Una delle
conferenze previste nel nostro programma autunnale 2020, purtroppo sospeso per
le risapute restrizioni pandemiche, era dedicata a discutere delle
problematiche giuridiche legate alla legislazione di emergenza che a partire da
Marzo sta intervenendo in misura molto significativa sull’intera nostra
dimensione sociale. Fin da subito sono sorte perplessità e critiche, ricordiamo
fra le altre quelle di Giorgio Agamben relativamente allo “stato di emergenza”
alle quali abbiamo dedicato alcuni nostri post, sulla loro congruità
democratica e sul rischio di degenerazioni autoritarie. Il tema aveva poi
conosciuto nei mesi estivi una relativa sospensione per poi riesplodere in
coincidenza con i nuovi provvedimenti adottati per affrontare la “fase due”, ed
ancora in questi giorni è al centro di rinnovate polemiche per le restrizioni
previste per il prossimo periodo natalizio. La costante centralità di questo
tema rafforza la nostra speranza di recuperare appena possibile la conferenza
prevista con modalità attorno alle quali stiamo riflettendo. In attesa di
possibili sviluppi, per i quali al momento non siamo però in grado di fornire
anticipazioni fondate, pubblichiamo con questo post alcuni contributi utili ad
inquadrare la tematiche nell’ambito delle Leggi che la normano ad iniziare,
ovviamente, dai dettati costituzionali. Ci soccorre in questo la cortese disponibilità
del relatore della prevista conferenza, Francesco
Pallante (Professore
associato di Diritto Costituzionale presso l’Università di Torino, editorialista
per “Il Manifesto” e “Huffington Post” e promotore del sito on-line “Volere la
Luna”) che ci ha gentilmente fornito una ricca documentazione. Pubblichiamo il
seguente suo articolo dello scorso Marzo che definisce sinteticamente un quadro
generale di riferimento che mantiene intatta la sua validità, in calce al quale
inseriamo alcuni link per accedere ad suoi articoli ed interventi riferiti a
più specifici aspetti della problematica in questione
Coronavirus, interventi normativi, Costituzione.
10
domande e risposte
Articolo di Francesco Pallante sito on-line
“volere la luna” – 27 Marzo 2020
Avvertenza preliminare
Con questo testo non intendo discutere il merito dei
provvedimenti normativi attraverso cui si sta operando per il contenimento
dell’epidemia – anzi, con fiducia nell’azione delle autorità politiche e
scientifiche, li assumo come necessari e inevitabili. Più modestamente, intendo
interrogarmi sugli strumenti giuridici utilizzati e sulla loro adeguatezza
rispetto al dettato costituzionale. Pur nella consapevolezza che gli
interrogativi che seguono possono oggi, nel pieno dell’emergenza, risultare
oziosi ai più, credo che sia importante, fin d’ora, iniziare a pensare al
domani, quando l’emergenza sarà finita e risulterà inevitabile fare i conti,
oltre che con le conseguenze umane, familiari, sociali, politiche, ambientali
ed economiche di quanto sta accadendo, anche con le sue ricadute giuridiche.
1. Quali diritti costituzionali sono
coinvolti?
L’emergenza Coronavirus ha indotto il governo ad
assumere una serie di misure normative volte a contenere la diffusione
dell’epidemia. Tali misure incidono su diversi diritti costituzionali:
quantomeno la libertà di circolazione e di soggiorno (art. 16 Cost.), la
libertà di riunione (art. 17 Cost.), la libertà religiosa (art. 19 Cost.), il
diritto/dovere all’istruzione (art. 34 Cost.) la libertà di iniziativa
economica (art. 41 Cost.). L’ulteriormente inasprimento delle misure, sino al
divieto di uscire di casa, potrebbe comportare limitazioni addirittura alla
libertà personale (art. 13 Cost.).
2. La Costituzione disciplina lo stato di
emergenza?
La Costituzione non prevede una disciplina generale
delle situazioni di emergenza. È però prevista la possibilità di limitare
alcuni diritti costituzionali per ragioni di sanità o di incolumità pubblica.
Le limitazioni devono: (a) essere decise con legge (c.d.
riserva di legge) e (b) riguardare categorie generali di
cittadini (per es. i contagiati dal virus o, più ampiamente, tutta la
popolazione). Più in generale, occorre considerare che la dottrina e la
giurisprudenza riconoscono un particolare valore al diritto alla salute (l’unico
che la Costituzione definisce espressamente fondamentale: art. 32 Cost.) e al
connesso diritto alla vita. Mentre tutti gli altri diritti sono reciprocamente
bilanciabili, il diritto alla vita è l’unico diritto qualificato come assoluto:
dunque, destinato a prevalere sempre sugli altri. La ragione è semplice: la
vita è precondizione per il godimento di tutti i diritti, senza la vita non si
può godere di nessun diritto. Inoltre, per la Costituzione la salute non è solo
un diritto individuale, ma anche un interesse della collettività.
3. Perché è importante che le limitazioni
siano decise con legge?
Perché la legge è atto approvato dal Parlamento,
l’organo che rappresenta tutti: maggioranza e opposizione. Sia pure
indirettamente, la deliberazione parlamentare è garanzia del fatto che tutti
siano coinvolti nella decisione che limita la libertà di tutti (sono
considerati equiparati gli atti aventi forza di legge adottati dal governo: il
decreto-legge, che deve poi essere convertito in legge dal Parlamento, pena la
sua decadenza fin dall’inizio; il decreto legislativo, che, per poter essere
adottato, deve prima essere previsto da una legge delega del Parlamento). Questo
non significa che la legge debba entrare nel dettaglio delle misure da adottare
(il Parlamento non avrebbe le competenze necessarie e, anche se le avesse, la
procedura di approvazione della legge sarebbe troppo lunga) o che si debba
approvare un’apposita legge per ciascuna emergenza. Il Parlamento può limitarsi
ad adottare una legge che, in linea generale, stabilisce come comportarsi in
situazioni di emergenza e, se decide di adottare una legge apposita per una
determinata situazione, stabilire il quadro normativo generale demandando a
successivi provvedimenti amministrativi (ordinanze o regolamenti) gli
interventi di dettaglio.
4. Esistono leggi generali per le
situazioni di emergenza approvate prima dell’epidemia di Coronavirus?
Sì, esistono. Per quanto interessa, si può fare
riferimento a due atti legislativi:
– il decreto legislativo n. 1/2018 (Codice della
protezione civile), in base al quale (artt. 24 e 25), al verificarsi di
un’emergenza nazionale, il Consiglio dei ministri delibera lo stato di
emergenza e autorizza il Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa delle
Regioni interessate, ad adottare ordinanze in deroga a ogni disposizione
vigente, purché (a) sia dichiarato quali sono le disposizioni
di legge che s’intende derogare, (b) siano rispettati i
principi generali dell’ordinamento e il diritto europeo;
– la legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio
sanitario nazionale (Ssn), in base alla quale (art. 32): (a) se
l’esigenza è nazionale o pluriregionale, il Ministro della Sanità ha il potere
di emettere ordinanze in materia di igiene e sanità pubblica; (b) se
l’esigenza è regionale o locale, il potere di ordinanza spetta al Presidente di
Regione o al Sindaco (ipotesi prevista, altresì, dall’art. 50 del decreto
legislativo n. 267/2000).
5. Come sono state assunte le misure
limitative dei diritti di fronte all’emergenza Coronavirus?
Si possono distinguere diverse fasi.
A) In un primo momento,
nel quadro del decreto legislativo n. 1/2018, il Consiglio dei ministri, sulla
scia di analoga dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms),
ha deliberato lo stato di emergenza sanitaria (delibera del 31 gennaio 2020)
per una durata di sei mesi (dunque, sino al 31 luglio 2020). Sulla base di tale
dichiarazione il Capo dipartimento della Protezione civile ha potuto adottare
una serie di ordinanze per intervenire su profili organizzativi della gestione
dell’emergenza (istituzione del Comitato tecnico-scientifico che supporta il
governo nelle sue decisioni, acquisto dei materiali necessari, divieto di
esportazione dei materiali necessari).
B) Successivamente, le
prime misure concrete rivolte alla cittadinanza (per vietare entrata e uscita
nei primi comuni-focolaio, per sospendere le attività e chiudere le scuole, per
le misure di quarantena) sono state adottate, nel quadro della legge n.
833/1978, con ordinanze del Ministro della Salute (21.2.2020 e 23.2.2020). Un
ulteriore atto di questo tipo è stato adottato il 20.3.2020.
C1) Di seguito, il governo ha deciso di adottare il decreto-legge n.
6/2020 (poi convertito, con modifiche, nella legge n. 13/2020) quale atto
avente forza di legge con cui far fronte appositamente all’epidemia di
Coronavirus. Tale decreto-legge prevede che, su iniziativa del Ministro della
Salute, il Presidente del Consiglio dei ministri adotti tramite proprio decreto
(decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: dpcm) «ogni misura di
contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della
situazione epidemiologica» (è altresì richiesto il parere, non vincolante,
degli altri Ministri interessati e dei Presidenti delle Regioni interessate o,
se lo sono tutte, del Presidente della Conferenza delle Regioni). Il Presidente
del Consiglio ha, quindi, fatto ampio uso di dpcm per introdurre misure via via
sempre più restrittive (dpcm 23.2.2020, 25.2.2020, 1.3.2020, 4.3.2020,
8.3.2020, 9.3.2020, 11.3.2020, 22.3.2020). Ai prefetti spetta monitorare sul
rispetto delle misure adottate, potendo avvalersi sia delle forze dell’ordine,
sia delle forze armate.
C2) Nel contempo, alcune regioni hanno adottato, nel quadro della legge
n. 833/1978, proprie ordinanze con cui hanno inasprito, talvolta anche
anticipandole, le misure governative (Lombardia e Piemonte: in queste regioni è
sorto un conflitto tra le più rigide misure regionali e le più blande misure
statali) o hanno chiuso il proprio territorio agli spostamenti di popolazione
da e verso l’esterno (in contraddizione con l’art. 120 Cost.).
D) Da ultimo, il governo
si è riproposto di dare ordine a questo caotico sovrapporsi di misure adottando
il decreto-legge n. 19/2020. Tale atto normativo abroga quasi completamente il
precedente decreto-legge, al fine di rendere il novero degli strumenti
giuridici a disposizione del governo meglio riconducibile al dettato
costituzionale (cfr. paragrafo 9).
Insomma: inizialmente sono stati utilizzate entrambe
le leggi previste, in generale, per le emergenze (d.lgs. n. 1/2018 e legge n.
833/1978); poi è stato adottato un apposito provvedimento legislativo (il
decreto-legge n. 6/2020, convertito nella legge n. 13/2020) che ha però
sollevato numerose perplessità circa la sua costituzionalità; infine, con il
decreto-legge n. 19/2020 si è cercato di porre rimedio alla situazione.
6. Che natura giuridica hanno i dpcm
adottati ai sensi del decreto-legge n. 6/2020 (e quelli che verranno adottati
ai sensi del decreto-legge n. 19/2020)?
Non è chiaro se tali dpcm abbiano natura sostanziale
di regolamenti o di ordinanze.
Per un verso, si pongono come disposizioni attuative
del decreto-legge n. 6/2020: dunque, sarebbero regolamenti. Per altro verso,
rinviano alla dichiarazione di stato di emergenza e prevedono la fine della
propria vigenza (sono provvisori): dunque, sarebbero ordinanze. L’ordinanza del
Ministro della Salute del 20.3.2020 è stata, di fatto, utilizzata per
consentire al Presidente del Consiglio di non intervenire con un nuovo dpcm prima
della scadenza di quello precedente, lasciando intendere che il governo ritiene
sovrapponibili i due atti (sicché, i dpcm sarebbero da considerarsi ordinanze).
Qualificare i dpcm in un senso o nell’altro non è irrilevante, dal momento che
le ordinanze hanno, di regola, una forza derogatoria della legislazione vigente
che i regolamenti non hanno. Occorre, sul punto, registrare una certa
“leggerezza” governativa nell’utilizzo ora di dpcm, ora di ordinanze
ministeriali.
7. Gli atti sinora adottati ai sensi del
decreto-legge n. 6/2020 sono rispettosi del diritto costituzionale?
Si possono individuare tre problemi principali.
A) Il rispetto del necessario equilibrio tra gli organi
costituzionali
È tratto costitutivo del costituzionalismo quello per
cui gli organi costituzionali non devono accumulare un eccessivo potere, ma
risultare in equilibrio tra di loro. Ciò non solo nelle situazioni ordinarie,
ma altresì (e, anzi: a maggior ragione) nelle situazioni straordinarie, quando
più facile sarebbe approfittare dell’emergenza per stravolgere gli equilibri
costituzionali. Naturalmente la necessità di intervenire con urgenza non rende
percorribili le strade ordinarie (quale sarebbe stata l’approvazione di una
legge avente contenuto normativo quantomeno generale), ma è comunque decisivo
che le procedure d’urgenza non si riducano ad attribuire tutto il potere a un
solo soggetto: che è poi la ragione principale perché la nostra Costituzione
non disciplina lo stato di emergenza. La circostanza che, in virtù del
decreto-legge n. 6/2020, il Presidente del Consiglio dei ministri si ritrovi
titolare di un potere di ordinanza emergenziale di fatto indefinito (con
l’unico vincolo che l’iniziativa sia assunta dal Ministro della Salute) sembra
produrre un’eccessiva concentrazione di potere nelle sue mani, tanto più se si
considera che tale potere ha origine da un decreto-legge, vale a dire da un
atto deciso dal governo di cui lui stesso è alla guida. A ciò si deve aggiungere
che il Parlamento si è di fatto “volatilizzato” di fronte al rischio del
contagio, riducendo la propria funzione costituzionale alla precipitosa
ratifica delle decisioni governative in sede di conversione del decreto-legge.
Anche questo elemento – fortemente criticabile, come lo sono tutte le ipotesi
di limitazione del libero dibattito parlamentare (riduzione del numero dei
parlamentari presenti, accorpamento dei provvedimenti, riduzione dell’attività
in commissione, voto telematico senza previa adeguata discussione) –
contribuisce a sbilanciare gli equilibri a favore del Presidente del Consiglio
dei ministri.
B) Il rispetto della riserva di legge nella limitazione dei diritti
Circoscrivendo il discorso alla libertà di
circolazione e di soggiorno (dalla cui limitazione discendono, a cascata, tutte
le altre limitazioni: non potendo circolare non ci si riunisce, non si va in
chiesa, né a scuola, né a lavorare) va rilevato che l’art. 16 Cost. pone una
riserva di legge relativa (Corte cost., sentenza n. 68/1964). Significa che la
legge può limitarsi a dettare la normativa di carattere generale, demandando
poi ad atti normativi secondari adottati dal potere esecutivo (come i
regolamenti o le ordinanze) la specificazione del dettaglio. Il decreto-legge
n. 6/2020 definisce alcune ipotesi di limitazione (art. 1, co. 2), ma a titolo
esemplificativo, lasciando poi libero il Presidente del Consiglio dei ministri
di stabilire ulteriori misure indefinite (come già ricordato, «ogni misura di
contenimento e di gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della
situazione epidemiologica»: art. 1, co. 1). Di fatto, l’atto legislativo opera
un rinvio “in bianco” all’attività normativa secondaria, senza dettare la
normativa di carattere generale: la riserva di legge, ancorché relativa, non
sembra dunque rispettata.
C) Il rispetto della riserva di legge in materia penale
Una delle conquiste fondamentali dello stato di
diritto è che i cittadini non siano puniti per decisione arbitraria del
detentore del potere, ma in forza di una previa legge che consenta loro di
conoscere, in anticipo e con chiarezza, quali saranno le conseguenze dei loro
comportamenti (tale principio si trova espresso, nel nostro ordinamento,
dall’art. 25, co. 2, Cost., che prevede una riserva di legge assoluta: tale per
cui solo la legge e gli atti aventi forza di legge sono autorizzati a
intervenire in materia penale). Le misure restrittive delle libertà contenute
nei dpcm adottati per far fronte all’emergenza Coronavirus sono invece assai
vaghe, al punto da venire presentate come raccomandazioni anziché come divieti,
pur essendo prevista – sia dal decreto-legge n. 6/2020, sia dai dpcm stessi –
una sanzione penale in caso di loro inosservanza per violazione dell’art. 650
c.p. (ai sensi del quale «chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato
dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine
pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato,
con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro»). Di
fatto, le misure concretamente vincolanti i comportamenti dei cittadini sono
dettate dai dpcm, dunque non dalla legge, in violazione della riserva di legge
assoluta. In più, è difficile dire esattamente che cosa sia vietato e che cosa
sia permesso, il che rende estremamente discrezionale, al limite dell’arbitrio,
la comminazione delle sanzioni.
8. Come sarebbe stato preferibile agire?
Ai sensi dell’art. 77 Cost., in caso di straordinarie
situazioni di necessità e urgenza la strada maestra è l’utilizzo del
decreto-legge. È ragionevole ritenere che le misure maggiormente restrittive
dei diritti costituzionali avrebbero dovuto essere adottate non con dpcm, ma
con altri successivi decreti-legge. Il maggior equilibrio di questo strumento
normativo rispetto al dpcm deriva dal fatto che: (a) è deciso
dal governo nella sua collegialità, (b) è emanato (e quindi
controllato) dal Presidente della Repubblica e (c) è
convertito in legge dal Parlamento. Comporta, dunque, un ben più ampio
coinvolgimento di diversi organi costituzionali. In subordine, sarebbe stato
preferibile ipotizzare che le misure restrittive venissero adottate non con
dpcm, ma con decreto del Presidente della Repubblica (dPR): benché il contenuto
dell’atto avrebbe continuato a essere frutto di decisione governativa, sarebbe
quantomeno stata necessaria la collaborazione del Capo dello Stato, a cui
sarebbe spettato il potere di emanazione (e quindi di controllo).
9. Cosa prevede il decreto-legge n.
19/2020?
Il decreto-legge n. 19/2020 prevede che, su proposta
del Ministro della Salute (o dei Presidenti delle Regioni interessate o, se lo
sono tutte, del Presidente della Conferenza delle Regioni), il Presidente del
Consiglio dei ministri possa adottare tramite proprio decreto (dpcm) una o più
tra le misure espressamente elencate nell’art. 1 del medesimo decreto-legge. È
altresì richiesto il parere, non vincolante, degli altri Ministri interessati
e, salvo abbiano loro formulato la proposta, dei Presidenti delle Regioni
interessate o, se lo sono tutte, del Presidente della Conferenza delle Regioni.
Quali misure concretamente adottare, e su quali porzioni del territorio
nazionale, deve essere stabilito «secondo principi di adeguatezza e
proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del
territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso». Per i profili
tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, va
altresì sentito il Comitato tecnico scientifico istituito dal Capo dipartimento
della Protezione civile. In casi di estrema necessità e urgenza, nelle more
dell’approvazione del dpcm, le misure elencate nell’art. 1 del decreto-legge n.
19/2020 possono essere adottate dal Ministro della Salute con ordinanza emanata
ai sensi dell’art. 32 della legge n. 833/1978. L’emanazione del dpcm fa, poi,
venir meno l’ordinanza.
Tutti i provvedimenti adottati (dpcm e ordinanze del
Ministro della Salute) vanno comunicati alle Camere entro il giorno successivo
all’emanazione; il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui
delegato riferiscono ogni 15 giorni al Parlamento sulle misure adottate.
In caso di aggravamento del rischio sanitario sul
territorio (o su parte del loro territorio) regionale, nelle more
dell’approvazione del dpcm, i Presidenti di Regione possono, con propria
ordinanza, introdurre misure ulteriormente restrittive tra quelle elencate nell’art.
1 del decreto-legge n. 19/2020. L’emanazione del dpcm fa, poi, venir meno
l’ordinanza regionale. I Sindaci e tutte le altre autorità titolari di poteri
di ordinanza non possono, invece, adottare ordinanze in contrasto con quelle
adottate dallo Stato. Le misure adottabili ai sensi dell’art. 1 sono le
seguenti: limitazione della circolazione; chiusura di spazi pubblici;
limitazione o divieto di uscita e ingresso in determinati territori (comunali,
provinciali o regionali); quarantena per malati e persone venute in contatto
con loro; limitazioni o divieto di riunirsi; limitazione o sospensione di
manifestazioni o iniziative pubbliche di qualunque natura; sospensione i
cerimonie civili e religiose; limitazione all’ingresso nei luoghi di culto;
chiusura dei luoghi di aggregazione (cinema, teatri, centri ricreativi, ecc.);
sospensione di riunioni, congressi, convegni; limitazione o sospensione di
manifestazioni ed eventi sportivi e chiusura di palestre, piscine, impianti
sportivi; limitazione o sospensione delle attività ludiche e motorie
all’aperto; limitazione, riduzione, sospensione o soppressione di servizi di
trasporto di persone e di merci; sospensione dei servizi educativi per
l’infanzia, delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado e delle
università; sospensione dei viaggi d’istruzione; limitazione o sospensione dei
servizi museali e dei luoghi di cultura; limitazione della presenza fisica dei
dipendenti negli uffici delle amministrazioni pubbliche, salvi i servizi
essenziali; limitazione o sospensione delle procedure concorsuali; limitazione
o sospensione delle attività commerciali di vendita al dettaglio, salvo quelle
necessarie per assicurare la reperibilità dei generi agricoli, alimentari e di
prima necessità; limitazione o sospensione delle attività di somministrazione
al pubblico di bevande e alimenti; limitazione o sospensione di altre attività
d’impresa o professionali; limitazione allo svolgimento di fiere e mercati;
divieti o limitazioni per gli accompagnatori dei pazienti nelle strutture
sanitarie; limitazione dell’accesso di parenti e visitatori nelle strutture
sanitarie e negli istituti penitenziari. La violazione delle misure prescritte
(dai dpcm o dalle ordinanze ministeriali o regionali) è punita con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000, aumentata
di un terzo se la violazione è compiuta utilizzando un veicolo. È espressamente
esclusa l’applicazione dell’art. 650 c.p. (che era, invece, richiamato dal
decreto-legge n. 6/2020). Solo la violazione della quarantena comporta
l’arresto da 3 a 18 mesi e il pagamento di una somma da euro 500 a euro 5.000.
Le stesse sanzioni amministrative, nella misura minima ridotta alla metà, vanno
a sostituire le sanzioni penali comminate per le violazioni dei dpcm e delle
ordinanze emanati prima dell’adozione del decreto-legge n. 19/2020. Spetta al
Prefetto, avvalendosi delle Forze di polizia e, se necessario, delle Forze
armate, far rispettare le misure restrittive e comminare le sanzioni
amministrative (salvo quelle previste dalle Regioni con le loro ordinanze
provvisorie, che sono comminate dalle Regioni stesse). Infine, il decreto-legge
n. 19/2020 fa salvi gli effetti già prodotti dai dpcm adottati in base al
decreto-legge n. 6/2020 e dalle ordinanze del Ministro della Salute adottate in
base all’art. 32 della legge n. 833/1978 e consente ai dpcm 8.3.2020, 9.3.2020,
11.3.2020 e 22.3.2020 di continuare a produrre nuovi effetti fino alla fine
della propria vigenza e a tutti gli altri atti (dpcm e ordinanze), che siano
ancora in vigore, di continuare a produrre nuovi effetti per dieci giorni.
10. Il decreto-legge n. 19/2020 è
maggiormente rispettoso del dettato costituzionale?
Sì, lo è, anche se non tutte le criticità sono
risolte.
A) Il rispetto del necessario equilibrio
tra gli organi costituzionali
Questo rimane il punto più debole, dal momento che, di
nuovo, con un atto normativo del governo (il decreto-legge), si prevede che le
misure limitative della libertà siano disposte tramite un atto del soggetto che
guida il governo (il Presidente del Consiglio dei ministri che opera tramite
propri decreti: i dpcm). A parziale miglioramento del quadro operano due
elementi: (a) la previsione che le misure adottate siano tempestivamente
comunicate alla Camere e che il Presidente del Consiglio di ministri, o un
ministro da lui delegato, riferiscano sul tema ogni 15 giorni al Parlamento;
(b) l’esplicitazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio
effettivamente presente quali criteri di decisione delle misure da adottare.
Ancor meglio sarebbe stato prevedere l’utilizzo di decreti definiti nel
contenuto sostanziale dal governo ed emanati formalmente dal Presidente della
Repubblica (dPR).
B) Il rispetto della riserva di legge
nella limitazione dei diritti
È positivo che il nuovo decreto-legge definisca in
generale le misure limitative della libertà che possono, poi, essere disposte
nei casi specifici tramite dpcm e ordinanze. In tal modo, la riserva di legge
stabilita dalla Costituzione pare rispettata (diversamente da quanto avveniva
con il decreto-legge n. 6/2020, che attribuiva ai dpcm il compito di dettare
tutte le misure necessarie, senza precisare previamente quali misure potessero
essere prese).
C) Il rispetto della riserva di legge in
materia penale
È altresì positiva la trasformazione delle sanzioni
per il mancato rispetto delle limitazioni da misure penali a misure
amministrative e che ciò valga, retroattivamente, anche per le sanzioni già
comminate come misure penali. Sarebbe ora importante che le limitazioni
venissero definite nella maniera più precisa possibile, in modo da non lasciare
eccessivi margini di discrezionalità alle autorità prefettizie chiamate a farle
rispettare.
Per chi volesse approfondire alcune
tematiche specifiche i seguenti link si collegano ad interventi ed articoli del
Professor Pallante: (cliccare sul titolo)
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