Abbiamo tutti accolto con un poco di tristezza
la recente scomparsa di Zigmunt Bauman. intellettuale a tutto tondo capace di
fornire importanti chiavi di lettura dei nostri così travagliati tempi.
Nella inevitabile, non meno che giusta,
ripubblicazione, a titolo di commiato, di alcuni dei suoi interventi e articoli
uno in particolare può interessare noi di Circolarmente. E’ infatti apparso nell’inserto
“Robinson” de La Repubblica del 22 Gennaio un breve testo che, in relazione
alla commemorazione della Shoah, Bauman dedica al tema della memoria, uno dei
due filoni di approfondimento al centro del nostro programma di quest’anno.
Questa è una brevissima sintesi di questo
testo, che inseriamo nel nostro blog come ricordo di Zigmunt Bauman, fatta per
punti sviluppabili in successivi approfondimenti e discussioni per coerenza con
l’invito che Bauman ha lucidamente sempre portato avanti al confronto ed
all’approfondimento culturale.
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…….in
questo testo (Bauman) analizza che cosa significa per le società e per gli
individui ricordare la loro storia. Un processo complesso che Bauman riassume
così: la nostra memoria seleziona ed interpreta e ciò che deve essere
selezionato, ed il modo in cui interpretarlo, è una questione controversa e
costantemente contestata. E proprio per questo così importante……
·
Se
è opinione accettata che per le collettività (gruppi) perdere la memoria del proprio
passato significa perdere la loro stessa identità, è bene però dire che, in
questo senso, la memoria può essere….un dono ed al tempo
stesso una maledizione…..
·
Il
passato è infatti un mare vasto di avvenimenti, che l’uomo è portato a
ricordare trasformandoli da materia grezza in “storie”, e la memoria così
costruita non ……li conserva mai tutti e
non li riproduce mai nella (loro) forma pura e originale…..
·
La
memoria inevitabilmente, guardando al passato rivisto nella forma di “storie”……
seleziona e interpreta……..ricordare
diventa, così facendo, …..prendere posizione
sul corso degli eventi passati……
·
Questa
presa di posizione si articola, come già messo in evidenza da Todorov (Tzvetlan Todorov, filosofo e saggista bulgaro contemporaneo) …..tra le due trappole
della sacralizzazione e della banalizzazione…..ossia nel trasformare un evento passato in un fatto
unico, irripetibile (operazione che Todorov ritiene quasi inevitabile se quell’evento
è visto e vissuto come “fondativo”) piuttosto che, non comprendendolo nel suo possibile
e vero significato, in un avvenimento ordinario
·
Queste
trappole scattano in modo diverso a seconda se si stia esercitando una memoria
individuale piuttosto che una memoria collettiva
·
Le
collettività (gruppi) non sono…..come gli individui solo più grandi……sono organismi sociali che si
costituiscono proprio condividendo memorie al proprio interno ma al tempo
stesso…..non tenendole nascoste e impedendone
l’accesso agli estranei….
·
In
questo senso la sacralizzazione di un evento, se riferita alle finalità di una
singola collettività (gruppo), ……impedisce
di trarre lezioni valide per tutti da casi particolari e di conseguenza
impedisce la comunicazione tra passato e presente……
·
Non
meno rilevante è il peso negativo della banalizzazione che, se all’apparenza
segue un percorso opposto, non di meno priva, a priori, quel passato ….di quel valore unico che può giustificare la stessa necessità di
un dialogo tra un gruppo (collettività)
e l’altro…..
·
La
conseguenza più grave è la maturazione consolidata della convinzione che …..le ragioni del destino di ogni gruppo (collettività) possono essere esplorate e rivelate se la ricerca si concentra
unicamente sulle azioni, o le omissioni, della collettività (gruppo)
stesso….
·
In
questo senso la banalizzazione, per contrasto paradossale, crea il terreno
fertile alla ricerca di eventi del passato che si prestino alla
sacralizzazione, creando una sorta di osmosi fra le due trappole
·
…….sia la sacralizzazione che la banalizzazione, dunque, separano i
gruppi
(collettività) e li mettono in contrasto tra loro……perché entrambe si dimostrano
impossibilitate a comprendere l’importanza fondativa della condivisione della
memoria
·
In
particolare la banalizzazione, intesa come l’annacquamento in una indistinta
generalizzazione della peculiarità ricavabile da un evento del passato operato
da un gruppo (collettività) specie quando questo evento ha caratteristiche
“negative” (come è sicuramente la stessa Shoah) annulla la possibilità di…….trarre (da quell’evento) principi universalmente
validi…. (Bauman
cita l’esempio di Moshe Landau che, già giudice al processo ad Eichmann (gerarca nazista
comandante del campo di concenttramento di Dachau) presiedette anni dopo una commissione
che legalizzò l’uso di torture contro “terroristi”, o presunti tali,
palestinesi)
·
La
banalizzazione, e la collegata sacralizzazione di eventi scelti all’uopo,
diventa la premessa che una collettività (gruppo) mette in atto per giustificare i
propri errori annacquandoli nell’indistinto “così fan tutti”
·
Contraddicendo,
in questo modo, l’unica vera lezione che la memoria del passato, se esercitata
evitando le due trappole della banalizzazione e della sacralizzazione, può
trasmettere al presente: la necessità inderogabile di una……universalità etica……
·
Ossia
la lezione, che può essere innanzitutto tratta proprio dalle “storie” di “omicidi categoriali”
(Bauman indica con questo termine l’eccidio di una intera collettività /gruppo,
come nel caso della Shoah) che è: amare/rispettare il prossimo e indurre il
prossimo ad amarci/rispettarci …….il solo servizio
ragionevole, efficace e duraturo che singoli individui e gruppi (collettività)
possono rendere al proprio amore per sé……esercitando un giusto uso della memoria
·
…….in un pianeta globalizzato i problemi umani possono essere
affrontati e risolti solo ricorrendo a una umanità solidale…..e la solidarietà nasce anche dalla
condivisione della memoria di tutti i passati
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