giovedì 1 aprile 2021

La Parola del mese - Aprile 2021

 

La parola del mese

 A turno si propone una parola

 evocativa di pensieri fra di loro collegabili

 in grado di offrirci nuovi spunti di riflessione

APRILE 2021

Le sfide che globalmente incombono in questa decisiva fase storica, a partire da quella pandemica, comprensiva della collegata complicatissima ripresa, e da quella ecologica/ambientale, richiedono sicuramente adeguate scelte concrete da attuare in tempi brevi. Ed al tempo stesso rappresentano una imperdibile occasione per riflettere sulla giustezza e sulla sostenibilità del modello di sviluppo che ha in gran misura determinato lo stesso insorgere di queste problematiche. E’ uno sforzo tutt’altro che semplice perché si tratta letteralmente di sottoporre a radicale critica tutti i presupposti di fondo – economici, sociali, politici, e culturali in senso ampio – sui quali tale modello di sviluppo si è sin qui basato. Ma è un dovere che non può essere aggirato non fosse altro che per dare giusto indirizzo alle stesse concrete scelte. Nel piccolissimo contesto di CircolarMente, e di questo suo blog, ci siamo sempre mossi con questa finalità che ha, in varie forme, ispirato conferenze, seminari e post. In particolare alcune delle ultime “Parole del mese”, ad esempio “Progresso” e “Limite (senso del)”, sono state scelte in modo mirato proprio in questo senso. Anche quella di questo mese ha la stessa finalità. Abbiamo infatti puntato su una parola, di diffusa conoscenza e dal significato ampio, ma nella declinazione che di essa ha fatto Hans Jonas (1903-1993, filosofo tedesco naturalizzato statunitense)


nel suo sempre attualissimo saggio


La “parola del mese” di questo Aprile 2021 è quindi:

Responsabilità …..(il principio di)

………vale a dire la necessità di prendere preventivamente in attenta considerazione tutte le possibili conseguenze future di ogni gesto dell'uomo per farla divenire il principio cardine di un'etica razionalista applicata in particolare ai temi dell'ecologia e della bioetica. 

Il saggio di Jonas è del 1979, ma in Italia è stato pubblicato, nella accurata traduzione di Pier Paolo Portinaro (professore di Filosofia Politica presso l’Università di Torino), solamente nel 2009

diventando da subito un testo di riferimento per ogni seria riflessione sul tema indicato nel suo stesso sottotitolo “Un’etica per la civiltà tecnologica”. Si tratta di un’opera quanto mai complessa ed articolata che completa l’intera ricerca filosofica di Jonas (allievo di Heidegger, compagno di studi di Hannah Arendt, costretto con l’avvento del nazismo ad emigrare in Inghilterra, ha partecipato attivamente come volontario alla Seconda Guerra e poi alla fondazione di Israele, per terminare la sua carriera accademica negli USA.  Il percorso teoretico di Jonas si divide in tre periodi: lo studio della storia dello spirito ed in particolate delle religioni gnostiche considerate la forma originaria del nichilismo contemporaneo – l’elaborazione di una filosofia della natura in un serrato confronto con la scienza  - la definizione di una filosofia pratica volta alla ricerca di un'etica e di una politica adeguate alla civiltà tecnologica) che qui presentiamo per punti sintetici che speriamo possano essere utili a comprender lo straordinario apporto che ancora oggi il “principio di Responsabilità è in grado di fornire al fondamentale dibattito sull’incidenza della tecnologia su tutti gli attuali scenari e sull’opportunità, che ne consegue, di individuare le idee guida che dovrebbero ispirarla. Ci sembra quindi evidente il suo stretto legame con “Progresso” e “Limite”, a supporto della riflessione di cui si è detto prima.

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*   per comprendere appieno la valenza del “principio di responsabilità” è necessario considerare l’idea di “natura”, e del suo rapporto con “l’uomo”, sviluppata da Jonas in particolare in una sua precedente opera “Organismo e libertà

*   a suo avviso l’intero percorso del pensiero occidentale, fatte salve alcune limitate eccezioni, è stato caratterizzato da una errata netta separazione tra uomo e natura, da un antropocentrismo così accentuato da offuscare ogni possibilità di pervenire ad una spiegazione esauriente della stessa realtà

*   sull’antica indifferenza verso la natura di quasi tutto il pensiero classico si è successivamente innestato il pensiero moderno che, a partire dalla separazione cartesiana fra res cogitans, la realtà psichica, e res extensa, la realtà fisica, ha ancor di più accentuato la separazione tra uomo e natura in ambedue i filoni  che lo hanno caratterizzato: il “materialismo” e l’ “idealismo

*   se quest’ultimo ha di fatto eluso la stessa esistenza del problema unificando le due realtà nella pura soggettiva coscienza umana, il primo, per quanto potenzialmente in grado di una migliore comprensione, non è comunque riuscito a cogliere appieno la complessità della natura, della stessa “vita”, troppo appiattendosi  sulla cieca e meccanica evoluzione della semplice materia

*   alla base di questa duplice inadeguata attenzione verso la natura, intesa da Jonas nella sua più ampia accezione di sviluppo della vita, sta un dato comune: l’incomprensione del ruolo fondamentale del “corpo”, il vero tramite del rapporto dell’uomo con la natura. Il corpo è inteso in questo senso da Jonas non solo come la componente dell’estensione dell’umano nella realtà, ma come il “possessore della stessa interiorità, dello spirito

*   il corpo non è infatti a suo avviso solo il territorio di confine tra interiorità ed esteriorità, ma è la “fonte attiva” di ogni concetto di forza ed azione, e quindi della stessa “causalità” dell’agire umano

*   questa concezione di Jonas si presta a feconde implicazioni ed a vari sviluppi in più direzioni qui ovviamente non affrontabili. Occorre però, per un corretto approccio al “principio di Responsabilità”, tenere ben presente che, a suo avviso, la connessione che il corpo implica fra uomo e natura è tale da far pienamente rientrare l’uomo nell’ambito della natura, in un rapporto non scindibile e tale per cui ogni azione umana determina una immancabile ricaduta sull’insieme naturale.

*   è poi opportuna una seconda premessa:  l’attenzione che Jonas, nell’evoluzione del suo pensiero,   sempre più matura verso la sfera dell’etica trova una diretta relazione con la sua personale vicenda di ebreo tedesco costretto a fuggire dalla follia nazista, e con la sua conseguente volontà di indagare le ragioni culturali che possano in qualche modo  spiegare una simile tragedia

*   non a caso buona parte della fama pubblica di Jonas poggia su un passaggio della conferenza tenuta nel 1984 con titolo “Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica” nella quale, per spiegare l’assenza di Dio ed il suo mancato impedimento di tale orrore, pronuncia la citatissima frase ……. non perché non lo volle, ma perché non fu in condizione di farlo. Creando il mondo e donando all'uomo la libertà Dio ha rinunciato ad uno dei suoi attributi: l'onnipotenza ……

*   per Jonas è quindi nell’uomo, in quell’uomo che non è riuscito nell’intero sviluppo del suo pensiero a meglio cogliere l’essenza del suo rapporto con la natura, in quell’uomo che, possedendo il libero arbitrio, è giunto all’obbrobrio di concepire e realizzare tragedie come quella dell’Olocausto, che risiede la fonte di tutte le ingiustizie, a partire da quella verso la stessa natura che tutto comprende e spiega.

*   sono queste le due indispensabili premesse che aiutano a capire la genesi del “principio di Responsabilitàed il suo rapporto con l’intero percorso filosofico di Jonas

*   alle quali si è ovviamente aggiunta la sua constatazione - messa a punto nei primi decenni del secondo dopoguerra e che ancora oggi colpisce per la sua formidabile capacità di intuire l’evolversi di un processo a quel tempo ancora incerto e confuso - dell’l’incedere di uno sviluppo tecnologico tale da ridisegnare completamente la presenza dell’uomo nella natura e la stessa loro comune sopravvivenza

*   è proprio questa sua impressionante capacità di intravedere i negativi scenari legati all’incalzante e totalizzante progresso tecnologico che lo induce a ritenere che la questione non possa essere ridotta ad una semplice distinzione fra un “uso buono ed uno cattivo” della “tecnica”, e che occorra indagare più a fondo il suo ruolo nel rapporto fra uomo e natura sul quale già grava il peso delle due precedenti premesse

*   il primo aspetto che denota l’incedere di una minaccia consiste per Jonas nel mutato equilibrio fra  …….. artificialità e naturalità …… sconvolto dal peso eccessivo ormai assunto dalla prima

*   questo squilibrio appare peraltro difficile da cogliere nella sua piena consistenza perché è il risultato, maturato progressivamente sul lungo periodo, del costante processo di “autonomizzazione” della tecnica …… l’esperienza ci insegna che gli sviluppi avviati di volta in volta dal fare tecnologico come obiettivi a breve termine presentano la tendenza a rendersi autonomi ossia ad acquisire una propria dinamica, una funzione propulsiva che trascende la volontà e i piani dei suoi stessi autori ……….

*   ed è proprio l’incerta ed insufficiente consapevolezza di quanto veniva effettivamente messo in atto allargando la sfera dell’artificiale ad aver consentito il crearsi delle condizioni di questa autonomizzazione, tanto strisciante quanto impattante …….. da mero mezzo artificiale la tecnica si trasforma così in sfera avente fini in sé …..

*   questo esplosivo salto è strettamente connesso con il pieno affermarsi della modernità fino a rappresentare un suo tratto distintivo. Mentre, al contrario, le grandi culture classiche erano caratterizzate da un incedere lento e controllato del progresso tecnico, essendo riuscite a fissare un punto di equilibrata saturazione tecnologica, quella che bastava ai loro modi consolidati di vivere e di produrre, nella modernità si è materializzato un autentico salto di paradigma ……. la tecnica moderna è un’impresa e un processo, mentre quella precedente era un possesso ed uno stato …..

*   la rottura di questo millenario equilibrio fra “bisogni e mezzi” è un punto focale del pensiero di Jonas, perché è qui, in questa cesura con una precedente  situazione in qualche misura statica, ma equilibratamente adeguata a necessità consolidate e stabili, che si innesca la spirale del progresso tecnologico sempre più inarrestabile perché sempre più autonomo.

*   appare infatti sempre più evidente che il processo di costante trasformazione tecnologica, resosi ormai autonomo e quindi non più finalizzato al soddisfare i bisogni essenziali, per (auto)giustificarsi  e (auto)alimentarsi crea come inevitabile ricaduta sempre nuovi bisogni, sempre meno naturali, sempre più artificiali

*   questo continuo mutamento, questo costante ed incontrollato incedere, si carica, secondo Jonas, di una aspettativa persino utopica tale da (auto)vestirsi dei panni di una tecnologia salvifica perennemente proiettata verso il futuro ……. il presente è privo di validità autonoma, ridotto ad essere un mero veicolo per il conseguimento di un ulteriore momento a venire ………

*   la tecnica si è però in questo modo ormai impadronita di una “potenza” inarrestabilmente destinata a divenire “potere e dominio

*   una potenza è cioè divenuta il potere di scavalcare costantemente confini e limiti resi sempre più labili, ma che, inevitabilmente, sta implicando il dominio dell’uomo sull’uomo, a vantaggio di quelli che meglio sanno cogliere e disporre delle opportunità tecnologiche, il parallelo dominio dell’uomo sulla natura, ormai ancella soggiogata, il  conseguente dominio dei bisogni artificiali su tutti gli uomini, e non ultimo il dominio sulla stessa “naturalità” dell’uomo,  disumanizzato e a sua volta ridotto ad oggetto artificiale

*   la potenza/potere della tecnica ha stravolto capovolgendolo anche il rapporto con la “scienza”, con quest’ultima, a lungo nella  concezione classica dedita alla conoscenza pura, sempre più sottoposta al dominio della prima e quindi finalizzata a inseguire conoscenza da subito chiamata a generare ricadute tecnologiche

*   Il dominio messo in atto dalla tecnica è ormai tale da rappresentare un’autentica minaccia per la sopravvivenza della natura, della naturalità, della stessa idea di uomo, di umanità, così come si erano sin qui manifestate

*   è questo il quadro dell’attuale modernità, caratterizzato in definitiva da una pericolosa frattura fra il “il poter fare” e “l’agire”, che si muovono ormai lungo direttrici separate, che induce Jonas a ritenere ormai indispensabile una nuova etica che sappia ricondurre l’agire sotto il controllo di un poter fare ispirato da una piena consapevolezza della direzione del procedere

*   la tecnica, questo………….  Prometeo irresistibilmente scatenato ………… ormai esige, a suo avviso, un’etica che mediante autorestrizioni impedisca alla sua potenza di diventare sventura per la natura e quindi per l’uomo. Non è più possibile che la tecnica si arroghi il diritto di decidere autonomamente le finalità da raggiungere dell’intera umanità. Occorre fare un passo indietro e la spinta a farlo può venire solo dal formarsi di una nuova etica che riconsegni all’uomo il diritto/dovere di scegliere tra ……. “avere uno scopo” e “servire ad uno scopo” …..

*   ed è una “nuova” etica quella che si impone, perché quella “antica” è ormai inadeguata, inadatta ad affrontare il nuovo potere/dominio della tecnica che scavalca le sue fondamenta costitutive. Non valgono più nello scenario moderno i tre presupposti su cui essa si basava: l’essere la condizione umana data una volta per tutte – rendendo così possibile determinare senza difficoltà quale sia il bene umano – da cui discendeva una responsabilità che consentiva un agire umano limitato, circoscritto

*   questi presupposti implicavano però che l’antica techné fosse di fatto neutrale nel rapporto con la natura consentendo all’etica di pronunciarsi in misura esclusiva sui rapporti interumani in una dimensione che era quella del ….. qui e ora ….. e nella quale  l’uomo poteva allora non avere alcun motivo di sentire una qualche responsabilità nei confronti del mondo che lo circondava

*   non vale più oggi quel pensare etico che ancora consentiva a Kant a dire che …… non c’è bisogno né di scienza né di filosofia per sapere ciò che si deve fare per essere onesti e buoni ….

*   occorre invece un nuovo imperativo etico che, a differenza di quello kantiano, abbia una sua coerenza ispirata da una filosofia che guardi al futuro e non più da un pensiero logico appiattito sulle possibilità del presente, e che giudichi ed ispiri l’agire umano guardando non …… all’atto in sé, ma ai suoi effetti ultimi …… perché è ormai evidente che ciò che avviene oggi ha conseguenze durevoli nel tempo in grado di coinvolgere tutta l’estensione spaziale del pianeta

*   una nuova etica si impone non solo guardando all’agire, ma è resa indispensabile dal pieno riconoscimento dei diritti della natura, di quella natura finora così emarginata dal pensiero umano e  che deve essere filosoficamente ripensata dall’uomo che di essa è al tempo stesso parte e artefice

*   essa da subito deve inoltre avere al suo centro non più l’individuo, ma la collettività, la cui concezione etica deve compenetrarsi nella sfera produttiva e sociale attraverso la forma della politica, lo strumento della politica pubblica

*   la nuova etica sarà tale se resterà coerente al suo principio fondante …… non fare mai dell’esistenza o dell’essenza dell’uomo una posta in gioco nelle scommesse dell’agire …. se guarderà inflessibilmente al nuovo imperativo etico …… agisci in modo che le tue azioni siano compatibili con la permanenza di una autentica vita umana sulla Terra …. e se, conseguentemente, concretizzerà il suo assioma di fondo …… in avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere abitato ……

*   ed affinché essa possa avere valore per la l’intera comunità globale deve essere costruita attraverso un percorso  filosofico, capace di individuare, ed esaltare, nella struttura stessa dell’essere umano un bene, un valore che colmi l’attuale divario tra “essere” e “dover essere”.

*   questo valore altro non può essere che la “responsabilità

*   la quale è stata finora intesa in due contrapposti modi: o come …… imputazione causale di azioni già compiute ……. o come ……….. determinazione del da farsi …. come sviluppo coerente della necessità di una nuova etica va da sé che Jonas guardi a questa sua seconda accezione, ma da subito integrandola con un concetto non meno fondante ….. la responsabilità è per qualcosa che si trova fuori di me e che mi obbliga ad agire facendo prevalere l’universale diritto di esistere al mio stesso potere …..

*   la determinazione che guarda al da farsi guidata da questo sentimento può allora mettere in relazione etica il …….. dover essere (seinsollen) …… dell’oggetto che vanta il diritto di esistere con il …… dover fare (junsollen) …… del soggetto chiamato ad averne cura

*   ancora una volta, riflettendo in termini filosofici, si impone una svolta rispetto all’etica classica: se Kant diceva …… puoi, dunque devi ….. per Jonas è tempo di dire ….. devi, dunque fai, dunque puoi …. Questo inaggirabile passaggio dal “potere” al “dovere” non può che scaturire dalla volontà di operare in modo consapevole avendo come metro di misura tutte le possibili conseguenze in capo al “potere” quando intende farsi prassi concreta

*   la riconosciuta esigenza dell’oggetto e la coscienza morale del potere-fare si possono così fondere, in senso positivo, nella responsabilità del soggetto attivo, in un vero sentire responsabile  e non nella vuota “responsabilità” formale

*   la fondazione filosofica della nuova etica implica allo stesso tempo l’obbligo di meglio comprendere le motivazioni di fondo che formano il tessuto dell’essere vivente e che spiegano il suo agire. Per farlo si rende necessaria la distinzione tra valori e scopi o fini

*   Per Jonas uno scopo è qualcosa per cui si attiva un processo, si intraprende un’azione, si risponde cioè alla domanda ….. per che cosa? ….. Lo accompagna e lo completa la finalità, ossia il pensiero che mira a dare senso allo stesso scopo, e che quindi conferisce pienezza allo stesso “essere” rispetto al “non essere”, che altro non è che la mancanza di scopi e finalità

*   La finalità è quindi per Jonas una vero e proprio  ….. bene in sé ….. e come tale rappresenta l’autentica bussola dell’agire umano

*   una dote che al contrario non può essere attribuita ai valori, i quali sono determinati da discrezionalità e incoerenza, ed infatti possono essere condivisi o no, possono essere perseguiti o no, e quindi se possono svolgere un qualche ruolo significativo non possono, per queste loro inscindibili limitatezze, essere definiti, come le finalità,  come “beni in sé”

*   Il principio di Responsabilità deve essere pertanto inteso come una finalità vera e propria determinando in questo modo la capacità di fornire a sua volta direzione e sostanza allo scopo ultimo, quello sancito dall’imperativo e dall’assioma di fondo della nuova etica, dare ……. valore all’essere nella sua profonda differenza con il non-essere ….

*   questa visione di scopi e finalità sancisce inoltre una ulteriore fondamentale distinzione fra naturalità e tecnica, Jonas precisa puntualmente che esiste una netta distinzione tra …… porre, darsi, uno scopo ……. e ….. servire ad uno scopo …… dalla quale emerge chiaramente l’impossibilità per la tecnica di soddisfare il primo aspetto essendo costituzionalmente limitata al secondo

*   Jonas sviluppa in sostanza una visione finalistica che permea la natura tutta, ma che non si pone in alternativa alle spiegazioni causalistiche proprie ad esempio dell’evoluzionismo, che semmai affianca,  essendo priva di uno sfondo ed uno scopo teleologico.

*   la finalità così intesa all’interno del principio di Responsabilità consente inoltre secondo Jonas il superamento della distinzione fra “bene” e “volontà”, intendendo il primo come un valore esterno all’essere e la seconda come l’esito di un sentimento interno. Il bene oggetto della finalità trova infatti riscontro nel suo coniugarsi con la volontà dando così corpo ad un senso di responsabilità ampio, che guarda al presente ed al futuro ……. ciò significa che l’etica possiede un aspetto oggettivo ed uno soggettivo e di questi uno ha a che vedere con la ragione l’altro con il sentimento ……

*   Il ruolo del sentimento, della volontà, che nell’etica tradizionale mirava ad un “sommo bene”, ad una condizione in qualche modo atemporale, oggi per Jonas deve essere tradotto in finalità concrete ed avere la forza di indurci al senso di responsabilità verso gli altri e verso la natura. In questo salto etico che impone all’uomo di considerare tutte le possibili conseguenze del suo agire si forma in sostanza una nuova idea di bene …..nella capacità di avere degli scopi possiamo scorgere un “bene in sé” ……

*   questi stretti intrecci tra scopi e finalità,  fra essere e dover essere, che formano il cerchio che racchiude e definisce il principio di Responsabilità, chiamano per primi  in causa i maggiori detentori di responsabilità che Jonas individua ………. nei genitori (verso i figli) e negli uomini di Stato (verso i cittadini) …….

*   sono tre, a suo avviso,  gli elementi che definiscono questi due paradigmi della responsabilità  ……. totalità, continuità, futuro …………

*   per due interviene una stretta comunanza: per la totalità, perché la responsabilità dei genitori verso i figli e dello Stato verso i cittadini investe ogni aspetto della loro vita, e per la continuità, perché una responsabilità di questa natura non cessa mai, né i genitori né lo Stato “possono andare in vacanza

*  per il terzo elemento subentra al contrario una significativa differenza: la responsabilità dei genitori ha un orizzonte temporale definito che coincide con il raggiungimento dell’autonomia e della maturità dei figli, quella dello Stato verso i cittadini non ha relazione con uno sviluppo organico, non ha un fine predeterminato, e quindi non ha orizzonti temporali che non siano quelli indefinibili dell’esistenza dell’umanità ……. la responsabilità politica nel suo guardare al futuro ha un compito ben preciso: il rendere sempre possibile l’esistenza di una politica futura alla propria. …….

*   va detto in chiusura di questa limitata presentazione della ricchezza di riflessioni filosofiche che Jonas non rifugge dal tradurle nel concreto contesto storico: in un successivo saggio del 1985, “Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio Responsabilità”, affronterà entrando a fondo nel merito le tematiche specifiche dell’insidioso campo della eugenetica (clonazione e manipolazioni genetiche), mentre nell’ultima parte del “Il principio di Responsabilità” affronta il problema della traduzione della nuova etica da lui delineata in concrete politiche di salvaguardia dell’uomo e della natura

*   svolge quindi una acuta analisi comparata (il suo saggio è elaborato ben prima della caduta del Muro di Berlino e della fine del socialismo reale) della società capitalistica e di quella socialista. Sulla base della quale matura la convinzione che l’esercizio di un preciso controllo del potere distruttivo della tecnica, legato ad uno sviluppo equilibrato di tutti i popoli, ed ispirato dal principio di Responsabilità richiede realisticamente la presenza di una élite all’altezza del compito

*   una società socialista potrebbe avere un qualche vantaggio in questo senso su quella capitalistica ma è frenata da due evidenti limiti: l’essere ispirata, non meno del capitalismo, dal mito del progresso affidato alla tecnica e dall’obiettivo di una economia dei bisogni, ed al tempo stesso quello di avere una base filosofica improntata ad una prospettiva utopica che, secondo Jonas, non ha più senso coltivare quando è in gioco la necessità impellente di preservare il presente del pianeta

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A chiusura di questo sintetico percorso nel pensiero di Jonas è opportuno sottolineare che il messaggio più rilevante da cogliere nella sua riflessione non consiste solo nella persistente validità di molte delle considerazioni e proposte, ma anche nel suo accorato appello a recuperare l’ormai insostenibile mancanza di un adeguato e concreto dibattito sui gravi rischi provocati dall’incontrollato sviluppo tecnologico ed economico. Un appello di ormai quasi cinquant’anni fa e che non pare proprio essere stato accolto in modo adeguato. E quindi risuonano ancora più ammonitrici le parole  usate da Jonas per dire della sua paura del formarsi, in questo clima di preoccupante vuoto etico, di un minaccioso nichilismo per il quale ……. Il massimo di potere si unisce al massimo di vuoto, ed il massimo di capacità al minimo del sapere intorno agli scopi …..


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