La Parola del mese
Una parola in grado di offrirci nuovi spunti di
riflessione
DICEMBRE 2024
E’ un termine che, purtroppo, sembra
indicare popoli ai margini della storia, perlomeno di quella che noi
occidentali riteniamo essere la vera ed unica storia. Eppure come attesta il magnifico
testo “L’alba di tutto” (la
cui sintesi in tre parti è stata di recente pubblicata, in questo nostro blog,
il cui sottotitolo cita “una nuova storia dell’umanità”),
il suo vero significato rimanda unicamente al legame che lega un popolo al
luogo originariamente abitato. Recuperarlo in questa accezione è già un primo
passo per un’idea diversa, e più egualitaria, dell’umanità e della sua storia.
La Parola in questione è …..
ABORIGENO
aborigeno sostantivo
maschile, derivato dal latino ab origines (dalle origini),
prevalentemente usato al plurale “aborigeni” = Primitivo abitatore di un paese,
originario del luogo, autoctono. Storicamente furono chiamati Aborigeni i primi abitanti dell’Italia centrale, forse provenienti
dall’Acaia, regione greca del Peloponneso o oriundi della Sabina.
Se il termine aborigeno fosse utilizzato in accordo al suo vero significato potrebbe essere storicamente applicato a molti popoli o etnie (guardando anche solo all’Italia sarebbero stati classificabili come aborigeni gli Etruschi, i Liguri, gli Euganei delle estreme pianure padane, i Reti delle Alpi italo-austriache, i Camuni della Val Camonica, i Sicani della Sicilia, i Sardi), attualmente però indica in modo particolare i nativi australiani. Ed è a questi che viene dedicata la nostra, molto particolare, iniziativa che si terrà questo Mercoledì 4 Dicembre 2024.
Ci limitiamo qui ad
anticipare alcune scarne informazioni su un popolo assurdamente giudicato
“selvaggio” semplicemente perché si è da sempre coscientemente autolimitato,
esprimendo così una autentica cultura di straordinario valore, a forme di vita
limitata all’essenziale e intimamente rispettosa di ambiente e natura.
Gli aborigeni australiani sono il popolo indigeno che, seguendo le originarie
migrazioni dei primi homo sapiens, si è insediato in Australia (probabilmente scendendo
dall’Indocina) in un periodo che, stante
le diverse ipotesi, varia tra i 60.000 e i 40.000 anni fa. I loro stili di vita
sono rimasti sostanzialmente quelli dei cacciatori/raccoglitori (foraggiatori) di allora basati su caccia, pesca e raccolta praticate da
piccoli autonomi gruppi. In un continente incredibilmente grande e variegato
come quello australiano la loro progressiva dispersione sul territorio ha
implicato la loro separazione in gruppi distinti (clan, valutati in circa
500) con lingue e dialetti differenti, ma
fortemente connessi da una cultura condivisa di carattere orale (trasmessa lungo le
cosiddette “vie dei canti”) fondata su valori spirituali che derivano da una autentica
venerazione della terra e da una sorta di fede nel “tempo del sogno”, ossia il tempo della creazione allorquando gli antenati crearono
il mondo con il canto
Gli aborigeni australiani
non rappresentano soltanto una straordinaria testimonianza della ricchezza
culturale dei popoli presunti “selvaggi”, ma con la loro tragica colonizzazione
raccontano la cinica ed interessata crudeltà della cosiddetta “civiltà” europea.
I primi insediamenti stabili inglesi in Australia (“scoperta” nel 1616 da un navigatore olandese) sono avvenuti alla
fine del 1700 (inizialmente furono realizzate delle colonie penali), ma la grande
differenza di potenziale tecnologico e militare ha fatto sì che gli aborigeni siano
stati facilmente sottomessi e di fatto ridotti in una sorta di avvilente
schiavitù. La popolazione aborigena è stata, nel corso dei secoli successivi,
letteralmente decimata da una combinazione di fattori fra i quali malattie
importate, perdita della terra e delle fonti di cibo, autentici stermini
violenti (si
calcola che nel corso di poco più di due secoli siano diversi milioni i morti
per queste cause) e gli attuali aborigeni (poco più di 600.000) sono condannati a
vivere esistenze inaccettabili ai margini della società. Purtroppo non sembra
che tali secolari ferite si stiano cicatrizzando, gli aborigeni non possiedono del loro risorse e capacità adeguate ad imporre
una vera svolta e la maggioranza bianca non pare disponibile ad una vera presa
di coscienza delle colpe commesse. Confortano, almeno in parte, alcune lodevoli
prese di posizione in campo culturale, ne sono splendida testimonianza due film
(ormai di
culto e pluripremiati che stanno per essere ridistribuiti dopo essere stati rimasterizzati
digitalmente)
Ten canoes (dieci canoe ) film
del 2006 (al
tempo distribuito in Italia da Fandango) è il primo lungometraggio realizzato
interamente in Yolŋu Matha una lingua aborigena, con
attori non professionisti girato interamente nella “Terra di Amhen” in
Australia, che racconta
l’avventura di dieci uomini che si addentrano nella foresta per raccogliere la
corteccia che serve per costruire dieci canoe. Fra i componenti del gruppo
sorgono alcune tensioni, quello più giovane desidera una delle tre mogli che,
secondo una antica usanza, spettano al fratello maggiore. Per aiutare il
giovane a farsene una ragione ed insegnargli a vivere “nel modo giusto”
l’anziano capogruppo, fedele alla tradizione di tramandare oralmente tutta la
cultura della comunità di generazione in generazione gli racconta una storia
mitica che spiega le ragioni di tale usanza
Rabbit Proof Fence (letteralmente “Recinzione a prova di coniglio”, distribuito in Italia con titolo “La generazione rubata”) è un film epico/drammatico del 2002 tratto
dall’omonimo libro del 1996 di Doris Pilkington Garimara, una scrittrice
aborigena, che racconta la storia vera di sua madre, di sua zia e di sua
cugina, fuggite da un campo di “rieducazione” per tornare alle loro famiglie
aborigene da cui erano state forzatamente allontanate. Per farlo dovranno
percorrere un lungo e pericolo percorso di 1500 miglia seguendo la recinzione,
che attraversa l’intero continente, costruita per contenere l’invasione dei
conigli selvatici. Nonostante l’ostinato accanimento del funzionario
predisposto all’attuazione del programma di rieducazione, due su tre ce la
faranno. Le attrici e gli attori protagonisti sono tutti aborigeni con la sola eccezione di Kenneth Branagh (famoso attore inglese che interpreta il funzionario). Il titolo italiano “Generazione rubata” enfatizza la drammatica storia
del “Western Australian Aborigines Act”, una razzista e crudele politica attuata
nel secolo scorso che prevedeva l’allontanamento forzato di intere generazioni
di bambini aborigeni. Si stima che tra il 1910 e il 1970 sia stato “rapito”
alla sua famiglia un bambino su tre.
Il regista di “Rabbit Proof Fence” Phillip Noyce ha esplicitamente affermato di aver dovuto superare moltissimi ostacoli per riuscire a realizzare il film: “ tutti i miei amici qui in Australia dicevano: 'non farlo. Non otterrai mai i soldi. E non troverai mai il pubblico. Gli australiani non vogliono vedere storie sull'esperienza degli indigeni.' Congiuntamente al regista di “Ten canoas” Rolf de Heer hanno deciso di rimasterizzare e redistribuire i due film proprio per fronteggiare il muro di silenzio che ancora circonda la drammatica storia degli Aborigeni.
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