“Biopolitica”, nostra “Parola del mese” di Novembre 2018, è uno dei tanti
concetti che godono di abituale attenzione e considerazione da parte degli
addetti ai lavori, in questo caso quelli che si muovono in ambito filosofico e
politico, ma che non sono più di tanto entrati nell’uso corrente. Magari non
suonano nuovi ed ostici a chi, come immodestamente tutti noi di CircolarMente, cerca
di essere aggiornato su cosa si muove in ambito culturale, ma sono
indubbiamente termini che, per il grande pubblico, entrano in gioco solo quando
chiamati in causa da determinate contingenze. E’ esattamente quanto è successo
per “biopolitica” in occasione della pandemia Covid stante l’inevitabile
ingerenza di molti provvedimenti “politici” su tutti gli aspetti del nostro
vivere quotidiano. Al punto che una prestigiosa rivista filosofica, MicroMega,
ha ritenuto di dedicare il suo ultimo numero proprio ad una riflessione
sull’attualità e sulla validità del concetto di “biopolitica”
Alla domanda “Biopolitica:
inganno o chiave di volta” MicroMega
ha chiamato a rispondere molti importanti filosofi, e dai loro interessanti interventi
emerge una riflessione che va oltre la mera considerazione, positiva o
negativa, della validità di questo concetto. Abbiamo quindi ritenuto
interessante proporre una sintesi di questo dibattito, la quale, è bene chiarirlo,
non mira più di tanto a dar conto del contendere specialistico, e talvolta
personalistico, fra i tanti “addetti ai lavori” chiamati in causa, ma, più modestamente,
si limita a recuperare nei loro interventi spunti generali di riflessione sul
concetto di biopolitica, meglio ancora se da subito utilizzabili per un esame
critico della vicenda pandemica. In questo senso non
riportiamo tutti gli interventi presenti in questo numero di MicroMega, ma solo
quelli che di più ci è sembrato che rispondessero a tale criterio. Per poter meglio comprendere quanto è stato
così sintetizzato è però opportuno richiamare la definizione di definizione di
“biopolitica” a suo tempo inserita nel nostro post di Novembre 2018……
……… Biopolitica sostantivo femminile formato da bio [dal greco βίοs
«come si vive»] e da politica [dal
greco politikè “amministrazione della cosa pubblica, della polis”] = L'insieme delle norme e delle pratiche adottate da uno Stato per
regolare la vita biologica degli individui nelle sue diverse fasi e nei suoi
molteplici ambiti (sessualità, salute, riproduzione, morte, ecc.)…….
Le danze sono aperte
da Paolo Flores d’Arcais (filosofo e pubblicista) nel suo ruolo di Direttore di MicroMega,
con un articolo che,
dichiarando fin dal titolo dichiara la
sua presa di posizione: “Gli inganni di Foucault” , con la sua consueta verve
polemica muove forti critiche al concetto di biopolitica e, più in generale, al
suo “inventore” il filosofo francese Michel Foucault (1926-1984,
filosofo e sociologo francese)
Flores d’Arcais sostiene infatti che proprio
la vicenda pandemica abbia sancito l’inutilità fuorviante del concetto a suo
tempo introdotto da Foucault come chiave di volta di una trasformazione
radicale del ruolo dello Stato, a suo avviso avvenuta nel Sei-Settecento, quando
passa dalla ….. relazione
sovrano-suddito alla presa in carico della vita da parte del potere …. Vale a dire che negli stessi secoli in cui secondo
molti il moderno Stato assumeva pienamente il ruolo della “Sovranità” definita
da Thomas Hobbes (1588-1679) con il suo
Leviatano secondo Foucalt iniziava invece a prendere forma una forma di
potere …… che ha procedure, strumenti, apparati
assolutamente incompatibili con i rapporti di sovranità ….. un meccanismo
di potere che permette di estrarre dai corpi tempo e lavoro più che beni e
ricchezza …… Flores d’Arcais motiva il suo totale disconoscimento
della biopolitica come chiave di lettura della modernità, sostenendo di fatto
la persistente validità della lettura “classica” della sfera del potere, con un
nutrito elenco di critiche. Il primo rilievo che muove a Foucault mira proprio
a colpire l’esistenza di questa presunta novità, a suo avviso infatti il potere
da sempre, per finalità e convenienze varie, si è occupato di ……. organizzare la
vita, un potere che gestisce la vita c’è sempre stato ……. e, conseguentemente, giudica insussistenti le evidenze indicate da Foucault a sostegno del
comparire sulla scena di questa presunta nuova concezione del potere. La vis
polemica, da sempre ben nota, di Flores d’Arcais giunge ad attaccare
apertamente la stessa correttezza metodologica dell’analisi di Foucault che, mentre afferma di essere pervenuto alla
individuazione e formulazione del concetto di biopolitica sulla base della
ricostruzione empirica di processi storici, compie, mascherandola, l’operazione
esattamente opposta, ossia legge i passaggi storici, convenientemente
selezionati a conferma del concetto di biopolitica, con la lente di
ingrandimento della stessa aprioristicamente adottata. Gli elementi
specifici che inducono poi Flores d’Arcais a rigettare la validità del concetto
consistono essenzialmente nei seguenti:
non è vero che questa presunta nuova
forma di potere si sia concretizzata al di fuori del “diritto”, qualunque forma
di intervento sulla vita, costrittiva o liberatrice, ha sempre necessitato di
una …… trascrizione nelle forme di diritto …… per essere effettiva. Tutti gli
elementi, già del loro discutibili, citati a sostegno sono storicamente
rintracciabili in provvedimenti legislativi
non è quindi vero, passaggio che
sancirebbe la novità paradigmatica, che solo dal 600/700 il potere si sia occupato
dell’intero spazio dell’umana esistenza. Seguendo gli esempi citati a sostegno
di questa tesi, a partire dal cibo, è vero l’esatto contrario: da sempre …….. non c’è società senza norme alimentari …… rinvenibili in editti, proclami,
piuttosto che in provvedimenti fiscali per incentivare o disincentivare
l’utilizzo di alcuni cibi
lamentarsi, altro esempio, che la
medicina, con l’avvento della biopolitica, sia diventata una sorta di
coercizione alla “salute” rischia semplicemente di far divenire colpevole il
progresso scientifico e non l’eventuale arroganza e ottusità del potere che
anzi su di esso, e spesso contro di esso, si è (auto)costituito
altra “fola” è la negazione della
repressione sessuale, assunta da Foucault, sempre a causa della sua
idiosincrasia verso ogni azione che miri al “potere”, come una casamatta
strategica della biopolitica. Lo fa, negando l’evidenza storica, al solo fine
di screditare tutti i movimenti che con la modernità si sono opposti in forma
crescente al ruolo del potere come “sovrano” della moralità sessuale
non ha pertanto alcun sostegno
verificabile sostenere che ad agire non sono i poteri bensì le “tecniche”. Di
qualsiasi tecnica si parli la storia da sempre attesta una sua riduzione
funzionale al potere del momento, oltretutto resa esplicita dalla Legge
ancor meno ne ha sostenere che il
potere, quello esercitato dalla sovranità moderna, si sia manifestato a livello
della “vita” ma essendo ispirato dall’idea di “morte”: è sempre stato così,
purtroppo, l’unica cosa che con la modernità è cambiata è la potenza delle armi
accecato dal miraggio biopolitico
Foucault non coglie la vera novità che a cavallo dei due secoli in esame prende
forma sollecitata dall’affermarsi delle logiche economico politiche che
porteranno al capitalismo: la necessità di procurare “corpi” ai meccanismi
produttivi che iniziano a concretizzarsi su larga scala
l’inserimento controllato dei corpi nell’apparato di produzione
non è nato con il capitalismo c’è anche nello schiavismo, nella corvée feudale ……. ma la crescente diversità di
scala produttiva rende indispensabile una loro ampia disponibilità, ed il
massimo utilizzo possibile, della loro “forza lavoro” ed impone quindi l’adozione di misure ad ampio raggio che la
possano garantire
la vera svolta
quindi non è l’affermarsi di una non meglio definita “biopolitica” ma il
concretizzarsi, anche in termini di potere e di leggi, di meccanismi che ……. permettano di estrarre dai corpi tempo e lavori e non più beni e
ricchezza
…….
affermare, conseguentemente, che in
questi due secoli ritenuti cruciali la sovranità del potere sia stata
sostituita da una ……“disciplina dei corpi,
delle vite” …… e che
quindi da lì in poi non abbia più senso lottare per la sola conquista del
potere politico, ha la sola finalità di attaccare i due concetti “politici” di
“rivoluzione” piuttosto che di “riforme” aprioristicamente invisi da Foucault
non ha nessuna base storica, non
coglie i veri processi in corso, confonde i piani sui quali la storia procede
concretamente, non ha adeguati elementi a sostegno, impossibile quindi …… far coincidere le meraviglie del nuovo mondo biopolitico, dove
il potere cura per ognuno l’indispensabile, l’utile ed il superfluo con Oliver
Twist ….. ossia con
la dura realtà della vera vita quotidiana
Consiste,
secondo Flores d’Arcais, proprio in questa sua aprioristica avversità
l’inconsistenza della biopolitica foucaltiana, secondo la quale …… porre il problema in termini di Stato è ancora porlo in termini
di Sovranità e Legge mentre siamo in un mondo nuovo, orizzontale, reticolare ….. lo Stato
è sovrastruttura rispetto alla rete di poteri che passano attraverso i corpi,
la sessualità, la famiglia, gli atteggiamenti, i saperi, le tecniche …… rendendo però così ingestibile,
fluida, imprecisabile ogni vera e seria idea di cambiamento della società per
la semplicissima ragione che la categoria “biopolitica” di fatto …… non ci dice nulla di più e di meglio di quanto già non sapessimo ….. Foucault, a suo avviso, è in
effetti il filosofo del dopo-Sessantotto, quello che scottato dal fallimento di
una rivoluzione impossibile, si inventa una categoria politica “vuota” per
dimostrare, a propria consolazione, che nessun cambiamento, che miri direttamente
al potere, è mai possibile.
Come immediato controcanto a questa dura e radicale critica,
non casualmente interviene a ruota Roberto Esposito (filosofo,
docente di filosofia teoretica, saggista ed editorialista) che con buona parte
della sua produzione saggistica si muove, ampliandolo, proprio nell’alveo del
concetto di biopolitica
Alla
irruente vis polemica di Flores d’Arcais Esposito replica con una garbata
pacatezza che nulla però toglie alla precisa sostanza delle sue
contro-osservazioni. Prima di entrare nel merito delle questioni fa ad esempio notare
a Flores d’Arcais che il nome di Foucault, per qualche buona ragione, è ormai
entrato, da tempo e universalmente, nel novero dei grandi pensatori del Novecento.
Ma soprattutto, in un passaggio che va oltre la semplice loro querelle sul
valore dell’opera di Foucault, pur non negando l’esistenza di alcune sue
contraddizioni, evidenzia che la parte più valida di un pensiero si manifesta
proprio in quei passaggi che di più rappresentano punti di tensione, di
possibile sfondamento dei propri contorni ……. le idee
più geniali nascono proprio dal confronto con le proprie, e altrui,
contraddizioni, non dalla loro cancellazione preventiva ….. Non ha poi senso, a suo avviso,
pretendere che il rapporto tra “sovranità” e “biopolitica” si giochi
esclusivamente su una rigorosa successione storica. E’ sempre stato possibile
che due diversi, se non antagonisti, pensieri di ordine generale per una certa
fase convivano provocando proprio quel tipo di contraddizioni. Ed infine è
opportuno considerare che per Foucault un cambiamento d’epoca non è quasi mai
una operazione univoca e consapevole, quasi sempre invece si manifesta con
tendenze inconsce, incomplete, per l’appunto contraddittorie ………. la storia reale è fatta dell’intreccio, instabile e precario,
tra continuità e discontinuità
…… Venendo quindi nel merito delle critiche di Flores d’Arcais al concetto di
biopolitica riconosce che nel corpo della riflessione foucaultiana esistono
passaggi tra di loro non coerenti se non persino divergenti, ma il cuore del
suo ragionamento resta intatto e valido: tra 1600 e 1700 si manifesta in Europa
una …… nuova meccanica di potere ….. con propri strumenti, apparati e procedure, che nella loro sostanza
……. non sono più riconducibili alla concezione del potere basato
sulla “sovranità” ……
Flores d’Arcais bene intuisce ed ancor meglio evidenzia che il discrimine fra
questi due modelli di potere si gioca nel loro rapporto con la vita e la morte.
Ma è una forzatura di comodo dire che Foucault collochi tutta la sovranità nel
campo della morte e tutta la biopolitica in quello della vita, in entrambi
convivono l’una e l’altra, semmai con una diversa proporzione. Se la sovranità
è il potere che il popolo conferisce al sovrano per essere difeso dalla morte, causata
da violenze, guerre, epidemie e carestie, in cambio della rinuncia all’uso
della violenza, che resta così prerogativa del potere, ne consegue che la
sovranità si rapporta unicamente con sé stessa e con il mandato ricevuto. Se conserva
ed ampia il territorio che le è stato conferito in rapporto alla morte, non è però
dimentica della vita dei sudditi, ma non è comunque quello il suo campo. Verso
la fine del Settecento in Europa interviene un mutamento, una modifica
dell’equilibrio fin lì sbilanciato sul lato della morte: la nuova centralità,
nei calcoli del potere, diventa la vita del popolo. Ed è in questa fase che,
guardando alla vita, sorgono istituzioni come ospedali, scuole, caserme e, non
ultime, fabbriche. Cambia la nozione stessa di sudditi, che si avviano,
all’interno di quelle istituzioni, a divenire cittadini. Consiste in questo
l’avvento della biopolitica, in questo mutamento di equilibrio fra vita e
morte, che, va detto, non meno della sovranità è un dispositivo di potere. E
come tale controlla e governa, promuovendola, l’intera vita dei cittadini. A
partire dalla sessualità, e dal suo aspetto riproduttivo. Aspetto sul quale Flores
d’Arcais sbaglia: Foucault non nega la repressione sessuale, afferma però che
non è su questo piano che si gioca il controllo, e la finalità biopolitica,
della sessualità. Per la quale, così come per tutti gli altri aspetti
costitutivi della vita, la partita del controllo non avviene più, come per la
Sovranità, sul piano della “Legge”, dell’ordine costituito, ma sulla
costruzione di un impianto di “regole di vita”, elevate a “norma”, ossia …….. la forma, mobile e duttile, che la legge assume quando si tratta
di modellare la vita, anziché minacciarla di continue sanzioni ….. In questa evoluzione del rapporto
fra potere e popolo, fra vita e morte, consiste il paradigma biopolitico. Che
resta valido nella sua visione di base. Anche se, e qui Esposito fa entrare in
scena la propria concezione evolutiva di biopolitica, ha progressivamente
assunto la veste “dell’immunizzazione”. Non è questa la sede per affrontare
questo concetto in modo anche solo minimamente compiuto, è opportuno sapere che
l’idea di “immunità” di Esposito nasce dalla constatazione che qualsiasi
“comunità” si forma su due snodi: da una parte il senso positivo del “munus”,
del “dono” reciproco di attenzione, di “cura”, alla base del legame comunitario
di solidarietà, dall’altra il senso negativo di escludere da questo dono,
ovvero dalla inclusione nella comunità, chi ne è esente perché percepito
estraneo, portatore di pericoli, quasi sempre quindi chi “viene da fuori”.
Nessun corpo sociale può sopravvivere senza un suo sistema immunitario di
protezione, ma se …….. i sistemi immunitari
sono necessari, devono essere tenuti sotto una certa soglia, oltre la quale
minacciano di dissolvere la stessa comunità ……..
Ed è esattamente quanto, a suo avviso, si sta rischiano di vivere nella attuale
contemporaneità, alla quale si è giunti dopo aver attraversato quattro fasi di
evoluzione della biopolitica. La prima, quella che, come si è detto, si delinea
all’interno della sovranità ed è quindi ancora mediata dai grandi apparati
dello Stato, alla quale segue la seconda in cui la biopolitica completa il
percorso di permeare ogni aspetto sociale ed esistenziale, sostenuta dal pieno avvento,
come sapere specialistico, della scienza biologica, nella quale rientra con un
ruolo fondamentale il darwinismo. La terza fase è poi quella che vede la
tragica evoluzione di quest’ultimo nel socio-darwinismo, nel razzismo
mascherato da scienza, nella follia nazista, nel ritorno della morte come strumento
principe nella lotta per la vita. La quarta ed ultima fase, quella in cui
stiamo vivendo, si manifesta a partire dagli anni Sessanta, con la vita che, in
reazione al dramma della fase precedente, torna al centro della scena grazie
all’avvento del Welfare, e poi del crescente predominio scientifico della
genetica. E’ questa la fase in cui si realizza la piena sovrapposizione tra il
“biologico” ed il “politico”, quella però in cui questo connubio è sempre più
caratterizzato dalla richiesta di “immunizzazione”, di adozione di politiche e
pratiche sociali che puntino a renderci “immuni” da tutto ciò che sembra poter
minacciare la biologia fattasi politica. E non si chiama “immuni” la stessa
app., peraltro mal riuscita, di tracciamento anticovid? C’è materia quindi per
ritenere, contrariamente a quanto sostiene Flore d’Arcais, che “biopolitica”
sia ancora la chiave di lettura del mondo contemporaneo, anche se minacciata da
questo errato e pericoloso eccesso immunitario.
E’ molto più tranchant la presa di posizione di Jean-Luc Nancy (1940, filosofo francese, saggista,
sostenitore di un idea dell’esistenza come “esibizione corporea”).
….. conosco poco l’italiano, mi pare che il dialogo fra Flores
d’Arcais ed Esposito sia molto lungo ed intenso attorno ad un termine che mi è
sempre parso confuso e poco operativo
….. Ma la confusione attorno al concetto di biopolitica non è solo personale,
in buona misura indotta da una certa dose di indeterminazione presente nella
stessa elaborazione di Foucault, questo termine non è mai riuscito ad avere una
sua definita interpretazione. …… i termini filosofici
smarriscono facilmente il loro esatto significato quando sono estrapolati dal
loro contesto …… Ed è
esattamente ciò che è successo a “biopolitica” che ha assunto declinazioni
diverse a seconda del contesto in cui è utilizzata. Oggi sembra prevalere
quella più politica che la utilizza, in senso negativo, per definire
l’ingerenza del potere politico su ogni aspetto della vita umana. Ma è in ogni
caso complesso capirne meglio il significato per la semplice ragione che
“biopolitica” è un termine composto da due parole che sono già del loro un
miscuglio di significati. Bio, che non significa “vita” ma “forme della vita”,
è in molti termini che indicano tutto ed il contrario di tutto, fino ad essere
divenuto un suffisso che da solo nulla ci dice su quale vita, o forma di vita,
si intende intervenire. Peggio ancora per “politica”, un termine che con lo
svuotamento dei centri di potere tradizionali, ormai trasferitisi in quelli di
gestione economico-tecnologici, ha perso quasi del tutto la sua consistenza. E quindi,
a giustificazione della personale confusione, ma soprattutto di quella diffusa,
ormai non si sa più che cosa si debba intendere per biopolitica per la semplice
ragione che …… due concetti monchi non
possono produrre un ibrido vitale ….. La
vicenda pandemica ha poi messo a nudo che, qualunque possa essere la giusta
declinazione di biopolitica, viviamo in un epoca in cui le politiche, la
Politica, altro non esprimono che calcoli: sulle possibilità di sviluppo, di
benefici, di risparmi, di sicurezza, di salute, di sopravvivenza. In un epoca
in cui invece ……. ciò di cui abbiamo
bisogno si trova ormai al di fuori della politica e anche della vita …..
Non esattamente una conclusione confortante, ma nella sua stringatezza Nancy ha bene messo a nudo l’indeterminatezza che sembra aver assunto il termine “biopolitica”. E per capire la sua validità come chiave di lettura del presente è quantomeno indispensabile condividerne l’interpretazione. Un altro intervento che evidenzia questa difficoltà di interpretazione è quello di Carlo Sini (filosofo dell’Accademia dei Lincei, saggista e attuale condirettore di Nòema rivista online di filosofia)
E’
anche possibile che biopolitica sia stata per un certo periodo un concetto, un
termine “alla moda”, ma i contributi che su di essa sono venuti dallo stesso
Esposito piuttosto che da Giorgio Agamben testimoniano alti livelli di
approfondimento. Che in qualche modo hanno riscattato l’originario difetto di
eccesso ideologico da parte di Foucault. Un velo ideologico che ha in parte
impedito di entrare di più e meglio nel merito di cosa si debba intendere con
questo termine. Così come con altri ad esso collegati quali: “corpo”, “vita”,
“nuda vita”. In effetti, nonostante gli innegabili progressi nel campo delle
scienze che si occupano di corpo e vita, ancora si afferma nel loro trattarne filosofico
una concezione decisamente “classica”. Nella stessa biopolitica, sebbene lo
tesso Foucault abbia prestato buona attenzione al sapere “biologico”, che cosa
si deve intendere per “corpi viventi”? Per di più “assoggettati al potere”! E’ sicuramente il caso di capirlo meglio
guardando alle attuali tesi dell’epigenetica (una branca della
genetica che studia i cambiamenti, genotipici, che avvengono all’interno di una
cellula o di un organismo, prima del realizzarsi di variazioni del fenotipo.
Sini è autore con Carlo Alberto Rodi, epigenista di fama, del saggio “Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può
dirsi umano?”) che confortate da evidenze sperimentali hanno attestato la
profonda ed incessante influenza sul genoma delle relazioni con l’intera gamma
dei fattori ambientali; fisici, chimici, sociali, culturali, psicologici, etc.,
dalla quale ……. discende la necessità
di ridefinire chi e cosa è quel fenotipo che fino a ieri chiamavano “individuo”
e oggi dobbiamo chiamare con-dividuo, la quale impegna la stessa filosofia a
rielaborare i concetti sociali, relazionali, psicologici, giuridici, eccetera ….. Una evidenza
che, inserita in una inaggirabile visione evoluzionista, comporta la
constatazione che …… nessuno nasce nudo,
ogni corpo porta con se quell’intreccio e quell’insieme di saperi
comportamentali …. Vale a dire che ben al di là di ogni possibile consapevole
concretizzazione di biopolitiche ….. l’umano, ed il suo genoma, è in tutti i sensi il prodotto in
costante divenire del suo essere sociale …….
E’ indiscutibile l’esistenza di dispositivi di governo dei
cittadini che hanno lo scopo di sorvegliare la nostra vita biologica per
aumentarne efficienza e durata, ossia in ultima istanza la loro produttività.
Se è questa la sostanza della biopolitica la sua esistenza è fuori di
discussione. E’ semmai importante comprendere, entrando nel merito della
querelle sulla biopolitica così come è stata intesa da Foucault, che questo
stato di cose non è un sistema “imposto” da un regime, ma è un complesso di
saperi/poteri che ha formato lo stretto intreccio dell’economia politica con la
scienza della popolazione avendo come base comune la moderna biologia. …….. se il dispositivo è vero è impossibile liberarsene perché esso
non è un apparato di governo su una popolazione reticente ma perché è nella
natura di questa l’adeguamento spontaneo a quelle regole. Il dispositivo
totale, per così dire …… Ma queste intuizioni feconde di Foucault, scomparso nel
1984, non sono state purtroppo adeguate alla successiva evoluzione del quadro
sociale, economico, ma soprattutto tecnologico. ….. oggi sono
le emozioni e le cognizioni l’oggetto dei dispositivi di sapere/potere che
controllano le nostre vite …… E tutto questo succede nell’atto di sottomissione
volontaria più diffuso di sempre. La cessione gratuita che, più o meno
consapevolmente, miliardi di individui quotidianamente fanno di informazioni
sulle loro preferenze, abitudini, gusti, opinioni politiche, e tutto quello che
transita nei mille canali di utilizzo di tecnologie di comunicazione e
navigazione in Rete, alimentano una impressionante capacità di raccolta dati,
personali prima e collettivi poi, alla base di tecniche sempre più sofisticate
di “micro-targeting”, definite dal nuovo strumento della “psicografia”, una
sorta di fotografia che di tutti viene fatta evidenziando non solo i banali
dati anagrafici ma ogni specifica inclinazione ed orientamento. ….. nuove
tecnologie di sorveglianza globale che scompongono le menti in subcategorie
emotive e bersagliano ogni modulo mentale con un messaggio diverso ….. Per dirla in
termini filosofici siamo entrati, volontariamente, in un panopticon, il carcere
ideale in cui un solo sorvegliante controlla simultaneamente tutti i detenuti,
in cui miliardi di individui sono sorvegliati, e indirizzati, da un piccolo
insieme di algoritmi. L’importante è riuscire a catturare …. l’attenzione ……. dell’individuo, lo stato mentale che è diventato, in
luogo del corpo, la risorsa biopolitica per eccellenza. Ci sono ormai le
condizioni per sostituire bio con neuro e confluire quindi nella
“neuropolitica”.
Procedendo nelle varie interpretazioni, e conseguenti aggiunte e modifiche, del concetto di biopolitica forse si corre il rischio di un eccesso di specializzazione, perdendo così di vista il quadro generale entro il quale collocare le singole opinioni. L’intervento di Carlo Galli (filosofo, docente di Storia delle Dottrine Politiche, deputato nelle fila della sinistra e saggista) è utile a recuperare una visione d’insieme, storica ed epistemologica
Chiudiamo questa sintesi con il contributo presentato da
Miguel Benasayag (filosofo e psicoanalista argentino
trapiantato in Francia, saggista autore di molte opere fra le quali segnaliamo
la sua ultima “Cinque lezioni di complessità” - Feltrinelli 2020) che filtra il
complesso delle idee che compongono l’idea di biopolitica di Foucault con un
approccio diverso da tutti quelli precedenti. Non a caso il titolo del suo
articolo cita “Del buon uso di Foucault” intendendo proprio
l’uso personale che Benasayag ne ha fatto e fa. Ci sia concesso di esprimere un
giudizio altrettanto personale: è in effetti l’intervento che è sembrato più
apprezzabile, per tre ragioni: il suo disincantato approccio alla “filosofia”,
e soprattutto a quella filosofia troppo mossa dall’ambizione di definire una
sorta di “teoria del tutto” alla quale aderire in modo quasi fideistico ed al
collegato dibattere accademico fine a sé stesso - la sua costante attenzione a
tenere fermo al centro il rapporto con la concreta realtà – il giudizio di
merito sull’idea di biopotere fatto confluire in una visione del vivente non
solo umano. Benasayag ha sviluppato questo articolo scrivendolo in prima
persona, ci è sembrato corretto e intrigante mantenerla pur operando la solita riduzione
sintetica
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