giovedì 14 gennaio 2021

Biopolitica: inganno o chiave di volta?

 

Biopolitica”, nostra “Parola del mese” di Novembre 2018, è uno dei tanti concetti che godono di abituale attenzione e considerazione da parte degli addetti ai lavori, in questo caso quelli che si muovono in ambito filosofico e politico, ma che non sono più di tanto entrati nell’uso corrente. Magari non suonano nuovi ed ostici a chi, come immodestamente tutti noi di CircolarMente, cerca di essere aggiornato su cosa si muove in ambito culturale, ma sono indubbiamente termini che, per il grande pubblico, entrano in gioco solo quando chiamati in causa da determinate contingenze. E’ esattamente quanto è successo per “biopolitica” in occasione della pandemia Covid stante l’inevitabile ingerenza di molti provvedimenti “politici” su tutti gli aspetti del nostro vivere quotidiano. Al punto che una prestigiosa rivista filosofica, MicroMega, ha ritenuto di dedicare il suo ultimo numero proprio ad una riflessione sull’attualità e sulla validità del concetto di “biopolitica”

Alla domanda “Biopolitica: inganno o chiave di volta” MicroMega ha chiamato a rispondere molti importanti filosofi, e dai loro interessanti interventi emerge una riflessione che va oltre la mera considerazione, positiva o negativa, della validità di questo concetto. Abbiamo quindi ritenuto interessante proporre una sintesi di questo dibattito, la quale, è bene chiarirlo, non mira più di tanto a dar conto del contendere specialistico, e talvolta personalistico, fra i tanti “addetti ai lavori” chiamati in causa, ma, più modestamente, si limita a recuperare nei loro interventi spunti generali di riflessione sul concetto di biopolitica, meglio ancora se da subito utilizzabili per un esame critico della vicenda pandemica. In questo senso non riportiamo tutti gli interventi presenti in questo numero di MicroMega, ma solo quelli che di più ci è sembrato che rispondessero a tale criterio. Per poter meglio comprendere quanto è stato così sintetizzato è però opportuno richiamare la definizione di definizione di “biopolitica” a suo tempo inserita nel nostro post di Novembre 2018……

……… Biopolitica sostantivo femminile formato da  bio [dal greco βίοs «come si vive»] e da  politica [dal greco politikè “amministrazione della cosa pubblica, della polis”] = L'insieme delle norme e delle pratiche adottate da uno Stato per regolare la vita biologica degli individui nelle sue diverse fasi e nei suoi molteplici ambiti (sessualità, salute, riproduzione, morte, ecc.)…….

Le danze sono aperte da Paolo Flores d’Arcais (filosofo e pubblicista) nel suo ruolo di Direttore di MicroMega,


con un articolo che, dichiarando  fin dal titolo dichiara la sua presa di posizione: “Gli inganni di Foucault” , con la sua consueta verve polemica muove forti critiche al concetto di biopolitica e, più in generale, al suo “inventore” il filosofo francese Michel Foucault (1926-1984, filosofo e sociologo francese)

Flores d’Arcais sostiene infatti che proprio la vicenda pandemica abbia sancito l’inutilità fuorviante del concetto a suo tempo introdotto da Foucault come chiave di volta di una trasformazione radicale del ruolo dello Stato, a suo avviso avvenuta nel Sei-Settecento, quando passa dalla ….. relazione sovrano-suddito alla presa in carico della vita da parte del potere …. Vale a dire che negli stessi secoli in cui secondo molti il moderno Stato assumeva pienamente il ruolo della “Sovranità” definita da Thomas Hobbes (1588-1679) con il suo Leviatano secondo Foucalt iniziava invece a prendere forma una forma di potere  …… che ha procedure, strumenti, apparati assolutamente incompatibili con i rapporti di sovranità ….. un meccanismo di potere che permette di estrarre dai corpi tempo e lavoro più che beni e ricchezza …… Flores d’Arcais motiva il suo totale disconoscimento della biopolitica come chiave di lettura della modernità, sostenendo di fatto la persistente validità della lettura “classica” della sfera del potere, con un nutrito elenco di critiche. Il primo rilievo che muove a Foucault mira proprio a colpire l’esistenza di questa presunta novità, a suo avviso infatti il potere da sempre, per finalità e convenienze varie, si è occupato di ……. organizzare la vita, un potere che gestisce la vita c’è sempre stato ……. e, conseguentemente, giudica insussistenti  le evidenze indicate da Foucault a sostegno del comparire sulla scena di questa presunta nuova concezione del potere. La vis polemica, da sempre ben nota, di Flores d’Arcais giunge ad attaccare apertamente la stessa correttezza metodologica dell’analisi di Foucault che,  mentre afferma di essere pervenuto alla individuazione e formulazione del concetto di biopolitica sulla base della ricostruzione empirica di processi storici, compie, mascherandola, l’operazione esattamente opposta, ossia legge i passaggi storici, convenientemente selezionati a conferma del concetto di biopolitica, con la lente di ingrandimento della stessa  aprioristicamente adottata. Gli elementi specifici che inducono poi Flores d’Arcais a rigettare la validità del concetto consistono essenzialmente nei seguenti:

*   non è vero che questa presunta nuova forma di potere si sia concretizzata al di fuori del “diritto”, qualunque forma di intervento sulla vita, costrittiva o liberatrice, ha sempre necessitato di una …… trascrizione nelle forme di diritto …… per essere effettiva. Tutti gli elementi, già del loro discutibili, citati a sostegno sono storicamente rintracciabili in provvedimenti legislativi

*   non è quindi vero, passaggio che sancirebbe la novità paradigmatica, che solo dal 600/700 il potere si sia occupato dell’intero spazio dell’umana esistenza. Seguendo gli esempi citati a sostegno di questa tesi, a partire dal cibo, è vero l’esatto contrario: da sempre …….. non c’è società senza norme alimentari …… rinvenibili in editti, proclami, piuttosto che in provvedimenti fiscali per incentivare o disincentivare l’utilizzo di alcuni cibi

*   lamentarsi, altro esempio, che la medicina, con l’avvento della biopolitica, sia diventata una sorta di coercizione alla “salute” rischia semplicemente di far divenire colpevole il progresso scientifico e non l’eventuale arroganza e ottusità del potere che anzi su di esso, e spesso contro di esso, si è (auto)costituito

*   altra “fola” è la negazione della repressione sessuale, assunta da Foucault, sempre a causa della sua idiosincrasia verso ogni azione che miri al “potere”, come una casamatta strategica della biopolitica. Lo fa, negando l’evidenza storica, al solo fine di screditare tutti i movimenti che con la modernità si sono opposti in forma crescente al ruolo del potere come “sovrano” della moralità sessuale

*   non ha pertanto alcun sostegno verificabile sostenere che ad agire non sono i poteri bensì le “tecniche”. Di qualsiasi tecnica si parli la storia da sempre attesta una sua riduzione funzionale al potere del momento, oltretutto resa esplicita dalla Legge

*   ancor meno ne ha sostenere che il potere, quello esercitato dalla sovranità moderna, si sia manifestato a livello della “vita” ma essendo ispirato dall’idea di “morte”: è sempre stato così, purtroppo, l’unica cosa che con la modernità è cambiata è la potenza delle armi

*   accecato dal miraggio biopolitico Foucault non coglie la vera novità che a cavallo dei due secoli in esame prende forma sollecitata dall’affermarsi delle logiche economico politiche che porteranno al capitalismo: la necessità di procurare “corpi” ai meccanismi produttivi che iniziano a concretizzarsi su larga scala

*   l’inserimento controllato dei corpi nell’apparato di produzione non è nato con il capitalismo c’è anche nello schiavismo, nella corvée feudale ……. ma la crescente diversità di scala produttiva rende indispensabile una loro ampia disponibilità, ed il massimo utilizzo possibile, della loro  “forza lavoro” ed impone quindi  l’adozione di misure ad ampio raggio che la possano garantire

*   la vera svolta quindi non è l’affermarsi di una non meglio definita “biopolitica” ma il concretizzarsi, anche in termini di potere e di leggi, di meccanismi che ……. permettano di estrarre dai corpi tempo e lavori e non più beni e ricchezza …….

*   affermare, conseguentemente, che in questi due secoli ritenuti cruciali la sovranità del potere sia stata sostituita da una ……“disciplina dei corpi, delle vite” …… e che quindi da lì in poi non abbia più senso lottare per la sola conquista del potere politico, ha la sola finalità di attaccare i due concetti “politici” di “rivoluzione” piuttosto che di “riforme” aprioristicamente invisi da Foucault

*   non ha nessuna base storica, non coglie i veri processi in corso, confonde i piani sui quali la storia procede concretamente, non ha adeguati elementi a sostegno, impossibile quindi …… far coincidere le meraviglie del nuovo mondo biopolitico, dove il potere cura per ognuno l’indispensabile, l’utile ed il superfluo con Oliver Twist ….. ossia con la dura realtà della vera vita quotidiana

Consiste, secondo Flores d’Arcais, proprio in questa sua aprioristica avversità l’inconsistenza della biopolitica foucaltiana, secondo la quale …… porre il problema in termini di Stato è ancora porlo in termini di Sovranità e Legge mentre siamo in un mondo nuovo, orizzontale, reticolare ….. lo Stato è sovrastruttura rispetto alla rete di poteri che passano attraverso i corpi, la sessualità, la famiglia, gli atteggiamenti, i saperi, le tecniche …… rendendo però così ingestibile, fluida, imprecisabile ogni vera e seria idea di cambiamento della società per la semplicissima ragione che la categoria “biopolitica” di fatto …… non ci dice nulla di più e di meglio di quanto già non sapessimo ….. Foucault, a suo avviso, è in effetti il filosofo del dopo-Sessantotto, quello che scottato dal fallimento di una rivoluzione impossibile, si inventa una categoria politica “vuota” per dimostrare, a propria consolazione, che nessun cambiamento, che miri direttamente al potere, è mai possibile.

Come immediato controcanto a questa dura e radicale critica, non casualmente interviene a ruota Roberto Esposito (filosofo, docente di filosofia teoretica, saggista ed editorialista) che con buona parte della sua produzione saggistica si muove, ampliandolo, proprio nell’alveo del concetto di biopolitica


Alla irruente vis polemica di Flores d’Arcais Esposito replica con una garbata pacatezza che nulla però toglie alla precisa sostanza delle sue contro-osservazioni. Prima di entrare nel merito delle questioni fa ad esempio notare a Flores d’Arcais che il nome di Foucault, per qualche buona ragione, è ormai entrato, da tempo e universalmente, nel novero dei grandi pensatori del Novecento. Ma soprattutto, in un passaggio che va oltre la semplice loro querelle sul valore dell’opera di Foucault, pur non negando l’esistenza di alcune sue contraddizioni, evidenzia che la parte più valida di un pensiero si manifesta proprio in quei passaggi che di più rappresentano punti di tensione, di possibile sfondamento dei propri contorni ……. le idee più geniali nascono proprio dal confronto con le proprie, e altrui, contraddizioni, non dalla loro cancellazione preventiva ….. Non ha poi senso, a suo avviso, pretendere che il rapporto tra “sovranità” e “biopolitica” si giochi esclusivamente su una rigorosa successione storica. E’ sempre stato possibile che due diversi, se non antagonisti, pensieri di ordine generale per una certa fase convivano provocando proprio quel tipo di contraddizioni. Ed infine è opportuno considerare che per Foucault un cambiamento d’epoca non è quasi mai una operazione univoca e consapevole, quasi sempre invece si manifesta con tendenze inconsce, incomplete, per l’appunto contraddittorie ………. la storia reale è fatta dell’intreccio, instabile e precario, tra continuità e discontinuità …… Venendo quindi nel merito delle critiche di Flores d’Arcais al concetto di biopolitica riconosce che nel corpo della riflessione foucaultiana esistono passaggi tra di loro non coerenti se non persino divergenti, ma il cuore del suo ragionamento resta intatto e valido: tra 1600 e 1700 si manifesta in Europa una …… nuova meccanica di potere ….. con propri strumenti,  apparati e procedure, che nella loro sostanza ……. non sono più riconducibili alla concezione del potere basato sulla “sovranità” …… Flores d’Arcais bene intuisce ed ancor meglio evidenzia che il discrimine fra questi due modelli di potere si gioca nel loro rapporto con la vita e la morte. Ma è una forzatura di comodo dire che Foucault collochi tutta la sovranità nel campo della morte e tutta la biopolitica in quello della vita, in entrambi convivono l’una e l’altra, semmai con una diversa proporzione. Se la sovranità è il potere che il popolo conferisce al sovrano per essere difeso dalla morte, causata da violenze, guerre, epidemie e carestie, in cambio della rinuncia all’uso della violenza, che resta così prerogativa del potere, ne consegue che la sovranità si rapporta unicamente con sé stessa e con il mandato ricevuto. Se conserva ed ampia il territorio che le è stato conferito in rapporto alla morte, non è però dimentica della vita dei sudditi, ma non è comunque quello il suo campo. Verso la fine del Settecento in Europa interviene un mutamento, una modifica dell’equilibrio fin lì sbilanciato sul lato della morte: la nuova centralità, nei calcoli del potere, diventa la vita del popolo. Ed è in questa fase che, guardando alla vita, sorgono istituzioni come ospedali, scuole, caserme e, non ultime, fabbriche. Cambia la nozione stessa di sudditi, che si avviano, all’interno di quelle istituzioni, a divenire cittadini. Consiste in questo l’avvento della biopolitica, in questo mutamento di equilibrio fra vita e morte, che, va detto, non meno della sovranità è un dispositivo di potere. E come tale controlla e governa, promuovendola, l’intera vita dei cittadini. A partire dalla sessualità, e dal suo aspetto riproduttivo. Aspetto sul quale Flores d’Arcais sbaglia: Foucault non nega la repressione sessuale, afferma però che non è su questo piano che si gioca il controllo, e la finalità biopolitica, della sessualità. Per la quale, così come per tutti gli altri aspetti costitutivi della vita, la partita del controllo non avviene più, come per la Sovranità, sul piano della “Legge”, dell’ordine costituito, ma sulla costruzione di un impianto di “regole di vita”, elevate a “norma”, ossia …….. la forma, mobile e duttile, che la legge assume quando si tratta di modellare la vita, anziché minacciarla di continue sanzioni ….. In questa evoluzione del rapporto fra potere e popolo, fra vita e morte, consiste il paradigma biopolitico. Che resta valido nella sua visione di base. Anche se, e qui Esposito fa entrare in scena la propria concezione evolutiva di biopolitica, ha progressivamente assunto la veste “dell’immunizzazione”. Non è questa la sede per affrontare questo concetto in modo anche solo minimamente compiuto, è opportuno sapere che l’idea di “immunità” di Esposito nasce dalla constatazione che qualsiasi “comunità” si forma su due snodi: da una parte il senso positivo del “munus”, del “dono” reciproco di attenzione, di “cura”, alla base del legame comunitario di solidarietà, dall’altra il senso negativo di escludere da questo dono, ovvero dalla inclusione nella comunità, chi ne è esente perché percepito estraneo, portatore di pericoli, quasi sempre quindi chi “viene da fuori”. Nessun corpo sociale può sopravvivere senza un suo sistema immunitario di protezione, ma se …….. i sistemi immunitari sono necessari, devono essere tenuti sotto una certa soglia, oltre la quale minacciano di dissolvere la stessa comunità …….. Ed è esattamente quanto, a suo avviso, si sta rischiano di vivere nella attuale contemporaneità, alla quale si è giunti dopo aver attraversato quattro fasi di evoluzione della biopolitica. La prima, quella che, come si è detto, si delinea all’interno della sovranità ed è quindi ancora mediata dai grandi apparati dello Stato, alla quale segue la seconda in cui la biopolitica completa il percorso di permeare ogni aspetto sociale ed esistenziale, sostenuta dal pieno avvento, come sapere specialistico, della scienza biologica, nella quale rientra con un ruolo fondamentale il darwinismo. La terza fase è poi quella che vede la tragica evoluzione di quest’ultimo nel socio-darwinismo, nel razzismo mascherato da scienza, nella follia nazista, nel ritorno della morte come strumento principe nella lotta per la vita. La quarta ed ultima fase, quella in cui stiamo vivendo, si manifesta a partire dagli anni Sessanta, con la vita che, in reazione al dramma della fase precedente, torna al centro della scena grazie all’avvento del Welfare, e poi del crescente predominio scientifico della genetica. E’ questa la fase in cui si realizza la piena sovrapposizione tra il “biologico” ed il “politico”, quella però in cui questo connubio è sempre più caratterizzato dalla richiesta di “immunizzazione”, di adozione di politiche e pratiche sociali che puntino a renderci “immuni” da tutto ciò che sembra poter minacciare la biologia fattasi politica. E non si chiama “immuni” la stessa app., peraltro mal riuscita, di tracciamento anticovid? C’è materia quindi per ritenere, contrariamente a quanto sostiene Flore d’Arcais, che “biopolitica” sia ancora la chiave di lettura del mondo contemporaneo, anche se minacciata da questo errato e pericoloso eccesso immunitario.

E’ molto più tranchant la presa di posizione di Jean-Luc Nancy (1940, filosofo francese, saggista, sostenitore di un idea dell’esistenza come “esibizione corporea”).


….. conosco poco l’italiano, mi pare che il dialogo fra Flores d’Arcais ed Esposito sia molto lungo ed intenso attorno ad un termine che mi è sempre parso confuso e poco operativo ….. Ma la confusione attorno al concetto di biopolitica non è solo personale, in buona misura indotta da una certa dose di indeterminazione presente nella stessa elaborazione di Foucault, questo termine non è mai riuscito ad avere una sua definita interpretazione. …… i termini filosofici smarriscono facilmente il loro esatto significato quando sono estrapolati dal loro contesto …… Ed è esattamente ciò che è successo a “biopolitica” che ha assunto declinazioni diverse a seconda del contesto in cui è utilizzata. Oggi sembra prevalere quella più politica che la utilizza, in senso negativo, per definire l’ingerenza del potere politico su ogni aspetto della vita umana. Ma è in ogni caso complesso capirne meglio il significato per la semplice ragione che “biopolitica” è un termine composto da due parole che sono già del loro un miscuglio di significati. Bio, che non significa “vita” ma “forme della vita”, è in molti termini che indicano tutto ed il contrario di tutto, fino ad essere divenuto un suffisso che da solo nulla ci dice su quale vita, o forma di vita, si intende intervenire. Peggio ancora per “politica”, un termine che con lo svuotamento dei centri di potere tradizionali, ormai trasferitisi in quelli di gestione economico-tecnologici, ha perso quasi del tutto la sua consistenza. E quindi, a giustificazione della personale confusione, ma soprattutto di quella diffusa, ormai non si sa più che cosa si debba intendere per biopolitica per la semplice ragione che …… due concetti monchi non possono produrre un ibrido vitale ….. La vicenda pandemica ha poi messo a nudo che, qualunque possa essere la giusta declinazione di biopolitica, viviamo in un epoca in cui le politiche, la Politica, altro non esprimono che calcoli: sulle possibilità di sviluppo, di benefici, di risparmi, di sicurezza, di salute, di sopravvivenza. In un epoca in cui invece ……. ciò di cui abbiamo bisogno si trova ormai al di fuori della politica e anche della vita …..

Non esattamente una conclusione confortante, ma nella sua stringatezza Nancy ha bene messo a nudo l’indeterminatezza che sembra aver assunto il termine “biopolitica”. E per capire la sua validità come chiave di lettura del presente è quantomeno indispensabile condividerne l’interpretazione. Un altro intervento che evidenzia questa difficoltà di interpretazione è quello di Carlo Sini (filosofo dell’Accademia dei Lincei, saggista e attuale condirettore di Nòema rivista online di filosofia)


E’ anche possibile che biopolitica sia stata per un certo periodo un concetto, un termine “alla moda”, ma i contributi che su di essa sono venuti dallo stesso Esposito piuttosto che da Giorgio Agamben testimoniano alti livelli di approfondimento. Che in qualche modo hanno riscattato l’originario difetto di eccesso ideologico da parte di Foucault. Un velo ideologico che ha in parte impedito di entrare di più e meglio nel merito di cosa si debba intendere con questo termine. Così come con altri ad esso collegati quali: “corpo”, “vita”, “nuda vita”. In effetti, nonostante gli innegabili progressi nel campo delle scienze che si occupano di corpo e vita, ancora si afferma nel loro trattarne filosofico una concezione decisamente “classica”. Nella stessa biopolitica, sebbene lo tesso Foucault abbia prestato buona attenzione al sapere “biologico”, che cosa si deve intendere per “corpi viventi”? Per di più “assoggettati al potere”! E’ sicuramente il caso di capirlo meglio guardando alle attuali tesi dell’epigenetica (una branca della genetica che studia i cambiamenti, genotipici, che avvengono all’interno di una cellula o di un organismo, prima del realizzarsi di variazioni del fenotipo. Sini è autore con Carlo Alberto Rodi, epigenista di fama, del saggio “Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano?) che confortate da evidenze sperimentali hanno attestato la profonda ed incessante influenza sul genoma delle relazioni con l’intera gamma dei fattori ambientali; fisici, chimici, sociali, culturali, psicologici, etc., dalla quale ……. discende la necessità di ridefinire chi e cosa è quel fenotipo che fino a ieri chiamavano “individuo” e oggi dobbiamo chiamare con-dividuo, la quale impegna la stessa filosofia a rielaborare i concetti sociali, relazionali, psicologici, giuridici, eccetera ….. Una evidenza che, inserita in una inaggirabile visione evoluzionista, comporta la constatazione che …… nessuno nasce nudo, ogni corpo porta con se quell’intreccio e quell’insieme di saperi comportamentali …. Vale a dire che ben al di là di ogni possibile consapevole concretizzazione di biopolitiche  ….. l’umano, ed il suo genoma, è in tutti i sensi il prodotto in costante divenire del suo essere sociale …….

Sembra quindi sempre più necessario secondo Nancy e, con più cognizione scientifica, secondo Sini che il suffisso “bio” nel termine biopolitica debba essere inteso in ben altra accezione rispetto a quella “classica” che accomuna, al di là delle loro divergenze, Foucault, Flores d’Arcais, ed Esposito. Ma ha ancora senso immaginare, nella attuale contemporaneità, che la biopolitica guardi ancora ai “corpi dei viventi? O al contrario è tempo di pensare che il vero obiettivo sia quell’oggetto, altrettanto biologico, costituito da “mente/cervello”? E’ quello che pensa Gloria Origgi (Filosofa e scrittrice, lavora all’Ecole Supériore di Parigi dove si occupa di scienze sociali)

E’ indiscutibile l’esistenza di dispositivi di governo dei cittadini che hanno lo scopo di sorvegliare la nostra vita biologica per aumentarne efficienza e durata, ossia in ultima istanza la loro produttività. Se è questa la sostanza della biopolitica la sua esistenza è fuori di discussione. E’ semmai importante comprendere, entrando nel merito della querelle sulla biopolitica così come è stata intesa da Foucault, che questo stato di cose non è un sistema “imposto” da un regime, ma è un complesso di saperi/poteri che ha formato lo stretto intreccio dell’economia politica con la scienza della popolazione avendo come base comune la moderna biologia. …….. se il dispositivo è vero è impossibile liberarsene perché esso non è un apparato di governo su una popolazione reticente ma perché è nella natura di questa l’adeguamento spontaneo a quelle regole. Il dispositivo totale, per così dire …… Ma queste intuizioni feconde di Foucault, scomparso nel 1984, non sono state purtroppo adeguate alla successiva evoluzione del quadro sociale, economico, ma soprattutto tecnologico. ….. oggi sono le emozioni e le cognizioni l’oggetto dei dispositivi di sapere/potere che controllano le nostre vite …… E tutto questo succede nell’atto di sottomissione volontaria più diffuso di sempre. La cessione gratuita che, più o meno consapevolmente, miliardi di individui quotidianamente fanno di informazioni sulle loro preferenze, abitudini, gusti, opinioni politiche, e tutto quello che transita nei mille canali di utilizzo di tecnologie di comunicazione e navigazione in Rete, alimentano una impressionante capacità di raccolta dati, personali prima e collettivi poi, alla base di tecniche sempre più sofisticate di “micro-targeting”, definite dal nuovo strumento della “psicografia”, una sorta di fotografia che di tutti viene fatta evidenziando non solo i banali dati anagrafici ma ogni specifica inclinazione ed orientamento.  ….. nuove tecnologie di sorveglianza globale che scompongono le menti in subcategorie emotive e bersagliano ogni modulo mentale con un messaggio diverso ….. Per dirla in termini filosofici siamo entrati, volontariamente, in un panopticon, il carcere ideale in cui un solo sorvegliante controlla simultaneamente tutti i detenuti, in cui miliardi di individui sono sorvegliati, e indirizzati, da un piccolo insieme di algoritmi. L’importante è riuscire a catturare …. l’attenzione ……. dell’individuo, lo stato mentale che è diventato, in luogo del corpo, la risorsa biopolitica per eccellenza. Ci sono ormai le condizioni per sostituire bio con neuro e confluire quindi nella “neuropolitica”.

Procedendo nelle varie interpretazioni, e conseguenti aggiunte e modifiche, del concetto di biopolitica forse si corre il rischio di un eccesso di specializzazione, perdendo così di vista il quadro generale entro il quale collocare le singole opinioni. L’intervento di Carlo Galli (filosofo, docente di Storia delle Dottrine Politiche, deputato nelle fila della sinistra e saggista) è utile a recuperare una visione d’insieme, storica ed epistemologica


 Senza entrare nel merito delle opinioni espresse da Flores d’Arcais e da Esposito è necessario  inserire ogni giudizio sulla biopolitica, così come è stata formulata da Foucault, nel percorso del moderno pensiero filosofico/politico. Il quale, per definirlo in una visione d’insieme che il più possibile comprenda tutte le sue articolazioni, è in sostanza l’esercizio di una critica razionale dell’esistente strutturata, in estrema sintesi, in tre distinte dimensioni: quella dell’economia politica, ovvero la creazione e la distribuzione delle ricchezza; quella dell’ordine politico, la forma e l’esercizio del potere; ed infine quella della vita, individuale e collettiva, ossia i modi concreti con i quali si articola l’esistenza umana.  ……… la modernità politica è costituita dall’intreccio costitutivo di queste tre dimensioni alle quali la ragione tecnico-scientifica, acquisizione trionfale della Modernità, conferisce forza ed efficacia …. Ogni singola dimensione si è sviluppata confrontandosi progressivamente con i problemi e le contraddizioni del proprio specifico ambito, ma anche dal confronto, dalla interconnessione, con le altre due dimensioni assumendo, nella concretezza dei processi della Modernità occidentale, le rispettive vesti del capitalismo, dello Stato e della democrazia rappresentativa, e del governo dei corpi. Una ricostruzione, estremamente sintetica e finalizzata al solo scopo di individuare le traiettorie di massima entro le quali far confluire una straordinaria gamma di teorie filosofiche e politiche e processi storici, non può non avere partenza che da Hobbes ……. padre venerando e terribile del Moderno …….. e dalla sua concezione di una politica come …… costrutto razionale che ha l’obiettivo di salvare la vita fisica dei singoli e di consentire loro di godere dei frutti della loro operosità ……. Su questa base, che ambiva a tenere insieme le tre dimensioni di cui si è detto, si sono poi sviluppate, in un crescendo intensissimo, tutte le scuole di pensiero della modernità e della contemporaneità occidentale. In un quadro che, all’insegna di una ancor più consistente sintesi, sono suddivisibili in due filoni: quello, più lineare e progressivo, dell’esercizio massimo del “razionalismo”, della fiduciosa cartesiana capacità della ragione di sciogliere i nodi dell’incessante progresso sociale ed economico, e quello, più intricato e tormentato, sintetizzabile come “irrazionalismo” che, mosso dalla sfiducia verso l’empirismo razionalistico e accentuato dal crescere di contraddizioni nell’idea stessa di progresso, sfocia in una costante dialettica degli opposti piuttosto che in un vero e proprio pensiero “negativo”. All’interno di questi due filoni si sono articolate e definite tutte le singole posizioni del pensiero filosofico/politico, comunque accomunate dall’ambizione di dare soluzione all’intreccio delle tre dimensioni del Moderno. Così, a puro titolo esemplificativo, Marx ha pensato la critica dell’economia politica come quella risolutiva per l’insieme delle tre dimensioni, mentre all’opposto Karl Schmidt ha ritenuto che quella dell’ordine politico, ispirata da un forte decisionismo teleologico, dovesse prevalere ed ispirare le altre due. La posizione di Foucault in questo quadro storico può essere definita come quella che mette al centro della modernità la dimensione della vita nella forma assunta di biopolitica e di sapere/potere. Lo scopo di questa ricostruzione storica e logica è quello di uscire dalla trappola di giudicare la biopolitica attraverso un percorso autoreferenziale ….. questa rapida genealogia del pensiero di Foucault ha lo scopo di renderlo, a sua volta, oggetto e non solo soggetto di critica, tenta di inserirlo in un contesto che lo spiega, anziché essere spiegato dalle sue categorie ……. Diventa così meglio comprensibile la sua ambizione di spiegare il mondo senza ricorrere alla struttura (economia politica) ed al soggetto (il Politico) ma muovendo dalle pratiche di vita ispirate dalla scienza e dalle nuove regole che coinvolgono e normalizzano vita, lavoro, linguaggio. Operazione così complessa da non poter essere esente da limiti, contraddizioni, complessità irrisolte. La biopolitica, così come intesa da Foucault, crea di fatto l’ordine civile e sociale un perenne campo di battaglia quotidiana, in cui sono spesso indistinguibili soggetto ed oggetto, pubblico e privato, sovranità (potere che nega) e logiche governamentali (potere che afferma), che coinvolge, con divieti o con spinte positive, sempre più ispirati dalla scienza, nascite, morti, salute, benessere, sessualità, ogni modo di vita. Al di là delle singole contraddizioni, alcune delle quali ben evidenziate da Flores d’Arcais, porre la dimensione della vita, nella sua versione biopolitica, al centro del delicato equilibrio filosofico/politico moderno comporta inevitabilmente il rischio di …… rendere il potere biopolitico, e le resistenze ad esso, protagonista assoluto e solitario dell’età tardo moderna e contemporanea …… lasciando quindi in modo eccessivo sullo sfondo gli altri poteri: quello economico, che non sempre in sintonia con il biopolitico, ha con la globalizzazione imposto una unificazione globale del concetto di “vita”, e quello politico, con le tante lotte di diversa natura contro i poteri costituiti che non sono determinate dal solo biopolitico. Con il rischio di una fissità dello sguardo che sembra far pensare che  ……. il controllo della vita sia l’unica preoccupazione del potere ……. Volendo, con una certa dose di schematismo, collocare il pensiero di Foucault in uno dei due filoni in precedenza individuati il suo posto non potrebbe non essere che in quello dell’irrazionalismo, del ……. pensiero negativo che tende a trasformare il reale in un campo di forze, a dissolverlo in effetti di potere o di conflitto ….. Insomma il paradigma biopolitico deve essere trattato con prudenza e, seppur tenendo in debito conto il fatto che buona parte del suo successo è legata alla giusta critica del potere disciplinare che, soprattutto con l’avvento della Rete, si è fatto sempre più invasivo, non può essere assunto a paradigma assoluto se non unico ……. più che leggere la politica solo come biopolitica sarà il caso di interpretare il biopotere come uno degli aspetti del potere visto come incrocio imperfetto e sconnesso di molte dimensioni ….

Chiudiamo questa sintesi con il contributo presentato da Miguel Benasayag (filosofo e psicoanalista argentino trapiantato in Francia, saggista autore di molte opere fra le quali segnaliamo la sua ultima “Cinque lezioni di complessità” - Feltrinelli 2020) che filtra il complesso delle idee che compongono l’idea di biopolitica di Foucault con un approccio diverso da tutti quelli precedenti. Non a caso il titolo del suo articolo cita “Del buon uso di Foucault” intendendo proprio l’uso personale che Benasayag ne ha fatto e fa. Ci sia concesso di esprimere un giudizio altrettanto personale: è in effetti l’intervento che è sembrato più apprezzabile, per tre ragioni: il suo disincantato approccio alla “filosofia”, e soprattutto a quella filosofia troppo mossa dall’ambizione di definire una sorta di “teoria del tutto” alla quale aderire in modo quasi fideistico ed al collegato dibattere accademico fine a sé stesso - la sua costante attenzione a tenere fermo al centro il rapporto con la concreta realtà – il giudizio di merito sull’idea di biopotere fatto confluire in una visione del vivente non solo umano. Benasayag ha sviluppato questo articolo scrivendolo in prima persona, ci è sembrato corretto e intrigante mantenerla pur operando la solita riduzione sintetica



 Devo premettere che ben prima di leggere Foucault mi sono sempre accostato alla filosofia come ad una ……. cassetta degli attrezzi …… ricca di concetti che acquistavano senso e valore solo se messi in relazione al concreto dell’esistenza. In questo senso sono relativamente distante dalla filosofia puramente accademica e diffido delle elaborazioni sistemiche e totalizzanti, vale a dire che …… la filosofia mi interessa solo nella misura in cui mi serve e me ne servo per pensare concretamente a quello che succede …… Con questo spirito mi sono rapportato con l’idea di biopolitica di Foucault perché al tempo, primi anni Ottanta, mi è sembrata un pensiero capace di leggere bene la complessità di quel periodo di grandi trasformazioni. …… il mio rapporto con Foucault, lungi dal voler giudicare se ha ragione o meno, consiste nell’uso, forse persino spregiudicato, dei suoi concetti ……… L’ho giudicato un pensiero che accompagna la fine di un’era, quella dell’antropocentrismo, del cartesianesimo, del soggetto moderno, che ci chiama all’attenzione sull’attacco brutale in atto contro il vivente, sul tentativo di frammentare l’intero organico, cervello umano compreso, in un universo macchinico e algoritmico. Il biologico, è nella sua natura farlo, reagisce a questi attacchi ma si esprime solo negativamente, per dire di no, e lo fa con l’aumento delle patologie cancerogene piuttosto che virali, con il cambiamento climatico e le catastrofi naturali. ……. il concetto di biopotere mi serve per designare questa imponente offensiva lanciata contro il vivente …… indicando la direzione d’indagine da perseguire, quella sul vivente in tutte le sue forme e sull’onnipotenza di un potere che ambisce a disporre della vita in tutte le sue manifestazioni. Non penso poi, per venire ad una delle critiche di Flores d’Arcais, che il concetto di biopotere sia alternativo ad una visione più ampia di poteri al plurale: lo Stato, la finanza, la grande industria, le centrali tecnologiche. La complessità della realtà contemporanea è tale da farli costantemente entrare tutti in gioco, compreso va da sé il biopotere. Non è facile avere questa consapevolezza, da questa complessità così impegnativa tentiamo di fuggire molto spesso dimenticandola, trascurandola. Con il rischio che ne consegue di ……. dimenticare la dimenticanza …… di concentrarci sulle singole problematiche, e sul singolo potere che a queste si rapporta, fino a ritenere, o comunque ad agire come se così fosse, che …… la realtà sia davvero quella che ci appare alla luce di queste dimenticanze ….. Questo vale soprattutto per le forme di pensiero che evolvono in ideologie, ogni ideologia è concentrata solo sul pezzo di realtà che ritiene centrale. E’ possibile che, al di là delle convinzioni di Foucault, anche la biopolitica abbia via via assunto caratteri ideologici così marcati da cadere in questa limitazione. Con tutte le ricadute che ne conseguono, la più importante delle quali è l’insufficiente e limitata lettura della realtà. Althusser giustamente diceva che ……. nell’ideologia le risposte precedono le domande ….. Al di là del mio personale uso di Foucault questo è il rischio che vedo nell’odierna biopolitica, essendo al contrario convinto della sempre più stretta interconnessione di tutte le problematiche della contemporaneità, e conseguentemente di tutte le lotte che si propongono di fronteggiarle. Ed il collante che tiene insieme questa interconnessione è in ultima istanza proprio il problema della vita, del vivente, della sua sopravvivenza e della sua evoluzione guidata da evidenti interessi. In una esperienza di lotta in Francia contro la costruzione dell’ennesimo aeroporto è stato coniato uno slogan che sintetizza perfettamente questa evidenza ….. noi non difendiamo la natura, noi siamo la natura che si difende ….. Queste lotte contro l’invadenza del biopotere sul vivente rimandano ad un altro aspetto del pensiero di Foucault che ha mantenuto la sua validità. La necessità di ripensare il soggetto che agisce, che lotta, che non può più essere un soggetto dotato di coscienza e volontà ma distinto, separato, dal resto del vivente. Sarebbe l’ennesima riproposizione di un antropocentrismo, in questo caso salvifico, che si ritiene comunque un soggetto separato dal mondo. In questo senso una corretta visione biopolitica, interconnessa come si è detto con le altre sensibilità, può aiutare l’essere umano al …… ritorno dall’esilio, una espressione che uso spesso per sottolineare che la condizione dell’umanità moderna fuori dalla natura è una condizione di esilio …… In sintesi nella misura in cui la biopolitica, presa dalla cassetta degli attrezzi, mi aiuta ad mettere a fuoco questi passaggi per me resta una risorsa preziosa. Che, andando oltre Foucault, perfezionerei per farla diventare uno strumento che intervenga su tutto il bios e non solo quello umano ….. quel complesso della vita, quel tessuto del vivente, che eccede l’umano di cui pure l’essere umano fa parte ….. Allo stesso modo, recupererei il concetto di biopotere, ma operando una netta distinzione tra potere e potenza. Il potere nel migliore dei casi è gestione e difesa dello status quo, nel peggiore opposizione violenta verso ogni cambiamento. Ma il cambiamento è possibile solo con una potenza che irrompa dal basso, divenendo prima contropotere e poi, se valida e condivisa, nuovo potere. Ma questa potenza non può avere una dimensione piramidale che punti esclusivamente verso l’alto, verso la sfera del potere. Di nuovo il biopotere ci aiuta a correttamente decentrarla, a individuarla ed attivarla in ogni ambito delle nostre vite. Forse Foucault si ferma qui, forse non ci aiuta, da solo, a pensare riforme, cambiamento delle istituzioni e del diritto. Forse non è nelle sue corde fare questo. ……. quel che non c’è nella cassetta degli attrezzi di Foucault può allora essere pescato altrove …… Un’ultima considerazione sul rapporto tra biopolitica, biopotere, e pandemia: è indubitabile il rischio già segnalato da Foucault che la medicina, quale dispositivo di sapere/potere e quale monopolio specialistico eserciti un approccio dogmatico sui nostri corpi. Ma non arrivo a condannare la medicina in quanto tale, la questione è sempre quella della decisione condivisa del suo uso  …… se la medicina si autoconferisce un ruolo prescrittivo e repressivo nuoce alla potenza dei corpi, se la medicina diventa un’arte della cura è un altro discorso …..



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