domenica 19 gennaio 2020

Relazione sulla conferenza del 17/12/2019 "Storie di persone e comunità traumatizzate" - a cura di Maria Letizia Villa


ReLazione sulla conferenza tenuta presso
la Biblioteca comunale “Primo Levi”
Martedì 17 Dicembre 2019


“Storie di persone e di comunità traumatizzate:
 come riattivare possibilità di vita”

RELATRICI :  Anna Maria Bastianini ed Ester Chicco
esponenti dell’Associazione PSICOLOGI nel MONDO

                    
L’Associazione  culturale CIRCOLARMENTE in collaborazione con l’ANPI e il Circolo  dei LETTORI di Avigliana  ha organizzato una conferenza  “ Storie di persone e di comunità traumatizzate: come riattivare possibilità di vita”, presentata da due relatrici, Anna Maria Bastianini ed Ester Chicco , esponenti dell’Associazione Psicologi nel mondo, che opera  in comunità colpite da una emergenza naturale, da una guerra , da catastrofi industriali  o altro, poiché all’interno di queste comunità traumatizzate si modificano il tessuto sociale e le reti relazionali,  riducendo il potenziale evolutivo a disposizione per progettare il futuro.

Massima Bercetti, presidente dell’Associazione Circolarmente,  spiega che, nell’ambito della celebrazione  della nascita di Primo Levi,  promossa dall’Amministrazione comunale  di Avigliana, Circolarmente  ha proposto questo progetto in quanto consente di ricordare la figura di Primo Levi e nel contempo di attualizzarne il messaggio. L’Associazione Circolarmente, con questo Progetto pone in essere due aspetti importanti dell’evento:
 1) la collaborazione di  Circolarmente con l’ANPI e il Circolo dei Lettori  esprime la volontà dell’Associazione di  voler costruire relazioni per evitare di essere autoreferenziale e di  voler condividere le sfide del presente non nella forma del reflusso e non nella pura e semplice ripetizione  di quello che c’è già stato, affrontando  nuove modalità capaci di  conoscere, includere ed esercitare anche  rispetto  nel confronto degli altri;
2) Circolarmente  ha accolto la proposta del Circolo dei lettori in quanto nel suo programma di questa annualità  il tema centrale è “Ricucire le ferite”  e qui ci sono le Ferite, i Traumi e le persone che si chinano su queste ferite,  cercando di aiutare e di soccorrere.
La Presidente fa anche presente che Circolarmente, nella persona di Antonietta Fonnesu, ha già  ben documentato, in una dettagliata  ricerca, il periodo  lavorativo, trascorso da Primo Levi in Avigliana , dal 1946 al giugno del 1947, dove ha iniziato sistematicamente la stesura della sua opera “Se questo è un uomo” per testimoniare il suo dolore e la sofferenza derivata.

Intervento di AnnaMaria Bastianini, dell’Associazione Psicologi nel Mondo - Torino
La relatrice specifica che il suo  intervento si inserisce all’interno dei significati esposti nella presentazione in merito alla elaborazione sulla partecipazione alle Reti che costituiscono la Comunità, infatti è in questa ottica che agisce l’intervento della sua associazione che non è costituito da progetti già confezionati, né da risorse economiche da elargire ma nell’aiuto all’elaborazione dei traumi con un approccio alla ricostituzione dei vincoli sociali, alla rigenerazione della Comunità come rete di relazioni proficue. La tematica trattata riguarda nello specifico i TRAUMI, i traumi delle persone e delle Comunità. Non tutte le ferite diventano traumi  ma soprattutto lo diventano le ferite per eventi che ci pongono di fronte alla propria morte. Si parla di eventi per cause umane ( guerre) o naturali, come la guerra civile che ha devastato per dodici anni il Salvador o il terremoto che ha colpito recentemente il nostro centro Italia. Il concetto di TRAUMA si focalizza su un’esperienza cui tutti possiamo essere esposti, innanzi tutto chi ha subito le conseguenze di un vissuto di guerra, ma anche un qualsiasi evento come un incidente d’auto  potrebbe diventare un trauma. Un trauma è un’esperienza con la morte possibile, ma ogni evento di questo tipo non è detto che possa diventare trauma in quanto ci sono persone che possono essere meno esposte a tali  eventi sia per la loro personalità sia per la loro rete sociale d’appartenenza. DEFINIZIONE  di Trauma: una situazione di funzionamento psicologico che si caratterizza  come una frattura importante nella continuità psicologica per un evento che disarticola la stabilità del funzionamento psicologico  ponendo  una frattura soprattutto tra razionalità ed emozionalità,  per cui è possibile che una persona possa”raccontare cose terribili senza coinvolgimento emotivo.” Così la psicologa esemplifica raccontando l’esperienza con gli abitanti d Santa Marta , paese del Salvador ,  le cui narrazioni, dopo un’esperienza traumatica di dodici anni di guerra civile, pur esprimendo un’esigenza narrativa, come aveva già rilevato Primo Levi, rivelavano però una razionalità priva dell’elemento emozionale, senza alcun riferimento al dolore personale. Questi atteggiamenti mentali sono opera della DISSOCIAZIONE che si verifica per l’evento traumatico. Affronta quindi le problematiche relative al CONDIZIONAMENTO CLASSICO rilevando che  nei sopravvissuti la valutazione del contesto è deficitaria per cui continuano a utilizzare il sistema di difesa in reazione a stimoli condizionati di minaccia, senza attivare altri sistemi di azione  che in effetti sarebbero più adatti al contesto corrente. Inoltre precisa che la presenza degli eventi traumatici, permanendo a livello inconscio, si può ripresentare sottoforma di INCUBI o di FLASHBACK che disturbano il pensiero e  l’attenzione  anche  nei momenti più disparati, oppure anche attraverso le cosiddette memorie somatiche o corporee. Ricorda l’esperienza che hanno avuto con i terremotati, ad esempio della zona di Amatrice, dove anche i bambini avevano acquisito una particolare sensibilità tale che al minimo sentore di un lieve evento sismico  immediatamente riattualizzavano l’evento traumatico anche se in un contesto sociale di normalizzazione.  Gli stessi migranti ci riportano nelle loro narrazioni i loro drammatici ricordi come se fossero continuamente presenti, anche se nell’attuale situazione nessuno li minaccia. Così Primo Levi ci riporta, nella sua opera letteraria, le violenze estreme subite in  un clima di totale disumanizzazione.  Sempre in questo ambito vi è la difficoltà di proiettarsi e di progettare un futuro per le difficoltà  identitarie  relative alle difficoltà di integrazione degli aspetti di sofferenza traumatica e degli altri aspetti comunque “funzionanti” della personalità. Un’altra questione ancora riguarda la ripetizione del trauma per cui è possibile che  persone traumatizzate inconsciamente vadano a ricercare situazioni di vita che potenzialmente riproducano quello che hanno subìto. Ad esempio nel Salvador dove hanno subìto per anni violenze si è osservato la possibilità di passare da vittima a carnefice e ciò è in qualche modo una possibilità inconscia di cercare di controllare quello  che si ha subìto.  Come si sa che chi ha subìto violenza dal punto di vista sessuale è possibile che ripeta situazioni di questo genere, così come avviene alle donne che subiscono violenza che vanno a cercare  uomini violenti perché in qualche modo il problema del ricucire le ferite è una questione importante perché una funzione psichica traumatizzata permane e se non c’è la possibilità di intervenire su questo funzionamento psichico si  finirà di procurarsi  guai  nel cercare di neutralizzarla.   La  fruizione dei videogiochi violenti, ad esempio, ferisce profondamente e perciò si cercherà di ricucire questa ferita nello stesso modo in cui è stata subìta, cercando cioè di procurarsi situazioni sempre più violente per sfidare se stessi, di qui l’importanza  della fruizione dei videogiochi in compagnia, in comunità, per limitarne l’effetto devastante.

Da questo intervento, riassunto in estrema sintesi, scaturisce la necessità di approfondire alcune considerazioni che trasmetto direttamente alla psicologa.
DOMANDA :  Focalizziamo il discorso sul fatto che le donne vittime di violenza sessuale ricercano inconsciamente uomini violenti o meglio un ruolo di sudditanza alle servitù sessuali ma che nel contempo ritrovano il coraggio alla ribellione, fornito loro dalla Comunità di appartenenza .  E’ forse questo il nocciolo della questione: ripetere la scena iniziale della violenza per  cui poi annientarla con una ribellione, possibile solo ultimamente perché aiutate da una Comunità che finalmente offre soluzioni di  supporto?
In sostanza questa coazione a ripetere è solo un tentativo di rivincita alla violenza subìta?
RISPOSTA: Penso che la coazione a ripetere  rimandi da una parte alla situazione di congelamento emotivo proprio del funzionamento traumatico, bloccato nella possibilità di elaborare esperienze di dolore estremo, e dall’altra rappresenti comunque un tentativo di gestire e di controllare e di reagire a situazioni di sofferenza capace di annientare la persona nelle sue possibilità di pensare e di agire in modo libero e autonomo.  Il riattivare possibilità di parola e di esperienze relazionali positive, anche sul piano corporeo,  può permettere trasformazioni di funzionamento  psicologico che favoriscono l’uscita dalla sterilità e della distruttività della coazione a ripetere spezzando il circolo della violenza. Il supporto, l’accompagnamento e soprattutto il riconoscimento da parte della Comunità rappresenta un fattore di protezione e di trasformazione molto potente per una positiva evoluzione delle situazioni traumatiche personali e collettive.

Conferenza di Ester Chicco dell’Associazione Psicologi nel Mondo – Torino
La psicologa ci presenta il lavoro svolto dalla loro Associazione all’interno della Comunità di Santa Marta in Salvador, un paese raso al suolo nel 1981 (nel corso della guerra civile 1980 – 1992) dall’esercito per contrastare il movimento di lotta antigovernativa supportato anche da movimenti cattolici che si ispiravano alla teologia della liberazione. Si ricorda che in quegli anni, oltre a innumerevoli efferati massacri compiuti dalle forze governative sulla popolazione civile, furono assassinati anche il Vescovo di San Salvador Monsignor Romero e un gruppo di gesuiti della UCA (1989). Da Santa Marta la popolazione era dovuta fuggire nel vicino Honduras dove era vissuta per sei anni in campi di rifugio. Ritornata e ricostruito il loro paese, questa comunità continuava a portare dentro di sé tutte le ferite dovuti ai traumi e alla violenza vista e subìta che, come sappiamo dalla letteratura psicologica, possono trasmettersi alle nuove generazioni. L’associazione Psicologi nel Mondo – Torino ha lavorato fin dall’inizio nel rinforzare la resilienza individuale, familiare e collettiva, giungendo poi, nel corso del tempo, anche ad affrontare più direttamente le tematiche relative ai traumi di guerra. Nell’ottica di pensare che il benessere psicologico passa anche attraverso lo star bene nella propria famiglia e nella comunità,  riuscendo a pensare a un presente e a un futuro migliore, e partendo da quello che già era presente a livello associativo a Santa Marta, il gruppo ha dato impulso a gruppi di gioco mamma-bambino, ha supportato gli arbitri e i giocatori delle squadre di calcio maschili e femminili, ha collaborato con Radio Victoria, la radio comunitaria, ha sostenuto un gruppo di giovani nell’iniziare una attività di artigianato con il legno, ha lavorato con la scuola dove erano presenti molte problematiche di apprendimento, riconducibili, almeno in parte, anche ad elementi di violenza presenti nelle famiglia (a loro volta legati alla violenza della guerra civile). A questo proposito è da evidenziare l’importanza attribuita dalla comunità all’istruzione: anche nei campi profughi funzionava una scuola popolare in cui le conoscenze era trasmesse dai maestri popolari. Una delle conseguenze del trauma, sia a livello personale che comunitario, è quello di ridurre e rendere difficile la progettualità nel futuro e questa è una delle dimensioni su cui il gruppo ha lavorato. A partire da queste attività, con il tempo e la fiducia instauratasi fra i gruppi di Santa Marta e Psicologi nel Mondo, insieme con alcuni psicologi locali, che nel frattempo si erano formati, è stato possibile mettere in atto gruppi di parola e di ascolto, che toccassero più direttamente i vissuti e i racconti personali rispetto agli eventi traumatici legati alla guerra, ma anche alle difficoltà e alle mancanze di prospettive del presente. Questi racconti si sono poi anche trasformati in spettacolo teatrale. E’ stato dato anche supporto psicologico ai testimoni di una sessione del Tribunale della Giustizia Restaurativa, all’interno della quale è stato possibile per gli abitanti di Santa Marta denunciare pubblicamente massacratori e torturatori, ancora in vita ed impuniti a causa dell’amnistia concessa nell’Accordo di Pace ai  crimini di guerra, che ha portato come conseguenza anche la convivenza con i responsabili dei massacri e degli assassinii. Il compito di Psicologi nel Mondo in questo momento continua nell’aiuto alla comunità di Santa Marta ad affrontare la povertà e la mancanza di prospettive di sviluppo, in particolare rispetto alle fasce più fragili della popolazione, e a “difendersi” dalle problematiche relative alla criminalità, che purtroppo imperversano sempre più nel paese. Successivamente la psicologa espone l’intervento in una comunità italiana, a Fiastra, nelle Marche, che, dopo il terremoto del 2016, che aveva distrutto buona parte del paese, pur non facendo vittime umane, era stata praticamente divisa in due: una parte della popolazione era rimasta in montagna, l’altra era stata spostata nei campeggi del mare dalla Protezione Civile. Anche in questo caso si è lavorato con l’approccio della Psicologia di Comunità, supportando gli elementi di resilienza delle persone e dei gruppi e lavorando per una ricucitura delle fratture che si sarebbero potute verificare in questa situazione. Anche in questo caso si è lavorato con gruppi di ascolto e di parola, con le fasce più deboli della popolazione, con le scuole e dando impulso a tutte le attività che potessero andare nell’ottica di una ripresa di progettualità. In quest’ottica va la progettazione, effettuata anche con un’architetta che fa parte del gruppo, del Giardino “La rinascita dei sogni” con l’amministrazione comunale e i bambini delle scuole.
DOMANDA: si potrebbe approfondire il discorso sulle motivazioni del vostro recente viaggio in Burkina Faso?
RISPOSTA: Il nostro gruppo si è recato nel mese di novembre scorso in Burkina Faso, a Bobodjoulasso, su richiesta dell’Abbé Emannuel Nabaloun, che gestisce un centro di accoglienza e cura per malati mentali raccolti in gran parte dalla strada, per verificare la possibilità di un appoggio di tipo psicologico ai medici e agli operatori del centro stesso. Un secondo obiettivo del nostro viaggio è stato quello di incontrare psicologi africani per comprendere meglio alcuni aspetti legati alle rappresentazioni e alle manifestazioni della sofferenza mentale in quell’area dell’Africa. Questo perché come Psicologi nel Mondo ci occupiamo qui a Torino e provincia di sostegno psicologico a migranti e richiedenti asilo e ci rendiamo conto come le nostre categorie occidentali non sempre ci siano utili nell’aiuto psicologico a persone di culture differenti.

L’incontro con questi psicologi, che fra l’altro lavorano anche con migranti rimandati indietro dall’Europa, o con persone che migrano da un paese all’altro dell’Africa, e che sono in grosse difficoltà per rientrare nelle loro situazioni di origine, non solo per motivi economici, ma anche psicosociali, ci ha dato elementi di comprensione molto stimolanti, che contiamo di approfondire restando in contatto con loro.

A cura di Maria Letizia Villa

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