venerdì 13 novembre 2015

I difficili percorsi della migrazione - Claudio Vercelli

I difficili percorsi della migrazione
             Claudio Vercelli


Il contesto 1
• Crescita numero di persone che vivono in un paese diverso da quello di origine: 154 milioni nel 1990, 232 milioni nel 2013 (3,2% della popolazione mondiale)
• Paesi a maggiore ricezione: Usa e Federazione russa (Italia all’undicesimo posto)

Il contesto 2
• I profughi – fuggitivi dai luoghi di origine – erano circa 60 milioni nel 2014 (40 milioni nel
2000); 8,3 milioni in più rispetto al 2013
• Gli apolidi sono stimati  in 10 milioni
• I rifugiati politici sono 14 milioni
• I “rifugiati ecologici” sono 50 milioni

Il contesto 3
• In Europa la pressioni immigratoria si è così articolata:
• Anni Ottanta: 5,3 milioni di immigrati
• Anni Novanta: 9,6 milioni di immigrati
• Primo decennio del Duemila: 18,7 milioni di immigrati
• Si è passati, nell'incidenza sulle popolazioni autoctone, dal 6,8% del 1990 al 9,8% del 2013
Il convitato di pietra: la quarta globalizzazione?
• Nel 1950 i turisti oltre frontiera nel mondo erano 25 milioni, nel 2013 erano 1,1 miliardi e nel 2030 si calcola diventino 1,8 miliardi
• Nel 1990 i cinesi che viaggiavano fuori dal paese erano circa un milione, nel 2013 cento volte tanto
• Nel 2015 tre miliardi di persone (41% popolazione mondiale) utilizza il Web; 2,1 miliardi (29%) un social network; 3,6 miliardi (51%) ha un cellulare

I termini 1
• È migrante colui che lascia il suo luogo di origine sulla base di un progetto di trasformazione delle proprie condizioni di vita
• Fattori “push” (spinta): scelta volontaria e/o elementi oggettivi provocato da cause esterne (pestilenze, guerre, carestie, disoccupazione)

I termini 2
• È pròfugo. [dal lat. profŭgus, der. di profugĕre «cercare scampo», comp. di pro-e fugĕre «fuggire»] la persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi
I termini 3
• È rifugiato l’individuo che, per ragioni essenzialmente politiche, ma anche economiche e sociali, è costretto ad abbandonare lo Stato di cui è cittadino e dove risiede, per cercare rifugio in uno Stato straniero.
• Esistono i “rifugiati in orbita” > ossia gli itineranti permanenti poiché non accolti Così come esistono gli Internal Displaced Persons, persone costrette a fuggire senza potere espatriare
Questioni importanti
• È migrante chi lascia la sua terra d'origine, non solo chi abbandona lo Stato-nazione di nascita (migrazioni interne ed esterne)
• La migrazione è sempre un fenomeno selettivo, che annuncia un'incipiente modernizzazione del paese che si lascia,  piuttosto che essere causata solo da un cronico sottosviluppo
• La selettività riguarda il fatto che partono quanti hanno le risorse per farlo (età, salute, istruzione, denaro), non la parte restante della popolazione
• L'emigrazione si accompagna sempre a momenti di transizione e a congiunture critiche che cambiano i paesi d'origine ma anche quelli di accoglienza
• La migrazione segna l'integrazione dei paesi di origine e di approdo nelle traiettorie della globalizzazione
• L'immigrazione irregolare (= fuori dalle norme di legge previste, non necessariamente clandestina e/o criminale) deriva da più fattori tra i quali:
1. quadro normativo nazionale e continentale incoerente
2. rete delle organizzazioni criminali specializzate nel “commercio di persone”
3. diffusione economia sommersa, irregolare, informale > precarizzazione e destrutturazione rapporti di lavoro > accettazione “culturale” del lavoro nero

Il contesto 4
• La direttrice di flusso Sud-Nord costituisce un terzo delle migrazioni globali
• Ma > a ricevere la grande massa di migranti/rifugiati/profughi sono per l’86% i Paesi in via di sviluppo (PVS). Di essi, i più poveri raccolgono un quarto delle migrazioni.
• In sostanza: i flussi migratori riguardano essenzialmente i PVS

Il contesto 5
• Gli immigrati sono protagonisti della internazionalizzazione dell'economia > città globali (che incorporano funzioni strategiche per il funzionamento e il governo dell'economia globale) > li vedono come operatori ai massimi livelli o lavoratori di servizio, alla base della piramide sociale

Il contesto 6
• Il principale paese di ricezione è attualmente la Turchia (1,59 milioni, 2014), seguito da Pakistan,
Libano, Iran, Etiopia e Giordania
• I tre paesi che più facilmente abbandonati sono la Siria, l’Afghanistan e la Somalia
• I paesi che debbono sostenere l’onere maggiore e i pesi più robusti sono quelli confinari alle grandi aree di crisi

Il contesto 7
• L’esplosione delle migrazioni in massa ha una fondamentale radice geopolitica: la
decomposizione degli Stati postcoloniali tra Medio Oriente e Africa e l’Europa sud-orientale
• Gli epicentri sono la Siria, l’Iraq, l’area del Sahel e l’Ucraina orientale insieme alle zone caucasiche

Le questioni 1
• Italia > transizione migratoria, da nazione di origine a paese di destinazione
• Mancanza di politiche di sostegno alla natalità
• Tasso di natalità stranieri = 2,06%
• Tasso di crescita naturale stranieri = 10,6%
• Tasso di natalità italiani autoctoni = 0,89%
• Tasso di crecita naturale autoctoni = - 0,9%
• Tasso di mortalità stranieri = 0,12%
• Tasso di mortalità italiani = 0,99%

Le questioni 2
• Con il XXI secolo straordinaria accelerazione della mobilità
• È in atto una nuova immigrazione > globalizzazione dal basso
• Tre globalizzazioni storiche.
• 1. XV-XVIII secc., avvio colonizzazione Americhe + schiavismo;
• 2. seconda metà Ottocento > migrazione Europa-Americhe;
• 3. Africa e Asia verso Europa e Stati Uniti

Le questioni 3
• Labour Migrations > UE
• I saldi migratori positivi costituiscono la componente più significativa dell'evoluzione demografica continentale
• Si è creata una condizione di multiculturalismo de facto
• Cosa implica ciò?
• Paesi d'origine < > diaspore
• Paesi d'arrivo < > mutamento composizione socio-demografica
Le questioni 3 bis
• La variabile demografica > Europa vecchia, Mediterraneo e Medio Oriente giovani (pochi giovani, molti anziani)
• Trend di crescita popolazioni autoctone e allogene:
• 1945-1980, la popolazione continentale (Russia compresa) cresce del 33%, da 524 a 695 milioni con un saldo migratorio in parità;
• 1981-2015, la crescita è solo del 7% (siamo a 743 milioni), con 40 milioni di immigrati (saldo positivo)
• Previsioni: 2015-2050, previsione di decrescita al -12% (87 milioni in meno) senza nuova immigrazione
Le questioni 3 tris
• La variabile demografica > è preferibile una tregua demografica? Il problema è lo scompenso tra classi di età!
• Nel periodo 1980-2015: il 7% della crescita è così composto:
+21% della popolazione tra i 30 e i 60 anni
+58% della popolazione con più di 60 anni
-22% della popolazione sotto i 30 anni
• Cosa comporta ciò, in prospettiva? Robuste domande di servizi, scarsità di produttori
E ancora...
La variabile demografica > tra il 2015 e il 2050,  la popolazione tedesca autoctona declinerebbe del 18%, quella nigeriana aumenterà del 141% Per la fascia di età tra 20-40 anni, il mutamento sarebbe rispettivamente del -25% e del +167%!

Le questioni 4
• Le migrazioni sono un intreccio tra:
1. strategie di emancipazione individuale e familiare;
2. fattori di attrazione presenti nei paesi di destinazione
3. meccanismi di richiamo basati sulle catene migratorie
4. obiettivi (dichiarati o celati) delle politiche di mobilità promosse dai paesi d'origine e di approdo
5. attività delle “industrie dell'emigrazione” (legali e illegali) che ne agevolano l'evoluzione e ne indirizzano la natura e le modalità

Le questioni 5
• Femminilizzazione delle migrazioni deriva da:
1. incremento presenza donne nei mercati del lavoro
2. strategie individuali di emancipazione
3. nuova divisione internazionale del mercato del lavoro riproduttivo:
4. aumento mercato privato dei servizi alla famiglia e revisione dei regimi di Welfare
5. aumento età media nei PSA > ricerca di aiuto familiare

Le questioni 6
• Elevata incidenza della componente ad alta qualificazione nell'esodo dai luoghi di origine ma:
• Ricezione nel mercato del lavoro nazionale attraverso processi di demansionamento e mancato riconoscimento delle competenze
• Concentrazione del fabbisogno ai livelli più bassi delle gerarchie occupazioni
• Uso degli immigrati per la disarticolazione dei mercati del lavoro e la riduzione delle tutele > concorrenza tra i diversi segmenti
• Effetto di “brutalizzazione” dell'immagine dell'immigrato > è incompetente, incapace, meno curato ecc. > etichettamento e stigmatizzazione

Le questioni 6 bis
• Trasformazione del mercato del lavoro nelle società postfordiste
• Etnicizzazione di alcuni settori (due movimenti:
addensamento di manodopera in settori tradizionali come l'edilizia e le PMI + imprenditorialità etnica (da fattore di mobilità/ascesa sociale a risposta alla riorganizzazione della produzione e al ricorso sistematico all'outsourcing)
• Espansione del terziario di servizio a bassa qualifica > dovuto ai processi di gentrificazione dei quartieri urbani > Service Society > domande e consumi soddisfatti da immigrati

La gentrificazione
In sociologia il termine gentrificazione (adattamento della parola inglese gentrification, derivante da "gentry", ossia la piccola nobiltà inglese e in seguito la borghesia o classe media), indica l'insieme dei cambiamenti urbanistici e socio-culturali di un'area urbana, tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia, risultanti dall'acquisto di immobili da parte di popolazione benestante.
«La gentrification [consiste] in un processo complesso, o un assieme di processi, che comporta il miglioramento fisico del patrimonio immobiliare, il cambiamento della gestione abitativa da affitto a proprietà, l'ascesa dei prezzi, e l'allontanamento o sostituzione della popolazione operaia esistente da parte delle classi medie».

Le questioni 6 tris
• Trasformazione del mercato del lavoro nelle società postfordiste
• Emergere di un nuovo segmento di consumatori composto dalle stesse comunità immigrate (es. phone centers)
• Imprenditori trasmigranti: doppia appartenenza come vantaggio competitivo > rete di relazioni endogamiche diasporiche
• Strategie di mercificazione dell'identità etnica e culturale > creare o intercettare bisogni nella popolazione autoctona > tipici di società metropolitane diversificate

Le questioni 6 quatēr
• Ancora sulle trasformazione del mercato del lavoro nelle società postfodiste
• Il rischio del dumping sociale per le fasce più deboli della popolazione autoctona > corsa al ribasso (compressione retributiva, deregolamentazione contrattuale e precarizzazione)
• Incremento vulnerabilità economica, sociale e culturale
• La variabile del razzismo> l'etnicizzazione delle relazioni sociali > non è la diversità ma la condivisione competitiva a creare reazioni pregiudiziose

Le questioni 7
• Pressione evolutiva non regolabile con gli ordinari strumenti per effetto di:
1. ricongiugimenti familiari e trasformazione dei lavoratori immigrati in “migranti di popolamento”
2. migrazione di carattere umanitario
3. “asilanti in nero”, non ufficialmente riconosciuti come tali ma tollerati
4. flusso delle rimesse e concorso al Pil nazionale
5. richieste delle imprese (legali e criminali, secondo norma o in deroga)

Le questioni 8
• Impatto immigrazione su tessuto sociale:
1. è dialettica demografica tra paesi anziani e paesi giovani
2. migrazione di carattere umanitario
3. “asilanti in nero”, non ufficialmente riconosciuti come tali ma tollerati
4. flusso delle rimesse e concorso al Pil nazionale
5. richieste delle imprese (legali e criminali, secondo norma o in deroga)

Le questioni 9
• Trasformazioni in popolazione d'insediamento: gli indici
1. nuovi nati e ricongiungimenti familiari
2. matrimoni contratti in Italia e mastimoni misti
3. acquisto abitazione in proprietà
4. inserimento scolastico e tasso di scolarizzazione
5. impatto su Welfare e sul sistema pensionistico
6. visibilità crescente negli spazi pubblici e mutamento della composizione urbana > city users
7. trasformazione mercato del lavoro

1 commento:

  1. Il quadro del “fenomeno” migratorio offerto dalla relazione, come sempre puntuale e dotta, di Claudio Vercelli, ricco di dati inoppugnabili e di importanti precisazioni, rappresenta sicuramente una valida base per ulteriori riflessioni sul tema. Personalmente ne ho individuate in particolare due. 1)- E’ sufficiente la forza dei numeri, dei dati, a fronteggiare le diffidenze, le paure, le contrarietà provocate dall’impatto sulle singole realtà di area, nazionali e locali? (non faccio riferimento alle opposizioni strumentali e aprioristiche espresse da partiti e movimenti apertamente xenofobi, quella è un’altra partita) E’ pensabile che il solo richiamo alla globalità del fenomeno basti per tranquillizzare e promuovere adesioni ad una gestione razionale del fenomeno nelle singole situazioni? Temo di no. La storia insegna che nei momenti duri e tragici è più facile che nasca una maggiore disponibilità verso i migranti (bene ha fatto la relazione a ricordare i centotrenta milioni di profughi globalmente provocati dalla Seconda Guerra Mondiale), in qualche modo anch’essi rientrano nel quadro di fasi in cui già c’è poco da perdere, sono tanti e vuoti da riempire, le identità culturali e nazionali sono allentate. Tutt’altra questione, ed è la nostra attuale, quando si possiede qualcosa che implica, a torto o ragione, la paura di essere perso, quando i legami identitari sembrano un patrimonio minacciato, quando gli stessi “spazi” sembrano ridotti. Il discorso è ovviamente complesso, credo però che su questo versante, quello della “disponibilità” diffusa a “ragionare” sul tema, il percorso sia ancora molto lungo. Circolarmente può fare qualcosa? 2)- Claudio Vercelli ci ha, ripeto, giustamente ricordato che i “migranti” non sono una creatura dei tempi attuali, al contrario sono figure, spesso tragiche, che da sempre fanno parte della storia umana. Credo però che valga una riflessione specifica la constatazione (basta confrontare le percentuali di crescita della popolazione mondiale e del numero di migranti per capirlo) che a partire dagli anni novanta si è innescata un’accelerazione notevole. Alcune cause mi paiono acclarate: la fine della divisione del mondo in blocchi ha rappresentato una sorta di “liberi tutti” con il conseguente scoppio di conflitti locali - le logiche di mercato globalizzato hanno indotto a rovesciare, con conseguenze nefaste, regimi, sicuramente dittatoriali, ma fino a poco prima buoni alleati - la modernizzazione occidentale imposta da queste stesse logiche a culture poco permeabili in questo senso ha contribuito a far sorgere altri conflitti e terrorismi di massa - l’ideologia neoliberista della globalizzazione ha creato un mercato mondiale unico dove masse e risorse si spostano rincorrendo incessantemente profitti e lavoro. Discorso altrettanto lungo e complesso. Ma da riprendere in tutte le sedi possibili per evitare che il fenomeno migratorio sia vissuto come un fatto ineludibile, una sorta di piaga piovuta dal cielo come un’invasione di cavallette. Ci si riduce così, ed è quello che mi pare stia succedendo a destra e a sinistra, alla “gestione delle ricadute”. Nulla si fa per rimuovere le cause, poco o quasi nulla per ridimensionarne la portata. Certo non è obiettivo facile, un primo fondamentale passo è quello di acquisire, a tutti i livelli, la sua necessità. Circolarmente può fare qualcosa?

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