La parola del mese
A
turno si propone una parola
evocativa di pensieri fra di loro collegabili
in grado di offrirci nuovi spunti di
riflessione
AGOSTO
2021
E’ già successo di presentare come
“Parola del mese” termini non italiani, ma finora senza mai uscire dall’ambito
delle culture occidentali. Questo mese rompiamo questo tabù con un termine
sanscrito che è alla base delle sacre scritture indiane, in particolare delle Upanishad (altra parola sanscrita che
significa “dottrine arcane, segrete” e indica una serie di testi
filosofici-religiosi dell’India vedica di circa duemila anni fa)
per essere poi sviluppata e completata nel sistema Vedanta (sempre sanscrito a significare il
completamento dei “veda”, ossia delle sacre scritture indiane). La
parola sanscrita scelta per essere quella del mese di Agosto 2021 si è
“offerta” nel corso della lettura di un saggio che si ricollega a temi già affrontati
negli ultimi mesi in questo blog (in particolare con i post che hanno presentato alcune parti del pensiero
filosofico di Heidegger e di Jonas
e quello antropologico di Descola) e
che accentua, con toni e motivazioni comunque originali, l’urgenza di una svolta
“radicale” in campo ecologico. Dall’India vedica di duemila anni fa …
ADVAITA
Termine sanscrito composto dalla parola “DVAITA”, che significa DUALITA’,
ed il prefisso ”A” che serve per negare il significato del
termine che segue, ADVAITA vuol quindi dire NON DUALITA’
Si concentra in questa parola la
dottrina monistica indiana che afferma la totale e perfetta unità cosmica della
pluralità delle cose che compongono l’universo visto come manifestazione
dell’unica anima universale, il Brahman.
In questa visione la pretesa dell’uomo di essere entità a sé stante si rivela non
solo una totale illusione (l’illusione
cosmica), ma un vero pericolo per l’equilibrio universale se alla
separazione si aggiunge la presunzione di una sua preminenza sul resto dell’esistente.
Questo suo significato spiega la relazione fra il concetto sintetizzato da ADVAITA e le riflessioni dei pensatori
ricordati, ed è in questo senso un aspetto costitutivo del pensiero di Arne Naess
1912-2009, norvegese, filosofo, alpinista, attivista
ambientale. A soli ventisette anni diventa il più giovane professore
dell’Università di Oslo, dopo aver studiato, frequentando i massimi filosofi
del tempo, presso le Università di Parigi, Berkley e Vienna. Nonostante
l’impegno accademico ha modo di coltivare la passione per l’alpinismo vantando
arrampicate di tutto rilievo anche sull’Himalaya. Professore di filosofia dal
1939 al 1969, ed impegnato attivista politico e ambientale, non appena
possibile si rifugia in una baita, costruita da solo, in una località montana
isolata della Norvegia, un luogo dove mette a punto la sua personale filosofia.
Nel 1973, abbandonata la cattedra, propone in un famoso articolo la sua idea di
“ecologia profonda”, altrimenti denominata “ecosofia” (nostra parola del mese di Agosto 2019). L’intensa produzione di scritti, saggi,
pubblicazioni varie lo rendono uno tra i più influenti pensatori del secolo
scorso.
Lo spunto per presentare questa
importante figura del movimento ambientalista mondiale è venuto dalla lettura
di una raccolta di alcuni suoi brevi saggi pubblicata recentemente da “Piano B
edizioni”
Dal risvolto di copertina
……questi saggi sono stati composti nella sua baita rifugio sul monte
Twergastein, luogo con cui si identificò totalmente traendo spunto per la sua ecosofia……..che,
prima ancora di essere un idea filosofica è un’autentica saggezza, la
rivoluzionaria presa di coscienza della nostra essenziale unità con l’ambiente,
la consapevolezza che muta valori e comportamenti e che accresce qualità e
gioia delle nostre vite …….
E’ una lettura che ci sentiamo di consigliare
perché offre, al di là della condivisione delle sue idee, una straordinaria
testimonianza di totale coerenza fra pensiero e modo di vivere. Le idee di
Naess si sono tradotte e precisate in opere e trattati, ma hanno preso forma e
si sono evolute nel suo vivere in intimità esistenziale con l’ambiente nel
quale si è per tutta la vita immerso in profondità. La sua idea di ADVAITA, mutuata dal pensiero di Ghandi e altrettanto ispirata dal
pensiero di Spinoza e dello stesso
Heidegger, non è stata solo
una conquista culturale, ma è stata vissuta fino in fondo come fonte di ispirazione
per un modo concreto di vivere. Leggendo le sue descrizioni dell’ambiente naturale
attorno alla baita, il racconto della sua vita simil monastica (che non gli ha comunque impedito di muoversi nel
mondo e di avere tre matrimoni!) e del suo rapporto con la montagna, si coglie benissimo sia
la fonte delle sue riflessioni sia la gioia ricavata dal suo stile di vita. Un
breve saggio fra quelli raccolti in questo testo ne è una testimonianza eccellente,
è sufficiente il titolo ad evidenziarlo: “Metafisica della linea arborea”, ossia pensieri
e riflessioni che Naess sviluppa attraversando la fascia altimetrica che
sancisce la fine della vegetazione in montagna. E’ quindi una lettura,
accresciuta da uno stile di scrittura chiaro e lucidissimo, al tempo stesso
piacevole e illuminante. Sicuramente la summa del suo pensiero filosofico, e
l’attenzione che ne deriva per le tematiche ambientali, meriterebbero di essere
meglio approfondite – è quindi possibile che Naess sia l’autore di uno dei
prossimi nostri “Saggi del mese” – per intanto ci limitiamo ad introdurre una
sinteticissima ripresa di alcuni aspetti della sua concezione di ecologia
profonda, utilizzando l’introduzione di questa raccolta di brevi saggi fatta da
Elisa
Cavazza (filosofa italiana curatrice della
pubblicazione in Italia delle opere di
Naess):
Esiste una stretta affinità tra alcune informazioni consolidate della
scienza ecologica (i principi di “diversità”, “complessità” e
“simbiosi”) e l’idea che il sé individuale sia
un’illusione, così come ci ricorda C, a ben vedere tutti noi umani……siamo l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, l’ambiente
che abitiamo
Non serve comunque fuggire le culture di appartenenza e rifugiarci in
altre, è piuttosto decisivo interrogarsi, con lucidità e sempre più a fondo,
sullo stato delle cose esistenti
Per arrivare in questo modo ad un “cambiamento profondo” che non può non mettere in discussione le attuali strutture
produttive, economiche, sociali e ideologiche
Facendo emergere una constatazione irrinunciabile: la vita umana e non
umana è indipendente dalla sua utilità per l’uomo, che non ha quindi alcun
diritto di ridurne ricchezza e diversità se non per soddisfare i bisogni
davvero vitali. Mentre all’opposto i tempi che viviamo evidenziano che l’interferenza
umana sul mondo è sempre più drammaticamente eccessiva
Un cambiamento profondo, a fronte di tale innegabile constatazione, non
può allora fermarsi a una certa quota di riciclo e di riduzione dei consumi
energetici, ossia ad una “ecologia superficiale”. Una strategia, magari efficace e condivisibile su alcuni aspetti
specifici, ed in grado quindi di
procrastinare l’inevitabile resa dei conti finale, ma incapace di sciogliere la
contraddizione di fondo: la fallace convinzione che basti un diverso progresso
tecnico senza rivedere nulla del vero e profondo rapporto “uomo-natura”
Un vero cambiamento profondo infatti richiede un nuovo paradigma
culturale che leghi strettamente ontologia, lo stato delle cose del mondo,
etica e politica avendo sullo sfondo il rifiuto dell’idea che l’uomo sia il
solo soggetto che opera in un mondo oggettivato (il DVAITA), e considerato a sua disposizione, per sostituirla con quella di un
unico contesto (l’ADVAITA) fatto di relazioni paritarie fra gli enti che lo
abitano
Non serve allora elaborare regole e leggi, norme morali e
comportamentali, se prima non si modifica la visione del mondo che ha creato
l’attuale stato delle cose. L’ontologia ambientale viene prima dell’etica ambientale
Una ontologia che ha il suo primo fondamento nella accettazione vera e
piena che l’organismo Terra è un insieme complesso di interazioni, nel quale
l’identità umana non può essere né separata né indipendente
Questo passaggio non può che comportare il riconoscimento che tutte le
categorie che l’uomo ha sin qui usato per conoscere e definire il mondo non
sono altro che “entia rationis”, enti della ragione, costruzioni astratte finalizzate a conoscere tutti
i restanti aspetti del mondo e ad usarli a piacimento per realizzare suoi specifici
interessi
Occorre invece una piena identificazione con tutti gli enti del mondo
con un processo che non può essere solo psicologico (mettersi nei panni
dell’altro) ma che deve essere capace di
aprirsi ad un vero ampliamento del sé espanso in questa rete di
relazioni
Questo nuovo “sé ecologico” non è allora uno stadio statico da raggiungere ma un continuo processo
di crescita che deve accompagnarsi con la “gioia” (la laetitia di Spinoza) delle conquiste man mano realizzate
“ecologia profonda”, ovvero “ecosofia”, non significano pertanto il
sacrificio della società in favore della natura, una semplice limitazione
all’agire dell’uomo, ma una forma di saggezza totale che consiste anche nel
nostro interesse ad avere una maggiore ricchezza di esperienze
La possibile ripresa delle riflessioni di
carattere generale di Naess sarà pertanto rivolta innanzitutto alle sue idee su
modello di sviluppo, sul ruolo di scienza e tecnologia, sull’importanza di una
stretta sinergia fra riflessioni filosofiche ed impegno ecologico e politico.
Chiudiamo però questa “parola del mese” riprendendo dal suo breve saggio “Ecologia
profonda e stile di vita” un altrettanto breve elenco di “valori e modi
di vivere ed agire” che aiutano a mettere meglio a fuoco il suo
richiamo ad una profonda coerenza fra idee e comportamenti. A testimoniare che
è anche in questa coerenza che si manifesta una vera ecologia profonda. Alcuni
di questi richiami, il saggio è del 1984, ricordano, con un certo comprensibile
sentore d’antan, le sensibilità innovative dei primi movimenti ecologisti, ma
ancora oggi, a maggior ragione dopo la crisi pandemica, mantengono intatto il
loro valore provocatorio e alternativo ai modi di vivere consumistici
Utilizzare nella vita quotidiana mezzi semplici, evitare strumenti
complicati, non indispensabili
Privilegiare attività che mirano direttamente ai valori in sé, che
abbiano un loro significato intrinseco,
evitando quelle che ne sono prive e che sono distanti dai valori fondamentali
L’anticonsumismo di fatto altro non è che l’applicazione attenta di
questi due punti
Conservare ed aumentare l’apprezzamento di quei beni di cui ci sia
sufficienza per tutti
Evitare la novofilia, ossia l’amare ciò che è nuovo semplicemente perché
è nuovo
Agire in vista di situazioni di valore intrinseco piuttosto che essere
genericamente occupati in attività senza significato
Apprezzare le differenze etniche e culturali, e non vederle quindi come
minacce
Apprezzare gli stili di vita più universalizzabili e non palesemente
impossibili da sostenere senza ingiustizie verso i propri simili e altre specie
Preferire la profondità e la ricchezza dell’esperienza piuttosto che la
sua intensità
Apprezzare, e quando possibile, fare un lavoro che non sia il mero
guadagnarsi da vivere
Apprezzare quindi, e quando possibile, scegliere un lavoro nei settori
primari: agricoltura, silvicoltura, pesca su piccola scala
Sforzarsi di vivere una vita complessa, non complicata
Coltivare la vita in comunità piuttosto che in società
Soddisfare i bisogni vitali piuttosto che i desideri
Vivere nella natura piuttosto che limitarsi a visitare posti belli,
evitando il turismo di massa e usando solo occasionalmente, quando non sia
possibile fare diversamente, strutture turistiche
Vivere “leggeri e senza lasciare tracce” quando si entra nella natura
vulnerabile
Apprezzare tutte le forme di vita, non solo quelle belle o utili
Non utilizzare forme di vita semplicemente come mezzi
Proteggere gli ecosistemi locali e vedere la propria comunità come parte
di un ecosistema
Opporsi ad ogni interferenza nella natura quando non strettamente
necessaria, condannare tale interferenza come oltraggiosa e criminale
Agire con decisione e senza codardia negli eventuali conflitti per la
realizzazione di quanto sopra pur abbracciando la non-violenza sia nelle parole
che nelle azioni
Adottare vari tipi e gradi di vegetarismo
Per ampliare le prospettive del vissuto esperenziale che ci propone Arne Naess , segnalo la lettura di L’ALLEGRA APOCALISSE di Arto Paasilinna.
RispondiEliminaDalla quarta di copertina :” in mezzo ai boschi del Kainuu, nella Finlandia centrale, un vecchio comunista «grande bruciachiese», in punto di morte ha destinato tutti i suoi beni alla costruzione di un tempio. E tutt’intorno a questo improbabile santuario è cresciuta una comunità silvestre di gente laboriosa e gaudente che vive di caccia, pesca e giardinaggio, in autarchia e prosperità, indifferente alla catastrofe universale. Un gruppo di strampalati personaggi paasilinniani tanto geniali quanto testardi che naviga in mezzo ai marosi di un pianeta in malora con l’incoscienza di un’utopia senza tempo. Con lo sguardo ironico di Paasilinna ci troviamo a immaginare un passato e un futuro nemmeno così lontani, contemplando la vanità delle ideologie , del consumismo, e le farneticazioni della nostra civiltà inutilmente complicata.”