giovedì 11 aprile 2019

Relazione sulla conferenza dell'Arch. Giorgio Ferraris - acura di Enrica Gallo

                          

I DIVERSI MODI DI ABITARE IL PAESAGGIO,
FRA PASSATO E FUTURO



Presentazione:                         

Nell’introdurre la conferenza del dott. Ferraris, Massima Bercetti ringrazia anzitutto a nome di CircolarMente il numeroso pubblico, certamente attirato dall’argomento e dalla qualità del relatore; in particolare mette in rilievo la presenza molto gradita di alcuni amministratori del Comune di Avigliana e del  Sindaco, dott. Andrea Archinà, cosa  che avvalora quella ricerca di dialogo con le istituzioni che l’associazione  ha sempre perseguito, conducendo le sue attività culturali nell’ambito del territorio, della cittadinanza, delle scelte politiche. Un ringraziamento speciale va poi al dott. Ferraris, che nella sua veste di architetto fa parte di numerose commissioni che si occupano della tutela e dello sviluppo del paesaggio, lavorando in modo specifico su alcuni progetti di recupero di quelle borgate alpine che rappresentano spazi di resistenza e di diversità culturale, in cui si cerca di realizzare un intreccio virtuoso fra le competenze che il passato ci consegna e quelle rese possibili dall’uso di nuove tecnologie. Oltre a queste attività, il dott. Ferraris è partecipe di molte iniziative che si collocano all’interno di un progetto di grande respiro denominato “TERZO PARADISO”. Lanciato a partire dal  2003 dall’artista Michelangelo Pistoletto, questo progetto è caratterizzato da un segno-simbolo che rimanda ad una sorta di reinterpretazione dell’infinito, dove i due cerchi interni rappresentano la dialettica fra natura e artificio mentre il terzo cerchio che da essi si sviluppa viene ad indicare nelle intenzioni del suo autore una nuova prospettiva, un  livello di civiltà più consapevole a  cui  scienza, arte, cultura e politica devono concorrere  e in cui la tecnologia, invece di rappresentare una deriva della nostra umanità, può  portare un contributo alla sua piena realizzazione. Per tutti questi motivi l’intervento del dott. Ferraris si colloca in modo quanto mai opportuno all’interno della proposta di Circolarmente il cui titolo, “FUTURI”, vuole appunto trasmettere l’idea che sarà un futuro non temibile quello che saprà guardare al passato per ciò che ha rappresentato di positivo e di vitale, senza tuttavia rinunciare a nuove proposte, nuovi modi di guardare il mondo e di operare in esso. ………….La parola, dunque, al relatore.

Qualche accenno alle norme,

e alle difficoltà della loro applicazione …

Nel suo intervento il dott. Ferraris intende offrire, prima di tutto, qualche elemento di normativa da cui si possa evincere che cosa si intende quando parliamo di interventi coerenti e intesi ad un vero recupero urbanistico, per presentare poi alcune testimonianze fotografiche del suo lavoro come professionista e soprattutto come partecipe di commissioni per la tutela e lo sviluppo del paesaggio. In chiusura, verranno mostrati alcuni di quei “progetti volanti” a cui si fa accenno nell’invito alla conferenza, e in particolare un video realizzato ad Avigliana con i droni. Giova ricordare, intanto, che il valore del paesaggio viene sancito dalla Costituzione (art.9) e sostenuto dalle varie discipline regionali, che spesso fanno un ottimo lavoro anche se non sempre vengono utilizzate al meglio. Il relatore fa riferimento in particolare al piano paesaggistico elaborato dalla Regione Piemonte, organizzato da Giovanni Paludi in qualità di vicedirettore e volto a dare delle direttive ai vari comuni in modo formativo e collaborativo. Questo piano analizza, a partire dalle suddivisioni teoriche del concetto di “paesaggio” (natura e ambiente, storia e cultura, percorsi visivi e configurazioni antropiche), l’intero territorio della regione, attraverso schede minuziose volte a catalogare tutti i beni paesaggistici che in esso si possono rilevare. Purtroppo, osserva il dott. Ferraris, succede che nel passaggio dalla teoria alla pratica  certe infrastrutture sovraregionali (ferrovie, aeroporti, superstrade…) vengano a contaminare il paesaggio in modo rilevante, senza che sia possibile ai comuni  fare interventi correttivi; ci sono inoltre delle situazioni - come spesso ha avuto modo di rilevare nel suo lavoro all’interno delle varie commissioni - che per forza di cose fuoriescono, per così dire, dalle direttive regionali e non sempre, come ben possiamo immaginare, con intenti di valorizzazione e di rispetto per il paesaggio. Anche leggi davvero ben mirate (come la Legge 16 della Regione Piemonte sul recupero dei fabbricati, intesa a limitare il consumo del suolo) incontrano delle difficoltà nella loro applicazione: succede infatti che alcuni comuni non riescano ad adattarsi in tempo alla normativa, determinando conflitti e incoerenze. Ed è proprio su queste “incoerenze” – un concetto su cui avremo modo di tornare più avanti, ma che per ora possiamo assumere nell’uso intuitivo del termine - che il dott. Ferraris apre la parte centrale del suo intervento.

Testimonianze su diverse modalità di intervento e di recupero ambientale,

fra coerenza e incoerenza:

Avendo alternato l’attività professionale vera e propria alla partecipazione a varie commissioni paesaggistiche, il dott. Ferraris ha avuto diverse occasioni di rilevare come l’attenzione da parte di molti professionisti e dei loro committenti non sia sempre così “mirata”, quando questi ultimi rivendicano un loro interesse particolare dando poca o nulla importanza al fatto che la loro intenzione sia più o meno coerente e ben orientata dal punto di vista del paesaggio. Particolarmente opportune, per dare una precisa idea di questa mancanza, possono essere alcune immagini relative ad un progetto di ristrutturazione e di sistemazione di edifici esistenti che è stato condotto a Marentino (un comune ai margini dell’astigiano, che come spesso accade in queste zone è disseminato di cascine padronali o comunque a conduzione familiare). In questa occasione il relatore si è occupato del regolamento estetico apprestando in collaborazione col comune e con altri professionisti una serie di schede esplicative, da cui i concetti di coerenza e di incoerenza possono trovare una loro prima evidenza.

Comune di Marentino

Indirizzi operativi per gli interventi edili


Notiamo infatti come molte delle facciate, spesso di grande valore documentale, siano state a dir poco deturpate attraverso l’apertura di balconi e balconcini, portali e finestre, senza parlare delle recinzioni che sono state ricostruite con un’inventiva degna di miglior causa…Se poi passiamo ad una scala più piccola ma non meno significativa – quella delle borgate storiche – potremo fare altre considerazioni interessanti, a partire dal riconoscimento del loro valore che per il dott. Ferraris è indubbio: non a caso una direttiva recente le menziona evidenziando come sia fondamentale che vengano mantenuti in esse i caratteri paesaggistici tradizionali, subordinando ogni intervento ad una attenta lettura della situazione storica. Ora, secondo il dott. Ferraris, se è difficile fare grandi danni all’interno delle borgate stesse, perché gli spazi sono ridotti e gli edifici già formati, questo non avviene ai bordi esterni dove spesso le manomissioni sono vistose venendo a deturpare l’impianto complessivo. Con questo richiamo alla cura delle borgate non si vuole naturalmente sostenere che non occorra anche pensare a soluzioni migliorative per luoghi già compromessi da interventi architettonici disordinati e incoerenti (per fare un esempio relativo alla val di Susa, tale è certamente la periferia di Chiomonte, che invece può contare su di un bel centro storico).

(tornando al) Comune di Marentino
Indirizzi operativi per gli interventi edili
Pur tuttavia, se in certe situazioni non è possibile fare molto, sarà necessaria una maggiore cautela se si interviene in luoghi particolari - pensiamo a Ramat - dove davvero vale la pena di impegnarsi nel rispetto di un lessico, di una voce, di una matrice già esistente. Detto in altri termini, se devono essere aggiunte delle abitazioni,  occorrerebbe almeno seguire l’indirizzo dei capi mastri dei secoli scorsi, prestando attenzione alle curve di livello e all’esposizione e soprattutto evitando quei nuovi insediamenti fatti di villette a schiera e di casette impostate con lo stampino, che risulterebbero decisamente incoerenti con il resto (come possiamo facilmente osservare in una scheda esplicativa predisposta dal relatore, che evidenzia con colori diversi questi opposti tracciati). In alcuni casi peraltro si prende a pretesto la necessità di costruire nuovi edifici sicuri dal punto di vista antisismico e più performanti dal punto di vista energetico. Nondimeno, osserva il dott. Ferraris, non è certo indispensabile per ottenere questo risultato costruire case a forma di cubo con una dichiarazione vistosa delle nuove tecnologie adottate, come gli è accaduto a volte di constatare: lo si può bensì fare con un occhio di riguardo alla tradizione, con i classici tetti a due falde…Nondimeno, per essere corretti fino in fondo con questo elogio della coerenza e più in generale del portato positivo di alcuni vincoli a difesa del paesaggio, occorre rilevare degli evidenti paradossi. Ad esempio, può essere degno di nota prendere atto del fatto che proprio vicino a noi, nella zona di Rosta, sia sottoposto a vincolo il territorio che si estende per 350 metri a destra e a sinistra della Dora (un territorio peraltro già fortemente compromesso da interventi edilizi intensivi, dalla presenza di fabbricati e capannoni industriali e soprattutto dalla ferrovia), il che rende difficile ogni pur minimo intervento – l’ampliamento di un capannone, il rifacimento di un tetto – mentre le spesso splendide borgate sulla collina di Rosta non sono sottoposte a vincolo alcuno. E’ pur vero, osserva scherzosamente il relatore, che si sono conservate bene ugualmente, il che ci induce ad interrogarci in termini generali sul concetto di “vincolo” che è relativamente recente e su cui spesso il dott. Ferraris, come membro di commissioni paesaggistiche, è chiamato a rispondere. Anche in questo caso l’immagine di una borgata con i tetti in bella vista serve a chiarire una questione che in anni antichi non si poneva, dal momento che i materiali di costruzione erano tratti dal circondario, e la coerenza si realizzava in modo del tutto naturale. Ancora nel secondo dopoguerra, in luoghi pur lontanissimi del nostro paese le case venivano costruite dal più al meno con gli stessi materiali e con modalità progettuali simili. Ora la possibilità di usare materiali e progetti diversificati si è dilatata oltre misura, il che può comportare oltre all’aspetto positivo della libertà di scelta quello negativo di una discontinuità talora abbruttente. Da qui, la necessità di una vigilanza che riconosca e valorizzi il particolare ”genius loci” di un insediamento. In tutta questa serie di esempi il dott. Ferraris ha usato i due termini contrapposti di “coerenza” ed “incoerenza” senza darne una precisa definizione concettuale, anche perché a suo giudizio sono termini di fatto molto pratici che ci consentono di raggruppare in un insieme intuitivamente comprensibile tutta una serie di modifiche armoniose, o al contrario di inestetismi e di sovrapposizioni non ben calibrate. Se però vogliamo andare più a fondo in questi concetti, possiamo specificare che per “coerenza” a livello urbanistico non si intende la semplice uguaglianza, la riproposizione, l’ingessatura di tipologie tradizionali: può essere coerente un rifugio alpino di legno e vetro, se armoniosamente inserito nel contesto, può essere coerente la vetratura di un fienile… La cosa davvero importante è che dentro un qualsivoglia progetto ci sia una considerazione del luogo dove questo andrà a collocarsi, senza la pretesa di sovrapporvi un modello scelto aprioristicamente al solo scopo di soddisfare l’ego del professionista e quello del committente o la volontà di essere a tutti i costi marcatamente “contemporanei”. Lo si può fare infatti agendo in modo raffinato e intervenendo con delicatezza in un paesaggio che va pensato prima del progetto stesso e a fianco di esso. Così avviene in effetti per tutti quei progetti che rientrano nel cosiddetto “Terzo paradiso”, di cui il dott. Ferraris ci mostra ora alcuni esempi significativi.
Il “Terzo paradiso”, da un’idea di Michelangelo Pistoletto come elemento paesaggistico innovatore:
Nella sua attività professionale, per sollecitazione di vincoli in questo caso amicali con Michelangelo Pistoletto ,(*vedi nota), il dott. Ferraris ha partecipato ad alcune installazioni relative al cosiddetto “Terzo paradiso”, la cui importanza a suo giudizio non sta soltanto nell’impostazione concettuale, che è stata messa ben in rilievo da Massima Bercetti, ma anche nel suo costituirsi come importante elemento paesaggistico. Possiamo ammirare lo straordinario effetto visivo di questo tipo di installazione osservando quella che è stata realizzata sul pendio del forte di Exilles – il cosiddetto “giassèt” - trasformando questo storico luogo di battaglia in un giardino fiorito, dal momento che il solco impresso sul terreno e rappresentante il simbolo disegnato da Pistoletto è stato colmato da piante di lavanda. Questo elemento innovatore ha dunque aumentato, a giudizio del relatore, il fascino di un luogo di grande interesse storico-paesaggistico (qui peraltro il dott. Ferraris non può esimersi  dall’aprire una parentesi per commentare lo sfregio apportato da un edificio posto a lato del forte e nato sicuramente da un abuso edilizio, con le sue strutture di cemento armato e i mattoni forati a vista, rimasto poi lì  per decenni per essere infine trasformato in un albergo, senza che nessun ente abbia preso la meritevole decisione di acquistarlo per demolirlo). Mentre scorrono altre immagini di grande effetto relative al Terzo Paradiso realizzato a Mantova, il dott. Ferraris precisa che queste installazioni non seguono una logica mercantile: Michelangelo Pistoletto ha infatti regalato la sua idea al mondo, e ciascuno può adottarla e diffonderla a suo piacere. Porta inoltre alcune delucidazioni tecniche sulle modalità di costruzione adottate per progetti consimili (come quello realizzato nei pressi di Benevento) in cui sono stati utilizzati dei droni per il rilievo morfologico del territorio, generando poi la forma in 3D prima di posarla sul terreno.
A proposito di droni, e di altre tecnologie d’avanguardia:
una parentesi sulle “ortofoto”
Con questo accenno ai droni il dott. Ferraris apre un ulteriore spunto di riflessione sull’uso positivo che alcune tecnologie d’avanguardia possono portare alla valorizzazione e allo sviluppo del paesaggio. Avremo modo più oltre di seguirne il volo con il promesso video su Avigliana; per il momento cominciamo a vederne alcune applicazioni pratiche attraverso le cosiddette “ortofoto” che a giudizio del relatore rappresentano un risultato davvero interessante dell’applicazione dei droni a supporto delle attività topografiche e di rilievo. Se abbiamo ben compreso, si tratta di fotografie aeree scattate con i droni che sono state geometricamente corrette e geoposizionate in modo tale da uniformare la scala di rappresentazione, rendendole di fatto equivalenti ad una carta geografica con in più l’effetto visivo della fotografia.  Ce ne potremo rendere conto osservando l’ortofoto che rappresenta il Castello di Druento
(se possiamo definirlo così, perché in effetti il castello, o almeno la sua parte centrale, non esiste più, anche se la sua conformazione può essere in questo modo quasi letteralmente ricreata, perlomeno a livello della pianta di base).
…………………Il discorso sui droni verrà poi ripreso più avanti, quando il dott. Ferraris sarà sollecitato da una interlocutrice a mostrare i due gioielli tecnologici che ha portato con sé e su cui ci sono ovviamente delle curiosità. Naturalmente certi particolari tecnici saranno comprensibili solo agli addetti ai lavori: qui ci limitiamo a segnalare che il primo di essi viene utilizzato per la topografia, perché attraverso il sistema  RTK consente una precisione centimetrica, mentre l’altro, più  piccolo, viene usato per i video e per le fotografie (non a caso, aggiunge il relatore, è dotato di una camera Hasselblad – un nome che gli appassionati di fotografia ben conoscono), con un monitor che trasmette al pilota quello che la camera vede così che egli possa sia pilotare che effettuare e controllare i video e le fotografie. E’ con un drone come questo che sono stati infatti realizzati i video che il dott. Ferraris si accinge a mostrarci. Per quanto riguarda invece la distanza che i droni possono raggiungere, è davvero notevole (5000 metri in linea d’aria); la normativa obbliga bensì a quote ben inferiori, ma la potenza di volo è comunque necessaria perché ci si può trovare di fronte ad ostacoli imprevisti………………..
Ora però è il tempo di farli davvero volare e come promesso, arriva il momento “clou” della serata:
Avigliana in video, droni (e piloti) all’opera
Le parole qui non hanno naturalmente corso. Ci si lascia semplicemente incantare dalla bellezza di queste visioni dall’alto che ci permettono di godere di un’ampiezza di sguardo impossibile da ottenere altrimenti su Avigliana, sulla Sacra di San Michele, su di un delizioso paese langarolo – Prunetto - che per di più ci viene mostrato anche in versione innevata, rendendolo ancora più “magico” dopo quest’ultimo secchissimo e caldo inverno…
Ad un certo punto in effetti  scatterà l’applauso, facendo restare per un attimo in sospeso, dopo l’emozione condivisa, domande importanti: sulla responsabilità che abbiamo non solo  quando ci occupiamo a vario titolo della cosa pubblica, ma anche quando siamo semplici cittadini a cui tocca sia orientare il lavoro dei primi, mettendolo in discussione o altrimenti sostenendolo, che dirigere le proprie azioni in un’ottica non solamente  intesa al benessere personale, se vogliamo che quella bellezza che ci ha per alcuni minuti  appagato la vista possa  essere mantenuta e trovare più ampio spazio. Per questo, sono particolarmente appassionati gli interventi da parte di chi, fra il pubblico, ha sul tema del paesaggio qualcosa da dire e testimonianze da offrire. Come sempre li riportiamo, pur sintetizzandoli in parte, come è consueto per chi verbalizza gli incontri dando uno spazio privilegiato al discorso del relatore.
A iniziare, l’intervento del sindaco che osserva anzitutto come il tema del paesaggio non abbia sempre, nell’agenda politica del nostro paese, un rilievo pari alla sua importanza, anche se la sensibilità ambientale è indubbiamente aumentata e, perlomeno nel caso di Avigliana, ha dato sicuramente buoni frutti. Dopo un periodo di declino infatti la città ha potuto recuperare negli ultimi decenni il proprio straordinario centro storico, cogliendo l’opportunità offerta dalle normative e potendo contare su di un’attenzione più vigile da parte della cittadinanza. I problemi peraltro non mancano, perché fra i vari paesaggi che la caratterizzano, e della cui bellezza  abbiamo potuto godere stasera grazie allo sguardo aereo consentito dai droni del dott. Ferraris, ci sono zone che vanno integralmente ripensate (il sindaco fa accenno in particolare a quella sorta di “città parallela” rappresentata dalla zona industriale, in cui un tempo lavoravano fino a 5000 persone, a quel corso Torino che si è sviluppato in modo scoordinato e su cui non è facile ora fare piani di intervento), mentre in altri casi  si può già contare su accordi importanti, come quello con il Politecnico di Torino per quanto riguarda la Piazza del Popolo. Certamente, osserva ancora il sindaco, per poter agire in modo efficace con interventi migliorativi che vadano in primo luogo a costituire o a recuperare spazi importanti di socialità urbana occorre una buona interazione fra il pubblico e il privato, senza che quest’ultimo viva l’intervento pubblico come un’intrusione indebita, bloccandone le iniziative. Sotto questo aspetto peraltro il sindaco segnala la novità positiva rappresentata dalla costituzione di  una Consulta dei professionisti, che hanno una loro rappresentanza e possono dunque interagire con l’amministrazione individuando i temi su cui ragionare insieme: una cosa davvero indispensabile, a suo giudizio, dal momento che le città del futuro devono davvero porre la più grande attenzione alla tutela e allo sviluppo del paesaggio. Il dott. Ferraris non può che concordare con queste considerazioni, rilevando a sua volta come sia importante superare l’idea che le Commissioni paesaggistiche rappresentino un ostacolo da superare, e non un luogo di incontro e di crescita reciproca dove i progetti possono essere elaborati insieme. Certo le resistenze sono ancora tante, a tutti i livelli, e in qualche caso si fa davvero fatica a comprenderle (il pensiero va a quei piazzali enormi che circondano certi supermercati, del tutto privi di alberi che possano schermare il violento riverbero del sole, e alle difficoltà che ha incontrato personalmente nel convincere alcuni committenti a piantare alberi, o ad evitarne l’abbattimento). E’ mai possibile, osserva il dott. Ferraris con un certo sgomento, che alcune persone non si rendano ancora conto del fatto che gli alberi non hanno solo una funzione decorativa, peraltro importante, ma sono letteralmente dei “salvavita”, restituendo decuplicata la fatica del raccoglierne le foglie, del curarne la crescita… Anche gli interventi successivi si richiamano, con accenti diversi ma con identica passione, al tema del verde, del bosco, di quella natura che è spesso oggetto tanto di esaltazione retorica quanto di reale e progressiva mancanza di vigilanza. Un’incuria che mette fortemente in pericolo - come viene sottolineato con forza da chi interviene per primo su questo tema - non solo quei boschi meravigliosi che circondano Avigliana e che abbiamo potuto ammirare attraverso il volo dei droni, ma tutto il patrimonio boschivo e forestale della Valle di Susa, già messo fortemente in crisi da quest’ultimo inverno particolarmente caldo e secco. Se non si crea una rete di vigilanza, se non si mettono in piedi cooperative e consorzi, dando insieme preziose occasioni di lavoro, se non si esce fuori dalle vuote parole, la stessa creazione dei parchi rischia di diventare solo un elemento di pura conservazione, ponendo una contrapposizione fra tutela e sviluppo che dovrebbe essere altrimenti superabile, se si facesse della cura e della prevenzione un elemento forte di sintesi. Certo il fatto che le colline e le montagne si siano progressivamente spopolate e non siano più luoghi di residenza stabile e lavoro ha reso drammaticamente carente quella “cultura del bosco” ancora viva pochi decenni or sono, come rileva un’altra interlocutrice che abitando in una zona boschiva ha potuto constatarne personalmente il progressivo degrado. Questo rende a suo giudizio tanto più indispensabile un sovrappiù di intenzionalità da parte di tutti quegli enti a cui è demandato il compito di proteggere e di curare un patrimonio vitale che ha anche forti componenti storico culturali. Pensiamo per esempio ai muri a secco, che vengono richiamati in un successivo intervento e alla cui antica arte ha fatto riferimento una recente indicazione dell’Unesco, orientata alla loro conservazione. Quei muri, per intenderci, che un tempo delimitavano le vigne e gli orti e che ora sono totalmente degradati, come può osservare facilmente chiunque si avvii verso i confini nord-ovest di Avigliana scoprendo di inoltrarsi in una sorta di foresta vergine. Possiamo forse compiacerci del recupero di un patrimonio ancestrale – la natura com’era prima dell’intervento umano -  o del  fatto che in molte occasioni la tutela del paesaggio arrivi ad impedire certe forme di manutenzione, pur di salvaguardare l’habitat ecologico di alcune specie vegetali e animali: non è questa però l’opinione di chi pone questo problema, e ritiene invece che bisognerebbe trovare una sintesi, un accordo virtuoso fra la necessità di conservare la natura e la cura antropica del paesaggio. Sulla possibilità di trovare questo accordo interviene in ultimo Arnaldo Reviglio (già assessore e ora consigliere), sottolineando il lavoro prezioso svolto negli ultimi anni dai vari gruppi di ecovolontari che con la loro disponibilità hanno contribuito alla pulizia del territorio, vuoi occupandosi della raccolta differenziata porta a porta, vuoi delle rete dei sentieri che in Avigliana è molto ampia, occupandosi in particolare del cosiddetto “sentiero Salotti” e unendo le loro forze con il gruppo dei migranti coordinato dal prof. Mattioli, che tiene in ordine le fioriere che abbelliscono la città. Per quanto riguarda invece il Castello, segnala come elemento positivo - in risposta a chi aveva rilevato lo stato non proprio ottimale dei sentieri d’accesso - il fatto che questi sentieri circolari siano stati ora catastati, il che renderà più agevole lavorare sul loro recupero.
E’ davvero una città viva, osserva il dott. Ferraris in conclusione della serata, quella in cui così tante persone mostrano di avere a cuore, con la loro presenza e con i loro interventi, la situazione paesaggistica che può essere davvero vissuta e compresa pienamente solo da chi ci abita, ci cammina, ci lavora osservandola, per così dire, dal basso. Non è con gli elicotteri infatti, e non è neppure con i droni che tutti questi aspetti si possono cogliere, anche se essi rappresentano, secondo l’esperienza del relatore, uno strumento prezioso per il rilievo del territorio e non solo. Nondimeno, come tutti questi interventi hanno ampiamente dimostrato, l’architettura e la natura si percepiscono ad altezza d’uomo, e per questo il suo ringraziamento va a quanti hanno portato il loro contributo ad un tema così importante per un futuro che vogliamo non dimentico dell’esperienza del passato, se pure aperto a metodologie nuove.
N.B. = Terminiamo con queste parole la nostra relazione sulla conferenza del dott. Ferraris, assumendoci come di consueto ogni responsabilità per eventuali errori e fraintendimenti rispetto ai vari interventi
Per CircolarMente,
Enrica Gallo

                                
* Michelangelo Pistoletto è un artista, pittore e scultore italiano, animatore e protagonista della corrente artistica denominata dell’“arte povera”, da sempre interessato ad abbattere le tradizionali barriere fra le diverse discipline artistiche e a ritrovare un collegamento forte fra la scienza, la tecnologia, l’arte, la politica e la cultura. Il progetto denominato “Terzo paradiso” è stato elaborato in una fase della sua attività artistica nei primi anni 2000, dopo la pubblicazione di un saggio intitolato “Nuovo sogno d’artista”; prevede delle installazioni in campo aperto (land art) caratterizzate da un segno simbolo che vuole porsi come una sorta di mito-guida, che porti ciascuno ad assumersi una personale responsabilità in una visione globale. In seguito Michelangelo Pistoletto ha riqualificato un edificio ottocentesco nei pressi di Biella, traendone un centro creativo denominato “CITTADELLARTE” in cui si organizzano mostre, convegni, percorsi e laboratori didattici, con lo scopo di porre l’arte in collegamento con un più vasto mondo esterno.
(tratto da Wikipedia)

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