In occasione della “Giornata della Memoria”, 27 Gennaio
2020, Circolarmente ripropone il documento a suo tempo pubblicato come guida
storica ai luoghi testimonianza della presenza di Primo Levi in Avigliana
Primo Levi ad Avigliana
Davide Bucci, Maria Antonietta
Fonnesu
Introduzione
Primo Levi è stato uno scrittore di fondamentale
importanza nel panorama culturale del XX secolo. Considerato per lungo tempo
principalmente un testimone dell’Olocausto a causa del forte valore di
testimonianza dei suoi libri Se questo è
un uomo e La tregua, più di
recente ne viene sempre di più riconosciuta l’immensa statura letteraria, anche
su scala internazionale.
Se è ben noto e riconosciuto il legame tra Levi e
Torino, molto meno studiato è invece quello esistente tra lo scrittore e la città
di Avigliana, in val di Susa, dove Primo Levi lavorò per poco più di un anno subito
dopo il rientro dai campi di concentramento. Il periodo aviglianese fu tuttavia
un’esperienza importante per il giovane scrittore perché, coincise con il
ritorno ad una vita professionale ed affettiva normale e si sovrappose quasi esattamente
al periodo della stesura della prima versione di Se questo è un uomo. Primo Levi trovò infatti lavoro dal 21 gennaio
1946 a fine giugno 1947 come chimico delle vernici alla Duco di Avigliana,
stabilimento nato nel 1929 nelle vicinanze del Dinamitificio Nobel, complesso
chimico presente nel comune dal 1871 e notevolmente sviluppatosi durante le due
guerre mondiali.
Il nostro obiettivo sarà di ritrovare quanto resta
della Duco ad Avigliana e cercare di identificare i luoghi in cui Primo Levi ha
soggiornato e lavorato, fra i quali la foresteria dove probabilmente una buona
parte di Se questo è un uomo è stata redatta.
Quest’articolo è organizzato come segue: in primo
luogo presenteremo i riferimenti che Levi fa ad Avigliana (impliciti ed espliciti)
all’interno della sua opera, in un secondo momento vedremo molto brevemente la
storia della Duco e le sue relazioni con il contiguo Dinamitificio, descriveremo
quindi le fonti orali che abbiamo consultato e passeremo infine a fornire i
risultati che abbiamo ottenuto, cercando di identificare la posizione degli
edifici della Duco e della foresteria. Termineremo quindi con le prospettive e
le conclusioni di questo lavoro.
I riferimenti ad Avigliana nell’opera di Primo
Levi
Primo Levi stesso parla di Avigliana in diverse
occasioni nella sua opera pubblicata. Avigliana è una cittadina che si trova in
val di Susa, a circa 25 km da Torino, servita da una linea ferroviaria di
importanza internazionale perché collega l’Italia alla Francia fin
dall’inaugurazione del tunnel ferroviario del Fréjus nel 1871. Sede di diverse
industrie di varia importanza, alcune furono strettamente legate all’attività
di un grande Dinamitificio, sviluppatosi tra il 1872 ed il 1965.
Il riferimento probabilmente più importante si
trova alla fine di Se questo è un uomo,
perlomeno nell’edizione Einaudi[1]
da noi consultata (che contiene anche La
tregua) e che riporta le date di inizio e di fine della prima stesura “Avigliana-Torino, dicembre 1945 – gennaio
1947”. Inspiegabilmente però, questa indicazione non compare nelle due
versioni quella originale di De Silva del 1947 e quella di Einaudi 1958
riportate nelle Opere complete[2].
[1] P. Levi, Se questo è un uomo, La tregua, G. Einaudi, Torino 1993, pag. 153.
[2] P. Levi, Opere
complete I-II, a cura di Marco Belpoliti, G. Einaudi, Torino 2016. Per le nostre citazioni all’opera
di Primo Levi, ci avvarremo dell’opera completa, salvo dove diversamente
indicato. Per brevità, quindi, le citazioni saranno indicate da OP seguite dal
volume e dal numero di pagina.
Il secondo riferimento esplicito è legato al
capitolo Cromo del Sistema Periodico dove, seppure
Avigliana non sia citata, viene descritto il periodo trascorso da Levi nella
cittadina valsusina, come giovane impiegato di una ditta di vernici. E’ facile
riconoscere la Duco nella “grande fabbrica
in riva al lago”[1],
conoscendo la biografia dello scrittore[2]
e sapendo che il primo lavoro dopo il ritorno dai campi di sterminio è stato
proprio in quest’impresa, dal 21 gennaio 1946 a fine giugno 1947. Primo Levi in
Cromo ci fa capire come soggiornasse
ad Avigliana in settimana e rientrasse a Torino per il fine settimana, nei “gelidi e fuligginosi treni merci di allora”[3],
oppure in bicicletta come ci dice nella conversazione con Giovanni Tesio[4].
L’espressione “fabbrica in riva al lago”
ritorna nel Sistema Periodico anche nei
capitoli Azoto[5]
ed in Stagno[6]
sempre per indicare la Duco.
Interessante per noi è anche la descrizione che
Primo Levi ci fa della sua esperienza aviglianese, in Calze al fulmicotone, racconto parte de L’altrui mestiere ed in cui fa riferimento esplicito (oltre che
alla Duco in cui lavorava) anche al dinamitificio Nobel, principale fabbrica di
Avigliana nel periodo in cui Levi vi soggiornò[7].
Levi descrive così la sua sistemazione: “Il
colorificio in cui avrei dovuto lavorare era vetusto, squallido, pieno di
macerie e di fango, ma poco lontano, rinchiuso fra due collinette verdeggianti,
c’era un dinamitificio che durante la guerra era stato rammodernato. Qui, nella
foresteria, mi venne assegnata una camera linda e luminosa con vista sulle
montagne; avrei avuto diritto a consumare la cena nella mensa aziendale.”[8]
e poco oltre “Fino a pochi mesi prima, il
dinamitificio non era stato un sito tranquillo. C’erano stati attacchi aerei,
incursioni dei partigiani affamati di esplosivo, razzie dei tedeschi (proprio
per loro, anzi era stata attrezzata la foresteria: l’abitarvi mi sembrava in
qualche modo una compensazione)…”[9] Il racconto prosegue con la descrizione
di uno scherzo crudele fatto per gelosia in cui una matassa di fulmicotone,
scambiata per cotone ordinario, viene filata per far delle calze da donna che finiscono
per provocare un grave incidente domestico.
Molto interessanti sono per noi le poesie di Primo
Levi, raccolte in Ad ora incerta,
perché riportano la data e per qualcuna il luogo in cui sono state scritte.
Ecco quindi Un altro lunedì con
dicitura Avigliana, 28 gennaio 1946[10], Il ghiacciaio con dicitura Avigliana, 15 marzo 1946[11],
La strega con dicitura Avigliana, 23 marzo 1946 oltre che,
naturalmente Avigliana, con data 28 giugno 1946. Appartengono al periodo
aviglianese dello scrittore (ma non riportano il luogo di scrittura) anche Da R. M. Rilke, (28 gennaio 1945), Ostjuden (7 febbraio 1946), Il tramonto di Fossoli (7 febbraio 1946)
e 11 febbraio 1946 (con data identica
al titolo).
Per finire, in La
chiave a stella viene citata una volta Avigliana in una descrizione di
Faussone nel capitolo Off-Shore: “Sa, fosse stato il lago di Avigliana forse
avrebbe anche ragione lei, ma quello era il Pacifico, e non so proprio perché
quegli esploratori lo abbiano chiamato così , dato che onde ne ha sempre, anche
quando è calmo…”[12].
Nascono quindi diverse domande
legate ad Avigliana
[7] Si vedano per esempio S. Sacco, G. Richetto, Il dinamitificio Nobel di Avigliana, P. Melli, Susa 1991 e P. M.
Delpiano, Viaggio intorno alla Dinamite
Nobel, Editris Duemila, Torino 2011.
[11] OP vol. II, pag 693.
- · Cosa resta della Duco oggi?
- · Dove si trovavano i laboratori, in cui è stato risolto l’enigma “mezzo chimico e mezzo poliziesco”[1] descritto in Cromo?
- · Dove si trovava la mensa dove la vicenda di Calze al fulmicotone viene raccontata a Levi?
- · Dove si trovava e cosa resta oggi della foresteria del Dinamitificio in cui Primo Levi ha scritto gran parte di Se questo è un uomo?
Prima di tentare di rispondere a queste domande,
sarà opportuno ricordare brevemente nel prossimo paragrafo la storia del
Dinamitificio Nobel e della Duco ad Avigliana.
La Duco ed il Dinamitificio Nobel ad Avigliana
Per nostra fortuna, esistono diversi studi sul
Dinamitificio di Avigliana. Diversi aviglianesi inoltre ne ricordano ancora
oggi il periodo di attività nonché il rumore degli scoppi dovuti agli
incidenti, spesso mortali, che vi avvennero e che furono in qualche caso
udibili in tutta la cittadina. I due studi che abbiamo consultato[2]
ne ritracciano la storia, ed in qualche caso parlano anche della Duco,
stabilimento che come vedremo era collegato alle attività del Dinamitificio.
Partendo dall’inizio, nel 1872, Alfred Nobel fondò
ad Avigliana il terzo stabilimento di produzione della Dinamite, dopo quelli di
Zamky in Repubblica Ceca e Paulilles in Francia. Gli stabilimenti italiani
diventeranno poi diversi, perché già nel giugno 1869 la produzione degli
esplosivi, prima un monopolio di stato, venne liberalizzata. La scelta del
luogo della sede di produzione italiana, motivata fra l’altro dall’apertura dei
cantieri del tunnel del Gottardo (1872-1882), cadde su Avigliana perché erano
presenti diversi fattori importanti, analoghi a quelli di altri stabilimenti
Nobel: la presenza di acqua fornita dai due laghi, colline a protezione dei vicini
centri abitati (trucco di San Martino), la presenza della linea ferroviaria di
recente costruzione fra Torino e Modane e soprattutto l’offerta gratuita di
un’area per incrementare gli insediamenti industriali in Val di Susa. Altre
sedi della Nobel saranno poi fondate in Francia, Svizzera, Inghilterra,
Germania, Portogallo, Austria, con altri distaccamenti in Stati Uniti, America
centrale (per via dell’apertura del canale di Panama), Venezuela e Sud Africa.
Interessante per noi notare come la dinamite aviglianese non poté essere
utilizzata per il vicino tunnel ferroviario del Fréjus, aperto lo stesso anno
della fondazione dello stabilimento aviglianese.
Nel 1880 la fabbrica prese il
nome “Società anonima Dinamite Nobel” e le venne concessa la posa di un binario
a scartamento ridotto (Decauville) anche con attraversamento della strada
comunale. In questo periodo, il complesso fu ingrandito fino ad occupare due
stabilimenti distinti, chiamati Allemandi e Valloja i quali vennero
ulteriormente sviluppati durante la prima guerra mondiale fra il 1915 ed il
1918. Al termine della guerra, vennero però a mancare i privilegi del periodo
bellico e si dovette provvedere ad una parziale riconversione della produzione.
Ci furono degli esuberi di personale specializzato che fu incoraggiato ad
emigrare negli stabilimenti in Sud Africa ed in Messico[3].
In particolare, la nitrocellulosa (importante componente di numerosi esplosivi)
poteva essere prodotta in grandi quantità negli stabilimenti esistenti e
permetteva numerosi sfruttamenti industriali non legati agli esplosivi. A causa
del pesante declino industriale del primo dopoguerra, la Montecatini di Guido
Donegani acquisì la maggioranza delle quote della Società Anonima Dinamite
Nobel italiana e ne diventò quindi a tutti gli effetti una consociata nel 1925.
Fra le varie cose, si tentò di produrre della seta artificiale a partire dal
1920, ma con scarso successo nella concorrenza con la SNIA Viscosa. Un’attività
più redditizia fu invece la produzione di vernici pigmentate a base, appunto,
di cellulosa. Si sottoscrisse un accordo con il colosso di vernici americano Du
Pont
[3] Ancora oggi (febbraio 2018), una
piccola comunità di aviglianesi e discendenti abita tuttora in Sud Africa.
per lo sfruttamento dei brevetti per le vernici
alla nitrocellulosa e per l’esclusiva di vendita in Italia delle vernici
prodotte. Ciò diede origine nel 1928, ad Avigliana, all’apertura della Duco (Du Pont Company), poco lontana dagli stabilimenti del dinamitificio,
facente quindi capo anche lei alla Montecatini.
A partire dal 1933, con la guerra in Etiopia, il
Dinamitificio conobbe una fase di sviluppo dovuto alle attività belliche che
continuò per più di un decennio. Durante la seconda guerra mondiale, il
dinamitificio aviglianese fu occupato dai tedeschi il 12 settembre 1943, pochi
giorni quindi dopo l’armistizio dell’8 settembre. Come già abbiamo letto nelle
parole di Primo Levi, il complesso industriale fu effettivamente sede di
diverse azioni dei partigiani e di pesantissimi bombardamenti[1].
Poco prima della fine della guerra, il 14 aprile 1945, lo stabilimento
Allemandi venne completamente distrutto da un bombardamento alleato che per
fortuna non fece vittime fra il personale. Questo bombardamento lasciò fra 600 e 700
crateri di bombe, come raccontò poi il Dott. Carrà[2],
direttore dello stabilimento dal 1 agosto 1945 alla chiusura. Il dinamitificio fu
abbandonato dai tedeschi il 29 aprile 1945 che tentarono (in maniera piuttosto
incompleta e maldestra) di distruggere gli stabilimenti restanti. Dopo la
liberazione, lo stabilimento Valloja fu riaperto in un piano di
ristrutturazione aziendale che coinvolse anche altri stabilimenti italiani e la
produzione di dinamite e di altri esplosivi ricominciò. Fu anche in breve
riattivata la Duco ed è qui che, come abbiamo già detto, Primo Levi trovò
lavoro nel gennaio 1946.
Quindi, per riassumere, la Duco dove lavorò Levi
non faceva direttamente parte del Dinamitificio, nel senso che non partecipava
alla produzione di esplosivi, ma vi era strettamente collegata per via della
necessità della nitrocellulosa e di altri prodotti chimici.
Il dinamitificio e tutta la produzione aviglianese
di esplosivi fu spostata a Orbetello chiudendo lo stabilimento aviglianese nel
1965. Il marchio Duco è tuttora esistente (parte di Cromology Spa), ma la
produzione di vernici venne trasferita da Avigliana a Codogno[3]
negli anni 1960.
Per identificare la posizione attuale di quella
che fu la Duco, abbiamo potuto intervistare due ex-impiegati della fabbrica, i
signori Uberto Franchino e Giancarlo Vinassa i quali gentilmente ci hanno
accordato delle interviste e ci hanno accompagnato nei luoghi dove lavoravano. Entrambi
però sono stati assunti alla Duco in periodi successivi alla presenza di Primo
Levi e non hanno avuto contatti diretti con lui. Giancarlo Vinassa ha lavorato
alla Duco a partire dal 1956 ed è stato incaricato di redigere diverse
planimetrie degli stabilimenti industriali (in certi casi riprendendo e
ridisegnando mappe preesistenti fatte da suo padre Roberto), sotto la direzione
dell’ing. Buffa. Uberto Franchino è stato impiegato come chimico in Duco dal
1958 alla chiusura.
Purtroppo, non abbiamo potuto trovare persone
ancora in vita aventi incontrato Primo Levi ad Avigliana, ma le testimonianze
dei signori succitati ci hanno comunque fornito le informazioni necessarie per situare
la Duco e orientare la successiva ricerca dei documenti che presenteremo nel
seguito di quest’articolo.
I luoghi di Primo Levi: la posizione della Duco e
del laboratorio
Fig. 1: Mappa del 1935 rappresentante lo stabilimento Valloja[1]. Si vede chiaramente la posizione della SAI-DUCO a fianco del corso del canale Naviglia. |
Per ritrovare la posizione attuale degli edifici
dove lavorò Levi, risulta quindi importante identificare il perimetro della Duco
a fianco degli edifici del dinamitificio. A questo proposito, risulta
interessante incominciare dalla mappa della figura 1, che risale al 1935 e
nella quale sono chiaramente visibili sia la posizione della Duco, sia alcuni
punti di riferimento ancora esistenti come la strada nazionale Susa-Torino (ora
strada statale 25) con il cavalcavia sulla ferrovia Modane – Torino, il tracciato
del canale Naviglia, la strada S. Ambrogio – Avigliana e la strada dei
Bertassi. Risulta quindi possibile situare l’ingresso della Duco all’incrocio
fra le odierne Via Frera e Viale Caduti della Polveriera. Un disegno datato al
1957 dell’ingresso della Duco è disponibile nell’Archivio Storico del Comune di
Avigliana[2] ed
è riprodotto in fig. 2. Un confronto con la foto attuale di fig. 3 permette di
riconoscere con facilità diversi edifici ancora esistenti anche se nel
frattempo c’è stata qualche aggiunta ed il cancello del complesso non è più presente.
Una diramazione della rete ferroviaria Decauville entrava all’interno del
complesso ed i binari sono visibili nel disegno di fig. 2.
Fig. 2: Un disegno del 1957
dell’ingresso della Duco, con alcuni edifici non ancora presenti all’epoca di
Primo Levi. Si nota l’ingresso dei binari nel portale di sinistra
In particolare, si nota facilmente come via Caduti
della Polveriera corrisponda attualmente a quello che fu il viale interno del
complesso industriale. Una cosa che si osserva ritrovando il perimetro della
Duco è che la descrizione che ne dà Levi “grande
fabbrica in riva al lago” è da intendersi in senso lato, perché la Duco non
si trova certo in riva al Lago Grande anche se questi non è poi tanto lontano. Anche
la maggior parte del Dinamitificio non si trovava in immediata prossimità del
Lago Grande. Qualche edificio esisteva effettivamente vicino alla strada del
Grignetto, come l’attuale sede del Parco Naturale Laghi di Avigliana (allora
fungente da abitazione), nonché alcune parti del cosiddetto “reparto T4 -
laghi”, come una centrale termoelettrica.
Per identificare alcuni luoghi importanti legati
alla presenza di Primo Levi rimangono quindi da cercare maggiori informazioni
sulla Duco, disponibili nelle mappe più dettagliate disponibili sempre
all’Archivio Storico. Ne esistono due interessanti per noi e che dettagliano il
piano di quello che era la Duco nel 1940 e nel 1950. La dimensione delle mappe
non permette di riprodurle in maniera leggibile in quest’articolo e pertanto la
mappa del 1950 è stata ridisegnata in forma leggermente semplificata in figura
4, utilizzando anche una mappa del 1959 dell’intero stabilimento Valloja.
Fig. 4:
Mappa della Duco, ridisegnata dall’originale risalente al 1950 presente
nell’Archivio Storico del Comune di Avigliana. Sono state comparate le
posizioni degli edifici con la mappa in scala 1:2000 dell’intero stabilimento
Valloja del 1959. L’Ufficio finanziario è indicato “Gabinetti” nella mappa
del 1940.
|
La mappa (che si può confrontare con un’analoga
del 1940) è stata disegnata da Giancarlo Vinassa ed è molto utile per noi
perché presenta una legenda con vari colori a seconda della data di
fabbricazione degli edifici. Nella nostra riproduzione, abbiamo quindi
conservato anche i colori che indicano la data di costruzione.
Fra il 1940 ed il 1950, si notano notevoli
cambiamenti, probabilmente dovuti al periodo bellico e che testimoniano di un
certo sviluppo della fabbrica. Risulta certa la posizione del laboratorio nel
1950, confermataci oralmente anche dai sigg. Franchino e Vinassa. Sebbene non
si sappia esattamente a che momento fra il 1940 ed il 1950 fosse stato
costruito, sembra ragionevole supporre che fosse presente all’epoca di Levi,
perlomeno leggendo Cromo dove si
parla in maniera esplicita di un “laboratorio”: “Mi era stata benignamente concessa una scrivania zoppa in laboratorio,
in un cantuccio pieno di fracasso e di correnti d’aria”[1].
L’indirizzo attuale può quindi essere facilmente riconosciuto, l’edificio è
accessibile ed è in via Caduti della Polveriera 13. La figura 5 ne mostra una foto
recente.
Fig. 6:
“Me la portarono in laboratorio, e non avevo mai visto una ustione simile[1]”
L’infermeria della DUCO. Che sia questo il luogo dove il dottore di “Calze al
fulmicotone” visitò la sua paziente?
[1] OP vol. II pag. 836
|
Nella planimetria della fig. 4 sono anche
riconoscibili l’infermeria (costruita tra il 1930 ed il 1940 e visibile in
figura 6), forse quella dove si accenna in Calze
al fulmicotone, ed il refettorio (chiamato nella mappa “Fabbricato
assistenziali” e situato subito dietro la portineria, in via Frera) sempre
citato nella stessa occasione e costruito tra il 1940 ed il 1950.
Al termine del suo periodo aviglianese, Levi
abbandonò il lavoro in Duco nel giugno del 1947, per una breve esperienza da
lavoratore indipendente in un laboratorio chimico con il suo amico Alberto
Salmoni (si vedano Arsenico, Azoto e Stagno ne Il sistema
periodico). A noi interessa la poesiola che distribuì al momento della
partenza ai suoi colleghi in Duco (si veda OP vol. II, pag 1781 e 1782). Levi
ne parla esplicitamente in Stagno: “Mi ero licenziato con assurda baldanza,
distribuendo a colleghi e superiori un testamento in quartine pieno di allegre
insolenze”[2].
La figura 7 mostra una scansione di una versione dattiloscritta gentilmente
offertaci dalla sig.ra Salotti, figlia del “Per.In. Salotti” citato nella
poesia. E’ probabile, ma non provato, che si tratti di una copia del
dattiloscritto originale (probabilmente riprodotto in diversi esemplari con
carta carbone da Levi stesso e distribuito ai colleghi citati nei versi).
Fig. 7:
scansione di una versione dattiloscritta de Il testamento del vice capo laboratorio, poesiola ironica distribuita dai
colleghi al termine della sua esperienza aviglianese in Duco. Fornitaci
gentilmente dalla sig.ra Salotti, è possibile che si tratti della fotocopia
della versione dattiloscritta all’epoca da Levi stesso.
|
La Foresteria e la scrittura di Se questo è un uomo
Vista la primaria importanza che riveste Se questo è un uomo nella letteratura mondiale del XX secolo, diventa rilevante cercare di ritrovare la foresteria dove, anche a detta di Levi in Cromo, gran parte della prima stesura del libro è stata redatta: “Questo scribacchino maniaco
[1] Ibid. pag. 999
che disturbava le notti della foresteria
scrivendo a macchina chissà che, per intrigarsi degli errori passati e lavare i
panni sporchi di una generazione?”[1].
Conviene ricordare un’intervista di C. Angier[2]
al dott. Colombo, il quale affermava che Levi parlasse poco della sua
esperienza ad Auschwitz, pur non facendo mistero che stesse scrivendo un libro.
Tutto ciò con la discrezione che gli era propria e, certamente, senza
disturbare nessuno la notte in foresteria. La Angier, riportando sempre il
dott. Colombo, indica come Levi soggiornasse ad Avigliana in una foresteria
denominata “la casa rossa”. Cercheremo quindi di situare quest’edificio e di
vedere quanto combaci con la descrizione riportata da Levi in Calze al fulmicotone.
Purtroppo l’Archivio Storico Comunale di Avigliana
non è tuttora di facile consultazione per quanto riguarda i documenti attinenti
il Dinamitificio ed affini[3],
dove vengono riprodotti molti documenti risultati utili anche ai nostri scopi. Una
fonte disponibile nell’archivio storico del comune e che abbiamo consultato è
stata una notevole mappa, in scala 1:2000, dello stabilimento Valloja risalente
al 1959 e quindi successiva alla presenza di Primo Levi. Vi sono chiaramente
indicati due edifici che hanno suscitato il nostro interesse e sono indicati
nella figura 8 con legenda 12 e 13 (purtroppo, le notevoli dimensioni della
mappa non permettono una riproduzione integrale con leggibilità sufficiente all’interno
di quest’articolo). Sembrerebbe in un primo tempo legittimo localizzare la
foresteria di Levi nell’edificio 13, se non fosse che l’edificio è abbastanza
arretrato rispetto alla strada (oggi viale A. Nobel) e corrisponde forse meno
alla descrizione di Levi perché più lontano al comando tedesco che secondo
Giancarlo Vinassa si trovava esattamente davanti all’edificio 12.
Fig. 8: A sinistra, una
piccola porzione della planimetria in scala 1:2000 dello stabilimento Valloja
risalente al 1959 e presente nell’Archivio Storico del comune. A destra,
posizione di alcuni edifici rilevanti su una vista aerea moderna (Google Maps).
Nella legenda della mappa del 1959 si legge 12 – Direzione, uffici, 13 –
Alloggi casa rossa. L’indirizzo attuale di 12 è viale A. Nobel 10. L’edificio
10 si trova sull’attuale rotonda tra via Avigliana e viale A. Nobel.
[3] Di questo si lamenta anche P. M.
Delpiano. Pare che gran parte dell’archivio Duco fosse stato recuperato dalla
Montecatini alla chiusura dello stabilimento aviglianese. Inoltre, le
informazioni sul Dinamitificio erano di importanza strategica durante la guerra
e quindi probabilmente secretate.
Nella planimetria generale dello stabilimento
Valloja della fig. 1, degli edifici sono presenti nella zona corrispondente alla
porzione della mappa del 1959 e sono indicati genericamente come “Uffici”, ma
sembrano di forma diversa rispetto a quelli visibili in figura 9. Sono forse
stati soggetti a trasformazione in periodo bellico? Oppure vecchi edifici sono
stati demoliti per fare spazio ai nuovi? Oppure ancora la planimetria del 1935
(originariamente in scala 1:3000) è meno precisa di quella del 1959 nel
riportare la forma delle costruzioni.
Comunque sia, l’Archivio Storico di Avigliana
contiene anche numerosi prospetti (con data 1 agosto 1955), fra cui quelli degli
edifici che ci interessano e che abbiamo riprodotto nella figura 8.Figura 9 B = Prospetti e pianta dell’edificio 12, con la dicitura “Alloggi celibi ed ospiti (Vecchio stabilimento: uffici)”. Fonte ASCA.
Dalla descrizione del prospetto dell’edificio 12
in figura 9, si vede che (contrariamente alla dicitura della mappa del 1959),
l’edificio è indicato come “Alloggi celibi ed ospiti”. Primo Levi avrebbe
corrisposto molto bene a questa definizione nel periodo del suo soggiorno
aviglianese. L’edificio gode ancora oggi di vista eccellente sul Musiné e sulle
montagne vicine.
Ci pare quindi probabile che Levi abbia
soggiornato in uno dei due edifici indicati 12 o 13 nella mappa del 1959. La planimetria
contiene numerosi altri edifici chiamati genericamente “abitazione”. Un
edificio (chiamato Palazzina alloggi) esisteva anche all’interno del perimetro
della Duco. Tuttavia, nessuno di essi ci è sembrato corrispondere alla
denominazione “foresteria” di cui fa uso Levi nonché alle sue descrizioni.
Cercando quanto resta oggi delle costruzioni, si
riconosce facilmente l’edificio 12 che ha conservato pianta praticamente
identica a quella indicata nella figura 9 a destra, si trova in viale Nobel 10
ed è visibile in figura 10. La sig.ra Bardelle (abitante dell’edificio) ci ha
gentilmente fornito la foto riprodotta a sinistra e che risale probabilmente alla
prima metà degli anni 1980. Essa ci mostra l’edificio privo di aggiunte più
recenti come i balconi laterali.Fig. 10: A sinistra: fotografia della metà degli anni 1980 dell’edificio 12 gentilmente fornitaci dalla sig.ra Bardelle. A destra, come si presenta l’edificio 12 “Alloggi celibi ed ospiti” attualmente (settembre 2017). L’edificio è oggi abitazione privata con indirizzo viale A. Nobel 10.
E’ invece più difficile riconoscere l’edificio 13
fra quelli esistenti attualmente, perché diverse costruzioni sono state
aggiunte nel frattempo e perché l’edificio stesso è stato parzialmente demolito
e modificato negli anni. La figura 11 mostra due foto degli anni 1980 gentilmente
forniteci sempre dalla sig.ra Bardelle in cui appare la “Foresteria casa rossa”
simile al prospetto di fig. 8 e come doveva forse apparire anche ai tempi di
Primo Levi.
Fig. 11: foto della prima metà
degli anni 1980 che mostrano l’edificio 13 “Foresteria casa rossa” visibile
parzialmente all’interno degli ovali.
Prospettive e conclusioni
Abbiamo ritrovato con certezza il perimetro della
Duco in diverse planimetrie del Dinamitificio. Recatici nei luoghi, abbiamo
potuto riconoscere molti edifici presenti anche all’epoca di Primo Levi. Ci
sembra molto probabile l’ubicazione del laboratorio della Duco, confermataci
dalle fonti orali consultate e risultata in buon accordo con le planimetrie. E’
probabilmente questo, che oggi porta l’indirizzo via Caduti della Polveriera
13, il luogo dove si trovavano i mulini a palle e dove i “fegati [di vernice impolmonita] disgustosi a vedersi e a toccarsi”[1]
hanno ritrovato la loro fluidità.
Più delicata sembra essere la determinazione della
foresteria che accoglieva il giovane scrittore durante il suo soggiorno in
settimana ad Avigliana. Ci pare comunque ragionevole provare a situare la
foresteria in viale A. Nobel 10, in un edificio tuttora esistente e molto ben
corrispondente alle descrizioni fatteci da Primo Levi. Qualche dubbio rimane,
ed è possibile che, come riportato da C. Angier, Levi soggiornasse effettivamente
nella “casa rossa”, edificio peraltro a pochissima distanza e situato sempre su
viale A. Nobel.
Rimangono comunque dei dubbi e delle domande cui rispondere.
La data esatta di fabbricazione del laboratorio e della mensa della Duco si può
indicare solo fra il 1940 ed il 1950. Non è quindi certo che questi edifici
fossero presenti fra il 1946 ed il 1947 quando Levi si trovava ad Avigliana.
Inoltre, le informazioni a nostra disposizione non
sono molto chiare su quando e come gli edifici 12 e 13 della planimetria del
1959 sono stati edificati ed adattati ad alloggi. Ciò permetterebbe di fare
raffronti con le date (ben note) relative all’occupazione tedesca del complesso
industriale per vedere se possono corrispondere con la descrizione di Calze al fulmicotone. Non siamo inoltre
riusciti a confrontare la vicenda raccontata in Calze al fulmicotone per sapere se incidenti di quel tipo sono
effettivamente accaduti durante il periodo bellico.
Nonostante i punti ancora da chiarire, la nostra
speranza è comunque che questa ricerca possa contribuire a districare alcuni
nodi relativi alla presenza di Primo Levi ad Avigliana.
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato reso possibile dalla
cortesia e dal supporto di numerose persone che desideriamo qui ringraziare. Vogliamo
ringraziare in particolare i sig.ri Uberto Franchino e Giancarlo Vinassa, che
ci hanno parlato a lungo delle loro esperienze in Duco e ci hanno permesso di
identificarne il perimetro e la prof.ssa Rosanna Perotto che pure ci ha aiutato
nella ricerca. Un sentito grazie anche alla sig.ra Bardelle che ha gentilmente
fornito le fotografie riprodotte nella figura 11. L’associazione Circolarmente ci ha permesso di
organizzare una passeggiata sui luoghi di Levi il 24 settembre 2017 ed un
incontro pubblico il 13 ottobre 2017. Durante queste occasioni, sono stati
presentati parte dei risultati sintetizzati qui. Un sentito ringraziamento va a
Pietro Scarnera, Piero Bianucci e Francesca Rocci che hanno partecipato
all’evento. Desideriamo ringraziare l’associazione ed il pubblico che ha
partecipato numeroso. Non dimenticheremo la prof.ssa Rosetta Chiaberge e Martina
Franchino, della libreria aviglianese La casa dei libri. Un ringraziamento va
anche a Franco Fonnesu per i consigli sul testo e per la mappa della figura 7.
Termineremo ringraziando calorosamente il Comune di Avigliana che, a
riconoscimento della nostra attività, ha posto le targhe identificative dei
“Luoghi di Primo Levi”.
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