domenica 1 marzo 2015

La parola del mese - MARZO 2015

LA PAROLA DEL MESE 



A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni.
                          Marzo 2015
 
ZETETICA = dal greco zetetikè (agogè/agein) metodo di ricerca La ricerca incessante del vero il cui fine ultimo resta comunque irraggiungibile

4 commenti:

  1. Pur rammaricandomi del fatto che una parola con un significato così importante sia un po’ impoverita dall’essere costretta in un significante scarsamente evocativo, vado oltre lo schermo linguistico ed entro, per guardarla meglio, al suo interno. Specifico però che la mia attenzione, più che alla parola in sé, è rivolta all’articolo di Roberto Esposito, pubblicato su “La Repubblica” del 22 febbraio, in cui ha fatto la sua comparsa configurandosi, secondo la definizione di Henri Broch, come “arte del dubbio” nei confronti di faziosità e dogmi ammantati di pretese scientifiche, oltre che all’intervista in cui Richard Monvoisin, detentore all’Università di Grenoble di un corso di “Zetetica e Autodifesa intellettuale”, specifica i fondamenti di questa disciplina (che si configura come metodologia pratica dello scetticismo ed è volta a contrastare la manipolazione delle opinioni e l’emergere di nuove forme di consenso ) propugnandone l’estensione ad ogni livello scolastico in modo da dare vita ad un processo evolutivo della conoscenza.
    Ora, quando si entra all’interno di una parola, e di un’arte, così importante, qualche dubbio è bene che emerga, altrimenti la parola mancherebbe il suo bersaglio… Ecco dunque i miei, che spero di riuscire ad argomentare con sufficiente chiarezza anche se ne riconosco io stessa le lacune e le contraddizioni interne. È’ pur vero che se la nostra mente (così mi sembra sostenesse Popper) è una sorta di faro che illumina, ossia un deposito di aspettative e di ipotesi preesistenti, quando ci accostiamo alla realtà noi siamo di fatto già impregnati di teorie, perché altrimenti i fatti non potrebbero essere interpretati: l’importante naturalmente, a suo giudizio, è che poi si sia disposti ad accettare il rimbalzo della realtà sulle nostre teorie, perlomeno su quelle che si rilevano false o inadeguate di fronte all’esperienza.
    Mi tengo dunque pronta all’effetto di rimbalzo, essendo consapevole dei miei pregiudizi, e accettando fin da ora come cosa grata le obiezioni che mi possono essere rivolte. Vengo dunque al primo punto.
    Non nutro dubbi, per intanto, sul fatto che il nostro pensiero sia affetto da molti limiti, fra i quali una notevole tendenza a categorizzazioni riduttive e a quelle che Nassim Nicholas Taleb, lo spiritoso empirista scettico autore de “Il cigno nero” definisce come “distorsioni retrospettive”, per cui rischiamo di fare ogni tanto la fine del tacchino induttivista di filosofica memoria: la mano che ci ha nutriti per molti mesi facendoci sentire sicuri della sua amorevolezza nei nostri confronti non necessariamente si comporterà nello stesso modo in prossimità del Giorno del Ringraziamento, per cui dovremo rivedere – ahimè in modo alquanto tardivo - le nostre teorie, pur derivanti dell’osservazione. Verremo infatti a scoprire il nostro primo “Cigno nero” (se tutti i cigni che abbiamo avuto occasione di vedere hanno il piumaggio bianco, questo non ci autorizza a legare senza un adeguato principio di precauzione il biancore alla natura del cigno, pur confermata da innumerevoli rilevazioni. Basterà infatti che un solo cigno nero faccia la sua comparsa – com’è di fatto avvenuto quando è stato scoperto il continente australiano - per costringerci a rivedere le nostre posizioni).
    Il nostro pensiero, commenta infatti Taleb, non è per nulla immune dal compiere errori logici anche banali, e la nostra mente ci mette in scacco con relativa facilità, perché tendiamo per natura, come specie, a cercare i casi che confermano le storie che ci piace raccontare ignorando bellamente quelli che le contrastano.
    continua nel commento successivo

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  2. Sono dunque ancora una volta d’accordo con Popper che ha posto come confine fra la scienza e ciò che tenta indebitamente di chiamarsi tale il principio di falsificazione, vedendolo come argine alla nostra tendenza naturale a quelli che Taleb dal canto suo chiama “i bias di conferma”, indicandoci il dovere non solo morale, ma anche pratico, di guardare il mondo senza necessariamente pretendere di trovare qualcosa che lusinghi il nostro io e confermi i nostri pregiudizi. Può darsi, è vero, che questo istinto così radicato in noi verso le generalizzazioni selettive abbia assolto fino ad ora un compito evolutivo, facendoci raggiungere qualche risultato pratico desiderabile, ma nel mondo di oggi, in cui i Cigni Neri sono aumentati a dismisura, forse varrebbe proprio il caso di riflettere un po’ sul nostro pensiero da volatili
    Una buona educazione ad un corretto pensare è dunque il compito prioritario dell’insegnamento: su questo, non mi pare possano esserci dubbi di sorta. Quanto a delle vere e proprie lezioni di zetetica, a tutti i livelli scolastici, vedo qualche difficoltà di cui conviene forse tenere conto.
    Intanto c’è il problema che Taleb chiama di dominio, o di campo, intendendo quella difficoltà di trasferire il ragionamento da una situazione all’altra che pare essere un altro attributo alquanto inquietante della natura umana. Un ragazzo, dice, potrebbe certamente imparare a ragionare in modo logico, rispondendo correttamente ad un quesito di questo genere (“Tutti gli zurli sono burli. Vedete un burlo. E’ uno zurlo?) ma non è detto che lo stesso ragazzo non confonda, come molti fanno, due affermazioni che simili non sono (“quasi tutti i terroristi sono musulmani”, se anche fosse vero, non è equivalente al dire “ quasi tutti i musulmani sono terroristi”) o che non si senta terrorizzato vedendo salire in ascensore uno che provenga dalla parte sbagliata della città….
    Se infatti esercito l’arte del dubbio su situazioni molto astratte, corro il rischio che esse non reggano alla prova della vita, che è un dominio diverso da quello dell’aula: se la esercito su situazioni molto più concrete, ma ovviamente più conflittuali (immaginiamo di cercare – sempre in classe - errori logici, inferenze scorrette, ecc.. in due testi rispettivamente a favore o contro un tema molto sensibile, eticamente o politicamente), vengono fuori problemi di altra natura, quindi occorre muoversi con molta sottigliezza e cautela.
    Ma non è solo questo aspetto a preoccuparmi, anche se l’intervista a cui faccio riferimento è del tutto corretta e sensata. Non vorrei infatti che si finisse col dare alle persone di cui dobbiamo prenderci cura l’idea di un mondo in cui occorra muoversi solo alla luce della razionalità cartesiana, usando rasoi di levigato acciaio mentale su tessuti impalpabili. E’ vero che l’eccesso di creatività crea deliri di onnipotenza e follia, ma anche la rigidità può essere talvolta mortifera: ce lo ha insegnato Gregory Bateson, che digiuno di scienza certo non era, guardando al mondo naturale oltre che a quello umano. Lasciamo volare il gabbiano Jonathan, qualche volta. Potrebbe condurci in spazi interessanti da esplorare… Del resto anche la scienza muove di lì, da quell “’ala del turbine intelligente” di cui parla Glenn Gould nel suo libro sulla musica, da una comune tensione verso la possibilità dell’essere. Poi, le direzioni possono anche divergere, senza per questo che si perda l’ampiezza della prospettiva e la serietà dell’intento.
    N.B. = mi piacerebbe ancora intervenire su di un tema caldo come quello dell’overdose informatica e del rapporto fra scienza e pseudoscienza, teorie dei complotti, leggende metropolitane e baldacchini immunitari, che mi sta molto a cuore, insieme a quello dello scetticismo in generale. Lo farò in un secondo momento se ci sarà spazio fra i vari interventi, per non creare a mia volta effetti mortiferi sugli eventuali lettori del blog…

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  3. Riflessioni in margine a ZETETICA suggerite dall’analisi del testo di R. Esposito : l'arte del dubbio (divise per le tiranniche ragioni di spazio in due commenti, consecutivi)
    Primo commento (R. Esposito “L’arte del dubbio”)
    1) ARGOMENTO : "In principio fu Socrate. Poi toccò a Sant'Agostino e ancora a Cartesio, alla modernità e a Kant. Eppure ci voleva l'era della confusione digitale e dell'overdose continua di informazioni per farci capire che solo l'assenza di certezze può aiutarci a restare liberi. - SOLUZIONE:il dubbio anzi il rilievo filosofico del dubbio PROVE: vedi carrellata di filosofi incitanti al dubbio.
    2) ARGOMENTO : Cosa rende la richiesta all'arte del dubbio così pressante?
    "A venire meno era il primato del passato sul presente - l'idea che tutto ciò che avveniva fosse predeterminato da quanto lo precedeva secondo un nesso diretto tra cause ed effetti. Quando invece ai codici razionali si accompagnano sempre elementi imprevedibili di tipo intuitivo, emotivo o pragmatico, spesso portati a configgere con essi."
    SOLUZIONE: -
    3) "Ma una scossa ancora più destabilizzante si è verificata negli ultimi anni, quando, con il nuovo disordine globale, tutti i riferimenti (?) che fino a qualche tempo fa hanno guidato i nostri comportamenti sembrano essere venuti meno. Da qui ( perché?) nasce la spinta a una ricerca ininterrotta, capace di sfidare dogmi e luoghi comuni."
    interrogativi per un pensiero altamente IMPLICITO.
    "Già preparata dal successo di instancabili partigiani del dubbio come Montaigne e Diderot, il ritorno, non solo da parte dei francesi, a Voltaire rilancia la tradizione dei lumi contro l'accecamento prodotto dal fanatismo" - pensiero implicito: dogmatismo = fanatismo
    SOLUZIONE: la zetetica, le opere degli illuministi Montaigne, Diderot e Voltaire e il neo-ateismo americano. Inoltre Esposito cita il neo-materialismo di M. Onfray ed altri filosofi, fino a citare G. Deleuze.
    DESTINATARI del testo: pubblico che già conosce gli autori citati e ha lo stesso REFERENTE di Esposito.
    SCOPO esplicito: bibliografia su chi ha già analizzato la consapevolezza della difficoltà nel formulare giudizi imparziali.

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  4. SECONDO COMMENTO
    alcune RIFLESSIONI conseguenti :
    1) non penso che Esposito volesse avvisarci sul fatto che dobbiamo sempre DUBITARE su quanto un emittente trasmette, dato che è ovvio che l'emittente procede per raggiungere una sua determinata finalità, non sempre coincidente con il rispetto per il destinatario. Tutti sappiamo che esistono gli imbroglioni e sempre esisteranno ( a quanto pare siamo l'unica specie animale che coscientemente imbroglia), ma sappiamo anche ( non tutti però) che la VERITA' non esiste, esistono solo interpretazioni del reale, legate all'individualità personale ( per evitare dissonanza cognitiva), per cui talvolta ci troviamo di fronte non ad un "imbroglio" programmato, ma "naturale".
    da Venerdì del 9 gennaio 2015 E.Scalfari, intervistato con U.Eco, alla domanda : i giornali sono soggetti al relativismo? risponde che "... I fatti sono come li vede un giornalista. Sono già influenzati dal suo punto di vista, dalle sue opinioni."
    2) Esposito ci sprona a dubitare sul nostro pensiero razionale. Infatti dalle nostre (minime) conoscenze sul funzionamento del nostro sistema cognitivo, ben sappiamo che il pensiero non sempre procede razionalmente ma soprattutto per impulsi emotivi ( vedi anche empatia) oppure per processi identificativi con il gruppo di appartenenza e via dicendo. Lo sappiamo che non siamo perfetti.
    3) la radice del fanatismo penso sia nell'ambito psicologico essendo :
    a) il dogmatismo/ fanatismo il prodotto di un pensiero rigido che rifiuta il confronto relazionale;
    b) il fanatismo, secondo le interessanti osservazioni di Le Bon, un fenomeno da ricercarsi nell'effetto della psicologia delle masse per cui nella massa la coscienza morale o il senso della responsabilità vengono meno, inoltre nella massa il contagio mentale è tale che l'individuo sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale nell'interesse collettivo. Il terzo effetto, di cui parla Le Bon, è la suggestionabilità, del quale il contagio è solo l'effetto. Oggi sappiamo, sostiene Le Bon, che un individuo può essere messo in condizioni tali che, avendo perso la personalità cosciente, obbedisce a tutti i suggerimenti di chi appunto tale coscienza gli ha sottratto. Ed INTERNET è il non plus ultra delle masse.
    DUBITO ergo SUM

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