giovedì 1 dicembre 2016

La parola del mese - Dicembre 2016


LA PAROLA DEL MESE 

A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

DICEMBRE 2016  



Quanta della (presunta) conoscenza diffusa, sulla cui base si attivano comportamenti individuali e collettivi errati se non addirittura pericolosi (per sé e per gli altri) e si formano opinioni culturali e politiche (non raramente di gran seguito), è in effetti fondata su una………………

BUFALA
(altrimenti detta: balla, bubbola, bugia, falsità, falso, fandonia, fanfaluca, favola, fola, frottola, invenzione, menzogna, panzana, storia.) ????????


ovvero un'affermazione falsa o inverosimile, sovente creata ad arte, perciò essere volta a ingannare il pubblico, per presentare deliberatamente per reale qualcosa di falso o artefatto.

Secondo il Vocabolario della Crusca "bufala" deriva dall'espressione "menare per il naso come una bufala", ovvero portare a spasso l'interlocutore trascinandolo, come si fa con i buoi e i bufali, per l'anello attaccato al naso.  Un'altra possibile etimologia è quella collegata al termine "buffa" ovvero folata o soffio di vento (buffare = soffiare) e pertanto derivabile in senso figurato da un qualcosa che viene comunicato tramite un soffio di vento, perciò senza sostanza e consistenza

Alcuni esempi storici significativi:
·         Donazione di Costantino = è probabilmente uno dei più antichi falsi storici a noi noti. Il testo fu composto durante l'Alto Medioevo allo scopo di giustificare il potere temporale del papato agli occhi dei regni occidentali. La sua natura di falso fu evidenziata già nel XV secolo da Lorenzo Valla e altri
·         Antiquitatum variarum = sono una complessa falsificazione storica in 17 volumi, realizzata nel Quattrocento dall'erudito Giovanni Nanni (1437-1502), frate domenicano molto vicino a Papa Rodrigo Borgia (Alessandro VI). La sua mistificazione si reggeva sia su remotissime cronache da lui fabbricate, sia sulla finta scoperta di falsi reperti archeologici da lui stesso fabbricati e seppelliti. L'opera intendeva costruire e proporre una visione radicalmente nuova della storia universale, in cui la tradizione orientale veniva direttamente connessa e riconciliata con le radici della storia d'Europa, con il rigetto, come cosa vana, erronea e favolistica, dell'intera tradizione greca.  Nonostante i sospetti adombrati quasi subito da alcuni umanisti  l'opera riscosse una grande fortuna, con numerose edizioni a stampa prima dello svelamento definitivo della sua reale natura di colossale falsificazione, nel secolo successivo alla pubblicazione.
·         Protocolli dei Savi di Sion = sono un falso documentale, creato con l'intento di diffondere il disprezzo contro gli Ebrei. Fu pubblicato nei primi anni del 1900 nella Russia Imperiale dalla polizia segreta zarista in forma di documento segreto attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe quello di impadronirsi del mondo. Presentata come esposizione di un piano operativo rivolta dagli "anziani" ai "neofiti", descrive metodi per ottenere il dominio del mondo  attraverso il controllo dei media e della finanza e la sostituzione dell'ordine sociale  tradizionale con un nuovo sistema basato sulla manipolazione delle masse. La natura di falso fu appurata già fin dai primissimi tempi successivi alla pubblicazione, , in particolare, una serie di articoli pubblicati sul Times  nel 1921 dimostrarono che gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica  non correlate agli ebrei. Nonostante la comprovata falsità di tali documenti, essi riscossero ampio credito in ambienti antisemiti e antisionisti  e rimangono la base, specie in Medio Oriente  per avvalorare la teoria della cosiddetta cospirazione ebraica. I Protocolli sono considerati la prima opera di letteratura complottista.

Il termine al giorno d'oggi indica quelle notizie (in genere messaggi inviati per posta elettronica o reperibili, tramite il passa parola via “social”, in siti WEB appositamente creati), che circolano, proprio grazie alla Rete, con rapidità e capillarità impressionanti, e che contengono affermazioni, dati (spesso anche di carattere apparentemente scientifico), fatti, resoconti, ricostruzioni, del tutto inventate o contraffatte, purtroppo sempre più difficilmente individuabili come “bufale prima che si siano create una aureola di veridicità





2 commenti:

  1. Il web non crea demagoghi
    Articolo di Gianni Riotta (La Stampa.it 02/12/16)
    (lettura consigliata da Antonietta Fonnesu)
    Già dal 2008 ho ragionato sul rischio che social media e web polarizzino il dibattito politico nelle democrazie contemporanee e che la rete finisca per chiudere ciascuno di noi nella sua tribù, ottundendo il dialogo. Non mi sorprendo dunque leggendo l’ultima intervista che Barack Obama ha rilasciato a «Rolling Stone»: anche il presidente uscente affibbia parte della sconfitta di Hillary Clinton a web e social media. Ma, proprio perché il pericolo della comunicazione digitale l’ho studiato da tempo, osservo che Obama ha torto. Illudersi che la vittoria di Donald Trump, Brexit, l’ondata populista in Europa, siano solo frutto degli algoritmi distorti di Facebook e Google significa perdere tempo e terreno. Obama sostiene - correttamente - «che i social media e Internet hanno cambiato il modo in cui la gente riceve le notizie. Ne parlavo col mio direttore politico, David Simas, sulla sua pagina Facebook riceve robe da pazzi da suoi ex compagni di liceo, tipo “Obama ha messo al bando il Giuramento alla Bandiera…» e il presidente conclude che tra «la gente» e l’informazione tecnocratica «alla New York Times» s’è creato un divario che avvantaggia i demagoghi e svantaggia la sinistra raziocinante. Obama, purtroppo, si sbaglia. Non perché il rischio delle «camere dell’eco», le «echo chambers», in cui gli algoritmi dei motori di ricerca e i social network ci sospingono senza sosta non siano un pericolo. Lo sono, e la letteratura critica lo prova senza dubbi, perfino gli algoritmi riflettono i pregiudizi dei loro autori. Dove Obama erra, per una inguaribile visione illuminista e aristocratica del mondo, è nel non vedere come la diaspora dei cittadini in tribù ostili via web, non premi i repubblicani a scapito dei democratici, o Trump su Hillary, ma investa ogni leader, ogni partito, ogni cultura. Chi studia il web sa che le false notizie colpiscono Papa Francesco, disegnato da tanti dopo la lettera critica dei quattro cardinali come l’Antipapa, lo stesso Trump, dipinto come un manutengolo delle associazioni segrete più bizzarre, attori ed attrici perbene, coinvolti in assurde trame. In uno strepitoso saggio su Buzzfeed Alberto Nardelli e Craig Silverman hanno dimostrato come dal blog di Beppe Grillo e Davide Casaleggio vengano diffusi e smistati - tra spot a pagamento - molte delle false notizie confezionate in Russia, o in altri paesi, dalla macchina di disinformazione del Cremlino e di Putin. Fatto grave e da chiarire, soprattutto per un partito ligio alla trasparenza come i 5 Stelle, ma sostenere che l’impatto politico, sociale e culturale di Grillo sull’Italia sia risultato di queste trame digitali oscure è falso. Non è il web a creare i demagoghi, come non fu la stampa a creare Lutero, la radio a lanciare Mussolini, la tv ad eleggere Kennedy. È il tessuto sociale che crea le novità, maligne o benigne, e il web le rilancia. È uno specchio, caro presidente Obama, e il volto che vediamo riflesso è il suo, è il nostro, è il XXI secolo.

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  2. Non è una bufala, anzi. Ma mi ha fatto tornare in mente la parola del mese. Stamattina ho letto sul giornale (e poi ho verificato che in Rete già se ne parlava) un articolo relativo ai progressi degli studi – portati avanti da un team di antropologi italiani – sulle orme lasciate in un sito della Tanzania da alcuni ominidi. Roba di più di tre milioni e mezzo di anni fa (!), siamo al tempo della famosa Lucy, o per dirla in termini scientifici dell’Australopithecus afarensis. Ebbene in questo sito negli anni Settanta vennero trovate delle impronte di un gruppo di tre ominidi bipedi, lo studio di queste tracce, non molto diverse fra di loro, permise di dire che la loro altezza non fosse troppo differente. Su questa base venne ipotizzato che potesse trattarsi di un piccolo gruppo familiare: padre, madre e un figlio. Recentemente ulteriori rscavi (ammirevole la pazienza e la tenacia degli antropologi!) hanno portato alla luce le tracce di altri due ominidi a comporre un gruppo di ben cinque individui. La novità, in qualche modo clamorosa, sta nel fatto che una di queste orme è decisamente più grande e lunga di tutte le altre, tanto da dover appartenere ad un ominide molto più alto. La presunta famigliola di tre è quindi diventata un gruppo di un maschio accompagnato da due femmine e due bimbi oppure tre femmine ed un bimbo. Fin qui i dati nudi e crudi, che hanno permesso di ridefinire le dimensioni di questi ominidi. Ma se sulla base delle prime orme ritrovate era stato scientificamente lecito ipotizzare la “famigliola” ora, con queste nuove tracce, diventa, sempre scientificamente, sostenibile l’esistenza di un nucleo allargato. Tradotto in termini di comparazione con altri primati una struttura familiare più simile a quella dei gorilla (maschio dominante con più femmine) che a quella dei scimpanzé (individui simili nelle dimensioni che si legano con rapporti a due). Vengo alle bufale. Che non sono certo gli studi antropologici e le loro teorie scientifiche, anzi anche questa ricerca dimostra la rigorosa affidabilità del sapere scientifico, valida in tutti i campi: se emergono nuovi dati che confutano quelli finora disponibili la scienza rimette in discussione l’intero campo delle teorie e delle ipotesi sin lì possibili. La bufala, in questo caso simpatica, sta nel fatto che al tempo della ipotetica “famigliola” erano girate “fantasie” su quel primo gruppo. Immaginato come due innamorati genitori che mano nella mano portavano a spasso nella giungla il loro figlioletto. L’amore, da baci Perugina, vince sempre, e vinceva già a quei tempi. Adesso ci tocca passare di brutto all’harem ambulante! La lezione (e questo è un esempio persino tenero e innocuo) non sta solo nella tendenza a “costruire” idee e (ir)realtà oltre il lecito ed il corretto, ma anche nel fatto che come umani siamo più portati a vedere nella realtà, nel mondo che ci circonda, conferme rassicuranti per quello che (crediamo di) già sappiamo piuttosto che scoperte e novità destabilizzanti. E finché lo si fa, come in questo caso, su dati e notizie in qualche modo certe va ancora bene, molto meno quando ciò avviene su vere e proprie bufale!

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