I DIVERSI MODI DI ABITARE IL PAESAGGIO,
FRA PASSATO E FUTURO
Presentazione:
Nell’introdurre la
conferenza del dott. Ferraris, Massima Bercetti ringrazia anzitutto a nome di
CircolarMente il numeroso pubblico, certamente attirato dall’argomento e dalla
qualità del relatore; in particolare mette in rilievo la presenza molto gradita
di alcuni amministratori del Comune di Avigliana e del Sindaco, dott. Andrea Archinà, cosa che avvalora quella ricerca di dialogo con le
istituzioni che l’associazione ha sempre
perseguito, conducendo le sue attività culturali nell’ambito del territorio,
della cittadinanza, delle scelte politiche. Un ringraziamento speciale va poi
al dott. Ferraris, che nella sua veste di architetto fa parte di numerose
commissioni che si occupano della tutela e dello sviluppo del paesaggio,
lavorando in modo specifico su alcuni progetti di recupero di quelle borgate
alpine che rappresentano spazi di resistenza e di diversità culturale, in cui
si cerca di realizzare un intreccio virtuoso fra le competenze che il passato
ci consegna e quelle rese possibili dall’uso di nuove tecnologie. Oltre a queste
attività, il dott. Ferraris è partecipe di molte iniziative che si collocano
all’interno di un progetto di grande respiro denominato “TERZO PARADISO”.
Lanciato a partire dal 2003 dall’artista
Michelangelo Pistoletto, questo progetto è caratterizzato da un segno-simbolo
che rimanda ad una sorta di reinterpretazione dell’infinito, dove i due cerchi
interni rappresentano la dialettica fra natura e artificio mentre il terzo
cerchio che da essi si sviluppa viene ad indicare nelle intenzioni del suo
autore una nuova prospettiva, un livello
di civiltà più consapevole a cui scienza, arte, cultura e politica devono
concorrere e in cui la tecnologia,
invece di rappresentare una deriva della nostra umanità, può portare un contributo alla sua piena
realizzazione. Per tutti questi motivi l’intervento del dott. Ferraris si
colloca in modo quanto mai opportuno all’interno della proposta di
Circolarmente il cui titolo, “FUTURI”, vuole appunto trasmettere l’idea che
sarà un futuro non temibile quello che saprà guardare al passato per ciò che ha
rappresentato di positivo e di vitale, senza tuttavia rinunciare a nuove
proposte, nuovi modi di guardare il mondo e di operare in esso. ………….La parola, dunque, al relatore.
Qualche accenno alle
norme,
e alle difficoltà della
loro applicazione …
Nel
suo intervento il dott. Ferraris intende offrire, prima di tutto, qualche
elemento di normativa da cui si possa evincere che cosa si intende quando
parliamo di interventi coerenti e intesi ad un vero recupero urbanistico, per
presentare poi alcune testimonianze fotografiche del suo lavoro come
professionista e soprattutto come partecipe di commissioni per la tutela e lo
sviluppo del paesaggio. In chiusura, verranno mostrati alcuni di quei “progetti
volanti” a cui si fa accenno nell’invito alla conferenza, e in particolare un
video realizzato ad Avigliana con i droni. Giova ricordare, intanto, che il
valore del paesaggio viene sancito dalla Costituzione (art.9) e sostenuto dalle varie discipline regionali, che spesso
fanno un ottimo lavoro anche se non sempre vengono utilizzate al meglio. Il
relatore fa riferimento in particolare al piano paesaggistico elaborato dalla
Regione Piemonte, organizzato da Giovanni Paludi in qualità di vicedirettore e
volto a dare delle direttive ai vari comuni in modo formativo e collaborativo.
Questo piano analizza, a partire dalle suddivisioni teoriche del concetto di
“paesaggio” (natura e ambiente, storia e
cultura, percorsi visivi e configurazioni antropiche), l’intero territorio
della regione, attraverso schede minuziose volte a catalogare tutti i beni
paesaggistici che in esso si possono rilevare. Purtroppo, osserva il dott.
Ferraris, succede che nel passaggio dalla teoria alla pratica certe infrastrutture sovraregionali (ferrovie, aeroporti, superstrade…) vengano
a contaminare il paesaggio in modo rilevante, senza che sia possibile ai comuni fare interventi correttivi; ci sono inoltre
delle situazioni - come spesso ha avuto modo di rilevare nel suo lavoro
all’interno delle varie commissioni - che per forza di cose fuoriescono, per
così dire, dalle direttive regionali e non sempre, come ben possiamo
immaginare, con intenti di valorizzazione e di rispetto per il paesaggio. Anche
leggi davvero ben mirate (come la Legge
16 della Regione Piemonte sul recupero dei fabbricati, intesa a limitare il
consumo del suolo) incontrano delle difficoltà nella loro applicazione: succede
infatti che alcuni comuni non riescano ad adattarsi in tempo alla normativa,
determinando conflitti e incoerenze. Ed è proprio su queste “incoerenze” – un
concetto su cui avremo modo di tornare più avanti, ma che per ora possiamo
assumere nell’uso intuitivo del termine - che il dott. Ferraris apre la parte
centrale del suo intervento.
Testimonianze su
diverse modalità di intervento e di recupero ambientale,
fra coerenza e
incoerenza:
Avendo
alternato l’attività professionale vera e propria alla partecipazione a varie
commissioni paesaggistiche, il dott. Ferraris ha avuto diverse occasioni di
rilevare come l’attenzione da parte di molti professionisti e dei loro
committenti non sia sempre così “mirata”, quando questi ultimi rivendicano un
loro interesse particolare dando poca o nulla importanza al fatto che la loro
intenzione sia più o meno coerente e ben orientata dal punto di vista del
paesaggio. Particolarmente opportune, per dare una precisa idea di questa
mancanza, possono essere alcune immagini relative ad un progetto di
ristrutturazione e di sistemazione di edifici esistenti che è stato condotto a
Marentino (un comune ai margini
dell’astigiano, che come spesso accade in queste zone è disseminato di cascine
padronali o comunque a conduzione familiare). In questa occasione il
relatore si è occupato del regolamento estetico apprestando in collaborazione
col comune e con altri professionisti una serie di schede esplicative, da cui i
concetti di coerenza e di incoerenza possono trovare una loro prima evidenza.
Comune di Marentino
Indirizzi operativi per gli interventi edili
Notiamo
infatti come molte delle facciate, spesso di grande valore documentale, siano
state a dir poco deturpate attraverso l’apertura di balconi e balconcini,
portali e finestre, senza parlare delle recinzioni che sono state ricostruite
con un’inventiva degna di miglior causa…Se poi passiamo ad una scala più
piccola ma non meno significativa – quella delle borgate storiche – potremo
fare altre considerazioni interessanti, a partire dal riconoscimento del loro
valore che per il dott. Ferraris è indubbio: non a caso una direttiva recente
le menziona evidenziando come sia fondamentale che vengano mantenuti in esse i
caratteri paesaggistici tradizionali, subordinando ogni intervento ad una
attenta lettura della situazione storica. Ora, secondo il dott. Ferraris, se è
difficile fare grandi danni all’interno delle borgate stesse, perché gli spazi
sono ridotti e gli edifici già formati, questo non avviene ai bordi esterni
dove spesso le manomissioni sono vistose venendo a deturpare l’impianto
complessivo. Con questo richiamo alla cura delle borgate non si vuole
naturalmente sostenere che non occorra anche pensare a soluzioni migliorative
per luoghi già compromessi da interventi architettonici disordinati e
incoerenti (per fare un esempio relativo
alla val di Susa, tale è certamente la periferia di Chiomonte, che invece può
contare su di un bel centro storico).
(tornando al) Comune di Marentino
Indirizzi operativi per gli interventi edili
Pur
tuttavia, se in certe situazioni non è possibile fare molto, sarà necessaria
una maggiore cautela se si interviene in luoghi particolari - pensiamo a Ramat
- dove davvero vale la pena di impegnarsi nel rispetto di un lessico, di una
voce, di una matrice già esistente. Detto in altri termini, se devono essere
aggiunte delle abitazioni, occorrerebbe almeno
seguire l’indirizzo dei capi mastri dei secoli scorsi, prestando attenzione
alle curve di livello e all’esposizione e soprattutto evitando quei nuovi
insediamenti fatti di villette a schiera e di casette impostate con lo
stampino, che risulterebbero decisamente incoerenti con il resto (come possiamo facilmente osservare in una
scheda esplicativa predisposta dal relatore, che evidenzia con colori diversi
questi opposti tracciati). In alcuni casi peraltro si prende a pretesto la
necessità di costruire nuovi edifici sicuri dal punto di vista antisismico e
più performanti dal punto di vista energetico. Nondimeno, osserva il dott.
Ferraris, non è certo indispensabile per ottenere questo risultato costruire
case a forma di cubo con una dichiarazione vistosa delle nuove tecnologie
adottate, come gli è accaduto a volte di constatare: lo si può bensì fare con
un occhio di riguardo alla tradizione, con i classici tetti a due falde…Nondimeno,
per essere corretti fino in fondo con questo elogio della coerenza e più in
generale del portato positivo di alcuni vincoli a difesa del paesaggio, occorre
rilevare degli evidenti paradossi. Ad esempio, può essere degno di nota
prendere atto del fatto che proprio vicino a noi, nella zona di Rosta, sia
sottoposto a vincolo il territorio che si estende per 350 metri a destra e a
sinistra della Dora (un territorio
peraltro già fortemente compromesso da interventi edilizi intensivi, dalla
presenza di fabbricati e capannoni industriali e soprattutto dalla ferrovia), il
che rende difficile ogni pur minimo intervento – l’ampliamento di un capannone,
il rifacimento di un tetto – mentre le spesso splendide borgate sulla collina
di Rosta non sono sottoposte a vincolo alcuno. E’ pur vero, osserva
scherzosamente il relatore, che si sono conservate bene ugualmente, il che ci
induce ad interrogarci in termini generali sul concetto di “vincolo” che è
relativamente recente e su cui spesso il dott. Ferraris, come membro di
commissioni paesaggistiche, è chiamato a rispondere. Anche in questo caso
l’immagine di una borgata con i tetti in bella vista serve a chiarire una
questione che in anni antichi non si poneva, dal momento che i materiali di
costruzione erano tratti dal circondario, e la coerenza si realizzava in modo
del tutto naturale. Ancora nel secondo dopoguerra, in luoghi pur lontanissimi
del nostro paese le case venivano costruite dal più al meno con gli stessi
materiali e con modalità progettuali simili. Ora la possibilità di usare
materiali e progetti diversificati si è dilatata oltre misura, il che può
comportare oltre all’aspetto positivo della libertà di scelta quello negativo
di una discontinuità talora abbruttente. Da qui, la necessità di una vigilanza
che riconosca e valorizzi il particolare ”genius
loci” di un insediamento. In tutta questa serie di esempi il dott. Ferraris
ha usato i due termini contrapposti di “coerenza” ed “incoerenza” senza darne
una precisa definizione concettuale, anche perché a suo giudizio sono termini di
fatto molto pratici che ci consentono di raggruppare in un insieme
intuitivamente comprensibile tutta una serie di modifiche armoniose, o al
contrario di inestetismi e di sovrapposizioni non ben calibrate. Se però
vogliamo andare più a fondo in questi concetti, possiamo specificare che per
“coerenza” a livello urbanistico non si intende la semplice uguaglianza, la
riproposizione, l’ingessatura di tipologie tradizionali: può essere coerente un
rifugio alpino di legno e vetro, se armoniosamente inserito nel contesto, può
essere coerente la vetratura di un fienile… La cosa davvero importante è che
dentro un qualsivoglia progetto ci sia una considerazione del luogo dove questo
andrà a collocarsi, senza la pretesa di sovrapporvi un modello scelto
aprioristicamente al solo scopo di soddisfare l’ego del professionista e quello
del committente o la volontà di essere a tutti i costi marcatamente
“contemporanei”. Lo si può fare infatti agendo in modo raffinato e intervenendo
con delicatezza in un paesaggio che va pensato prima del progetto stesso e a
fianco di esso. Così avviene in effetti per tutti quei progetti che rientrano
nel cosiddetto “Terzo paradiso”, di cui il dott. Ferraris ci mostra ora alcuni
esempi significativi.
Il “Terzo paradiso”, da
un’idea di Michelangelo Pistoletto come elemento paesaggistico innovatore:
Nella
sua attività professionale, per sollecitazione di vincoli in questo caso
amicali con Michelangelo Pistoletto ,(*vedi
nota), il dott.
Ferraris ha partecipato ad alcune installazioni relative al cosiddetto “Terzo
paradiso”, la cui importanza a suo giudizio non sta soltanto nell’impostazione
concettuale, che è stata messa ben in rilievo da Massima Bercetti, ma anche nel
suo costituirsi come importante elemento paesaggistico. Possiamo ammirare lo straordinario
effetto visivo di questo tipo di installazione osservando quella che è stata
realizzata sul pendio del forte di Exilles – il cosiddetto “giassèt” - trasformando questo storico
luogo di battaglia in un giardino fiorito, dal momento che il solco impresso
sul terreno e rappresentante il simbolo disegnato da Pistoletto è stato colmato
da piante di lavanda. Questo elemento innovatore ha dunque aumentato, a
giudizio del relatore, il fascino di un luogo di grande interesse
storico-paesaggistico (qui peraltro il
dott. Ferraris non può esimersi dall’aprire una parentesi per commentare lo
sfregio apportato da un edificio posto a lato del forte e nato sicuramente da
un abuso edilizio, con le sue strutture di cemento armato e i mattoni forati a
vista, rimasto poi lì per decenni per
essere infine trasformato in un albergo, senza che nessun ente abbia preso la
meritevole decisione di acquistarlo per demolirlo). Mentre scorrono altre
immagini di grande effetto relative al Terzo Paradiso realizzato a Mantova, il
dott. Ferraris precisa che queste installazioni non seguono una logica
mercantile: Michelangelo Pistoletto ha infatti regalato la sua idea al mondo, e
ciascuno può adottarla e diffonderla a suo piacere. Porta inoltre alcune delucidazioni
tecniche sulle modalità di costruzione adottate per progetti consimili (come
quello realizzato nei pressi di Benevento) in cui sono stati utilizzati dei
droni per il rilievo morfologico del territorio, generando poi la forma in 3D
prima di posarla sul terreno.
A proposito di droni, e
di altre tecnologie d’avanguardia:
una parentesi sulle
“ortofoto”
Con
questo accenno ai droni il dott. Ferraris apre un ulteriore spunto di
riflessione sull’uso positivo che alcune tecnologie d’avanguardia possono
portare alla valorizzazione e allo sviluppo del paesaggio. Avremo modo più
oltre di seguirne il volo con il promesso video su Avigliana; per il momento
cominciamo a vederne alcune applicazioni pratiche attraverso le cosiddette “ortofoto” che a giudizio del relatore
rappresentano un risultato davvero interessante dell’applicazione dei droni a
supporto delle attività topografiche e di rilievo. Se abbiamo ben compreso, si
tratta di fotografie aeree scattate con i droni che sono state geometricamente
corrette e geoposizionate in modo tale da uniformare la scala di
rappresentazione, rendendole di fatto equivalenti ad una carta geografica con
in più l’effetto visivo della fotografia. Ce ne potremo rendere conto osservando
l’ortofoto che rappresenta il Castello di Druento
(se possiamo definirlo
così, perché in effetti il castello, o almeno la sua parte centrale, non esiste
più, anche se la sua conformazione può essere in questo modo quasi
letteralmente ricreata, perlomeno a livello della pianta di base).
…………………Il discorso sui
droni verrà poi ripreso più avanti, quando il dott. Ferraris sarà sollecitato
da una interlocutrice a mostrare i due gioielli tecnologici che ha portato con
sé e su cui ci sono ovviamente delle curiosità. Naturalmente certi particolari
tecnici saranno comprensibili solo agli addetti ai lavori: qui ci limitiamo a
segnalare che il primo di essi viene utilizzato per la topografia, perché
attraverso il sistema RTK consente una
precisione centimetrica, mentre l’altro, più piccolo, viene usato per i video e per le
fotografie (non a caso, aggiunge il relatore, è dotato di una camera Hasselblad
– un nome che gli appassionati di fotografia ben conoscono), con un monitor che
trasmette al pilota quello che la camera vede così che egli possa sia pilotare
che effettuare e controllare i video e le fotografie. E’ con un drone come
questo che sono stati infatti realizzati i video che il dott. Ferraris si
accinge a mostrarci. Per quanto riguarda invece la distanza che i droni possono
raggiungere, è davvero notevole (5000 metri in linea d’aria); la normativa
obbliga bensì a quote ben inferiori, ma la potenza di volo è comunque
necessaria perché ci si può trovare di fronte ad ostacoli imprevisti………………..
Ora
però è il tempo di farli davvero volare e come promesso, arriva il momento
“clou” della serata:
Avigliana in video,
droni (e piloti) all’opera
Le
parole qui non hanno naturalmente corso. Ci si lascia semplicemente incantare
dalla bellezza di queste visioni dall’alto che ci permettono di godere di
un’ampiezza di sguardo impossibile da ottenere altrimenti su Avigliana, sulla
Sacra di San Michele, su di un delizioso paese langarolo – Prunetto - che per
di più ci viene mostrato anche in versione innevata, rendendolo ancora più
“magico” dopo quest’ultimo secchissimo e caldo inverno…
Ad
un certo punto in effetti scatterà l’applauso,
facendo restare per un attimo in sospeso, dopo l’emozione condivisa, domande
importanti: sulla responsabilità che abbiamo non solo quando ci occupiamo a vario titolo della cosa
pubblica, ma anche quando siamo semplici cittadini a cui tocca sia orientare il
lavoro dei primi, mettendolo in discussione o altrimenti sostenendolo, che dirigere
le proprie azioni in un’ottica non solamente intesa al benessere personale, se vogliamo che
quella bellezza che ci ha per alcuni minuti
appagato la vista possa essere
mantenuta e trovare più ampio spazio. Per questo, sono particolarmente
appassionati gli interventi da parte di chi, fra il pubblico, ha sul tema del
paesaggio qualcosa da dire e testimonianze da offrire. Come sempre li
riportiamo, pur sintetizzandoli in parte, come è consueto per chi verbalizza
gli incontri dando uno spazio privilegiato al discorso del relatore.
A
iniziare, l’intervento del sindaco che osserva anzitutto come il tema del
paesaggio non abbia sempre, nell’agenda politica del nostro paese, un rilievo
pari alla sua importanza, anche se la sensibilità ambientale è indubbiamente
aumentata e, perlomeno nel caso di Avigliana, ha dato sicuramente buoni frutti.
Dopo un periodo di declino infatti la città ha potuto recuperare negli ultimi
decenni il proprio straordinario centro storico, cogliendo l’opportunità
offerta dalle normative e potendo contare su di un’attenzione più vigile da
parte della cittadinanza. I problemi peraltro non mancano, perché fra i vari
paesaggi che la caratterizzano, e della cui bellezza abbiamo potuto godere stasera grazie allo
sguardo aereo consentito dai droni del dott. Ferraris, ci sono zone che vanno
integralmente ripensate (il sindaco fa accenno in particolare a quella sorta di
“città parallela” rappresentata dalla zona industriale, in cui un tempo lavoravano
fino a 5000 persone, a quel corso Torino che si è sviluppato in modo
scoordinato e su cui non è facile ora fare piani di intervento), mentre in
altri casi si può già contare su accordi
importanti, come quello con il Politecnico di Torino per quanto riguarda la
Piazza del Popolo. Certamente, osserva ancora il sindaco, per poter agire in
modo efficace con interventi migliorativi che vadano in primo luogo a
costituire o a recuperare spazi importanti di socialità urbana occorre una
buona interazione fra il pubblico e il privato, senza che quest’ultimo viva l’intervento
pubblico come un’intrusione indebita, bloccandone le iniziative. Sotto questo
aspetto peraltro il sindaco segnala la novità positiva rappresentata dalla
costituzione di una Consulta dei
professionisti, che hanno una loro rappresentanza e possono dunque interagire
con l’amministrazione individuando i temi su cui ragionare insieme: una cosa
davvero indispensabile, a suo giudizio, dal momento che le città del futuro
devono davvero porre la più grande attenzione alla tutela e allo sviluppo del
paesaggio. Il dott. Ferraris non può che
concordare con queste considerazioni, rilevando a sua volta come sia importante
superare l’idea che le Commissioni paesaggistiche rappresentino un ostacolo da
superare, e non un luogo di incontro e di crescita reciproca dove i progetti
possono essere elaborati insieme. Certo le resistenze sono ancora tante, a
tutti i livelli, e in qualche caso si fa davvero fatica a comprenderle (il
pensiero va a quei piazzali enormi che circondano certi supermercati, del tutto
privi di alberi che possano schermare il violento riverbero del sole, e alle
difficoltà che ha incontrato personalmente nel convincere alcuni committenti a
piantare alberi, o ad evitarne l’abbattimento). E’ mai possibile, osserva il
dott. Ferraris con un certo sgomento, che alcune persone non si rendano ancora conto
del fatto che gli alberi non hanno solo una funzione decorativa, peraltro
importante, ma sono letteralmente dei “salvavita”, restituendo decuplicata la
fatica del raccoglierne le foglie, del curarne la crescita… Anche gli
interventi successivi si richiamano, con accenti diversi ma con identica
passione, al tema del verde, del bosco, di quella natura che è spesso oggetto
tanto di esaltazione retorica quanto di reale e progressiva mancanza di
vigilanza. Un’incuria che mette fortemente in pericolo - come viene
sottolineato con forza da chi interviene per primo su questo tema - non solo
quei boschi meravigliosi che circondano Avigliana e che abbiamo potuto ammirare
attraverso il volo dei droni, ma tutto il patrimonio boschivo e forestale della
Valle di Susa, già messo fortemente in crisi da quest’ultimo inverno
particolarmente caldo e secco. Se non si crea una rete di vigilanza, se non si
mettono in piedi cooperative e consorzi, dando insieme preziose occasioni di
lavoro, se non si esce fuori dalle vuote parole, la stessa creazione dei parchi
rischia di diventare solo un elemento di pura conservazione, ponendo una
contrapposizione fra tutela e sviluppo che dovrebbe essere altrimenti
superabile, se si facesse della cura e della prevenzione un elemento forte di
sintesi. Certo il fatto che le colline e le montagne si siano progressivamente
spopolate e non siano più luoghi di residenza stabile e lavoro ha reso
drammaticamente carente quella “cultura del bosco” ancora viva pochi decenni or
sono, come rileva un’altra interlocutrice che abitando in una zona boschiva ha
potuto constatarne personalmente il progressivo degrado. Questo rende a suo
giudizio tanto più indispensabile un sovrappiù di intenzionalità da parte di
tutti quegli enti a cui è demandato il compito di proteggere e di curare un
patrimonio vitale che ha anche forti componenti storico culturali. Pensiamo per
esempio ai muri a secco, che vengono richiamati in un successivo intervento e
alla cui antica arte ha fatto riferimento una recente indicazione dell’Unesco,
orientata alla loro conservazione. Quei muri, per intenderci, che un tempo
delimitavano le vigne e gli orti e che ora sono totalmente degradati, come può
osservare facilmente chiunque si avvii verso i confini nord-ovest di Avigliana
scoprendo di inoltrarsi in una sorta di foresta vergine. Possiamo forse
compiacerci del recupero di un patrimonio ancestrale – la natura com’era prima
dell’intervento umano - o del fatto che in molte occasioni la tutela del
paesaggio arrivi ad impedire certe forme di manutenzione, pur di salvaguardare
l’habitat ecologico di alcune specie vegetali e animali: non è questa però
l’opinione di chi pone questo problema, e ritiene invece che bisognerebbe
trovare una sintesi, un accordo virtuoso fra la necessità di conservare la
natura e la cura antropica del paesaggio. Sulla possibilità di trovare questo
accordo interviene in ultimo Arnaldo Reviglio (già assessore e ora consigliere),
sottolineando il lavoro prezioso svolto negli ultimi anni dai vari gruppi di
ecovolontari che con la loro disponibilità hanno contribuito alla pulizia del
territorio, vuoi occupandosi della raccolta differenziata porta a porta, vuoi
delle rete dei sentieri che in Avigliana è molto ampia, occupandosi in
particolare del cosiddetto “sentiero Salotti” e unendo le loro forze con il
gruppo dei migranti coordinato dal prof. Mattioli, che tiene in ordine le
fioriere che abbelliscono la città. Per quanto riguarda invece il Castello, segnala
come elemento positivo - in risposta a chi aveva rilevato lo stato non proprio
ottimale dei sentieri d’accesso - il fatto che questi sentieri circolari siano
stati ora catastati, il che renderà più agevole lavorare sul loro recupero.
E’ davvero una città
viva, osserva il dott. Ferraris in conclusione della serata, quella in cui così
tante persone mostrano di avere a cuore, con la loro presenza e con i loro
interventi, la situazione paesaggistica che può essere davvero vissuta e
compresa pienamente solo da chi ci abita, ci cammina, ci lavora osservandola,
per così dire, dal basso. Non è con gli elicotteri infatti, e non è neppure con
i droni che tutti questi aspetti si possono cogliere, anche se essi
rappresentano, secondo l’esperienza del relatore, uno strumento prezioso per il
rilievo del territorio e non solo. Nondimeno, come tutti questi interventi
hanno ampiamente dimostrato, l’architettura e la natura si percepiscono ad
altezza d’uomo, e per questo il suo ringraziamento va a quanti hanno portato il
loro contributo ad un tema così importante per un futuro che vogliamo non
dimentico dell’esperienza del passato, se pure aperto a metodologie nuove.
N.B.
= Terminiamo con queste parole la nostra relazione sulla conferenza del dott.
Ferraris, assumendoci come di consueto ogni responsabilità per eventuali errori
e fraintendimenti rispetto ai vari interventi
Per
CircolarMente,
Enrica
Gallo
* Michelangelo Pistoletto è un artista, pittore e scultore
italiano, animatore e protagonista della corrente artistica denominata dell’“arte
povera”, da sempre interessato ad abbattere le tradizionali barriere fra le
diverse discipline artistiche e a ritrovare un collegamento forte fra la
scienza, la tecnologia, l’arte, la politica e la cultura. Il progetto
denominato “Terzo paradiso” è stato elaborato in una fase della sua attività
artistica nei primi anni 2000, dopo la pubblicazione di un saggio intitolato “Nuovo
sogno d’artista”; prevede delle installazioni in campo aperto (land art)
caratterizzate da un segno simbolo che vuole porsi come una sorta di
mito-guida, che porti ciascuno ad assumersi una personale responsabilità in una
visione globale. In seguito Michelangelo Pistoletto ha riqualificato un
edificio ottocentesco nei pressi di Biella, traendone un centro creativo
denominato “CITTADELLARTE” in cui si organizzano mostre, convegni, percorsi e
laboratori didattici, con lo scopo di porre l’arte in collegamento con un più
vasto mondo esterno.
(tratto da Wikipedia)
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