lunedì 6 giugno 2016

Mezzi uonini che uccidono le donne - Articolo di Gavriel Levi su la Stampa (segnalato da M. Antonietta Fonnesu)


Mezzi uomini che uccidono le donne

Articolo di Gavriel Levi - La Stampa del 05/06/2016

Cerchiamo di pensare qualche altra mezza verità. Un uomo che, oggi, massacra e uccide una donna è (così giustamente si dice). Un omicida incontrollato, un femminicida annunciato, un avanzo della società medioevale o dell’orda preistorica, un cannibale del potere. Potrebbe altrettanto essere: un suicida potenziale ma vigliacco, un omofobo che non sa di esserlo, un prodotto outlet della modernità affollata, gassosa e solitaria, un compratore insaziabile di insicurezze. Forse tutte queste mezze verità vanno confrontate e messe assieme, per completarsi. Probabilmente, in ogni singolo caso, i diversi fattori si compongono e si squilibrano in misture diverse e complesse. Ad una prima analisi: un uomo che, per eternare e congelare un rapporto, ammazza una donna, nebulosamente amata, ha un problema con il suo immaginario femminile/maschile. Ma in controluce: un uomo che, per aggrapparsi ad una donna che gli sfugge, la uccide è, comunque, un mezzo individuo, che ha un problema con la sua individualità umana. Un problema che questo individuo dimezzato cerca di spostare e di nascondere in una sua guerra fantastica, segreta e miserabile fra tutti gli uomini e tutte le donne. Se, per prendere le distanze, parliamo di narcisismo distruttivo e di odio sociale contro le donne, diciamo una cosa giusta ma corriamo il rischio di confondere le dimensioni. Il narcisismo è una maschera ingannevole, specie quando il narcisista identifica tutte le relazioni umane con la relazione fra i due sessi.  Il narcisista a rischio, può diventare sempre più fragile e pericoloso quando nella sua storia personale con una donna, cerca la segregazione e costruisce ogni momento una scommessa fra avere tutto ed essere nulla, fra dominazione ed umiliazione, fra rabbia vitalizzante e vergogna mortale, fra idolatria e disgregazione, fra trionfo e disperazione.  Il narcisismo è una maschera ingannevole anche nel mito originario. Perché Narciso, proprio per esistere, deve far morire Eco. E la Ninfa Eco, terribilmente, almeno in parte, collabora, uccidendosi da sola. Forse si uccide proprio per non essere uccisa. Lo fa in diversi modi: qualche volta lo fa illudendosi che tutto potrà andare bene e quindi non riconoscendo i segnali della violenza omicida; qualche volta donandosi sempre di più, per curare chi non vuole essere curato; qualche volta spegnendosi lentamente e fuggendo troppo tardi e senza prendere le necessarie difese. Ma queste ultime considerazioni valgono di meno per la ninfa Eco e di più per le donne reali di oggi. Il punto è proprio questo. I fatti degli ultimi anni ci stanno parlando di un femminicidio che riflette alcune tematiche dell’antichità, ma non trova i suoi veri meccanismi nelle piccole logiche mediatiche della modernità. Ovviamente nelle sue sacche sociali più paludose, dove molto si gioca sempre più su immagini di sé più fittizie. Ed è in questa area che possiamo e dobbiamo lavorare se vogliamo combattere la fabbrica del femminicidio, oltre che deprecare i suoi carnefici e santificare le loro vittime. E’ l’immagine del femminicida che va compresa e presentata per quello che è; un suicida senza coraggio che crolla quando si accorge che la sua compagna non è un’ombra ma una persona. Questa immagine tanto ridicola quanto dolorosa può essere individuata direttamente dai tanti protagonisti di queste storie. Dai potenziali femminicidi che possono imparare a conoscere in tempo la loro fragilità; dalle loro potenziali compagne, che possono imparare almeno a non cadere nell’illusione dell’io ti cambierò/io ti salverò; da coloro che li hanno educati a crescere nell’altalena rabbiosa tra fantasie di onnipotenza e fantasie di impotenza. A tutti noi che davanti ai problemi della crescita umana dobbiamo pensare senza retoriche e schemi prefabbricati.  

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