Eurispes: Rapporto
Italia 2020
Stralci (abbiamo evidenziato alcuni dati che riteniamo
meritino un supplemento di attenzione senza con questo voler condizionare le
personali letture di dati che meritano, tutti quanti, considerazione e
riflessioni)
Famiglie e
consumi
Condizione economica delle famiglie
Secondo la maggioranza degli italiani la situazione negli ultimi 12 mesi è
rimasta stabile (37,9%), il 37,5% ha riscontrato invece un peggioramento netto
o parziale. Circa un cittadino su dieci (14,3%) nota un miglioramento; il 10,3%
non esprime una valutazione. Rispetto al 2019 aumentano, seppur
timidamente, gli ottimisti (+1,6%) e diminuisce la percentuale di quanti
ravvisano un peggioramento (-1,1%). Nelle Isole il disagio di un’economia
negativa è profondo e arriva al 72%, con una distanza con le altre aree
geografiche del Paese che arriva a segnare un divario tra i 30 e oltre i 40
punti percentuali. Quasi
la metà delle famiglie (47,7%) è costretta ad utilizzare i risparmi per
arrivare a fine mese (+2,6% rispetto al 2019); ma crescono seppur di poco
quelle che riescono a risparmiare (23,7%; +1,7%). Saldare la rata del
mutuo rappresenta un ostacolo per il 34,1% degli italiani (+1,4%), mentre
migliora la situazione del pagamento degli affitti (38,7%; -11,3%); in lieve
discesa anche la difficoltà a pagare le utenze domestiche (26,1%; -1,6%). Far
fronte alle spese mediche è un problema per il 22,3% degli italiani (+1,2%).
Nel corso del 2020 oltre la metà non ce la farà a
risparmiare
Il 27% degli italiani
probabilmente non riuscirà a risparmiare nei prossimi dodici mesi e il 24,8% ne
è certo; il 17,7% ritiene che ci siano buone probabilità di farcela e solo il
5,2% ne è sicuro.
Nella crisi la famiglia resta un porto sicuro.
Non potendo accedere al credito bancario, 1 italiano su 10 vittima di usura
Un terzo degli italiani (33,3%) è dovuto ricorrere al sostegno economico
della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Si
affianca a questo dato il 12,4% di chi è stato costretto a tornare a vivere
nella casa della famiglia di origine. Nel 14,9% dei casi un
aiuto finanziario è arrivato da amici, colleghi o altri parenti (-0,2% rispetto
al 2019). Pur di lavorare molti accettano impieghi senza contratto (21,5%) o
svolgono più lavori contemporaneamente (23,9%). Almeno un italiano su dieci
(11,9%) è caduto nelle maglie dell’usura non potendo accedere al credito
bancario (erano il 7,8% nel 2018 e il 10,1% nel 2019).
Migrazioni interne e “fuga” all’estero: ne hanno
esperienza indiretta 4 cittadini su 10
Il 41,2% del campione sostiene che qualcuno tra i propri familiari si è
trasferito all’estero per migliorare la propria situazione
economica/lavorativa: nel 22,9% dei casi si è trattato di trasferimenti in
un’altra città italiana e nel 18,3% all’estero. Al Sud, nelle Isole e al
Centro prevalgono i trasferimenti entro i confini nazionali (rispettivamente
39,4%; 34,4% e 19%); mentre al Nord sono più frequenti i trasferimenti
all’estero (27,3% Nord-Est e 15,3% Nord-Ovest) rispetto a quelli verso altre
città italiane (15,3% Nord-Est; 12,2% Nord-Ovest).
I consumi delle famiglie
Per contenere le spese nell’ultimo anno, il 32,5% degli italiani ha
rinunciato a effettuare controlli medici e di prevenzione e il 27,3% ha
tagliato sulle spese dentistiche; il 24,8% ha fatto a meno di trattamenti ed
interventi estetici. In misura minore, un italiano su cinque (20%) ha
rinunciato a terapie ed interventi medici o a sottoporsi a visite
specialistiche per la cura di patologie specifiche (20,1%). Il numero
di residenti in Sicilia e Sardegna che hanno dovuto rinunciare a visite
specialistiche per disturbi o patologie specifiche è quasi il doppio della
media rilevata nelle altre regioni (40%, contro un dato nazionale del 20%). Tra
le rinunce nell’ultimo anno, al primo posto l’acquisto di una nuova auto
(51,4%); il 44,2% invece ha rimandato lavori di ristrutturazione nella propria
abitazione, il 38,2% ha rinunciato a sostituire arredi di casa ed
elettrodomestici logorati, il 28,5% ha fatto a meno delle riparazioni del
proprio autoveicolo e il 34,5% delle spese per un/una badante.
Riparati, usati, smarcati o contraffatti: i
prodotti si adeguano ad un consumo alternativo
Per ridurre le spese, sempre
più ci si orienta verso comportamenti come: la tendenza a riparare oggetti
rotti invece di sostituirli con altri nuovi (63,9%); la propensione ad
acquistare prodotti usati al posto di quelli nuovi (58,6%); la sostituzione di
prodotti di marca con prodotti senza marca (58,9%); l’acquisto di prodotti
contraffatti (42,1%) e compiere acquisti condivisi allo scopo di risparmiare
(37,9%).
Acquisti online: abituè (30%), occasionali
(48,5%) e refrattari (21,4%),
Il 30,1% degli italiani fa
acquisti online spesso o abitualmente. Il 48,5% si rivolge al web solo qualche
volta o raramente, mentre il 21,4% dichiara di non acquistare mai online. La
tendenza più diffusa tra i consumatori è quella di acquistare online un prodotto
visto o provato precedentemente in negozio (53,9%). Il 50,9% degli italiani
afferma di aver comprato, nell’ultimo anno, un prodotto visto solamente online
mentre scende al 39,1% il numero di chi ha comprato in negozio un prodotto
visto online. Infine, nel 38,8% dei casi l’acquisto online è avvenuto dopo aver
visto un prodotto attraverso la pubblicità.
Le tasse
Gli Italiani e le tasse
Il carico fiscale sostenuto dalla propria famiglia nel corso del 2019 è
aumentato secondo l’opinione del 42,2% degli italiani, facendo però registrare
un dato del 27% in meno rispetto al 2013 quando a lamentare una maggiore
tassazione era il 69,2%.
Se le tasse diminuissero…
Meno tasse rilancerebbero
soprattutto i consumi mettendo più soldi in tasca ai cittadini (37,5%) e
darebbero slancio all’economia e alle imprese (22,6%), mentre inciderebbero
negativamente sulla disponibilità e qualità dei servizi per un altro 22,6% e farebbero
aumentare il peso del debito pubblico per il 17,3%.
Più di un terzo chiede di abbassare l’imposta sui
consumi
Il 36,4% degli italiani
ritiene che sarebbe opportuno ridurre l’imposta sui consumi (+13,8% rispetto al
2007). Diminuisce, invece, del 22,2% rispetto al 2007, chi pensa che sarebbe
opportuno ridurre l’Imu, arrivando al 21,1%. Il 22,4% è propenso a pensare che
bisognerebbe ridurre Irap e Ires e due su dieci (20,1%) l’Irpef.
Pagare le tasse per…
Il 63,7% degli italiani si
dicono contrari a pagare le tasse allo Stato per garantire una distribuzione
delle risorse tra i cittadini appartenenti a Regioni diverse. Sull’ipotesi di
pagare più tasse agli Enti locali e meno tasse allo Stato perché è più facile verificare la qualità dei
servizi erogati dalle Amministrazioni locali, la popolazione si divide a metà
tra chi è d’accordo (47,6%) e chi non è di questa opinione (52,4%). Pagare le
tasse allo Stato per avere un livello accettabile di servizi pubblici è
indispensabile per il 49,8% dei cittadini (il 16,4% in meno rispetto al 2007).
L’Italia vuole futuro: otto su dieci chiedono più
investimenti per ricerca e sviluppo
Al Governo i cittadini
chiedono soprattutto di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo (81%),
le pensioni minime (80,6%), di introdurre meccanismi di redistribuzione (80%) e
attuare nuove politiche di sostegno alle imprese (79%). Sette su dieci (70,7%)
vorrebbero che il Governo modificasse i meccanismi di accesso al credito, il
63,3% che cambiasse la legge elettorale e sei su dieci (60%) che applicasse il
condono fiscale per favorire il rientro di capitali dall’estero. Non manca chi
caldeggia l’aumento della pressione fiscale sul sistema bancario (53,3%) e
ancora meno sono i cittadini che vorrebbero l’introduzione della tassa
patrimoniale (47%).
Tasse troppo alte, più della metà degli italiani
tende a giustificare l’evasione in determinate situazioni
La maggior parte dei cittadini in qualche misura giustifica l’evasione
fiscale: per il 25,1% non è grave solo se compiuta da chi fa fatica a sostenere
la pressione fiscale; per il 19,6% è grave per chi possiede grandi patrimoni;
per il 9% non è grave perché in Italia la pressione fiscale è eccessiva.
Evasione, giuste multe e sequestri di beni. Il
17,3% si spinge oltre e vuole il carcere come sanzione
La sanzione più giusta per i
grandi evasori è il sequestro dei beni per quattro italiani su dieci (40,9%),
multe e sanzioni economiche e amministrative per tre su dieci (29,6%). Mentre
il 17,3% crede il carcere sia la giusta sanzione.
Sud e Nord
Il Sud al di là delle fake news
Nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e
12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole, ciascun cittadino
meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo
connazionale residente al Centro-Nord. Nel 2017, si rileva
un’ulteriore diminuzione della spesa pubblica al Mezzogiorno, che arriva a
11.939 (-0,8%), mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento dell’1,6% (da
15.062 a 15.297 euro). emerge una realtà dei fatti ben diversa rispetto a
quanto diffuso nell’immaginario collettivo che vorrebbe un Sud “inondato” di
una quantità immane di risorse finanziarie pubbliche, sottratte per contro al
Centro-Nord. Dal 2000 al 2007 le otto regioni meridionali occupano i posti più
bassi della classifica per distribuzione della spesa pubblica. Per contro,
tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un
quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale. Se della
spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe
dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che,
complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli
ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media, circa 46,7 miliardi di
euro l’anno). Il Prodotto
interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all’estero e
per grossissima parte invece dalla vendita dei prodotti al Sud, il quale a sua
volta nei confronti dello scambio di prodotti con il Nord Italia mostra valori
in perdita di diversa gravità. La situazione di import-export tra Nord e
Sud Italia, tutta a vantaggio del Settentrione è resa possibile,
paradossalmente, proprio da quei tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord
a Sud, come frutto delle tasse pagate dal Settentrione. Se questi ultimi
infatti fossero oggi annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le
spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori. A conti fatti, a fronte dei 45
miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud,
ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso.
Immigrati e
stranieri
Gli Italiani e gli immigrati
Quattro italiani su dieci (40,3%) definiscono il proprio rapporto con gli
immigrati “normale”, quasi uno su cinque (19,4%) parla di reciproca
indifferenza, il 14,4% di reciproca disponibilità, mentre un decimo trova gli
immigrati ostili (10,1%), l’8,1% li trova insopportabili, il 7,7% afferma di
temerli. Secondo il 45,7% degli italiani un atteggiamento di diffidenza nei
confronti degli immigrati è “giustificabile, ma solo in alcuni casi”. Per quasi
un quarto (23,8%) guardare con diffidenza gli immigrati è “pericoloso”, per il
17,1% (+6,7% rispetto al 2010) è “condivisibile”, per il 13,4% è “riprovevole”
(-4,3% rispetto al 2010).
Cresce il senso di allarme e minaccia
Per la netta maggioranza del campione (77,2%) gli immigrati nel nostro
Paese vengono sfruttati dai datori di lavoro italiani. Ma la convinzione che
gli stranieri tolgano lavoro agli italiani rispetto a dieci anni fa è cresciuta
dal 24,8% al 35,2% (oltre 10 punti); la percentuale di chi vede negli immigrati
una minaccia all’identità culturale nazionale è aumentata dal 29,9% al 33% e di
chi paventa un aumento delle malattie è passata dal 35,6% al 38,3%. Per
contro, rispetto al 2010 crolla di 17 punti percentuali la posizione secondo la
quale gli stranieri portano un arricchimento culturale: dal 59,1% al 42%;
analogamente, diminuisce la convinzione che gli immigrati contribuiscano alla
crescita economica del Paese dal 60,4% al 46,9%.
Aiutare gli stranieri “a casa loro”, la soluzione
per uno su quattro
Per contrastare il fenomeno
dell’immigrazione clandestina, oltre un quarto ritiene che il Governo dovrebbe
soprattutto erogare aiuti ai paesi di provenienza (26,2%, +7,7% rispetto a
dieci anni fa), un altro quarto che dovrebbe inasprire i controlli alle
frontiere e lungo le coste (24%, a fronte del 33,6% del 2010), per il 16% la
priorità è agevolare la regolarizzazione dei clandestini (nel 2010 erano il
25,5%), per il 15,3% ridurre i visti di ingresso dai paesi dai quali provengono
i flussi più consistenti. Il 18,6% considererebbe preferibili altri interventi.
Razzismo: per due su dieci è colpa degli
immigrati
L’incremento di episodi xenofobi nel corso dell’ultimo anno sarebbe
avvenuto per quasi due italiani su dieci (19,7%) per colpa del comportamento
degli immigrati, per un altro quinto della popolazione (19,2%) per le politiche
inadeguate dei governi. Il 18,3% assegna la responsabilità alla comunicazione
aggressiva di alcuni esponenti politici, il 15,1% al modo con cui i media
diffondono le notizie, il 13% all’atteggiamento degli italiani.
Ius soli, ius sanguinis e ius culturae, due passi
indietro
Rispetto al 2010, sono diminuiti di oltre dieci punti gli italiani
favorevoli allo ius soli (dal 60,3% al 50%) e sono aumentati
notevolmente i sostenitori più rigidi dello ius sanguinis (dal 10,7% al
33,5%, quasi 23 punti in più). In calo coloro che auspicano la cittadinanza per
chi è nato in Italia, purché educato in scuole italiane (dal 21,3% al 16,5%).
Sbarchi e mezzi di informazione
Al 30 dicembre 2019 sono stati 11.471 gli stranieri sbarcati sulle coste
italiane, con un calo del 50,4% rispetto ai 23.122 arrivati del 2018.
Nonostante la definitiva uscita da una fase emergenziale, il sistema dei media
mainstream, come rilevato dall’Osservatorio TG Eurispes-Coris Sapienza
Università di Roma, ha continuato a dedicare al fenomeno grande attenzione,
trasformando il 2019 in un’annata record. Questa ulteriore crescita si
manifesta soprattutto sugli articoli a stampa (1.091 contro gli 834 del 2018,
+30%). Nei Tg del prime time l’attenzione resta altissima: 4.002 i servizi
dedicati a questi temi, contro i 4.513 registrati nel corso di tutto il 2018.
Antisemitismo
e odio
Antisemitismo e linguaggi di odio
L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere
economico e finanziario, raccoglie il generale disaccordo degli italiani (76%),
non manca però chi concorda con questa idea (23,9%). Gli ebrei controllerebbero
i mezzi d’informazione a detta di più di un quinto degli italiani intervistati
(22,2%), mentre i contrari arrivano al 77,7%. La tesi secondo cui gli ebrei
determinano le scelte politiche americane incontra la percentuale più elevata
di consensi, pur restando minoritaria: il 26,4%, contro un 73,6%. Rispetto all’affermazione che l’Olocausto
degli ebrei non è mai accaduto, la quota di accordo si attesta al 15,6%, a
fronte dell’84,4% non concorde. Invece, l’affermazione secondo cui l’Olocausto
non avrebbe prodotto così tante vittime come viene sostenuto trova una
percentuale di accordo solo lievemente superiore: 16,1%, mentre il disaccordo
raggiunge l’83,8%. A distanza di oltre 15 anni, nel confronto con l’indagine condotta
dall’Eurispes su questi stessi temi, la percentuale di italiani secondo i quali
gli ebrei determinano le scelte politiche americane è oggi più bassa: dal 30,4%
al 26,4%. Nel 2004 per oltre un terzo del campione (34,1%) gli ebrei
controllavano in modo occulto il potere economico e finanziario, nonché i mezzi
d’informazione, mentre oggi la percentuale risulta inferiore ad un quarto.
Aumenta invece il numero di cittadini secondo i quali lo sterminio degli ebrei
per mano nazista non è mai avvenuto: dal 2,7% al 15,6%. Risultano in aumento,
sebbene in misura meno eclatante, anche coloro che ne ridimensionano la portata
(dall’11,1% al 16,1%).
Antisemitismo: episodi violenti sono casi
isolati, ma esiste un problema di un linguaggio diffuso basato su odio e
razzismo. L’allarme arriva dai giovani
Secondo
la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi
isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro
Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la
conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della
metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia
sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%,
invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.
L’anima politica dell’italiano
Al campione è stato chiesto quali affermazioni esprimono al meglio l’anima
politica della maggioranza degli italiani. Trova un discreto consenso
l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia stato un grande
leader che ha solo commesso qualche sbaglio” (19,8%). Con percentuali di
accordo vicine tra loro seguono “gli italiani non sono fascisti ma amano le
personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo prevalentemente di destra”
(14,1%), “molti italiani sono fascisti” (12,8%) e, infine, “ordine e disciplina
sono valori molto amati dagli italiani” (12,7%). Oltre un italiano su quattro
(26,2%) non condivide nessuna delle opinioni presentate.
Sicurezza
Gli italiani e la sicurezza
Il 53,2% degli italiani
ritiene di vivere in una città abbastanza o molto sicura; sul versante opposto,
il 30,4% giudica la propria città come poco o per niente sicura. La paura di
subire reati negli ultimi due anni nella maggior parte dei casi è rimasta
invariata (68,5%); sono diminuiti coloro che hanno più paura (dal 30% al
24,5%), ma solo il 7% afferma che la paura sia diminuita (-10,9% rispetto al
2019).
In difesa e non all’attacco: come ci si protegge
I provvedimenti adottati
negli ultimi due anni per sentirsi più sicuri hanno visto la maggioranza degli
italiani installare grate alle finestre (28,7%), un sistema di allarme (28,6%)
o una porta blindata (27,3%). Alcuni (11,1%) portano con sé, per sentirsi al
sicuro, uno spray al peperoncino, un coltello (9,2%) o hanno acquistato un’arma
da fuoco (8%).
Stalking: l’ex-partner responsabile delle
molestie in circa un caso su quattro
Il 7,9% degli intervistati
ha riferito di essere rimasta vittima stalking, l’87,4% non ha subìto questo
reato e il 4,7% ha preferito non indicare alcuna risposta. Le vittime di
stalking sono soprattutto persone tra i 45 e i 64 anni (9,7%) e giovani tra i
18 e i 24 anni (9,5%). Sono le donne ad essere più spesso vittime di atti persecutori,
con l’8,9% di risposte affermative rispetto al 6,8% registrato per gli uomini.
E l’ex partner si conferma come il primo responsabile di atti persecutori
(24,1%).
Revenge porn: almeno uno su dieci conosce
qualcuno rimasto vittima
Il 12,7% degli italiani
intervistati conosce qualcuno che è stato/a vittima di revenge porn, mentre il
restante 87,3% non conosce persone le cui immagini o video intimi siano stati
diffusi e veicolati senza consenso. Più spesso a riferire di conoscere vittime
di revenge porn sono i giovanissimi under 25 (18-24enni) con il 21% delle
indicazioni. Nella metà dei casi sarebbero state messe in atto anche forme di
ricatto (47,9%). Questi i dati rilevati dall’Osservatorio Cybersicurity
dell’Eurispes che da tempo studia questo fenomeno.
Scuola
Gli italiani e la scuola
Estendere l’obbligo scolastico fino alle scuole medie superiori trova
d’accordo il 52,4% degli italiani. Sei mesi di servizio
civile obbligatorio finita la scuola dell’obbligo è un’idea che piace nel 54,1%
dei casi. Molti meno (48,2%) concordano sull’opportunità di introdurre nel
sistema scolastico un criterio meritocratico per la retribuzione degli
insegnanti più bravi e preparati. Solo il 32,9% degli intervistati ritiene una
proposta valida il prolungamento dell’anno scolastico fino a luglio; accolta in
maniera negativa anche l’eventualità della riduzione del numero delle
Università presenti in Italia (il 33,3% si dice favorevole). Tra le agenzie
educative, la scuola viene relegata ad un ruolo di secondo piano e considerata
formativa per la propria esperienza di vita solo nel 6,5% dei casi. È la
famiglia, al contrario, ad aver influito maggiormente sull’educazione degli
italiani intervistati (47%).
Più dell’approfondimento dei grandi eventi storici (47,6%) i programmi
scolastici relativi allo studio della storia dovrebbero privilegiare i fatti
della storia recente (52,4%). Questa richiesta arriva soprattutto dai giovani
(il 57,1% dei 18-24enni e il 65% dei 25-34enni).
Cambiamento climatico
La temperatura globale è
aumentata di 0,8 gradi celsius e, se la situazione non dovesse cambiare, si
potrebbe registrare una crescita di 1,5 gradi centigradi tra il 2030 e il 2052.
Se il riscaldamento globale non si arresterà, nel 2100 il Pil mondiale subirà
una variazione negativa del 23%. Tuttavia, l’alzamento delle temperature non
influenzerà tutto il mondo allo stesso modo: l’economia dei Paesi freddi come
Svezia, Norvegia e Canada, sta registrando aumenti del Pil pro capite dal 25 al
34%. L’Italia è tra i
paesi più vulnerabili: i cambiamenti climatici ridurranno il Pil pro capite
italiano dello 0,89% nel 2030, del 2,5% nel 2050 e del 7% nel 2100. Più di un
quarto degli italiani (26,6%) considera il riscaldamento globale il problema
più urgente relativo all’ambiente. Seguono: gestione dei rifiuti (20,7%),
inquinamento atmosferico (16,4%), dissesto idrogeologico (11,3%) e problema
energetico (11,2%). A giudicare più urgente una soluzione al riscaldamento
globale sono i giovani tra i 18 e i 24 anni (34,3%), più del doppio rispetto
agli over 65 (16,1%).
Riscaldamento terrestre. Un terzo non è disposto
a cambiare abitudini o crede che non serva o che sia un problema troppo grande
Più di un terzo degli italiani (34,7%) è disposto a ridurre i consumi
quotidiani per limitare il riscaldamento terrestre (nel 2018 erano il 23%,); un
altro terzo (33,2%) crede possa servire se lo fanno in tanti tutti i giorni
(41,1% nel 2018,); l’ultimo terzo (32,1%) si divide tra chi crede sia un
problema troppo grande da risolvere attraverso i comportamenti dei singoli
(17%; nel 2018 erano il 20,2%), chi è poco disposto a cambiare le proprie
abitudini (9,7%; nel 2018 erano il 10,1%) e chi crede non serva a niente (5,4%;
nel 2018 il 5,6%).
Istituzioni,
politica e media
Meno del 15% esprime fiducia nel sistema delle
Istituzioni del nostro Paese
Nel 2020, la quota di chi ha
un atteggiamento positivo si ferma al 14,6% (-6,2% rispetto al 2019, anno in
cui si era registrato il miglior risultato dal 2014); poco meno della metà
(46,6%) indica che la fiducia non ha subìto variazioni (39% nel 2019). Gli
sfiduciati, però diminuiscono dal 29,4% al 24,9%.
Mattarella, resiste come punto di riferimento
Il Presidente della
Repubblica raccoglie il plauso di più della metà degli italiani e ottiene un
tasso di consensi pari al 54,9% (era al 55,1% nel 2019).
Nessuno dei tre poteri dello Stato riesce a
conquistare presso i cittadini una fiducia che vada oltre il 50%. Inoltre per
Governo e Parlamento, calano i consensi. Più fiducia nella Magistratura
Poco più di un quarto degli
italiani (26,3%) ripone fiducia nell’attuale Governo, oltre dieci punti in meno
rispetto al 2019 (36,7%). Il Parlamento registra un decremento di cinque punti
con solo uno su quattro che si fida (25,4%; erano il 30,8% nel 2019). La
fiducia nei confronti della Magistratura continua a crescere, sebbene non
riesca ad oltrepassare la soglia della metà dei consensi (49,3%, +2,8% rispetto
al 2019).
Le altre Istituzioni, “volano” le altre
confessioni religiose (+10%) e i sindacati (+8,5%)
Vanno oltre il 50% e seguono
un trend positivo di consensi le associazioni dei consumatori (dal 53% del 2019
al 58,4%; +5,4%); le associazioni di volontariato (dal 64,2% al 70%; +6,2%); la
Chiesa cattolica (dal 49,3% al 53,4%; +4,1%); il sistema sanitario (dal 62,3%
al 65,4%; +3,1%). Di segno positivo anche i risultati delle associazioni degli
imprenditori, passate dal 43,2% dei consensi nel 2019 al 49,4%. I sindacati
avanzano di ben 8,5 punti (dal 37,9% al 46,4%); le altre confessioni religiose
aumentano di 10 punti (dal 29,8% al 40,2%). In lieve calo, il sistema
scolastico che passa dal 67,4% al 65% e la Protezione Civile dal 79,2% al
77,8%. Stabili partiti (dal 27,2% al 26,6%) e Pubblica Amministrazione (dal
34,7% al 34,3%).
Reddito di cittadinanza, Flat tax, sugar tax,
quota
Tra le misure attuate o
proposte dal Governo le più criticate sono il reddito di cittadinanza con il
67,1% delle indicazioni negative e la Sugar Tax (67,4%); anche la Flat Tax
incontra la disapprovazione dei più (62,6%). L’introduzione di Quota 100 è
apprezzata da sei cittadini su dieci (59,2%) e un numero simile si esprime
positivamente sull’autonomia delle Regioni (57,6%); conquista, anche se non in
maniera netta, la tassa sulla plastica (51%).
Gli italiani ed i media:
Gli italiani considerano ancora la televisione il mezzo più attendibile
(64,6%); seguono giornali radio (59,8%), quotidiani (55,3%); quotidiani online
(51,1%); talk televisivi (42,4%); forum o i blog (41,1%) e Social Network
(35,4%).
Opinione di voto, la Tv perde dieci punti in 12
anni. Un quarto degli italiani non si affida ai mezzi di informazione
Quasi tre italiani su dieci (28,6%) formano la loro opinione di voto sulla
base delle informazioni che apprendono in Tv (nel 2008 il dato era al 38,3%);
un quarto (24,6%) non si basa su alcun mezzo, in quanto ha idee proprie. Pochi
si affidano a Social (12,2%), quotidiani (10,1%), quotidiani on line (8,5%),
radio e comizi dei candidati (5,2%).
Valori e ideali orientano le scelte politiche per
un terzo degli italiani
Ad influenzare maggiormente
le scelte di voto sono i valori e le opinioni personali (32,6%). Seguono la
propria situazione economica/lavorativa (16,8%), la propria visione del futuro
(14,8%), la situazione familiare (10,5%), la tradizione familiare (9,6%) e
l’opinione di parenti ed amici (8,8%).
Chiudiamo questa
raccolta di stralci con un tema
che
affronteremo a breve in nostre iniziative
Il cibo
Gli italiani ed il cibo
Di fronte alla domanda “è
vegetariano?” il 6,7% degli italiani intervistati afferma di esserlo, il 2,2%
dichiara invece di essere vegano, mentre il 6,3% dice di non essere più
vegetariano. Nel 2020, dunque, con l’8,9% delle indicazioni, vegetariani e
vegani sono in aumento rispetto al 2019 e al 2018, quando questa
percentuale era rispettivamente al 7,1% e al 7,3%. Tra le motivazioni alla base della scelta troviamo
soprattutto la salute e il benessere (23,2%) e l’amore e il rispetto nei
confronti del mondo animale (22,2%).
Le alimentazioni “senza”
Il 18,7% degli italiani che
hanno partecipato all’indagine ha un’alimentazione priva di lattosio, il 14,6%
mangia cibi senza glutine, e il 16,3% segue un’alimentazione arricchita
regolarmente da integratori.
Alimenti alla cannabis: molti li hanno
sperimentati o vorrebbero farlo. Il 5% li usa nella propria dieta
Il 23,1% degli italiani sarebbe curioso di provare alimenti a base di
cannabis light, il 16,4% li ha già sperimentati e il 5,1% ha inserito questi
alimenti all’interno delle proprie diete. Dall’entrata in vigore
della legge 242/2016 nel gennaio del 2017 le superfici coltivate a canapa in
Italia erano passate da 950 ai quasi 4.000 ettari nell’ultimo triennio; erano
nate 800 partite IVA agricole specializzate, 1.500 nuove aziende di
trasformazione e distribuzione, e 1.000 shops. Il settore contava 10.000
addetti e un fatturato di 150 milioni di euro per il 2018. Ventotto miliardi
previsti per il 2021 era il potenziale giro di affari del settore a livello
europeo.
Vite frenetiche, cibo a portar via o a domicilio.
Le nuove tendenze. Un bambino su tre è obeso
Il 54% degli italiani compra cibo a domicilio. L’abitudine di acquistare
alimenti già cucinati destinati all’asporto è assai diffusa e riguarda ben il
70,3% degli italiani. Anche coloro che acquistano sui banchi del supermercato e
della grande distribuzione organizzata prodotti industriali che richiedono
qualche minuto per essere pronti sono in molti (61,9%). Accanto
al consolidarsi di nuovi stili alimentari, si evidenzia un dato preoccupante: i
tassi di obesità infantile nel nostro Paese sono considerati tra i più alti. Il sovrappeso in Italia
interessa circa 1 bambino su 3. Ci troviamo al secondo posto in Europa per
diffusione dell’obesità infantile maschile (21%) e al quarto per obesità
infantile femminile (14%).