domenica 5 gennaio 2020

Il "Saggio" del mese - Gennaio 2020


Il “Saggio” del mese

 GENNAIO 2020

E’ buona regola avere una certa dose di diffidenza verso le definizioni che ambiscono a sintetizzare il carattere, ritenuto fondamentale, di una fase storica piuttosto che di un processo economico o sociale. Troppe, troppo complesse e troppo condizionate da contesti specifici, sono le variabili che sempre formano questi fenomeni. E’ pur vero, al tempo stesso, che queste definizioni, quando riescono a superare l’esame del tempo, acquistano una valenza ed una efficacia durature in grado di “etichettare” l’oggetto preso in esame. Sarà quindi il tempo, ed il dibattito che sarà stata in grado di suscitare, a stabilire se abbia centrato il suo obiettivo la definizione di “società signorile di massa”, usata da Luca Ricolfi (sociologo, politologo, professore ordinario di Analisi dei dati presso l’Università degli Studi di Torino). per la società italiana, così come si è venuta a delineare dagli anni Sessanta ai nostri giorni,. Quello che però di più interessa in questa sede, la vera ragione per la scelta del saggio di Ricolfi, è conoscere e valutare i dati analitici che lo hanno indotto a ricorrere a tale definizione. Ci sono sembrati dati che compongono una interessante fotografia sulla quale riflettere, tenendo nella giusta considerazione la competenza professionale di analisi dei dati, in ispecie in campo sociologico, che Ricolfi indubbiamente possiede ed al tempo stesso le controversie, i dubbi, che molto spesso, specie a sinistra, hanno suscitato le sue prese di posizione non di rado cariche di un eccesso polemico verso quello da lui giudicato  essere il pensiero “mainstream” di sinistra. 
"La società signorile di massa!"  - di Luca Ricolfi - Ed."La nave di Teseo"  2019 - pag.261
L’antefatto che spiega la ragione per la quale Ricolfi sia stato indotto ad una definizione quantomeno “provocatoria” sta nella difficoltà, per l’opinione pubblica diffusa e per gli stessi studiosi, di conciliare due letture antagoniste della società italiana: da una parte la cruda realtà, basata su dati e statistiche inoppugnabili, di una economia in costante crisi se non di  declino, di una società segnata da fasce consistenti di povertà e da una continua accentuazione delle disuguaglianze economiche, e dall’altra la percezione, altrettanto diffusa ed difficilmente negabile, di un persistente livello di consumi e di comportamenti generali propri di una società “del benessere”……… si dovrebbe concludere, in modo salomonico, che l’Italia è un paese felice e ricco, in cui tuttavia permangono sacche di povertà e diseguaglianze che alcuni enfatizzano ed altri ignorano …… Una più attenta ed approfondita lettura di alcuni dati fondamentali impone però, a suo avviso, una diversa conclusione: che non si tratti cioè del semplice permanere di alcune imperfezioni in un quadro ancora ottimistico, ma che in Italia si sia progressivamente costruita una diretta relazione fra povertà e ricchezza, con la prima ad alimentare la seconda, ovvero la seconda ad accentuare la prima. Una società quindi ancora opulenta nonostante una economia in (irreversibile?) declino ma in cui ……. i cittadini che accedono al surplus senza lavorare sono più  numerosi dei cittadini che lavorano …… E’ soprattutto quest’ultimo aspetto che consente a Ricolfi il ricorso alla definizione di “società signorile di massa”. La società signorile del passato, quella “classica”, definiva una situazione in cui alcuni gruppi sociali, nobili, guerrieri e clero, si appropriavano di una quota rilevantissima del reddito economico prodotto dal resto della popolazione alla quale restavano ben poche briciole. Si trattava però dell’ingiusto rapporto fra una ristretta minoranza e la stragrande maggioranza della popolazione. E’ possibile però utilizzare la definizione di “società signorile” quando questo rapporto fra minoranza e maggioranza si rovescia? E’ possibile cioè che il termine signorile debba essere completato con l’aggiunta di “massa”?  Sono queste le domande da cui prende le mosse questo saggio che intende rispondere verificando l’effettiva sussistenza delle tre condizioni di base che, a suo avviso, caratterizzano una possibile “società signorile di massa”:
1.     il numero dei cittadini che non lavorano è superiore a quello di chi lavora
2.     l’accesso ai consumi opulenti riguarda una alta percentuale di cittadini
3.     l’economia è in condizione di decrescita e produce sempre meno surplus
Capitolo Primo = che cos’è la “società signorile di massa”
Alcuni dati, anno 2018, chiariscono immediatamente l’ambito generale al quale è inderogabile fare riferimento (tutti i dati citati sono di fonte Istat o comunque elaborati sulla base di quelli d  istituti di analisi ufficiali):
-  in Italia sono presenti circa 5 milioni di “non cittadini” (gli immigrati)
-  sono considerati sotto la soglia di povertà circa 3 milioni di cittadini (italiani)
-  i cittadini al di sopra della soglia di povertà, con grande disparità di condizione tra di loro, sono circa 52 milioni, l’87% dei residenti e ben il 94% dei cittadini (italiani)
-  fatto cento il numero di residenti da almeno quindici anni il loro rapporto con la situazione lavorativa è il seguente:
-  il 39,9% degli italiani che lavorano è formato da tutti quelli che in qualche modo concorrono ad attività economico/produttive indipendentemente da tipologia di contratto e di figura professionale
-  il 52,2% degli italiani che non lavorano è costituito da tutti coloro (pensionati, studenti, NEET, disoccupati, inoccupati, invalidi, etc.) che non hanno alcuna relazione, ufficialmente rilevabile, con attività economico/produttive, in buona misura in relazioni di parentela con i primi
-  il 7,9% di non cittadini stranieri in gran prevalenza lavora ma in buona misura in condizioni tali da poter essere definite “para-schiavistiche” con l’effetto che uno su tre è in povertà assoluta, cinque volte e mezza rispetto ai cittadini italiani
-  il “sorpasso” degli italiani che non lavorano rispetto a quelli che lavorano non è avvenuto recentemente ma risale all'ormai lontano 1964, l’anno della “congiuntura”, la prima recessione dell’economia italiana dalla fine della guerra, che da lì in poi non ha più ripetuto le precedenti formidabili percentuali di crescita del PIL 
Il dato più rilevante, ai fini dell’analisi di Ricolfi, è sicuramente quello che, scontate eventuali limature di limitatissima incidenza, al termine di un percorso storico di ormai più di settant’anni, ……. fra i cittadini italiani sopra i quindici anni la percentuale di quanti, a vario titolo, non svolgono alcun lavoro supera il 50% …… In campo sociologico ed economico sono ovviamente molte le interpretazioni di un fenomeno così eclatante, Ricolfi fa sua quella, sostenuta ad esempio da Giuseppe De Meo, Presidente ISTAT dal 1961 al 1980, che evidenzia il ruolo disincentivante del benessere che il miracolo economico degli anni Sessanta ha avuto sulla propensione alla ricerca del lavoro. In questo senso va tenuta presente la notevole incidenza dei lavoratori stranieri sulla percentuale degli occupati, (elemento sul quale Ricolfi tornerà, stante la sua centralità, nel Capitolo successivo). Quale che sia la lettura più corretta resta comunque il fatto che già a metà degli anni sessanta la prima condizione che definisce una società signorile di massa, più inoccupati che occupati, è stata raggiunta e non è più mutata se non per accentuarsi. Occorre contestualizzare questo dato: una società “normale” possiede fisiologicamente una percentuale anche ampia di inoccupati ma essa, per garantire la “normalità”, non deve superare il 50%. Ed è quanto succede in quasi tutti i paesi avanzati:, come si può rilevare dalla seguente tabella che confronta i primi cinque paesi con più occupati con i cinque con meno occupati (in mezzo si collocano tutti i paesi ad economia avanzata che hanno un tasso di occupazione comunque superiore al 50%)
Più complessa è la definizione della seconda condizione, non fosse altro per il fatto che i parametri per quantificare i livelli, quantitativi e qualitativi, dei consumi sono molto variati nel corso del tempo. Una situazione di consumo cospicuo degli anni sessanta non è paragonabile ad una attuale. Una possibile risposta, quella più utilizzata dagli studiosi del settore, è quella che …… la soglia fra consumi voluttuari e consumi di base è che questi ultimi siano posseduti o fruiti da oltre la metà dei cittadini …… ed in aggiunta, ad ulteriore precisazione, che ….. nella popolazione nativa il surplus, ossia il consumo che eccede quello dei bisogni essenziali, soddisfatti per oltre la metà della popolazione, superi il triplo dei livelli di sussistenza …….. Può aiutare ad ancora meglio capire l’evoluzione avvenuta per tre beni di consumo, fino a pochi decenni fa riservati ad una minoranza, ed oggi, in accordo con quanto sopra, goduti da più della metà degli italiani: la casa di proprietà, l’automobile, le vacanze lunghe ……. oggi il possesso della casa di proprietà e dell’automobile riguarda quasi l’80% degli italiani, e le vacanze lunghe sono godute da circa il 65% …….  Questa situazione si è realizzata per l’appunto solo quando il surplus  di consumo ha superato il triplo del reddito di sussistenza. Dal punto di vista storico ciò si  è realizzato solo tra gli anni ottanta ed i primi anni duemila, tenendo conto che, sempre dati Istat, oggi il livello di sussistenza per una famiglia di due persone è fissato a circa 12.000 euro netti l’anno, reddito che è pur sempre il doppio di quanto era nel 1951. Ciò detto se si pone in relazione questo livello di consumo con il parallelo diminuire del numero di occupati diventa possibile sostenere che …… una porzione significativa del surplus di reddito prodotto dalla società italiana è goduta da parte di chi non lavora ……. Ricolfi approfondirà nei capitoli successivi questa analisi, ma questa prima constatazione è già sufficiente per sostenere che anche la seconda condizione della società signorile di massa si è concretizzata. I dati che riguardano la terza condizione non presentano al contrario alcuna complicazione di lettura:
Emerge con chiarezza una costante contrazione, con una ulteriore discesa a cavallo della crisi 2007/2008, delle capacità economiche e produttive del nostro paese. Un dato che dovrebbe essere maggiormente tenuto in considerazione nelle attuali sterili discussioni sul raggiungimento di un decimo di punto in più. Restando alle finalità del saggio di Ricolfi è indubbia la presenza della terza condizione per poter proporre l’ipotesi della società signorile di massa. In una società a “crescita zero”, se non di vera e propria contrazione, …… è matematico che i progressi di ego siano gli arretramenti di alter, che i successi di ego siano i fallimenti di alter ……
Capitolo secondo: i pilastri
La società signorile di massa così configuratasi nel nostro paese poggia, secondo Ricolfi, su tre pilastri fondamentali:
1.     la ricchezza accumulata da due generazioni, la prima di quelli che “hanno fatto la guerra” e la seconda di quelli che “per primi in Italia non ne hanno mai fatta una”
2.     lo scadimento della scuola con i collegati abbassamento degli standard di istruzione e l’inflazione dei titoli di studio
3.     la formazione, più recente rispetto ai primi due pilastri, di una “infrastruttura paraschiavistica”
Il risparmio dei padri
1951 = il potere di acquisto medio delle famiglie italiane, rivalutato ai prezzi attuali, è di circa 12.000 euro l’anno. Vale a dire, come si è visto nel Capitolo precedente, l’attuale soglia di povertà assoluta per la famiglia tipo. Non mancano, al di là delle nude cifra statistiche, evidenze testimoniali, basti pensare allo spaccato degli italiani raccontato dal cinema neorealista di quegli anni, l’Italia del censimento del 1951 era decisamente povera soprattutto se valutata con gli standard attuali di benessere minimo. Tornando alle nude cifre oggi il reddito medio annuo familiare è di 46.000 euro, e deve sostenere nuclei familiari molto meno numerosi. Come e quando si è realizzato un salto così significativo?

Emerge con evidenza come la ricchezza da reddito sia cresciuta costantemente e significativamente fino al 1992, e quindi nei decenni con protagonista la generazione dei giovani usciti dalla guerra ed in parte di quella immediatamente successiva. Da lì in poi il potere di acquisto ha fermato la sua crescita rimanendo, con scostamenti poco significativi, pressoché identico negli ultimi venticinque anni. Un altro dato economico conferma questa constatazione: sempre fino ai primi anni novanta …… è stato elevatissimo il tasso di risparmio delle famiglie italiane ….. nel 1951 la ricchezza media, rivalutata alle cifre attuali e composta da patrimonio immobiliare e risparmio mobiliare,, era di 100.000 euro, è poi salita ai primi anni novanta a 350.000 euro per fermarsi fino ai nostri giorni ad un livello appena inferiore ai 400.000 euro. Ad uno spirito di forte propensione al risparmio si sono aggiunti due fattori che, sempre nel periodo “buono”, hanno inciso moltissimo: la bolla immobiliare, con una fortissima rivalutazione del patrimonio già posseduto piuttosto che acquisito, e gli altissimi tassi di interessi dei titoli pubblici emessi in quantità crescenti per finanziare un debito pubblico in costante evoluzione. In sostanza la ricchezza in Italia si è costruita nel trentennio che va dal miracolo economico del secondo dopoguerra fino alla fine della Prima Repubblica (1994) nel successivo trentennio il reddito è entrato in stagnazione mentre la ricchezza è continuata a crescere unicamente grazie alla rivalutazione dei valori immobiliari ……a partire dal 1964...... lo stesso anno che, come si è visto in precedenza, segna il sorpasso degli inoccupati sugli occupati ……. si ferma la crescita del reddito e cresce, seppur di poco, solo più quella delle ricchezza …….
Distruzione delle scuola e disoccupazione volontaria
Il secondo pilastro è costituito dall’abbassamento dei livelli effettivi di istruzione ed il collegato mutamento nella ricerca ed accettazione del lavoro. Ed anche per questi fenomeni la svolta avviene nei primi anni sessanta con l’istituzione della scuola media unica del 1962 e con la successiva liberalizzazione degli accessi universitari del 1969. Ricolfi non cita in questo caso dati, essendo difficile reperirne di specifici oggettivi, ma richiama evidenze diffuse sul progressivo scadimento della “preparazione” scolastica ad ogni livello, comprese quelle delle clamorose esclusioni da graduatore di esame di un numero impressionante di concorrenti “laureati” non in possesso delle basi grammaticali e di sintassi in precedenza acquisite a livello di terza media inferiore. La conseguenza più importante, ai fini della nascita della società signorile di massa, consiste non tanto nella crescente minore qualità di formazione delle nuove generazioni che si affacciano sul mercato del lavoro quanto nel mutamento delle loro aspettative e propensioni lavorative. Il più facile conseguimento del “pezzo di carta” ha significato che le nuove leve uscite dal percorso scolastico, e con alle spalle famiglie diventate negli stessi anni “più ricche”, abbiano, comprensibilmente da un certo punto di vista, alzato l’asticella di gradimento dei lavori da accettare. E’ l’atteggiamento sociale tecnicamente definito “disoccupazione volontaria”. Con un cambiamento, non diffusissimo, maturato soltanto negli anni successivi alla crisi del 2007/2008 ……per disoccupazione volontaria si intende la condizione di chi non lavora non già perché non trova alcun lavoro bensì perché non è disposto ad accettare lavori che trova o che potrebbe trovare …… Lavori cioè che spesso sono stati, e ancora sono, rifiutati in quanto non ritenuti all’altezza degli standard di reddito e di prestigio ritenuti adeguati al titolo di studio altrettanto spesso ottenuto con un percorso troppo facilitato. Non è un fenomeno solo italiano, interessa infatti molti paesi, pressoché tutti quelli ad economia avanzata, ma è nel nostro paese che si raggiungono percentuali tanto rilevanti quanto preoccupanti: impressiona il raffronto della percentuale, sulla popolazione di giovani dai 25 ai 29 anni, di NEET (giovani che non lavorano, non studiano, non fanno formazione) in Europa
Non può non impressionare il dato italiano, e certo non consola condividere un poco onorevole primato con la Grecia e, a distanza già ragguardevole, con la Spagna. Si parla di propensioni individuali quindi ma che, messe insieme, concorrono a creare un fenomeno sociale di dimensioni davvero significative, che si è concretizzato, con queste percentuali in Italia, soprattutto grazie a quanto appena prima evidenziato sulla ricchezza diffusa creatasi nel secolo scorso. Per meglio capirlo è utile visualizzare la curva che evidenzia …… l’eccesso del reddito disponibile totale rispetto alla crescita della ricchezza reale prodotta, ossia del PIL ……..
Si coglie bene che l’eccesso di ricchezza, valore superiore a 1, tarda a manifestarsi per tutti gli anni del miracolo economico italiano, quelli con altissimi valori di crescita del PIL, ancora una volta è solo a partire dai primi anni sessanta, quando il PIL inizia a rallentare, che si inizia a salire sopra 1. La vera esplosione si ha nel ventennio1975-1995, per poi iniziare una progressiva e costante discesa che ci riporta sostanzialmente al valore del 1951.
L’infrastruttura para-schiavistica
La ricchezza in eccesso ha pertanto consentito una propensione giovanile al lavoro molto selettiva, perché mal indirizzata da un eccesso di inconsistente preparazione scolastica, ma non meno “premiante”. Questi due aspetti costituiscono secondo Ricolfi due pilastri della società signorile di massa. Ma questa, ed i due pilastri in questione, non reggerebbero senza un terzo pilastro: quello che ha consentito di mantenere quote importanti di “lavoro” indispensabile al funzionamento economico e sociale grazie al ricorso a un “esercito” di lavoratori operante in condizioni “para-schiavistiche”, già chiamate in causa nei Capitoli precedenti. …….. per infrastruttura para-schiavistica intendo una serie di situazioni nelle quali una parte della popolazione residente , spesso stranieri, si trova collocata in ruoli servili o di ipersfruttamento, …… Di quali professioni, di quali qualifiche si parla? Ricolfi individua diversi segmenti che li raggruppano:
Segmento I = lavoratori stagionali in agricoltura, sottopagati, ipersfruttati, spesso costretti a condizioni residenziali indecenti
Segmento II = prostitute, in maggioranza straniere tenute in totale sottomissione da parte di organizzazioni criminali
Segmento III = persone di servizio, in larga maggioranza donne, che svolgono varie mansioni domestiche
Segmento IV = dipendenti quasi sempre in nero per mansioni pesanti, usuranti o sgradevoli, braccianti non stagionali in particolare addetti all’allevamento, lavoratori dell’edilizia, addetti consegne e magazzinaggio, lavapiatti e uomini di fatica, lavoratori di laboratori tessili e di cucitura, o di assemblaggi vari
Segmento V = addetti al ciclo della droga, ovviamente in mano alla criminalità organizzata, a coprire “ruoli” di spaccio su strada piuttosto che di “palo”
Segmento VI = addetti ai “nuovi lavoretti”: consegne a domicilio, pubblicità in buca, etc., governato sempre più da “algoritmi”
Segmento VII = servizi di pulizia, sorveglianza, presso ditte private o attività pubbliche, spesso dipendenti da cooperative fittizie con condizioni di lavoro capestro
Un mondo di attività, molto spesso quasi “invisibili”, che, per quanto professionalmente di limitata competenza, già del loro non sono in cima alla scala della qualità di lavoro e che sono svolte in condizioni di ricatto, di mancanza totale di diritti e che, comunque, consentono il “normale” funzionamento del tessuto produttivo, del piacere legale ed illegale. Quanto valgono come numero di lavoratori? Ricolfi, fatta la tara a dati ufficiali sicuramente sottostimanti e dati ufficiosi non di rado esageranti, ritiene che ……. l’ampiezza dell’infrastruttura schiavistica valga 3 milioni e 500 mila addetti, vale a dire circa un occupato su sette …… Una società signorile di massa ha certamente bisogno di un consistente esercito di “servi”.
Capitolo terzo: la condizione signorile
Nel 1928 John Maynard Keynes in una conferenza sulle prospettive economiche di lungo periodo sostenne che l’aumento della produttività del lavoro, reso possibile dal progresso tecnologico, avrebbe consentito una drastica riduzione degli orari di lavoro permettendo così a tutti un diverso modi di vivere. Ed in effetti, a quasi cento anni di distanza, si è davvero registrata una significativa riduzione complessiva dell’incidenza del lavoro sulla vita, perlomeno nei paesi ad economia avanzata. Ma questa riduzione non si è materializzata in una riduzione degli orari di lavoro bensì ……. In una netta suddivisione della popolazione in una minoranza di lavoratori, spesso iperlavoratori, e una maggioranza di non-lavoratori ….. Ricolfi lo evidenzia nella seguente tabella che applica alla “concentrazione del lavoro” lo stesso “indice Gini” usato per misurare la concentrazione della ricchezza. In questo indice il valore zero significa che il reddito ed il lavoro sono divisi fra tutta la popolazione mentre il valore uno significa che reddito e lavoro sarebbero in capo ad una sola persona; più ci si avvicina ad uno quindi e più ricchezza, ovvero lavoro stanno in capo a meno persone


E’ evidente che la progressione della concentrazione del lavoro in un numero sempre minore di persone ha una curva molto più accentuata di quella della concentrazione della ricchezza (Ricolfi, in linea con sue prese di posizioni critiche, nega che in Italia si stia verificando un processo accentuato di concentrazione della ricchezza. In effetti la curva dell’Indici Gini testimonia una significativa riduzione delle disuguaglianze economiche nei decenni di maggiore peso della contrattazione salariale e di progressività fiscale, anni Settanta ed Ottanta. Da lì in poi però la curva ha ripreso a salire in modo costante e significativo. Ricolfi poi dimentica di dire che l’Italia, dati 2018, è il paese europeo con il più alto Indice Gini subito dopo i cinque paesi dell’ex blocco sovietico. Non è solo la progressione della curva, comunque tutt’altro che rasssicuarnte, che merita di essere considerata, è corretto capire in quale contesto ciò avviene: se l’Europa resta l’area in cui storicamente la distribuzione del reddito è più equa, la posizione italiana è in continuo peggioramento tanto da essere passata nella graduatoria dei paesi con maggiore disuguaglianza dal decimo posto del 2008 al sesto posto del 2018) In coerenza con quanto già rilevato in precedenza Ricolfi evidenzia che la situazione italiana della concentrazione del lavoro, storicamente misurata nel grafico precedente, è anomala rispetto al resto dell’Europa come dimostra il raffronto con altri paesi europei e del resto del mondo

La previsione di Keynes non è stata solo smentita, e come si è visto in Italia in misura rilevante, per quanto concerne la concentrazione del minore orario di lavoro ma anche per le modalità di utilizzo del maggior tempo libero di vita …… anziché usare la cultura per riempirlo si è scelto di usare i consumi per attrezzarlo ……. Da qui l’impressionante sviluppo di beni, servizi e attività il cui scopo primario è il riempimento del tempo libero invece di  letture, arte, sport, convivialità.  Al punto che sempre di più non solo lo si riempie di “consumi” ma si partecipa quasi come coproduttori al perfezionamento del bene consumato: da qui il significato di prosumer (producer e consumer). In che relazione sta questa distorta libertà dal lavoro con la società signorile di massa? Con il novantacinque percento delle famiglie italiane che non vivono in condizioni di povertà assoluta e che, come si è visto, sono in maggioranza composte da persone che non lavorano? In cosa consiste cioè la fenomenologia del consumo signorile superata la soglia del “solo” possesso dell’abitazione, dell’auto, e delle risorse per le vacanze lunghe? Sta nell’impressionante sviluppo delle risorse destinate al cibo, ben oltre la normale alimentazione di base, e con buona frequenza consumato fuori casa, al fitness e alla cura di corpo e mente, al riempimento vacanziero dei fine settimana, al ricorso a servizi per le incombenze domestiche e di assistenza alle persone, alla incessante rincorsa a dotarsi di dispositivi tecnologici, spesso acquisiti, sempre più tramite Internet e senza una vera e chiara necessità, al consumo di droghe, al gioco d’azzardo, legale ed illegale. Ricolfi sintetizza in una tabella alcuni dei dati che compongono questa la “fenomenologia signorile italiana”
E’ buona regola quella di maneggiare con cura analisi statistiche che poggiano su assemblaggi molto ampi, ma fatta salva questa precauzione se si ribalta l’insieme di questi dati sul totale della popolazione italiana, escludendo quindi sia la componente straniera senza cittadinanza, sia il 30% degli italiani meno benestante (quelli che stanno nei primi tre decili, ossia le dieci fasce di reddito in cui si divide la popolazione), il quadro che emerge è decisamente impressionante ……. L’espressione società signorile di massa non indica che TUTTI accedono a consumi cospicui ma che lo fa la MAGGIORANZA dei cittadini ITALIANI …..  Tolti quindi gli stranieri e le famiglie meno benestanti i consumi che definiscono la fenomenologia di quello “signorile”, la cui entità totale vale circa 800 miliardi di euro annui, sono quindi appannaggio di circa il 60% degli italiani. Se inoltre si tiene nella giusta considerazione, come già evidenziato, l’incidenza del peso delle rendite, che ormai valgono di più del reddito reale prodotto, si mette meglio a fuoco l’esistenza di una delle condizioni che definiscono una società signorile …….. le rendite sono la tipica forma su cui nobili proprietari e classe agiata, i signori di un tempo, hanno poggiato le loro vite ed i loro consumi ……
Capitolo quarto: la mente signorile
Nella premessa si sono evidenziate le ragioni che hanno indotto alla scelta del testo di Ricolfi come “Saggio del mese”:, legate non tanto alla condivisione della definizione di “società signorile di massa” quanto piuttosto alla conoscenza ed alla valutazione dei dati che la sostengono, ben sapendo che, soprattutto nel campo delle scienze sociali, ogni dato si presta a diverse letture e offre quindi sostegno a differenti opinioni. Ci è sembrato opportuno richiamare queste ragioni perché il quarto Capitolo è quasi interamente dedicato alla “esplorazione” della “mente signorile”, ovvero alle predisposizioni, alle motivazioni, individuali e collettive, che a giudizio di Ricolfi compongono il bagaglio culturale ed attitudinale di quella maggioranza di italiani “non produttori” ma solerti ed attivi “consumatori” del surplus alla cui formazione non hanno per nulla contribuito. Un Capitolo pertanto privo di dati ma ricco di richiami a fenomeni sociali di fortissimo impatto e consistenza. Individualismo, identità sociale, narcisismo, propensione al consumo, edonismo, cultura del possesso e cultura dell’uso, condivisione ed esibizione sui nuovi mezzi di comunicazione, patologizzazione dei rapporti familiari e interpersonali in genere, etica della generosità ed egoismo sociale, appiattimento sul presente, sono questi i fenomeni che Ricolfi ritiene concorrano a formare l’odierna “mente signorile”, e pertanto presentati nelle poche pagine di questo Capitolo. Ma sono tutti temi di straordinaria complessità che richiederebbero ben altro spazio per essere affrontati con la giusta attenzione. In coerenza quindi con la premessa ne consegue che questa sintesi si autolimita alla loro elencazione e li affida all’eventuale lettura integrale  del saggio. Merita comunque di essere presentata una interessante definizione della “eredità attesa”, un aspetto rilevante dell’odierna ricchezza sempre più composta da patrimoni accumulati a creare posizioni di rendita ereditabili, Il peso dell’eredità, accuratamente analizzato dal Thomas Piketty nel suo “Capitale del XXI secolo”, è determinante nella formazione delle propensioni verso consumo e lavoro delle nuove generazioni-
.…….. l’Italia è di gran lunga il paese europeo in cui è maggiore l’eredità attesa ovvero la quantità di patrimonio che un giovane può aspettarsi di ereditare…….. Ciò si spiega sulla base dei tre parametri che definiscono l’eredità attesa:
1.     grado medio di patrimonializzazione
2.     peso degli anziani sulla popolazione totale
3.     peso dei giovani sulla popolazione totale
Più sono grandi i patrimoni ereditabili e maggiore è il numero degli anziani, minore è al contrario il numero dei giovani e quindi più è rilevante l’eredità attesa. Ebbene i dati sulla situazione europea attestano che l’Italia …… è al primo posto come peso degli anziani, all’ultimo per quello dei giovani e al quarto come livello di patrimonializzazione …….
Capitolo quinto: il futuro della società signorile di massa
Per meglio comprendere la situazione italiana è necessario verificare se la sua supposta “signorilità” rappresenta una anomalia o è al contrario una condizione condivisa con altri paesi. Per farlo Ricolfi applica ad un nutrito elenco di paesi, quasi tutti quelli definibili “società avanzate”, le stesse valutazioni che, applicate all’Italia, consentono, a suo avviso, la definizione di società signorile di massa, con l’opportuna aggiunta di altri tratti secondari utili a comprendere le tendenze sul breve periodo. I parametri di valutazione utilizzati da Ricolfi sono quindi otto così suddivisi:

La successiva tabella (che per comodità di inserimento nel post e di relativo commento viene spezzata in due parti) riepiloga il risultato ottenuto:


Si era già visto nel Capitolo Primo che la sola Italia presenta tutti e tre i tratti primari, in aggiunta dei quali contempla anche tutti i restanti cinque tratti secondari, a formare una situazione che incide sul presente e che, come si vedrà in seguito, è a forte rischio di ulteriore accentuazione. La sola Grecia si avvicina a questa situazione italiana, non centrata unicamente perché, dato tutt’altro che confortante, è lungi dal disporre di un elevato grado di ricchezza. Interessanti  sono le situazioni francese e belga del tutto fra di loro identiche: due paesi non definibili “signorili”, perlomeno al momento, perché con la sola eccezione del tasso di fertilità centrano tutti i tratti secondari, ma soprattutto perché, sempre al momento, non sono in stagnazione economica. La Finlandia pur centrando tutti i tratti secondari, e quindi avendo di fronte un futuro a breve/medio periodo da monitorare, è attualmente lungi dall’essere una società opulenta e gode di un trend economico confortante. Fra i paesi che centrano cinque tratti totali il Giappone è l’unico a presentare due tratti primari, confermando così che il suo grande problema consiste in una popolazione, lavoratori compresi, molto anziana (la più anziana del mondo) e in un tasso di fertilità del tutto insufficiente ad invertire una situazione che rischia di compromettere gli indispensabili equilibri generazionali.
 
La valutazione di tutti i restanti paesi che, con la sola eccezione dell’Irlanda, centrano un solo tratto primario e pochi tratti secondari, e che quindi non sembrano essere alla soglia di una evoluzione in una società signorile di massa, consente a Ricolfi una considerazione: la maggior parte dei paesi distanti dall’evolversi in questa direzione sono paesi di cultura protestante: scandinavi, di area germanica o di matrice anglosassone ……. A quanto pare il nesso fra cultura del lavoro e tradizione protestante resta ancora molto stretto ……… Merita infine un preciso commento il dato di Israele che, in questa particolare graduatoria, si rivela l’unico senza alcun tratto nè primario né secondario, ossia l’esatto contrario dell’Italia, la ragione, evidenzia Ricolfi, non può che consistere nel suo essere ……una società ed una cultura in cui, per le particolari ragioni storiche della sua nascita e della sua esistenza, la dimensione collettiva, identitaria, ancora prevale su quella individuale …… Tornando alla situazione italiana Il doppio combinato di tratti primari e tratti secondari tutti centrati induce Ricolfi a riflettere sugli scenari della possibile evoluzione di una società signorile di massa. Un primo aspetto pone importanti domande: l’accentuarsi del divario Nord – Sud. Se la stagnazione economica, seppure con diversa intensità, è tratto comune fra le due parti del paese per il resto le cose divergono. Il dato del Sud dei non occupati, correlato alla percentuale di popolazione anziana, è molto alto e molto preoccupante. E, paradossalmente, incide su un collegato maggior consumo di surplus non prodotto. Incide poi pesantemente in questo senso il diverso peso dell’economia sommersa e di quella illegale. Non è inoltre possibile, in generale, trovare ragioni di conforto nelle modalità di utilizzo del surplus di tempo libero creato dall’incidenza del non-lavoro e favorito dal progresso tecnologico. Non pare proprio che gli italiani destinino questo surplus di tempo libero ad attività “nobilitanti” in grado di alzare il livello di socialità e di cultura. Pur con la lodevolissima eccezione di un significativo peso del volontariato civile la fotografia evidenzia tre caratteristiche molto meno confortanti:
1.     siamo agli ultimi posti nella maggior parte degli indicatori del livello di istruzione
2.     possediamo molti più cellulari e smartphone che computer, indice di un utilizzo molto più orientato a svago e divertimento che a informazione e studio
3.     come si è già visto spendiamo una frazione spropositata di reddito e tempo nel gioco d’azzardo, legale ed illegale
Ma questa Italia “signorile”, in possesso di tutti gli otto tratti, ha speranza e possibilità di restare opulenta e in maggioranza non lavoratrice? L’ovvio stretto intreccio che i processi economici di creazione di ricchezza impone una sola possibilità: che ……. la produttività del nostro paese cresca ad un ritmo non inferiore a quello dei paesi con cui è costretta a misurarsi sui mercati internazionali ……. Peccato però che l’Italia sia l’unico paese del mondo sviluppato in cui la produttività media del lavoro è rimasta ferma negli ultimi vent’anni! E al momento non sono rilevabili segnali confortanti di una svolta. Quali che siano le cause, sulle quali molto si discute e poco si fa, il ristagno della produttività renderà sempre più difficile avere livelli di PIl, di produzione di ricchezza, adeguati trasformando inevitabilmente la stagnazione in recessione. Ricolfi al riguardo precisa di non credere al potere taumaturgico dell’innovazione tecnologica; per quanto da questa possano venire contributi importanti resta e resterà fondamentale avere più lavoro, più lavoratori …….. dobbiamo constatare che nei paesi ricchi si lavora di più e non di meno che nei paesi meno ricchi. I paesi prosperi hanno tassi di occupazione altissimi, prossimi al 70% l’Italia è sotto il 45% ……. La produttività del lavoro del sistema Italia non è solo ferma da vent’anni ma è bassa, molto più bassa di quello che servirebbe per coprire i nostri consumi ……. il fatto è che da mezzo secolo viviamo al di sopra delle nostre possibilità …… Il problema quindi non è tanto se sarà possibile, e giusto, mantenerci in questa condizione di “società signorile di massa”, quanto piuttosto quello di sopravvivere come sistema paese.

2 commenti:

  1. La Magia delle Parole anzi il Potere delle parole risiede forse nel loro alone semantico che può nel contempo generare comunicazione egocentrica e comunicazione non-egocentrica in quanto il rapporto tra inderteminatezza e livello di astrazione potrebbe generare confusione ma anche generare collegamenti creativi tali da attirare la nostra attenzione, perché è questo l’obiettivo di chi scrive, in ultima analisi. Così si è visto per “ La società signorile di massa” e per “ Iperluoghi” , presentati oggi da Simone Paliaga, sul numero di Avvenire del 16 gennaio, che intervista Michel Lussault, geografo francese, il quale ha coniato il termine IPERluoghi per indicare che ”i luoghi e il modo in cui l’uomo li costruisce ci aiutano a capire l’attualità”. Infatti oggi si passa dalla lotta di classe alla lotta per i luoghi come lo esemplificano due grandi fenomeni : l’immigrazione e il capitalismo della delocalizzazione.

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  2. Il libro di Ricolfi offre, secondo me, molti spunti validi. Ad esempio, il fatto citato che nell'ultimo ventennio la burocrazia e la legislazione si sono complicate al punto di paralizzare molte attività economiche è un fatto che osservo direttamente con i miei occhi. Tuttavia, c'è una cosa di cui non si parla mai:
    il sistema pensionistico italiano attuale che porta alcuni, anche funzionari pubblici, a percepire pensioni elevatissime, anche oltre 10 mila Euro mensili - fatto che non ha eguali in nessun altro paese europeo- mentre altri ricevono pensioni estremamente basse, fino al caso estremo di quelle pensioni tagliate d'ufficio (ma non necessariamente quelle più elevate). Questo schema pensionistico folle e iniquo è indubbiamente tra le cause principali della bassa efficienza delle
    finanze pubbliche, che vengono così a soffrire su alcune voci fondamentali (istruzione, ricerca, sanità pubblica) per causa anche della cattiva gestione della maggiore voce di spesa pubblica (oltre 15% del PIL), cioè appunto le pensioni.
    Marco Ciaramella

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