Ancora su IMMUNI
Pubblichiamo questo interessante, ma soprattutto
preoccupante, articolo segnalatoci dal socio e amico Elvio Balboni, che
evidenzia l’attuale fallimento dei sistemi di tracciamento dei contatti che si stanno
rivelando inadeguati a gestire una situazione con numeri di contagio troppo
alti. Colpisce in particolare il flop di Immuni,
l’app tanto declamata e considerata la soluzione sicura del problema.
La App è un flop: quasi 10 milioni di download, ora è installata sul 20%
degli smartphone, ma è stata utilizzata solo in 1.134 casi. Ormai è saltato il
tracciamento dei contatti necessario per confinare i focolai. Immuni, solo in
mille l’hanno usata. E addio contact tracing
Articolo di Andrea Capocci - Il Manifesto 23/10/2020
Il numero di tamponi è arrivato a superare
quota 170 mila, numeri inimmaginabili solo pochi mesi fa. Il problema è ciò che
succede dopo il test: per ogni caso positivo, i Servizi di igiene e sanità pubblica
delle Asl dovrebbero avviare l’indagine epidemiologica, intervistando i
positivi e individuando le persone a rischio da contattare a loro volta. Ma
ormai questa procedura è saltata del tutto nelle aree in difficoltà come il
Lazio, la Puglia, la provincia di Milano e non solo. «Il questionario delle Asl richiede almeno un’ora di tempo. Poi ci
vuole un’altra mezz’ora per raggiungere i contatti», spiega al Manifesto
Stefania Salmaso, che ha guidato il Centro Nazionale di Epidemiologia,
Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Iss fino al 2015, quando l’allora presidente
Walter Ricciardi smantellò una struttura che oggi sarebbe stata utilissima. «Considerando che ogni Asl deve ripetere
quest’operazione per decine o centinaia di contatti ogni giorno, è evidente che
il personale non è sufficiente». Dopo la prima ondata sono state fatte assunzioni.
L’obiettivo del decreto Rilancio era di mettere in campo un tracciatore ogni
diecimila abitanti. In realtà si è andati anche oltre: i tracciatori ora sono
circa 9.200, cioè 1,5 ogni diecimila abitanti. «Ma questi sono numeri sufficienti in tempi normali. Adesso non bastano
assolutamente». L’affanno è diffuso. A Napoli una Asl può dover svolgere
ricerche su oltre 400 persone. «Ogni
unità operativa territoriale ha circa 15 addetti e ormai quasi tutti fanno il
tracing, dal dirigente medico al tecnico, all’infermiere, all’impiegato
amministrativo», spiega Lucia Marino della Asl Napoli 1, destinataria di 32
nuovi assunzioni solo per il contact tracing. «Fino a 20 giorni fa riuscivamo a chiamare le persone in pochissimo
tempo e a mettere tutti in quarantena, ora siamo in ritardo perché sono
veramente tanti», spiega Maria Rosa Fiorentino, assistente sanitaria a
Bologna. Altri sottolineano la scarsa collaborazione delle stesse persone
contattate: «Alcune accettano la situazione,
prendono atto della quarantena, altre mettono in dubbio il tuo lavoro»,
racconta Rebecca Giazzi, che fa lo stesso lavoro a Piacenza. «Alcune volte veniamo insultati, ma andiamo avanti.
Le indagini epidemiologiche sono fondamentali». Per correre ai ripari dall’incontro
tra i ministri Speranza e Boccia con i presidenti di regione è scaturito un
bando per duemila operatori da inviare nelle Asl: 500 saranno addetti
all’inserimento dei dati, 1500 a tamponi e tracciamento dei contatti. Non sarà
personale sottratto ad altre Asl, ma «liberi professionisti» o persone senza
un’occupazione fissa, che potranno dedicarvisi fino alla fine dell’emergenza.
Inoltre, per accelerare le diagnosi i test rapidi antigenici potranno essere
effettuati anche in farmacia. E Immuni? La app creata dal ministero dell’Innovazione
doveva automatizzare il lavoro di tracciamento e allerta, sgravando le strutture
sanitarie. Dopo un avvio balbettante, ora è installata sul 20% degli smartphone
e ogni giorno si registrano oltre 60 mila nuovi download. Ma per ora incide
poco: su 232 mila casi da giugno a oggi, finora sono stati solo 1134 (0,5%) i
casi in cui la app è entrata in funzione, allertando 22 mila contatti. Le
regioni in cui la app si è attivata più volte sono la Lombardia, con 261 casi
(lo 0,7%), l’Emilia-Romagna con 100 casi (0,7%), il Lazio con 76 (0,4%). Ma le
Asl in molte regioni fanno come se Immuni non esistesse. Il Veneto ha ammesso candidamente
di ignorarla per le perplessità sui criteri per individuare i contatti. Immuni
è utilizzata poco o niente anche in Campania dove i casi segnalati da Immuni si
contano sulle dita di una sola mano: meno dello 0,02% dei casi totali
nonostante sia installata sul 9% dei dispositivi. 20 casi in Sicilia, 25 in
Sardegna e 27 in Puglia segnalano che in tutto il sud la app è boicottata dalle
stesse Asl, incaricate di fornire agli utenti positivi il codice necessario a
diramare l’allerta ai contatti. Così la vera app utilizzata per il tracciamento
oggi si chiama Whatsapp. «Nella
maggioranza dei casi sono gli stessi pazienti a inviare messaggi ai possibili
contatti per segnalare la propria positività», racconta Salmaso.
Soprattutto nelle scuole, è normale scoprire via chat se un alunno o un docente
è in quarantena e se sia il caso di fare un tampone. Risultato: i test vengono
prescritti senza una reale valutazione medica, e spesso inutilmente. Mentre chi
non frequenta la chat “giusta”, magari per problemi di lingua, rimane escluso
dalla prevenzione.
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