetto ad altri valori (per esemplificare ulteriormente queste considerazioni, ricorda quanto è successo nel 42, quando di fronte alla minaccia tedesca Stalin ha aperto i campi di concentramento per trasformare in soldati coloro che vi erano imprigionati – più di un milione di persone, la maggior parte delle quali erano state vittime di una persecuzione tanto implacabile quanto ingiusta. Eppure non ci fu alcuno fra loro che pensasse ad una ribellione, nel momento in cui la patria era in pericolo). Viene anche evidenziata, da parte di chi ha avuto diverse occasioni di confrontarsi con interlocutori russi, una vera e propria paura delle idee di minoranza, considerate portatrici di un potenziale pericolo; è probabilmente questo atteggiamento a far sì che una buona parte della società civile, in cui dovrebbero risiedere gli anticorpi all’involuzione democratica del regime, giustifichi in qualche modo le limitazioni alla libertà. Occorre peraltro tenere conto, osserva il dott. Gianotti, che i pericoli delle opinioni di minoranza non sono solo potenziali, perché chi le esprime va incontro a situazioni alquanto spiacevoli! E forse è anche utile ricordare che la vasta pletora dei dipendenti pubblici gode di alcuni privilegi (uno dei quali è sicuramente quello di poter contare su diverse possibilità corruttive) il che li rende in generale poco propensi ad una attitudine di cambiamento. Il tema della società civile ritorna ancora nelle parole di chi, facendo riferimento alle tesi di Gramsci secondo il quale la rivoluzione russa è avvenuta con quelle particolari modalità proprio perché nel paese la società civile di fatto non esisteva, si chiede che segni essa dia, oggi, della propria esistenza. In effetti, secondo l’esperienza del  dott. Gianotti, non si può dire che essa non esista, tutt’altro: ci sono moltissime persone in Russia che hanno studiato, che viaggiano, che hanno esperienza del mondo, ma il sistema è imperniato su di una sorta di imbrigliamento che non ci consente di parlare di una vera e propria opposizione e che comunque non assume connotati radicali, anche quando si esprime. I pochi giornali di opposizione prendono infatti principalmente di mira gli alti funzionari del partito e la corruzione governativa, ma difficilmente toccano Putin che in qualche misura simboleggia la patria e l’unità del paese, diventando così intoccabile.
Sul piano economico:
Pur nel quadro di un sistema per molti aspetti contradditorio, quale è stato esposto nella conferenza, ha destato comunque un certo sconcerto in uno degli interlocutori la rapidità con cui il tessuto economico e sociale ha potuto passare dalla negazione della proprietà privata alla concentrazione oligarchica. In effetti, secondo il dott. Gianotti che riprende ora il discorso, si è trattato di un’appropriazione totalmente indebita che è avvenuta fuori da ogni regola e che è stata compiuta con la protezione del potere politico dagli alti funzionari dello stato e del partito, spesso vicini allo stesso Putin (senza dimenticare peraltro il ruolo giocato dalla criminalità organizzata). Il relatore fa comunque notare come la stessa vicinanza al potere, che ha permesso che ciò avvenisse senza mai essere legalizzato, comporti tanto rapide ascese quanto cadute rovinose, nel momento in cui il potere cambia di segno (pensiamo, dice, a Khodorovskij, che è stato per un certo tempo l’uomo più ricco della Russia per essere poi accusato di evasione fiscale e peculato, reati per cui sta scontando otto anni di carcere in una prigione siberiana…).  Si tratta comunque di un elemento di grande debolezza del sistema, oltre che di grande ingiustizia. Fra gli interventi che si riferiscono a temi economici, segnaliamo ancora la richiesta di approfondire il rapporto della Russia con quelli che consideriamo elementi tipici della modernità, da Internet ai vari dispositivi digitali e all’alta tecnologia in genere. Alcune osservazioni interessanti vengono in questo caso forniti da chi, esperto del ramo, ha avuto occasione di approfondire questo aspetto e si sente pertanto di affermare che se pure un ritardo c’è stato rispetto all’occidente, esso è stato brillantemente colmato (non sempre in effetti il ritardo è dannoso, si impara anche dagli errori altrui!): a quanto ha potuto notare, le nuove infrastrutture sono di ottimo livello come in generale quelli che abbiamo definito come elementi fondanti della modernità, da Internet all’alta velocità alla potenza di calcolo ecc…
Sul piano del rapporto con l’Europa:
Poniamo in ultima posizione un tema che in realtà ha aperto la discussione, perché ci sembra adatto a concludere questa breve rassegna di interventi in quanto si riallaccia idealmente ad una delle domande da cui si è partiti (“C’è la Russia nel nostro futuro?”).  Muovendo da alcune riflessioni sull’equiparazione sul piano storico e concettuale fra l’esperienza storica del nazismo e quella del  comunismo, che gli pare fuorviante (anche se naturalmente possono ben essere accostati  nelle atrocità compiute), un interlocutore ha posto infatti il tema del rapporto fra Europa e Russia chiedendosi se non sarebbe davvero il caso di giocare d’anticipo con questo futuro, stringendo un rapporto organico con la Russia in cui punti di forza e punti di debolezza potessero equilibrarsi. Non sarebbe possibile – questa la domanda - pensare ad un unico continente, dotato di enormi risorse energetiche e di un grande mercato disponibile? Rispetto a questa proposta, il dott. Gianotti esprime tutte le sue perplessità (al di là del fatto che un tale continente rischierebbe a suo giudizio di diventare fin troppo “arioso”, arrivando al Pacifico!): allearsi con un autocrate in cui si pone l’idea del potere unico e sovrano non gli sembra proprio buona cosa. Vero è che le difficoltà attuali dell’Europa non sono poche, ma essa rappresenta pur sempre un baluardo in tema di diritti umani e democrazia a cui non è certo il caso di rinunciare.  Con questo, il relatore non intende certo rappresentare la Russia come il regno del male, ben sapendo che bene e male non sono mai così nettamente suddivisi (lui stesso, per un certo periodo, ha creduto di vedere in Putin l’uomo nuovo che se pure con una certa rudezza poteva essere in grado di risollevare il paese dal baratro in cui era caduto, anche se poi ha dovuto ricredersi): nondimeno, non gli pare né possibile né augurabile un’alleanza organica con un paese bloccato da una impasse democratica che non consente a tutte  le forze interne di esprimersi e di stabilire rapporti internazionali diversamente  impostati.

 N.B. = Terminiamo con questa riflessione la nostra relazione sulla conferenza del dott. Gianotti, assumendo come di consueto ogni responsabilità per eventuali errori e fraintendimenti del suo discorso

Per CircolarMente,
Enrica Gallo

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