La
parola del mese
A turno si propone una parola
evocativa di pensieri fra
di loro collegabili
in grado di offrirci nuovi
spunti di riflessione
APRILE 2021
Le sfide che
globalmente incombono in questa decisiva fase storica, a partire da quella
pandemica, comprensiva della collegata complicatissima ripresa, e da quella
ecologica/ambientale, richiedono sicuramente adeguate scelte concrete da
attuare in tempi brevi. Ed al tempo stesso rappresentano una imperdibile
occasione per riflettere sulla giustezza e sulla sostenibilità del modello di
sviluppo che ha in gran misura determinato lo stesso insorgere di queste
problematiche. E’ uno sforzo tutt’altro che semplice perché si tratta
letteralmente di sottoporre a radicale critica tutti i presupposti di fondo –
economici, sociali, politici, e culturali in senso ampio – sui quali tale
modello di sviluppo si è sin qui basato. Ma è un dovere che non può essere
aggirato non fosse altro che per dare giusto indirizzo alle stesse concrete
scelte. Nel piccolissimo contesto di CircolarMente, e di questo suo blog, ci
siamo sempre mossi con questa finalità che ha, in varie forme, ispirato
conferenze, seminari e post. In particolare alcune delle ultime “Parole del mese”,
ad esempio “Progresso” e “Limite (senso del)”, sono state scelte in modo mirato
proprio in questo senso. Anche quella di questo mese ha la stessa finalità.
Abbiamo infatti puntato su una parola, di diffusa conoscenza e dal significato
ampio, ma nella declinazione che di essa ha fatto Hans Jonas (1903-1993,
filosofo tedesco naturalizzato statunitense)
nel suo sempre attualissimo
saggio
La “parola del mese” di questo Aprile 2021 è quindi:
Responsabilità …..(il principio di)
………vale a dire la necessità di prendere preventivamente in attenta considerazione tutte le possibili conseguenze future di ogni gesto dell'uomo per farla divenire il principio cardine di un'etica razionalista applicata in particolare ai temi dell'ecologia e della bioetica.
Il saggio di
Jonas è del 1979, ma in Italia è stato pubblicato, nella accurata traduzione di
Pier Paolo Portinaro (professore di
Filosofia Politica presso l’Università di Torino), solamente nel 2009
diventando da subito un testo di riferimento per ogni seria riflessione
sul tema indicato nel suo stesso sottotitolo “Un’etica per la civiltà tecnologica”. Si tratta di un’opera quanto mai complessa
ed articolata che completa l’intera ricerca filosofica di Jonas (allievo
di Heidegger, compagno di studi di Hannah Arendt, costretto con l’avvento
del nazismo ad emigrare in Inghilterra, ha partecipato attivamente come
volontario alla Seconda Guerra e poi alla fondazione di Israele, per terminare
la sua carriera accademica negli USA. Il
percorso teoretico di Jonas si divide in tre periodi: lo studio della storia
dello spirito ed in particolate delle religioni gnostiche considerate la forma
originaria del nichilismo contemporaneo – l’elaborazione di una
filosofia della natura in un serrato confronto con la scienza - la definizione di una filosofia
pratica volta alla ricerca di un'etica e di una politica adeguate
alla civiltà tecnologica)
che qui presentiamo per punti sintetici che speriamo possano essere utili a comprender
lo straordinario apporto che ancora oggi il “principio di Responsabilità” è
in grado di fornire al fondamentale dibattito sull’incidenza della tecnologia
su tutti gli attuali scenari e sull’opportunità, che ne consegue, di
individuare le idee guida che dovrebbero ispirarla. Ci sembra quindi evidente
il suo stretto legame con “Progresso” e “Limite”, a supporto della riflessione
di cui si è detto prima.
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per
comprendere appieno la valenza del “principio di responsabilità”
è necessario considerare l’idea di “natura”,
e del suo rapporto con “l’uomo”,
sviluppata da Jonas in particolare in una sua precedente opera “Organismo e libertà”
a
suo avviso l’intero percorso del pensiero occidentale, fatte salve alcune limitate
eccezioni, è stato caratterizzato da una errata netta separazione tra uomo e
natura, da un antropocentrismo così accentuato da offuscare ogni possibilità di
pervenire ad una spiegazione esauriente della stessa realtà
sull’antica
indifferenza verso la natura di quasi tutto il pensiero classico si è
successivamente innestato il pensiero moderno che, a partire dalla separazione
cartesiana fra res
cogitans, la realtà psichica, e res extensa, la realtà fisica, ha ancor di più accentuato la
separazione tra uomo e natura in ambedue i filoni che lo hanno caratterizzato: il “materialismo” e l’ “idealismo”
se
quest’ultimo ha di fatto eluso la stessa esistenza del problema unificando le
due realtà nella pura soggettiva coscienza umana, il primo, per quanto
potenzialmente in grado di una migliore comprensione, non è comunque riuscito a
cogliere appieno la complessità della natura, della stessa “vita”, troppo appiattendosi sulla cieca e meccanica evoluzione della
semplice materia
alla
base di questa duplice inadeguata attenzione verso la natura, intesa da Jonas
nella sua più ampia accezione di sviluppo della vita, sta un dato comune:
l’incomprensione del ruolo fondamentale del “corpo”, il vero tramite del rapporto dell’uomo con la
natura. Il corpo è inteso in questo senso da Jonas non solo come la componente
dell’estensione dell’umano nella realtà, ma come il “possessore della stessa interiorità, dello spirito”
il
corpo non è infatti a suo avviso solo il territorio di confine tra interiorità
ed esteriorità, ma è la “fonte
attiva” di ogni concetto di forza ed azione, e quindi della stessa “causalità” dell’agire umano
questa
concezione di Jonas si presta a feconde implicazioni ed a vari sviluppi in più
direzioni qui ovviamente non affrontabili. Occorre però, per un corretto
approccio al “principio di Responsabilità”,
tenere ben presente che, a suo avviso, la connessione che il corpo implica fra
uomo e natura è tale da far pienamente rientrare l’uomo nell’ambito della
natura, in un rapporto non scindibile e tale per cui ogni azione umana determina
una immancabile ricaduta sull’insieme naturale.
è
poi opportuna una seconda premessa:
l’attenzione che Jonas, nell’evoluzione del suo pensiero, sempre
più matura verso la sfera dell’etica trova una diretta relazione con la sua personale
vicenda di ebreo tedesco costretto a fuggire dalla follia nazista, e con la sua
conseguente volontà di indagare le ragioni culturali che possano in qualche
modo spiegare una simile tragedia
non
a caso buona parte della fama pubblica di Jonas poggia su un passaggio della
conferenza tenuta nel 1984 con titolo “Il concetto di Dio dopo
Auschwitz. Una voce ebraica” nella quale, per spiegare l’assenza di Dio ed il suo mancato impedimento
di tale orrore, pronuncia la citatissima frase ……. non
perché non lo volle, ma perché non fu in condizione di farlo. Creando il mondo
e donando all'uomo la libertà Dio ha rinunciato ad uno dei suoi attributi:
l'onnipotenza ……
per
Jonas è quindi nell’uomo, in quell’uomo che non è riuscito nell’intero sviluppo
del suo pensiero a meglio cogliere l’essenza del suo rapporto con la natura, in
quell’uomo che, possedendo il libero arbitrio, è giunto all’obbrobrio di
concepire e realizzare tragedie come quella dell’Olocausto, che risiede la
fonte di tutte le ingiustizie, a partire da quella verso la stessa natura che
tutto comprende e spiega.
sono
queste le due indispensabili premesse che aiutano a capire la genesi del “principio
di Responsabilità”
ed il suo rapporto con l’intero percorso filosofico di Jonas
alle
quali si è ovviamente aggiunta la sua constatazione - messa a punto nei primi decenni
del secondo dopoguerra e che ancora oggi colpisce per la sua formidabile
capacità di intuire l’evolversi di un processo a quel tempo ancora incerto e
confuso - dell’l’incedere di uno sviluppo tecnologico tale da ridisegnare
completamente la presenza dell’uomo nella natura e la stessa loro comune sopravvivenza
è
proprio questa sua impressionante capacità di intravedere i negativi scenari
legati all’incalzante e totalizzante progresso tecnologico che lo induce a
ritenere che la questione non possa essere ridotta ad una semplice distinzione
fra un “uso buono ed uno
cattivo” della “tecnica”,
e che occorra indagare più a fondo il suo ruolo nel rapporto fra uomo e natura sul
quale già grava il peso delle due precedenti premesse
il
primo aspetto che denota l’incedere di una minaccia consiste per Jonas nel
mutato equilibrio fra …….. artificialità e naturalità
…… sconvolto dal peso eccessivo ormai assunto dalla prima
questo
squilibrio appare peraltro difficile da cogliere nella sua piena consistenza perché
è il risultato, maturato progressivamente sul lungo periodo, del costante
processo di “autonomizzazione”
della tecnica …… l’esperienza
ci insegna che gli sviluppi avviati di volta in volta dal fare tecnologico come
obiettivi a breve termine presentano la tendenza a rendersi autonomi ossia ad
acquisire una propria dinamica, una funzione propulsiva che trascende la
volontà e i piani dei suoi stessi autori ……….
ed
è proprio l’incerta ed insufficiente consapevolezza di quanto veniva
effettivamente messo in atto allargando la sfera dell’artificiale ad aver
consentito il crearsi delle condizioni di questa autonomizzazione, tanto
strisciante quanto impattante …….. da
mero mezzo artificiale la tecnica si trasforma così in sfera avente fini in sé …..
questo
esplosivo salto è strettamente connesso con il pieno affermarsi della modernità
fino a rappresentare un suo tratto distintivo. Mentre, al contrario, le grandi
culture classiche erano caratterizzate da un incedere lento e controllato del
progresso tecnico, essendo riuscite a fissare un punto di equilibrata
saturazione tecnologica, quella che bastava ai loro modi consolidati di vivere
e di produrre, nella modernità si è materializzato un autentico salto di
paradigma ……. la
tecnica moderna è un’impresa e un processo, mentre quella precedente era un
possesso ed uno stato …..
la
rottura di questo millenario equilibrio fra “bisogni e mezzi” è un punto focale del pensiero di Jonas, perché è
qui, in questa cesura con una precedente situazione in qualche misura statica, ma
equilibratamente adeguata a necessità consolidate e stabili, che si innesca la
spirale del progresso tecnologico sempre più inarrestabile perché sempre più
autonomo.
appare
infatti sempre più evidente che il processo di costante trasformazione
tecnologica, resosi ormai autonomo e quindi non più finalizzato al soddisfare i
bisogni essenziali, per (auto)giustificarsi
e (auto)alimentarsi crea come inevitabile ricaduta sempre nuovi bisogni,
sempre meno naturali, sempre più artificiali
questo
continuo mutamento, questo costante ed incontrollato incedere, si carica,
secondo Jonas, di una aspettativa persino utopica tale da (auto)vestirsi dei
panni di una tecnologia salvifica perennemente proiettata verso il futuro ……. il presente è privo di validità autonoma, ridotto ad
essere un mero veicolo per il conseguimento di un ulteriore momento a venire
………
la
tecnica si è però in questo modo ormai impadronita di una “potenza” inarrestabilmente destinata a divenire “potere e dominio”
una
potenza è cioè divenuta il potere di scavalcare costantemente confini e limiti
resi sempre più labili, ma che, inevitabilmente, sta implicando il dominio
dell’uomo sull’uomo, a vantaggio di quelli che meglio sanno cogliere e disporre
delle opportunità tecnologiche, il parallelo dominio dell’uomo sulla natura,
ormai ancella soggiogata, il conseguente
dominio dei bisogni artificiali su tutti gli uomini, e non ultimo il dominio
sulla stessa “naturalità” dell’uomo,
disumanizzato e a sua volta ridotto ad oggetto artificiale
la
potenza/potere della tecnica ha stravolto capovolgendolo anche il rapporto con
la “scienza”, con quest’ultima, a lungo nella concezione classica dedita alla conoscenza
pura, sempre più sottoposta al dominio della prima e quindi finalizzata a inseguire
conoscenza da subito chiamata a generare ricadute tecnologiche
Il
dominio messo in atto dalla tecnica è ormai tale da rappresentare un’autentica
minaccia per la sopravvivenza della natura, della naturalità, della stessa idea
di uomo, di umanità, così come si erano sin qui manifestate
è
questo il quadro dell’attuale modernità, caratterizzato in definitiva da una
pericolosa frattura fra il “il
poter fare” e “l’agire”,
che si muovono ormai lungo direttrici separate, che induce Jonas a ritenere
ormai indispensabile una nuova etica che sappia ricondurre l’agire sotto il
controllo di un poter fare ispirato da una piena consapevolezza della direzione
del procedere
la
tecnica, questo…………. Prometeo irresistibilmente scatenato
………… ormai esige, a suo avviso, un’etica che mediante
autorestrizioni impedisca alla sua potenza di diventare sventura per la natura
e quindi per l’uomo. Non è più possibile che la tecnica si arroghi il diritto
di decidere autonomamente le finalità da raggiungere dell’intera umanità.
Occorre fare un passo indietro e la spinta a farlo può venire solo dal formarsi
di una nuova etica che riconsegni all’uomo il diritto/dovere di scegliere tra
……. “avere uno scopo” e “servire ad uno scopo”
…..
ed
è una “nuova” etica quella che si impone, perché quella “antica” è ormai
inadeguata, inadatta ad affrontare il nuovo potere/dominio della tecnica che
scavalca le sue fondamenta costitutive. Non valgono più nello scenario moderno
i tre presupposti su cui essa si basava: l’essere la condizione umana data una volta per tutte – rendendo
così possibile determinare senza difficoltà quale sia il bene umano – da cui
discendeva una responsabilità che consentiva un agire umano limitato, circoscritto
questi presupposti implicavano però che l’antica techné fosse di fatto
neutrale nel rapporto con la natura consentendo all’etica di pronunciarsi in
misura esclusiva sui rapporti interumani in una dimensione che era quella del
….. qui e ora ….. e nella quale l’uomo poteva allora non avere alcun motivo di
sentire una qualche responsabilità nei confronti del mondo che lo circondava
non
vale più oggi quel pensare etico che ancora consentiva a Kant a dire che …… non c’è bisogno né di scienza né di filosofia per
sapere ciò che si deve fare per essere onesti e buoni
….
occorre invece un nuovo imperativo etico che, a differenza di quello
kantiano, abbia una sua coerenza ispirata da una filosofia che guardi al futuro
e non più da un pensiero logico appiattito sulle possibilità del presente, e
che giudichi ed ispiri l’agire umano guardando non …… all’atto in sé, ma ai suoi effetti ultimi …… perché è ormai evidente che ciò che avviene
oggi ha conseguenze durevoli nel tempo in grado di coinvolgere tutta
l’estensione spaziale del pianeta
una nuova etica si impone non solo guardando all’agire, ma è resa
indispensabile dal pieno riconoscimento dei diritti della natura, di quella
natura finora così emarginata dal pensiero umano e che deve essere filosoficamente ripensata dall’uomo
che di essa è al tempo stesso parte e artefice
essa da subito deve inoltre avere al suo centro non più l’individuo, ma la
collettività, la cui concezione etica deve compenetrarsi nella sfera produttiva
e sociale attraverso la forma della politica, lo strumento della politica
pubblica
la nuova etica sarà tale se resterà coerente al suo principio fondante ……
non fare mai
dell’esistenza o dell’essenza dell’uomo una posta in gioco nelle scommesse
dell’agire …. se guarderà
inflessibilmente al nuovo imperativo etico …… agisci in modo che le tue azioni siano
compatibili con la permanenza di una autentica vita umana sulla Terra …. e se, conseguentemente, concretizzerà il suo
assioma di fondo …… in avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere
abitato ……
ed affinché essa possa avere valore per la l’intera
comunità globale deve essere costruita attraverso un percorso filosofico, capace di individuare, ed
esaltare, nella struttura stessa dell’essere umano un bene, un valore che colmi
l’attuale divario tra “essere” e “dover essere”.
questo valore altro non può essere che la “responsabilità”
la quale è stata finora intesa in due
contrapposti modi: o come …… imputazione causale di azioni già compiute ……. o come ………..
determinazione
del da farsi …. come sviluppo coerente della necessità di una
nuova etica va da sé che Jonas guardi a questa sua seconda accezione, ma da
subito integrandola con un concetto non meno fondante ….. la responsabilità
è per qualcosa che si trova fuori di me e che mi obbliga ad agire facendo
prevalere l’universale diritto di esistere al mio stesso potere …..
la determinazione che guarda al da farsi guidata
da questo sentimento può allora mettere in relazione etica il …….. dover essere
(seinsollen) …… dell’oggetto che vanta il diritto di esistere
con il …… dover
fare (junsollen) …… del soggetto chiamato ad averne cura
ancora una volta, riflettendo in termini filosofici,
si impone una svolta rispetto all’etica classica: se Kant diceva …… puoi, dunque
devi ….. per Jonas è tempo di dire ….. devi, dunque
fai, dunque puoi …. Questo
inaggirabile passaggio dal “potere” al “dovere” non può che scaturire dalla volontà di operare
in modo consapevole avendo come metro di misura tutte le possibili conseguenze
in capo al “potere” quando intende
farsi prassi concreta
la riconosciuta esigenza dell’oggetto e la coscienza morale del potere-fare
si possono così fondere, in senso positivo, nella responsabilità del soggetto attivo, in un vero sentire
responsabile e non nella vuota
“responsabilità” formale
la fondazione filosofica della nuova etica
implica allo stesso tempo l’obbligo di meglio comprendere le motivazioni di
fondo che formano il tessuto dell’essere vivente e che spiegano il suo agire.
Per farlo si rende necessaria la distinzione tra valori e scopi o fini
Per Jonas uno scopo è qualcosa per cui si attiva un processo, si
intraprende un’azione, si risponde cioè alla domanda ….. per che cosa? ….. Lo
accompagna e lo completa la finalità, ossia
il pensiero che mira a dare senso allo stesso scopo, e che quindi conferisce pienezza
allo stesso “essere” rispetto al “non essere”, che altro non è che la mancanza di scopi e finalità
La finalità è quindi per Jonas una vero e
proprio ….. bene in sé ….. e come tale rappresenta
l’autentica bussola dell’agire umano
una dote che al contrario non può essere
attribuita ai valori, i quali sono determinati da discrezionalità e incoerenza,
ed infatti possono essere condivisi o no, possono essere perseguiti o no, e
quindi se possono svolgere un qualche ruolo significativo non possono, per
queste loro inscindibili limitatezze, essere definiti, come le finalità, come “beni in sé”
Il principio di Responsabilità deve essere pertanto inteso
come una finalità vera e propria determinando in questo modo la capacità di
fornire a sua volta direzione e sostanza allo scopo ultimo, quello sancito
dall’imperativo e dall’assioma di fondo della nuova etica, dare ……. valore
all’essere nella sua profonda differenza con il non-essere ….
questa visione di scopi e finalità sancisce
inoltre una ulteriore fondamentale distinzione fra naturalità e tecnica, Jonas
precisa puntualmente che esiste una netta distinzione tra …… porre, darsi,
uno scopo ……. e ….. servire ad uno
scopo …… dalla quale emerge chiaramente l’impossibilità
per la tecnica di soddisfare il primo aspetto essendo costituzionalmente limitata
al secondo
Jonas sviluppa in sostanza una visione
finalistica che permea la natura tutta, ma che non si pone in alternativa alle
spiegazioni causalistiche proprie ad esempio dell’evoluzionismo, che semmai
affianca, essendo priva di uno sfondo ed
uno scopo teleologico.
la finalità così intesa all’interno del principio
di Responsabilità consente inoltre
secondo Jonas il superamento della distinzione fra “bene” e “volontà”, intendendo il
primo come un valore esterno all’essere e la seconda come l’esito di un sentimento
interno. Il bene oggetto della finalità trova infatti riscontro nel suo coniugarsi
con la volontà dando così corpo ad un senso di responsabilità ampio, che guarda
al presente ed al futuro ……. ciò significa che l’etica possiede un aspetto
oggettivo ed uno soggettivo e di questi uno ha a che vedere con la ragione
l’altro con il sentimento ……
Il ruolo del sentimento, della volontà, che nell’etica
tradizionale mirava ad un “sommo bene”,
ad una condizione in qualche modo atemporale, oggi per Jonas deve essere
tradotto in finalità concrete ed avere la forza di indurci al senso di
responsabilità verso gli altri e verso la natura. In questo salto etico che
impone all’uomo di considerare tutte le possibili conseguenze del suo agire si
forma in sostanza una nuova idea di bene …..nella capacità di avere
degli scopi possiamo scorgere un “bene in sé”
……
questi stretti intrecci tra scopi e finalità, fra essere e dover essere, che formano il
cerchio che racchiude e definisce il principio di Responsabilità, chiamano per primi in causa i maggiori detentori di
responsabilità che Jonas individua ………. nei genitori (verso i figli) e negli uomini di Stato (verso
i cittadini) …….
sono tre, a suo avviso, gli elementi che definiscono questi due
paradigmi della responsabilità ……. totalità,
continuità, futuro …………
per due interviene una stretta comunanza: per la totalità,
perché la responsabilità dei genitori verso i figli e dello Stato verso i
cittadini investe ogni aspetto della loro vita, e per la continuità, perché una
responsabilità di questa natura non cessa mai, né i genitori né lo Stato “possono andare
in vacanza”
per il terzo elemento subentra al contrario una
significativa differenza: la responsabilità dei genitori ha un orizzonte
temporale definito che coincide con il raggiungimento dell’autonomia e della
maturità dei figli, quella dello Stato verso i cittadini non ha relazione con
uno sviluppo organico, non ha un fine predeterminato, e quindi non ha orizzonti
temporali che non siano quelli indefinibili dell’esistenza dell’umanità ……. la responsabilità politica nel suo
guardare al futuro ha un compito ben preciso: il rendere sempre possibile
l’esistenza di una politica futura alla propria. …….
va detto in chiusura di questa limitata
presentazione della ricchezza di riflessioni filosofiche che Jonas non rifugge
dal tradurle nel concreto contesto storico: in un successivo saggio del 1985, “Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio Responsabilità”, affronterà entrando a fondo nel merito le
tematiche specifiche dell’insidioso campo della eugenetica (clonazione e
manipolazioni genetiche), mentre nell’ultima parte del “Il principio di Responsabilità” affronta il problema della traduzione della
nuova etica da lui delineata in concrete politiche di salvaguardia dell’uomo e
della natura
svolge quindi una acuta analisi comparata (il
suo saggio è elaborato ben prima della caduta del Muro di Berlino e della fine
del socialismo reale) della società
capitalistica e di quella socialista. Sulla base della quale matura la
convinzione che l’esercizio di un preciso controllo del potere distruttivo
della tecnica, legato ad uno sviluppo equilibrato di tutti i popoli, ed
ispirato dal principio di Responsabilità richiede
realisticamente la presenza di una élite all’altezza del compito
una società socialista potrebbe avere un qualche
vantaggio in questo senso su quella capitalistica ma è frenata da due evidenti
limiti: l’essere ispirata, non meno del capitalismo, dal mito del progresso
affidato alla tecnica e dall’obiettivo di una economia dei bisogni, ed al tempo
stesso quello di avere una base filosofica improntata ad una prospettiva
utopica che, secondo Jonas, non ha più senso coltivare quando è in gioco la
necessità impellente di preservare il presente del pianeta
&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&
A chiusura di
questo sintetico percorso nel pensiero di Jonas è opportuno sottolineare che il
messaggio più rilevante da cogliere nella sua riflessione non consiste solo
nella persistente validità di molte delle considerazioni e proposte, ma anche
nel suo accorato appello a recuperare l’ormai insostenibile mancanza di un
adeguato e concreto dibattito sui gravi rischi provocati dall’incontrollato sviluppo
tecnologico ed economico. Un appello di ormai quasi cinquant’anni fa e che non
pare proprio essere stato accolto in modo adeguato. E quindi risuonano ancora
più ammonitrici le parole usate da Jonas
per dire della sua paura del formarsi, in questo clima di preoccupante vuoto
etico, di un minaccioso nichilismo per il quale ……. Il massimo di potere si unisce al massimo
di vuoto, ed il massimo di capacità al minimo del sapere intorno agli scopi …..
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