Pubblichiamo con piacere il seguente articolo, segnalatoci
da Gianni Colombo, di Flavio Brugnoli, Direttore del Centro Studi sul
Federalismo di Torino, recentemente apprezzato relatore alla nostra iniziativa dello
scorso 17 Aprile 2019
“EUROPA
– Riflessioni sul nostro orizzonte comune”
Rappresentando di fatto l’ideale proseguimento della stessa
relazione tenuta in quella circostanza
UNA
NUOVA TAPPA
DELLA
DEMOCRAZIA EUROPEA
Articolo di Flavio Brugnoli (Direttore del Centro Studi sul
Federalismo)
Era evidente che
l’elezione di Ursula von der Leyen quale Presidente della Commissione europea
da parte del Parlamento europeo non sarebbe stata un passaggio facile e
scontato. Il risultato finale, con una maggioranza di 383 voti su 374 richiesti
(furono 422, su 367 necessari, per Jean-Claude Juncker nel 2014) è positivo, ma
è anche un segnale da non sottovalutare. È comunque importante che possa andare
avanti la complessa procedura che porterà all’insediamento della nuova
Commissione, il 1° novembre prossimo. Ma sono davvero molte le “lezioni
europee” su cui riflettere, con pazienza e lungimiranza.
Dobbiamo anzitutto
avere chiaro il significato del passaggio istituzionale che abbiamo vissuto
ieri. La candidata proposta dal Consiglio europeo (ovvero i rappresentanti
degli Stati membri dell’Unione) quale Presidente dell’esecutivo europeo (la
Commissione), ha presentato il proprio programma di legislatura davanti al
Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini dell’Unione, per ottenerne la
fiducia ed essere insediata. Un “normale” appuntamento proprio di una
democrazia parlamentare, pur con tutte le specificità di una democrazia europea
in divenire.
Il programma
presentato da von der Leyen non va derubricato a un fatto formale, se solo si
riflette sulla sua genesi. La scelta del Parlamento europeo di puntare sugli
Spitzenkandidaten era stata al centro dell’elezione di Juncker nel 2014. Questa
volta il Consiglio europeo sembrava aver ripreso il sopravvento nel processo di
scelta del Presidente della Commissione, forte anche del fatto che nessuno
degli Spitzenkandidaten 2019 godeva di una chiara maggioranza. Una deriva che
ha spinto molti a dare per morto e sepolto, un po’ frettolosamente, quel
metodo.
In realtà il
programma della candidata Presidente della Commissione è scaturito da intense –
e di necessità frenetiche – consultazioni con i partiti politici e i gruppi
parlamentari che avrebbero dovuto darle (o negarle) la fiducia. C’è in questo
una evidente forzatura, che obbliga a concentrare in pochi giorni un percorso
che aveva visto gli Spitzenkandidaten impegnati per mesi. Ma è anche chiaro che
i partiti politici europei hanno messo sul tavolo di von der Leyen molte delle
proposte al centro dei loro programmi elettorali, con un ancor maggiore potere
negoziale.
Non è quindi solo un
beau geste che la candidata Presidente abbia dedicato un capitolo dei suoi
impegni a “una nuova spinta per la democrazia europea”, invitando il Parlamento
a lavorare con lei per migliorare il sistema degli Spitzenkandidaten e a
valutarne i possibili collegamenti con delle “liste transnazionali” alle
prossime elezioni europee. Il tutto sarà approfondito da una “Conferenza sul
futuro dell’Europa” che dovrebbe coinvolgere anche i cittadini europei, essere
insediata nel 2020 e completare i propri lavori in un biennio, in tempo per le
elezioni del 2024.
Un altro cambiamento
importante annunciato dalla prima donna Presidente della Commissione europea –
che ieri ha aperto il suo discorso ricordando Simone Veil, prima donna
Presidente del Parlamento europeo – è quello di voler dare l’esempio con una
perfetta uguaglianza di genere nella propria Commissione. Una scelta coraggiosa
e benvenuta, che potrebbe anche tradursi in tensioni con alcuni Stati membri.
Specie se la richiesta di von der Leyen sarà quella di designare due candidati,
un uomo e una donna, tra i quali possa scegliere (ricordiamo che alcuni Stati
membri hanno già provveduto a indicare il proprio candidato Commissario).
Prendiamo dunque sul
serio il discorso programmatico di von der Leyen, da leggere in parallelo ai
più articolati “Orientamenti politici” per il 2019-2024 che ha presentato,
sotto il titolo “Un’Unione più ambiziosa”. Non staremo a ripercorrerlo nei
dettagli, ma va apprezzato che la candidata Presidente abbia sottolineato che
questa ambizione si deve confrontare con uno scenario globale in cui il modello
europeo è a rischio e in cui “noi sosteniamo il multilateralismo, il commercio
equo, difendiamo l’ordine basato sulle regole”.
Il quadro
prospettato da von der Leyen vede un’Europa “primo continente a impatto
climatico zero del mondo entro il 2050”, con un Green Deal nei suoi primi 100
giorni, la prima “legge europea sul clima”, un grande piano d’investimenti
pluriennali, una “banca climatica europea” (all’interno della BEI), un adeguato
“carbon pricing” e una conseguente “imposta sul carbonio alle frontiere”.
Un’Europa che intende fare il massimo uso della flessibilità prevista dal Patto
di Stabilità e Crescita, introdurre uno “strumento di bilancio per la
convergenza e la competitività della zona euro”, battersi per una tassazione
equa, a partire dai giganti del digitale, investire per “sfruttare le opportunità
dell’era digitale in un contesto che garantisca la sicurezza e rispetti
l’etica”. Un’Europa in cui il Pilastro europeo dei diritti sociali viene
rafforzato definendo un quadro europeo per il salario minimo e un “regime
europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione”, migliorando
“Garanzia giovani” e introducendo una “Garanzia per l’infanzia”.
Sul piano dei
diritti, la Presidente si impegna a combattere ogni discriminazione, a “non
accettare alcun compromesso” sul rispetto dello Stato di diritto e a prevedere
un “meccanismo europeo” per la sua protezione. Per quanto riguarda le
migrazioni, sottolineato che “in mare vige il dovere di salvare vite umane”,
intende lavorare per ritornare ad uno spazio Schengen “pienamente funzionante”,
un “rafforzamento dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera”,
un effettivo “sistema europeo comune di asilo”. Nel campo della sicurezza, von
der Leyen – per oltre cinque anni ministro della difesa in Germania – ribadisce
che “la pietra angolare della nostra difesa collettiva sarà sempre la NATO.
Resteremo transatlantici e dobbiamo diventare più europei. Ed è per questo che
abbiamo creato l’Unione europea della difesa”. Colpisce il peso relativamente
scarso dato agli impegni che l’Europa dovrebbe assumere verso il continente
africano, anche se negli “Orientamenti” si fa riferimento a “una strategia
globale sull’Africa”.
Di fronte a questo
ampio programma le forze politiche europee hanno espresso le loro legittime
valutazioni e hanno pronunciato – a scrutinio segreto (forse non la via
migliore per unire responsabilità e trasparenza) – dei Sì e dei No di peso:
vale per il sostegno alla candidata Presidente da parte di PPE, Renew Europe,
larga parte dei S&D e anche del M5S, così come per il voto contrario dei
Verdi, della sinistra radicale, dei sovranisti (Lega inclusa) e dei
conservatori (PiS polacco escluso). Rimane il dubbio che talune scelte europee
siano ancora condizionate da scenari e tensioni nazionali (valga per tutti il
caso della Germania), ma anche questo è indice e parte di un processo in
divenire.
Un Parlamento
frammentato ha dato origine a una maggioranza risicata. Sulle decisioni nel
corso della legislatura saranno certo possibili maggioranze diverse –
difficile, ad esempio, che i Verdi rimangano insensibili a una “legge europea
sul clima” adeguatamente strutturata. Ma il punto di fondo è che quello
presentato dal/la candidato/a Presidente della Commissione dovrebbe diventare
un programma di coalizione, discusso per tempo, coinvolgendo chi rappresenta
gli Stati e chi rappresenta i cittadini e avendo i partiti politici europei
quale loro luogo di raccordo. Solo così le potenzialità democratiche del
sistema troveranno un punto di equilibrio dinamico, a beneficio degli elettori.
I partiti politici europei hanno davanti un quinquennio per strutturarsi e
prepararsi alla nuove sfide. Nel 2024 non saranno possibili scuse o
recriminazioni.
(Le
opinioni espresse non impegnano necessariamente il CSF)
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