lunedì 1 dicembre 2014

LA PAROLA DEL MESE - DICEMBRE 2014


LA PAROLA DEL MESE 

A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni.
                
                        DICEMBRE 2014

La parresìa,  dal greco pan (tutto) e retos (ciò che viene detto), indica non solo la libertà di parola ma anche la franchezza nell'esprimersi.
La costituzione democratica ateniese si fondava su tre pilastri: l’isegoria (uguale diritto di parola), l’iisonomia (uguale partecipazione) e, appunto, la  parresia (intesa come uguale diritto per tutti di esprimersi francamente nei dibattiti politici); Socrate precisa che essa non è una funzione politica ma che è indispensabile per il suo funzionamento, e giunge a definirla una vera scelta di vita.
Michel Foucault ha trattato il tema della parresia partendo dall’uso che Euripide ne fa, in accordo con Socrate, per indicare la virtù di dire la verità e rintracciandone tre forme nei suoi drammi:
·      la parresia politica = esercitare il potere dicendo la verità
·      la parresia giudiziaria = dire il vero per ottenere giustizia
·      la parresia morale = confessare la colpa che grava sulla coscienza
Ma, a suo avviso, la parresia, per restare nell’ambito politico, può divenire un ostacolo all'esercizio della democrazia se si trasforma in sola retorica, ossia il parlare fine a se stesso che nasconde vuoto di idee o il riproporre quelle che sono già condivise

3 commenti:

  1. E’ un dilemma che da sempre accompagna la storia dell’uomo: dire sempre e comunque la verità? Praticare quindi la parresia come scelta di vita? Un ricordo “leggero” per alternarlo a cosa dicono al riguardo Socrate, Euripide e Foucault: un film di qualche anno fa in cui il protagonista, avendolo giurato al figlio, si impegnava a passare un giorno dicendo sempre e solo tutta la verità, e quindi tutto quello che pensava. Facile immaginare i disastri combinati! Non penso che la parresia debba assurgere a dogma inviolabile, una certa dose di reticenza è forse indispensabile per “gestire” relazioni e situazioni. Credo che debba essere così nelle cose pubbliche e nelle cose private. Alla verità, al dire tutto, in qualche modo è bene mirare, ma sapendo che talvolta è proprio colui che ascolta che potrebbe essere turbato, inutilmente, dalla parresia, eccessiva, di chi parla. Nel pubblico e nel privato. Altra cosa è capire, nel privato, e stabilire, nel pubblico, dove sta il confine entro il quale praticare, ovvero sospendere, la parresia. Ancora una volta è un problema di confine

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  2. Una bella parola, una parola impegnativa, che mette un po’ di soggezione in questi tempi in cui l’ordine del discorso non sfiora neppure nelle intenzioni la sfera della verità.
    L’ultimo scempio di Roma o del mondo di mezzo, come preferiscono chiamarlo i media con un sapore vagamente fiabesco, in modo da prendere rapidamente congedo senza troppo impegno dalla questione, è sotto gli occhi di tutti. Nei nostri scenari si intrecciano sempre di più discorsi pronti a cambiare direzione, a dismettere i contenuti che erano propri per ricercare la ricaduta ad effetto sull’uditorio di eventuali elettori.
    La scelta della parresia invece impegna alla verità, a porsi delle domande intorno ad essa e non a quella parodia della verità che si mette in scena nei talk-show o nei reality dove sembra aver ragione chi è in grado di sovrastare gli altri con un fiume di parole.
    La scelta della parresia richiama la pratica del coraggio che è virtù morale e al tempo stesso civile.
    Ancora una volta Socrate insegna come il suo impegno durante il processo a non compiacere il pubblico, ma a dire la verità con franchezza sia nello stesso tempo rapporto autentico e impegnativo con se stessi e con le leggi della città. Certo non pretendiamo un paese di eroi, ma mi sembra urgente sollecitare tutti noi a parlare con franchezza.

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  3. Due parole sulla virtù della franchezza = la virtù di dire la VERITA'

    1) la virtù della franchezza verso noi stessi.
    La verità , come ci spiega M.Gazzaniga, non esiste, esistono proprie e personali interpretazioni della "realtà". Pertanto, se fossimo consapevoli di questi nostri limiti, sarebbe possibile superare la dimensione dell'egocentrismo ( io possiedo la VERITA') e diventare disponibili per un confronto ma anche, di conseguenza, a modificare le nostre interpretazioni. Ma chi è disponibile a farlo? Chi è disponibile a mettere in discussione le proprie certezze talvolta ancorate a vissuti esperenziali divenuti necessariamente pilastri della nostra personalità? Detto questo, è ovvio che l'approccio a questa problematica dovrebbe essere psicologico/neuroscientifico. Pertanto, per chiarire questa riflessione, risulterebbe quanto segue: io dico la VERITA' = quello che dico, usando lo scudo della parola verità, non è da porre in discussione ( è un valore non trattabile) perché l'ho detto io = comunicazione egocentrica. Di conseguenza lo strumento per una comunicazione efficace NON è dire la VERITA', ma svelarne la struttura e avere la forza morale e cognitiva per analizzarne i contenuti.

    2) la virtù della franchezza verso gli altri
    In sostanza la comunicazione NON egocentrica (vedi M.Mizzau) presuppone il superamento di molti ostacoli cognitivi ed emotivi:
    - verifica dell'alone semantico e dello schema di riferimento (coscienza metalinguistica dell'uso del linguaggio)
    - capacità di comprendere il punto di vista dell'altro
    - capacità di formulare il messaggio per l'altro (efficacia)
    - disponibilità emotiva.

    Tutto qui.

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