1 - Premessa
….. Il nostro ambiente e la nostra economia
sono a un bivio …… di fronte al quale l’umanità sembra ancora rivelare una maggiore attenzione per
l’aspetto economico, per mantenere livelli di benessere che, per quanto molto
recenti e molto disuguali, sono straordinariamente energivori.
Il mito illusorio, in un pianeta dalle risorse finite, di una crescita infinita
ed inarrestabile continua a indirizzare i percorsi economici, produttivi, ed
esistenziali privilegiando così una sola delle vie di questo bivio. Eppure i
segnali, sempre più pressanti, che l’ambiente da tempo ci sta mandando impongono
una profonda riflessione: nei prossimi trent’anni siamo chiamati a agire tenendo
conto di tutto ciò che ci insegnano gli ultimi trent’anni. Se continuerà a seguire il percorso che l’ha
portata a questo inaggirabile bivio l’umanità sarà infatti costretta ad
interrogarsi sulla reale sostenibilità del mantenimento di una crescita
economica media annuale globale del 3%, di fatto con l’effetto accumulo il
raddoppio degli attuali livelli di consumo energetico entro questi prossimi
trent’anni. Uno scenario che appare del tutto insostenibile. E’ quindi sempre
più urgente riprendere e tenere nella giusta considerazione gli insegnamenti
degli ultimi trent’anni. Vediamo quali.
"Il vero problema
dell'umanità è il seguente: abbiamo emozioni paleolitiche, istituzioni medievali,
e tecnologia divina." - E.O. Wilson
"Viviamo in un
mondo in cui ci sono sempre più informazioni e sempre meno significato". –Jean
Baudrillard
"Non tutto ciò
che viene affrontato può essere cambiato, ma nulla può essere cambiato fino a
quando non viene affrontato." - James Baldwin
2 - Introduzione
Il trentennio alle nostre spalle non è che l’apogeo di un lungo percorso
iniziato circa 11.000/12.000 anni fa con l’avvento della “rivoluzione agricola”
reso possibile dalla stabilizzazione climatica al termine dell’ultima glaciazione.
Per diverse migliaia di anni il surplus di produzione eccedente il soddisfacimento
dei bisogni primari ha consentito una lenta e progressiva crescita economica e
produttiva, ed il parallelo sviluppo di società via via più complesse e
articolate, restando però all’interno di limiti fissati dalla disponibilità
energetica derivante dalla sola luce solare. Solo nel XIX secolo con l’inizio
dell’utilizzo su vasta scala dei combustibili fossili (carbonio fossile), reso
possibile dagli sviluppi scientifici e tecnologici, l’umanità ha avuto a
disposizione un fonte energetica che, per quanto fisicamente “finita”, ha
consentito uno straordinario sviluppo. Il secolo XX ha visto il pieno
realizzarsi di un periodo assolutamente unico nel corso delle civiltà umane:
1.
più risorse (e più
economiche) hanno portato a forti aumenti di produttività e crescita economica
senza precedenti
2.
un sistema finanziario
basato sul debito libero da vincoli fisici ha permesso al credito espansivo e
al relativo consumo di accelerare
3.
tutto ciò ha
alimentato surplus di risorse che consentono società più ricche.
Questo
formidabile sviluppo ha tuttavia comportato l’innescarsi di processi critici
connessi alla finitezza delle risorse naturali ed alla tipologia delle fonti
energetiche utilizzate. I primi decenni del XXI secolo hanno così visto il
crescente manifestarsi di fortissime criticità troppo a lungo sottovalutate
nonostante i motivati, allarmi lanciati fin dagli anni Sessanta/Settanta.
Nell’ultimo trentennio si è infatti reso evidente che:
1) l'energia e le
risorse stanno di nuovo diventando fattori vincolanti sullo sviluppo economico
e sociale
2) l'espansione fisica
basata sul credito sta diventando più rischiosa e alla fine raggiungerà un
limite
3) le società stanno
diventando polarizzate e stanno perdendo fiducia nei governi, nei media e nella
scienza
4) gli ecosistemi
vengono degradati perché costretti ad assorbire grandi quantità di energia e
rifiuti materiali dai sistemi umani.
A fonte di
questa oggettiva fotografia è sempre più inderogabile comprendere meglio il
ruolo di due determinanti fattori: “i comportamenti umani” ed “il mondo dell’energia”
3 - Comportamento
umano
Dal punto di
vista evoluzionistico le caratteristiche umane fisiche e mentali di base restano,
al culmine del processo di civilizzazione, ancora quelle ereditate dal precedente
processo evolutivo durato centinaia di migliaia di anni: agiamo cioè come "specialisti in adattamento" ancora
replicando gli stati emotivi di successo dei nostri antenati, in
estrema sintesi così riassumibili:
status e relativo confronto: l’homo sapiens è ormai totalmente
una specie sociale, con comportamenti collettivi condizionati dalle relazioni
proprie delle comunità in cui si vive, i cui standard di vita, strettamente
connessi al possesso/mancanza di prodotti/beni, hanno accentuato a dismisura la
competizione per il raggiungimento di status sociali ossia
il livello di
reddito, oggettivo e percepito, che è ciò che determina la soddisfazione
qualitativa della vita
stimoli supernormali e dipendenza: dal punto
di vista neurologico nulla è cambiato nei processi cerebrali indotti dalla
dopamina, la proteina alla base del
senso di soddisfacimento, che anticamente si attivava con la semplice
soddisfazione del bisogno calorico, mentre oggi entra in circuito con l’ottenimento
dello status auspicato: nella moderna cultura ricca di risorse,
il "volere" diventa un'emozione più forte dell' "avere" ed i
nostri cervelli richiedono così flussi
continui di dopamina fino a divenirne “dipendenti”
pregiudizi cognitivi: in un simile
contesto psichico è molto difficile invocare la “razionalità”, la quale peraltro
solo in minima parte guida le nostre azioni: gli psicologi hanno identificato centinaia di pregiudizi cognitivi in base
ai quali i comportamenti umani comuni si allontanano dalla razionalità, fino ad opporre inconscia resistenza
a tutto ciò che, magari provenendo dalla realtà oggettiva sotto forma di limiti
ed ostacoli, rischia di porre in crisi tale dipendenza dal “soddisfacimento”: l'evoluzione
seleziona per il fitness, lo “stare bene” non per la verità, che apprezziamo
solo se ci ricompensa a breve termine. La razionalità è l'eccezione, non la regola
distorsione temporale: sempre per ancestrali ragioni evolutive (breve durata della vita, ambiente ostile) la
dimensione temporale nella quale tutto ciò avviene è “il presente” mentre sfortunatamente la maggior parte delle nostre sfide
attuali riguardano il futuro. E
d’altronde la stessa nozione di futuro, ed il nostro farne parte, scaturisce da una
struttura cerebrale relativamente nuova, la neocorteccia, che non ha alcuna
connessione diretta con i centri motivazionali del cervello profondo che
comunicano l'urgenza. La neocorteccia può cioè essere consapevole di questioni
a lungo termine come il cambiamento climatico o l'esaurimento energetico, ma da
sola non è in grado di attivare reazioni adeguate: emotivamente,
il futuro non è reale
cooperazione e comportamento di gruppo evoluzione
culturale, ultra-socialità e super-organismo: alcune
caratteristiche evolutive possono però rappresentare un parziale controcanto:
l’uomo è fondamentalmente un animale “di gruppo”. Se come fenotipo siamo primati, dal punto di
vista comportamentale siamo più simili agli insetti sociali essendo la
“comunità” la nostra dimensione abituale. Non stupisce quindi che l’evoluzione
culturale iniziata più di diecimila anni fa con la rivoluzione agricola abbia
prodotto una sorta di "super-organismo",
un insieme di agenti che agiscono di concerto per produrre fenomeni
governati collettivamente. I bisogni di questa entità di
livello superiore possono modellare il comportamento delle entità di livello
inferiore, i singoli individui, fino a trasferirne in alto il fitness, lo stare
bene. Se quindi per un verso i nostri comportamenti sono
neurologicamente limitati, per un altro questo livello superiore di
organizzazione sociale può funzionare da salvifica compensazione.
4 - Energia
Mentre le
teorie economiche classiche ne sottovalutano la centralità, l’economia
ecologica pone l’energia al centro di tutti i processi, coerentemente con
quanto succede in tutti i sistemi
biologici
energia in natura: l'energia è e sarà
sempre la valuta della vita. Tutti gli organismi biologici sono in effetti
agenti energetici che mirano ad ottimizzare il rapporto fra quella catturata e
quella utilizzata. Un buon surplus energetico dà ad ogni organismo biologico un
fondamentale vantaggio competitivo: l’ "energia netta" è il vero motore di tutti i sistemi naturali
ed umani. Per ottenerla i sistemi biologici massimizzano la potenza ossia l'energia
a cui accede per utilizzarla in una unità di tempo, ed il “metabolismo” è la velocità con cui gli organismi
compiono questa operazione di trasformazione ed utilizzo: i sistemi che massimizzano la potenza utile
superano quelli che non lo fanno
benefici energetici: ciò vale anche in campo economico. Un semplice
calcolo dimostra che un barile di petrolio genera la stessa energia prodotta da
un lavoratore in ben quattro anni e mezzo di lavoro! Questo semplice dato è la
chiave per capire, dal punto di vista energetico, l’impressionante crescita produttiva
avvenuta a partire dalla Rivoluzione industriale, fino a giungere, ai giorni
nostri, ad un livello così alto di “potenza” ottenuta da marginalizzare, dal
punto di vista puramente energetico l’efficienza, degli attuali sistemi
produttivi. Ma questa inefficienza “tecnica” è ampiamente compensata in termini
di costi perché
l'energia fossile è molto più economica dell'energia umana. Un altro
semplice dato per comprenderlo: un lavoratore medio nel 2015 produce 14 volte più PIL di
uno dell’ 800!
scala energetica: Il seguente grafico consente di visualizzare il percorso storico di consumo
energetico che, a partire dal 1800, ha portato alla situazione attuale
organismi
compiono questa operazione di trasformazione ed utilizzo: i sistemi che massimizzano la potenza utile
superano quelli che non lo fanno
benefici energetici: ciò vale anche in campo economico. Un semplice
calcolo dimostra che un barile di petrolio genera la stessa energia prodotta da
un lavoratore in ben quattro anni e mezzo di lavoro! Questo semplice dato è la
chiave per capire, dal punto di vista energetico, l’impressionante crescita produttiva
avvenuta a partire dalla Rivoluzione industriale, fino a giungere, ai giorni
nostri, ad un livello così alto di “potenza” ottenuta da marginalizzare, dal
punto di vista puramente energetico, l’efficienza degli attuali sistemi
produttivi. Ma questa inefficienza “tecnica” è ampiamente compensata in termini
di costi perché
l'energia fossile è molto più economica dell'energia umana. Un altro
semplice dato per comprenderlo: un lavoratore medio nel 2015 produce 14 volte più PIL di
uno dell’ 800!
scala energetica: Il seguente grafico consente di visualizzare il percorso storico di consumo
energetico che, a partire dal 1800, ha portato alla situazione attuale

Impressiona
il clamoroso balzo avvenuto dal secondo dopoguerra in poi (è il tema al centro del nostro “Saggio del mese” dello scorso Febbraio
2022 “La grande accelerazione” di McNeill J.R./Engelke Peter), oltre l’80% dell’energia che l’ha consentito è fornita da combustibili
fossili (carbone,
petrolio, gas, il restante 20% è coperto da
biomasse, nucleare, idroelettrico, rinnovabili). La
disponibilità, comunque non infinita, di questo “deposito fossile” è quindi alla
base della attuale economia globale. Difficile non pensare che la loro sostituzione, attraverso la tassazione o
l'esaurimento, significherà comunque meno "benefici". Se è infatti vero che per le
teorie economiche mainstream ogni fonte energetica è potenzialmente
sostituibile (il loro metro di valutazione è
rappresentato unicamente dalla convenienza economica) le diverse fonti di energia mostrano differenze rilevanti
in termini di qualità, densità, conservabilità, surplus, trasportabilità,
impatto ambientale.
primato energetico: questa consapevolezza si collega
alla constatazione che fino al 1970, PIL ed energia erano correlati, l’aumento
del primo era possibile solo con un pari aumento della seconda. Lo shock della crisi
energetica del 1973 ha imposto di ridimensionare questa rigidità di
accoppiamento (non a caso è di questi anni
l’aumento del ricorso a nucleare e gas naturale). Cinquant’anni
dopo le analisi economiche evidenziano che ciò è avvenuto perché l'intensità
energetica è migliorata più velocemente del tasso storico di crescita del PIL
globale. Non solo la redditività produttiva non si è scollegata
dalla disponibilità energetica, ma ancora oggi per un'attività economica
aggiuntiva, abbiamo bisogno di più energia: l'energia
resta il fattore economico principale
energia e tecnologia: allo stesso modo va ridimensionata
l’opinione che le problematiche energetiche possano essere risolte con
miglioramenti tecnologici. Dal punto di vista bio-fisico ciò è possibile con due
modalità: la prima è quella che punta ad utilizzare l'energia in modo più
efficiente (ad.es. miglioramenti delle centrali elettriche,
migliore efficienza del carburante del veicolo) o ad inventare nuove fonti di
energia (ad es. solare o geotermica), la seconda poggia sulla creazione di
dispositivi che ottimizzino l’efficienza energetica dei sistemi produttivi
sostituendo il lavoro umano (automatizzazione, digitalizzazione) oppure creando nuovi modi di
utilizzare l'energia capaci di generare nuova ricchezza (la Rete ed i social). Attualmente la seconda sembra essere quella prevalente pur non essendo meno
energivora, ma ambedue conducono in un vicolo cieco. Se per “progresso
tecnologico" si intende sostanzialmente lo sviluppo di sistemi/attività finalizzati
alla crescita del PIL si torna al punto di partenza: una maggiore complessità sociale ed tecnologica
richiede inevitabilmente un maggiore consumo di energia, con conseguente ampiamento
della spirale della complessità
energetica
lontananza energetica:
In questo quadro resta quindi centrale il peso dell’energia da
combustibili fossili (vedi precedente grafico) che sono inevitabilmente destinati
ad esaurirsi: attualmente
stiano usando la biomassa fossile totale 10 milioni di volte più velocemente
del tempo servito per accumularla, ossia
centinaia di milioni di anni. Le stime delle disponibilità
rimanenti variano di molto, (l’Agenzia Internazionale per
l’energia stima che senza nuove trivellazioni, la produzione mondiale di
petrolio si dimezzerà entro il 2025, e scenderà al 15% della produzione odierna
entro il 2040), ma lo stock di quelle di alta qualità e basso costo, è
già stato ampiamente trovato e sfruttato. Come tutte le
materie prime anche gas e petrolio sono più facili da estrarre e raffinare
quando sono concentrati e facilmente accessibili, più sono "remote" e
più diventano costose l’estrazione ed il trasporto. Questa "lontananza
energetica" è destinata a pesare molto sulle strategie
energetiche future e le possibili alternative non sembrano avere grande
successo. Gli entusiasmi creati dalla tecnica di estrazione di petrolio
“fracking” (frantumazione di rocce bituminose in
profondità) si sono
presto raffreddati, certo non per le problematiche ambientali del tutto
indifferenti alle società di estrazione, ma proprio per l’altissima incidenza
dei costi rispetto alla resa effettiva. Dal punto di vista politico ed
economico questi costi crescenti sono stati finora compensati da compiacenti
politiche finanziarie, ma è impossibile reggere sul lungo periodo se non riusciremo a
ridurre il consumo energetico dei processi industriali più velocemente di
quanto crescano i prezzi delle risorse primarie
energia, denaro e debito:
In questa indissolubile relazione tra energia ed economia un ruolo
specifico è svolto dal denaro e dal debito, le uniche componenti
economiche non soggette alle leggi della termodinamica perché, create come
strumento artificiale per la gestione dei rapporti di mercato, rispondono a
tutt’altre leggi anche se, in definitiva, verranno spese per un bene o un
servizio che, qualunque esso sia, conterrà energia incorporata. Ma solo il denaro non incide nel merito specifico del
ciclo energetico essendo la sua creazione non legata alla disponibilità o al
costo reale dell'energia. Diverso è il rapporto del ciclo energetico con il debito, un
trasferimento di denaro posticipato a determinate condizioni, per una prestazione/fornitura/servizio
già avvenuto. In effetti quindi il debito è un "trasferimento intertemporale
del consumo" ma,
questo sì, con conseguenze fisiche. Per comprenderlo vale il caso di
una azienda petrolifera che riesce ad espandere le proprie perforazioni grazie
a finanziamenti, magari a basso costo, sotto forma di debito. Le esperienze
concrete, soprattutto come si è visto per il fracking, dimostrano che il
surplus di estrazione iniziale scende velocemente a causa delle inaggirabili
caratteristiche fisiche dei giacimenti, vale a dire che il debito produce meno
energia. In
sostanza il debito è uno strumento che sposta l'energia reale, ed il suo consumo,
dal futuro al presente, ma in un modo insostenibile e tale da creare una sorta
di “energia presa in prestito”, di “energia falsa”
energia e benessere: vera o falsa che sia, non è poi nemmeno
vero che più denaro e più energia possano garantire un maggiore grado di benessere/felicità
percepita come si può rilevare dal seguente grafico:
Dopo che i
bisogni di base sono stati soddisfatti, il consumo aggiuntivo di energia (ENERGY SUPPLY) non produce più una proporzionale crescita
dell'indice di benessere/felicità percepito (HUMAN
DEVELOPMENT INDEX). I paesi
“ricchi”, maggiori consumatori di energia, sono indubbiamente più “felici”, nel
senso ampio del termine, rispetto ai paesi “poveri”, ma non così tanto di
più rispetto al di più di energia consumata. Il Congo ha un coefficiente di benessere/sviluppo/felicità
poco sopra lo 0,3 consumando però un surplus energetico pari a 10, gli USA
evidenziano un analogo coefficiente tre volte più alto, ma a fronte di un
surplus energetico 30 volte più alto!
Esternalità ed energia: è poi impressionante, in aggiunta
alle considerazioni più strettamente economiche, l’elenco delle esternalità
negative legate all’energia prodotta da combustibili fossili. In un elenco
molto sintetico e non esaustivo gli impatti negativi, che implicano comunque pesanti ricadute
anche economiche, sono per l’uomo: perdita del suolo, sostanze
chimiche che alterano il sistema endocrino, infertilità per diminuzione
del numero di spermatozoi, crescenti disuguaglianze, carenza d’acqua, calo
dei redditi mediani (nel mondo sviluppato), collegato populismo, malattie
varie da inquinamento, depressione diffusa legata alla preoccupazione per il
futuro, rischi geopolitici. Quelli sull’ambiente: riscaldamento climatico, distruzione
di ecosistemi, acidificazione oceani, deforestazione, declino degli insetti,
declino degli uccelli, estinzione dei primati, declino delle popolazioni di
mammiferi selvatici, plastica negli oceani, microplastiche e ftalati aero-dispersi, deforestazione, concreto rischio generale della
sesta estinzione di massa.
Energia – sintesi: la teoria economica mainstream dà
scarso peso a tutto questo e continua a proporre prospettive di mantenimento
dei ritmi di crescita avvenuti per tutti il XX secolo dimenticando in
particolare che l’aumento del PIL nell’ultimo secolo è interamente collegato
alla combustione vertiginosa di idrocarburi fossili sui quali, come si è detto,
non ha più senso fare affidamento. Tale energia potrebbe essere sostituita da altre fonti
energetiche, rinnovabili comprese, che però dovrebbero garantire la stessa resa
di quelle fossili fin qui già avvenuta, con in più una aggiunta altrettanto
massiccia per garantire i previsti tassi di crescita. Una scommessa
che in generale sembra impossibile da vincere, tenendo anche conto che la messa
a punto di tecnologia energetica avanzata si realizza solo grazie a massicci
investimenti, economici ed energetici e che la maggior parte dei progressi
tecnologici (vedi precedente punto “energia e
tecnologia”) quasi
sempre implicano un surplus di consumi energetici creando un corto circuito
irrisolvibile. Sembra quindi difficile ipotizzare una via di uscita che non
preveda un uso energetico più efficiente, più consapevole, e più sostenibile,
dal punto di vista ambientale, sociale, ed economico. In futuro, la forma, la scala, la qualità e
il costo dell'energia determineranno quale tipo di sistemi umani sono possibili.
5 - Sintesi
Quali considerazioni si possono allora mettere a fuoco
incrociando i punti 3 e 4? Per farlo può essere utile il seguente grafico che traccia
le linee evolutive del ciclo energetico avvenuto partendo da alcune centinaia
d’anni indietro e ipotizzandone lo sviluppo nel prossimo futuro.

Le tre
curve tracciate nel grafico individuano: quella nera gli
aspetti economici della crescita (i flussi finanziari, il credito/debito) quella rossa l’immissione nel ciclo energetico delle risorse
naturali non rinnovabili (petrolio, gas, minerali) quella verde i livelli di ciclo energetico sostenibili perché
consentiti dalle risorse naturali prima della rivoluzione tecnologica e
geografica del XIX secolo. Le quattro lettere individuano alcuni decisivi
passaggi temporali: il punto A l’era
pre-industriale, fino al punto B, la fase industriale nella quale in
aggiunta a quelle naturali sono state immesse nel ciclo quelle non rinnovabili,
il punto C
la crisi finanziaria globale del 2007/2008, il punto D il
culmine dei processi in corso. Quali considerazioni emergono? Che in assenza
dell’immissione di fonti energetiche aggiuntive a quelle naturali (solari) le
tre linee sono coincise per diverse centinaia di anni. Che, a partire dalla
rivoluzione industriale, la crescita dell’aspetto economico è rimasta
coincidente con la parallela crescita dell’immissione delle nuove fonti
energetiche non rinnovabili fino alla crisi energetica del 1970, quando è
apparsa evidente la totale dipendenza della crescita economica dalla
disponibilità energetica. Una crisi, parzialmente e temporaneamente, tamponata
grazie ad un massiccio ricorso al debito (esplosione del credito finanziario) e
alla redistribuzione globalizzata della produzione verso le aree economicamente
più arretrate (abbattimento dei costi). Una soluzione che è definitivamente saltata con la crisi
finanziaria del 2007/2008 (da lì in poi il debito globale è esploso portando
il suo rapporto con il PIL globale al 300% nel 2019) che ha definitivamente
sancito il disaccoppiamento fra il mondo dell’economia (linea nera) e quello
della disponibilità energetica totale (linea rossa).
"I maggiori
problemi del mondo sono il risultato della differenza tra il modo in cui
funziona la natura e il modo in cui le persone pensano". Gregory Bateson
6 – Implicazioni
Per capire possibilità e modalità
per gestire questa situazione, che vede in gioco economia e sopravvivenza
ambientale del pianeta, se non della stessa umanità, è necessario richiamare in
scena il protagonista comparso nel Capitolo 3: il superorganismo che, ormai composto
da 7,7 miliardi di esseri umani, ha un impressionante metabolismo giornaliero
di 17 TW (17 miliardi di Watt). Ma
che implicazioni ha questo famelico fabbisogno di energia del superorganismo?
Prodotto interno lordo (PIL) e combustione mondiale lorda (GWB): Dal punto
di vista energetico la società
umana si comporta come un macro-organismo, il cui metabolismo energetico
aumenta in modo proporzionale alla crescita del PIL globale. Come già evidenziato
in precedenza questo rigido accoppiamento rappresenta la problematica di base
per l’ottimizzazione del ciclo energetico, e potrebbe essere risolta in modo
radicale solo con un "disaccoppiamento
assoluto", ossia riuscendo ad aumentare il PIL e diminuendo, al tempo
stesso, il consumo di energia primaria. Ovvero, ad un livello
inferiore di soluzione, con un “disaccoppiamento
relativo”, vale a dire con l'energia primaria totale che ancora cresce,
ma a un tasso inferiore rispetto al PIL. Tutte le analisi statistiche, dal 1965
al 2019, non hanno mai evidenziato situazioni di disaccoppiamento assoluto e,
nell’intero periodo in esame, è emerso un disaccoppiamento relativo del tutto
trascurabile, 0,5%, in gran parte frutto della accentuata finanziarizzazione
dell’economia. Una situazione che trova spiegazione con il permanere di un
modello economico costantemente finalizzato alla crescita del PIL e con la
sottovalutazione del peso energetico. In questo senso il PIL è una metrica relativa del
nostro benessere, ma una esatta della nostra voracità energetica ……. e del nostro
livello culturale.
Energie rinnovabili: va collocata in questo quadro del
rapporto crescita PIL/consumo energetico la strategia alternativa della
sostituzione dell’energia da combustibili fossili con quella da fonti
rinnovabili che non si pone l’obiettivo del “disaccoppiamento”, assoluto o
relativo che sia, ma solo quello di mitigare le ricadute sull’ambiente causate
dal ciclo energetico del carbonio, ossia realizzando un “disaccoppiamento
del carbonio” fino a de-carbonizzare l'intera economia
globale. Si citano a sostegno di questa strategia dati che attestano come nei
20 paesi che dal 2003 hanno di più ridotto il volume di gas serra emessi,
grazie all’aumentata incidenza delle fonti rinnovabili, si siano comunque
registrati confortanti aumenti del PIL. Un dato che trascura però il globale
trasferimento delle produzioni ad alta intensità di carbonio in altre aree
mondiali mantenendone però il ritorno economico. Vale a dire che il
disaccoppiamento del carbonio si può realizzare solo se la produzione globale di energia da fonti
rinnovabili cresce più velocemente della crescita del consumo globale di
energia, ovvero, vista la loro stretta connessione, più velocemente della
crescita economica globale. Ma questo non sta assolutamente accadendo,
lo evidenzia il seguente grafico:

L'aumento del consumo di
energia fossile (barre grigie) è sempre stato, a partire dal 2000, più alto
dell’aumento di consumo di da fonti rinnovabili. L'unica eccezione è avvenuta nel
2009 con la caduta del PIL globale a seguito del crollo finanziario del 2008. E’ forse il
caso di chiedersi l’unica vera soluzione per superare le emissioni di carbonio sia
la contrazione e non la crescita del PIL. Se così fosse il
disaccoppiamento del carbonio dovrebbe accompagnarsi ad un totale cambiamento
delle logiche economiche. In questo senso occorre considerare, inserendo le
fonti energetiche di qualsiasi tipo nel quadro complessivo di utilizzo delle
risorse naturale in generale, che il loro consumo, tra il 1970 ed il 2010, è
cresciuto di 3,2 volte (da 22 a 70 miliardi di tonnellate), mentre in questo stesso periodo
la crescita economica globale, depurata dell’inflazione, è stata di 3,4 volte (da 18,9 trilioni di dollari e 65,6 trilioni). Un dato che, su tempi neanche
tanto lunghi, diventa insostenibile per il nostro pianeta. E’ la fisica stessa a dirci che occorrono
radicali cambiamenti economici e sociali, e non innovazioni tecniche che si
traducono comunque in una crescita a lungo termine.
Credito e finanziarizzazione: Ed è in questo quadro che va collocato il
ruolo “del
denaro e del debito” di cui
si è detto nel precedente Capitolo 4. La
dinamica energia/credito/crescita è il fenomeno meno compreso ma più importante
che guida l'attuale situazione economica ed ecologica globale. Nella
maggior parte dei paesi ad economia avanzata tutte le analisi attestano una
crescita del debito (denaro anticipato) decisamente più alta della crescita
economica reale: senza
far crescere il debito pubblico, l’economia avrebbe di fatto smesso di crescere
oltre un decennio fa, questa è ciò che viene definita "produttività del
debito", ossia il rapporto tra crescita economica rispetto alla crescita
del debito. Si prenda il caso dell’economia che è comunque cresciuta
di più negli ultimi decenni, quella cinese, la cui dimensione economica è ormai
calcolata in circa 13 trilioni di dollari, ma a fronte di circa 55 trilioni di
dollari di credito per mantenere il loro consumo attuale. Il caso americano è
ancor più emblematico: se all’ammontare totale del debito pubblico e privato si
aggiungono tutte le passività non finanziate l’economia USA ha obblighi finanziari
pari al 1200% del PIL. Questo quadro finanziario aggiunge una rilevante complicazione
per le strategie di uscita dall’accoppiamento energia e crescita, che
richiederebbero risorse finanziarie realmente aggiuntive libere dall’essere
condizionate dal debito accumulato.
Quadro generale finale: Prima di tracciare, con l’ausilio
di un ultimo grafico, le possibili vie d’uscita è bene ricordare quando già
evidenziato nel Capitolo 3 “comportamento umano” relativamente ai limiti di
comprensione e di capacità di articolare risposte adeguate ai problemi sul
tappeto. Ciò implica una sorta di inerzia genetica e psicologica ad avviare
cambiamenti ormai oggettivamente inevitabili e che, perlomeno in parte, sono
già all’interno dei processi in corso, di cui è bene tenere conto nel momento
di individuarli

Nel grafico sono riportate le tendenze già evidenziate
in quello del Capitolo 5: la curva nera (money)
gli aspetti economici/finanziari della crescita del PIL (Global GDP), quella rossa l’immissione
nel ciclo energetico delle fonti fossili non rinnovabili, quella verde i livelli di ciclo energetico sostenibili perché
consentiti dl fonti rinnovabili. L’andamento delle curve è quello avvenuto a
partire dal 2019 in qua e la loro possibile conseguente evoluzione. Le tre curve
coincidono in una prima fase, poi quella verde si appiattisce (come
si è visto il ricorso alla fonti alternative è ancora globalmente limitato),
per cui il PIL cresce verso il punto X tenendo insieme solo curva nera e
rossa, le quali però tendono a divaricarsi (la disponibilità energetica rallenta
e il PIL cresce solo per le immissioni finanziarie da debito) rendendo
ipotizzabile (nelle teorie economiche mainstream) una crescita destinata però a
piegare, nella migliore delle ipotesi, verso il punto Y, ovvero a crollare (se
si esaurisse la spinta drogata del debito per sostenere la crescita) verso il punto Z e drammaticamente oltre. Le due restanti curve blu individuano
una evoluzione più possibile in un range (compreso fra le due linee blu) che
punta al sostenibile punto F, molto più
vicino alla curva verde, che individua un livello di energia, economicamente ed
ambientalmente, sostenibile. Ma sono curve piatte in parte piegate verso il basso a
definire una riduzione del PIL resa inevitabile dall’insieme del quadro in
esame!
7 – E adesso? Previsioni per il
super-organismo
Non possiamo prevedere con precisione il futuro, ma alcuni scenari, sulla base di
quanto evidenziato, sembrano molto improbabili. Difficile in particolare:
Far crescere l'economia
globale risolvendo contemporaneamente i cambiamenti climatici
Far crescere l'economia
sostituendo gli idrocarburi con energia a basse emissioni di carbonio.
Al contempo, tenendo sullo sfondo il
super-organismo, si possono azzardare alcune previsioni:
Saranno
promosse molte tecnologie magari praticabili, ma non rilevanti e convenienti se
guarderanno genericamente all’energia “lorda” e non a quella “netta” che entra
nelle dinamiche sociali ed economiche
Il
ciclo “drogato” della finanza continuerà ad essere alimentato fino a quando i
limiti fisici della crescita lo renderanno definitivamente inutile con ricadute
economiche deflagranti
Le
politiche di contenimento delle disuguaglianze continueranno a basarsi su forme
di assistenza al reddito che, per quanto inevitabili, alimenteranno la spirale canonica
dei consumi
La
necessità di operare scelte tanto radicali quanto impopolari, ovvero
l’insostenibilità delle politiche basate sulla crescita eterna, aprirà nuovi
spazi a partiti e movimenti populisti
Sullo sfondo comunque il persistere ancora
a lungo di una spirale senza via d’uscita: crescita
- evidenza dei limiti - risposta ai
limiti con ancora più crescita - più limiti - e poi ancora più risposta………..
Tutti noi, membri del
super-organismo, dal punto di vista ecologico ci stiamo comportando come una
struttura senza cervello e dissipativa di energia, ma che è inesorabilmente
chiamata a adattarsi ad un visione del mondo totalmente diversa, così come è
avvenuto con la scoperta dell’eliocentrismo. Quali
nuove strade potrebbe aprire acquisire questa consapevolezza? La nostra biologia non potrà di certo
cambiare, ma lo potrebbero la cultura e la collegata idea di sistema economico e
sociale, con al centro una diversa idea di “crescita”. L’affermazione che il
cambiamento climatico sia il principale rischio sistemico mai affrontato dalla
civiltà deve essere integrata dalla consapevolezza che anch’esso non è altro
che il sintomo
di una disfunzione molto più grande, ossia l’idea di una crescita
infinita ed il suo cieco perseguimento. Deve cioè nascere, ed essere ampiamente
condiviso, un progetto
globale, legato alla scienza, di un nuovo sistema economico rispettoso della
inaggirabile realtà biofisica.
Sono da subito necessarie scelte concrete: ad es. tasse sulle non
rinnovabili, non solo carbonio ma tutte le risorse finite, una riduzione del
ruolo della finanza e del ricorso alla droga del debito, politiche sociali di
riduzione delle disuguaglianze, politiche economiche che favoriscano produzioni
con scarso utilizzo delle risorse non rinnovabili. Immaginare che la società
globale del super-organismo riveda la sua idea di crescita, fisicamente impossibile,
non significa una rivoluzione retrograda degli stili di vita: un calo del PIL
del 30% negli Stati Uniti, una stima in linea con gli scenari di sostenibilità
analizzati nel Capitolo 6, riporterebbe quella nazione al livello del PIL pro
capite del 1990. Conviene operare concretamente in questa direzione prima che
la fine traumatica, ma inevitabile, del mito della crescita infinita inneschi
una ingovernabile depressione globale.
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Pubblichiamo subito dopo questa sintesi un secondo post che
contiene il commento del nostro socio e collaboratore Gianni Colombo che
riprende e valorizza i passaggi più significativi dello studio Hagens
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