domenica 4 ottobre 2015

A proposito di un articolo di Roberto Esposito sulla "democrazia malata"


Credo che molti di noi abbiano avuto modo di leggere con la giusta attenzione un articolo a firma di Roberto Esposito, filosofo di assoluto valore, comparso su “La Repubblica” di oggi, Domenica 4 Ottobre, in cui esamina lo stato di salute della democrazia. L’articolo contiene ovviamente osservazioni acute ed illuminanti, visto il prestigio del suo autore, ma credo che, anche in questo caso per molti di noi, abbia (ri)sollecitato una perplessità. Sappiamo infatti da tempo che la “democrazia” è malata grave, ogni giorno il bollettino medico si aggiorna di nuovi e gravi sintomi, mentre quelli più antichi non danno alcun segno di miglioramento, anzi. Sono molti i medici che si affollano attorno al suo capezzale, molti di questi sono dei veri luminari nel loro campo. Roberto Esposito è sicuramente uno di questi, così come lo erano Ezio Mauro e Zigmunt Bauman di cui abbiamo riportato in questo blog la loro diagnosi “Babel”. A noi, poveri parenti, più o meno prossimi, della democrazia, che sempre più preoccupati affolliamo l’anticamera del capezzale, piacerebbe però che tutti questi medici, tutti questi luminari, così bravi nel formulare diagnosi, nel confermare il grave stato di salute dell’ammalata, fossero altrettanto bravi nel proporre cure e rimedi, chiari e prontamente applicabili. Sappiamo bene che nella migliore delle ipotesi tali cure, quando finalmente individuate, saranno pesanti e costose, e che il decorso sarà lungo e di esito incerto, ma vorremmo almeno poter leggere una qualche ricetta scritta con parole comprensibili e non con la solita scrittura da “dottori”. Ci spaventa poi il fatto che attorno al capezzale inizino a muoversi strane figure di santoni guaritori, che propongono cure quanto meno “originali”; l’ultimo, tal Yascha Mounk,  di cui abbiamo letto il rimedio proposto in un articolo/intervista proprio di fianco a quello della diagnosi di Esposito, pensa di trapiantare nella democrazia, evidentemente giudicandola più morta che viva, il dispositivo del “sorteggio” nella scelta dei suoi rappresentanti. In attesa di conoscere i dettagli operativi del sorteggio (bussolotti nell’urna? Pagliuzza più lunga? E chi fa il notaio?) continuiamo sempre più preoccupati ad assistere a questa lenta agonia.

1 commento:

  1. Ho letto con molta attenzione ed interesse quanto il filosofo Esposito ha scritto su Repubblica e con altrettanta attenzione il commento apparso su Agorà.
    In effetti l 'analisi di quanto sta succedendo nella nostra società democratica è puntuale ed argomentata purtroppo nell'ultima parte dell'articolo quando si cercano i rimedi a questa "agonia della democrazia", non mi sento anzi mi rifiuto di chiamarla "morte", la ricerca è deludente in quanto mi ritrovo tra parole scontate come partecipazione, dialogo ,valori, regole comuni ecc. con l'ennesima chiamata in causa della politica che deve riformarsi ridurre il corporativismo, incrementare forme di democrazia diretta ecc ecc.
    Ma, mi chiedo, chi deve fare tutto questo? Non vedete il pericolo di un potere forte che prenda in mano la situazione? Tutti noi ci sentiamo responsabili ma disarmati di fronte ad un problema che ci appare gigantesco e, se neppure gli intellettuali con la "I" maiuscola come può essere Esposito, Bauman o altri sono in grado di dare risposte valide, come possiamo noi contare.... e come il solito il coltello affonda nella ferita e ci lascia poche speranze.

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