domenica 1 novembre 2015

La parola del mese - Novembre 2015

LA PAROLA DEL MESE
A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

NOVEMBRE 2015

 DIALETTICA
 

DIALETTICA = termine di origine greca composto da dialektikos (dialogo) e technè (arte/tecnica)  

 
Dall’Enciclopedia on line TRECCANI………….
1. Arte del dialogare, del discutere, come tecnica e abilità di presentare gli argomenti adatti a dimostrare un assunto, a persuadere un interlocutore, a far trionfare il proprio punto di vista su quello dell’antagonista; con senso peggiorativo, modo sottile e capzioso di argomentare
2. Nel linguaggio filosofico, il termine ha avuto accezioni diverse, secondo le epoche e le scuole.
a. Nel pensiero antico, è in genere l’arte dialogica, come metodo di dimostrazione mediante brevi domande e risposte (adoperato da Socrate in contrapposizione ai lunghi discorsi dei sofisti). In Platone, è sia il processo interiore che conduce ai concetti più generali e ai principî primi della realtà intelligibile, sia l’arte di dividere le cose in generi e specie, di classificare in concetti per meglio progredire nell’analisi. In Aristotele, parte della logica, intermedia tra l’analitica e la retorica, che studia le forme argomentative imperfette, da cui si traggono conclusioni soltanto probabili e non rigorosamente necessarie.
b. Nel pensiero medievale, la dialettica s’identifica con la logica e diviene una delle arti del trivio, insieme con la grammatica e la retorica.
c. In Kant è la teoria degli errori naturali dello spirito umano, che si illude di poter determinare, sul solo fondamento di ragionamenti teorici, la natura dell’anima, del mondo e di Dio, e cade invece in inevitabili, inestricabili contraddizioni. Nell’idealismo post-kantiano, e per Hegel in particolare, la dialettica è la natura stessa del pensiero che si sviluppa secondo proprie leggi ma in modo conforme allo sviluppo della realtà anzi rappresentandone la struttura stessa; è quindi movimento e sviluppo che da un concetto astratto e limitato (affermazione o tesi) passa al suo opposto (negazione o antitesi) per giungere a una sintesi (negazione della negazione) che conserva elementi fondamentali dei precedenti e opposti momenti, i quali peraltro non sarebbero mere astrazioni concettuali bensì pensieri concreti, determinazioni storiche, effettive formazioni culturali, sociali, ecc. Nel pensiero di Marx tale movimento si specifica e si concretizza come sviluppo dell’antagonismo tra classi sociali contrapposte e come relazione di opposizione tra forze produttive e rapporti di produzione. In Croce, infine, si distingue una dialettica dei distinti, per cui lo spirito, secondo un processo circolare, passa da un grado all’altro senza annullare i precedenti, e una dialettica degli opposti che, nella sfera delle cose concrete, opera la sintesi della tesi e dell’antitesi.
3. Nel pensiero moderno, e anche nel linguaggio comune (in diretta connessione con le accezioni che il termine ha avuto nel pensiero filosofico), il processo risultante dalla lotta o dal contrasto di due forze o, più spesso, gioco di forze contrastanti che collidono e si ricompongono incessantemente: Il termine è inoltre usato (per es. nel linguaggio della critica) per indicare quell’argomentazione che giustappone idee opposte o contraddittorie e generalmente tende a far giungere tale conflitto a un qualche esito, che si presume necessario e inevitabile.
Breve aggiunta, tratta da Wikipedia, relativa al suo uso in Feud………..Anche in Freud si può dimostrare, se non l’esistenza di strutture dialettiche vere e proprie, una dialetticità di fondo. Come in Nietzsche, così anche in Freud, i concetti di base sono dinamici: in questo la psicoanalisi è fondamentalmente dialettica. Basti pensare alla complessità della psiche, di cui essa evidenzia le numerose istanze, spesso in conflitto fra loro; le due topiche, elaborate per risolvere tale complessità, possono essere interpretate come dialettiche di ‘sistemi’ Ma anche la teoria delle pulsioni, che Freud, nel corso della sua elaborazione teorica, ha modificato più volte, mantiene sempre una polarità. All'inizio egli ha parlato di pulsioni dell'Io o di autoconservazione, legate ai bisogni organici, e il cui prototipo è la fame, a cui si contrappongono le pulsioni sessuali, o libido. Con la scoperta del narcisismo, viene introdotta una nuova opposizione, interna alla libido, fra due orientamenti, quello narcisistico e quello oggettuale (nel primo caso la libido è rivolta verso il soggetto, nel secondo all'esterno, verso un oggetto). Vi è infine l'ultimo periodo, che vede contrapposti Eros e Thanatos, ossia la pulsione sessuale, o di vita, e la pulsione di morte (Todestrieb).

 

1 commento:

  1. “La violenza come effetto della caduta della dialettica fra maschile e femminile”, era questo il titolo del seminario tenuto dal Dott. Montorfano. Potenza contraddittoria delle parole! Non esiste una loro declinazione sempre condivisa, tutti noi le traduciamo con differenze di significato anche rilevanti. Mi sono immaginato, prima di sentire la relazione, che caduta significasse “interruzione/fine” e dialettica “dialogo fra diversi”. Non c’è stato tempo per sentire cosa intendesse il relatore per caduta, ma, a me così è parso, “dialettica” stava a significare “impossibilità di un dialogo”. Credo quindi che sia stato utile usare la “Parola del mese” per fissare, a grandi linee, il significato “ufficiale” del termine dialettica. Non affronto però qui i suoi aspetti “filosofici”, aggiungo brevemente una mia modestissima idea di “dialettica nelle relazioni”: racconta per un verso l’esistenza di “contrasto, diversità, opposizione” dall’altro però la persistenza di una reciproca convenienza di giungere a “sintesi”. Da qui la mia sorpresa perplessità per il peso della “diversità insuperabile” dell’interpretazione psicanalitica. Lo sforzo, la possibilità, di una “sintesi” poggia, credo, sulla disponibilità e predisposizione all’ascolto, sulla necessità e volontà di un accordo in qualche modo utile ad entrambi e sulla creazione e mantenimento di spazi e terreni per attuarlo e mantenerlo. La lunga, dura da milioni di anni, dialettica fra maschile e femminile ha sempre trovato, nelle forme che evoluzionisticamente si sono concretizzate, una sua “sintesi”. Sempre quella più giusta? quella ideale secondo i nostri attuali parametri? Certo che no, ma oggettivamente quella più conveniente, dal punto di vista evoluzionistico, all’homo sapiens per diventare l’attuale (infausto) padrone del pianeta. Mi ha ad esempio divertito leggere in un agile saggio del neuro-scienziato E. Boncinelli una possibile spiegazione “evoluzionistica” della maggiore longevità delle donne: semplicemente le “nonne” erano ancora utili alla specie, potevano ancora svolgere, pensiamo ai piccoli gruppi di ominidi, compiti importanti, i “nonni” no, erano solo più un peso. La svolta fondamentale nella storia della dialettica maschile-femminile credo coincida con il superamento delle immediate esigenze evoluzionistiche e la definitiva vittoria dell’homo sapiens; essa si articola da poche decine di migliaia di anni su un altro piano: quello culturale, nel quale incidono in particolare modelli, ruoli, credo religiosi, usi e costumi, poteri economici, visioni filosofiche. Sono tutti terreni che per definizione offrono spazio alla sintesi, con tempi decisamente più brevi rispetto a quelli “evoluzionistici”. E non è forse la loro interpretazione di parte, rigida e chiusa all’ascolto, la spiegazione ultima dell’insorgere inaccettabile della violenza? Credo quindi sia importante riflettere sul giusto significato di “dialettica”

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