sabato 2 gennaio 2021

La Parola del mese - Gennaio 2021

 

La parola del mese

 A turno si propone una parola, evocativa di pensieri collegabili ed in grado di aprirsi verso nuove riflessioni

GENNAIO 2021

   

LIMITE

 (senso del…..concetto di….)

  (vocabolario online Treccani, estratto) lìmite = ……confine, linea terminale o divisoria…….confine ideale, livello massimo e l’estremo grado a cui può giungere una cosa, un’azione…….il termine spaziale, temporale, morale, comportamentale che non può o non deve essere superato…….

 Il nostro programma di incontri del 2015/2016 aveva come titolo “Confini”, un concetto che, legando fra di loro tematiche all’apparenza non così vicine, già mirava a far riflettere sui tanti processi, sociali, economici, culturali, scientifici, che in qualche modo stavano superando barriere fin lì ritenute invalicabili. La nostra attenzione, e quella dei relatori, era giustamente  concentrata sulle singole tematiche e sul loro scavalcare, positivo o negativo, un “confine”, il quale quindi non divenne in quanto tale specifico tema di riflessione. Negli anni successivi è poi però certamente cresciuta in tutti noi la sensazione che il vertiginoso progresso in molti campi stesse sempre più riproponendo la centralità del tema del superamento di limiti. Non a caso diverse nostre iniziative, ad esempio quelle sugli sviluppi tecnologici dell’informazione e dell’Intelligenza Artificiale, hanno riguardato i contraddittori scenari che tali progressi inevitabilmente comportano. E poi è successo che l’improvvisa, anche se da più parti già paventata, irruzione della pandemia Covid19 ci ha drammaticamente posto di fronte ai terribili rischi che lo scavalcamento dei confini, in questo caso quello tra mondo umano e mondo animale, tra zone abitate e zone selvagge, può comportare. Rendendo così ancora più urgente la necessità di riflettere non solo sulle specifiche ricadute che questo incessante scavalcamento trascina con sé, ma proprio sul rapporto che l’attuale modernità ha ormai sviluppato verso il limite” in quanto tale. Due domande si stanno imponendo: l’umanità del nuovo millennio ancora possiede un “senso del limite”? ovvero come viene oggi concretamente vissuto e declinato il “concetto di limite”? Le possibili risposte si aprono verso una gamma infinita di riflessioni che ovviamente non possono essere anche solo minimamente avviate nell’ambito di questa “parola del mese”.  Ma resta, a nostro avviso urgente, proprio per l’incessante procedere “oltre” di un progresso che appare sempre più infinito, recuperare più condivise conoscenza, consapevolezza, padronanza di un concetto, quello del “limite” che, da sempre presente nella cultura umana, potrebbe essere un importante fattore nella definizione e nella applicazione di un “principio di responsabilità” indispensabile per (ri)governare processi quanto mai complessi. In attesa di proporre in alcuni dei nostri futuri post spunti e suggestioni in questo senso completiamo questa “parola del mese” con una sintetica panoramica della evoluzione storica di questo concetto.  Si tratta di una semplice traccia costruita integrando annotazioni varie sulla falsariga della riflessione, ben più approfondita, che sull’idea di “limite” ci ha offerto in uno dei suoi ultimi saggi, dal titolo omonimo, Remo Bodei, uno dei più importanti filosofi italiani, purtroppo recentemente scomparso. (Gli spunti integrali tratti dal saggio di Bodei sono evidenziati in corsivo blu).


Il concetto di limite

L’origine etimologica del termine limite si trova in due sostantivi latini: limes, che lo declina come termine, confine, linea di demarcazione”, e limen che invece lo definisce come “soglia, ingresso, inizio”. Su questa sua duplice, e contrapposta, radice etimologica si fonda il carattere ambiguo e complesso che da sempre caratterizza il concetto di limite. Questa sua originaria complessità si è poi tradotta in ulteriori diverse interpretazioni a seconda dei contesti tematici nei quali in qualche modo si evidenzia l’esistenza di un possibile limite. Difficile se non impossibile ricostruire con esattezza quando, e come, il concetto di limite sia divenuto una componente della natura e della cultura umana, sicuramente ha giocato un ruolo importante la consapevolezza dei limiti fisiologici dell’animale uomo, non particolarmente veloce, forte, possente, ed i cui cinque sensi non sono così specializzati rispetto a quelli di altri animali. L’acquisizione di questa consapevolezza può al tempo stesso aver rappresentato una decisiva spinta a dotarsi di “tecniche”, di “strumenti”, utili a compensare tali limitazioni fisiche. Altrettanto complesso è poi ricostruire in che modo l’uomo abbia riconosciuto e vissuto, oltre a quelli del proprio corpo, l’esistenza di limiti imposti dall’ambiente esterno. Una parte dei quali ha sicuramente giocato un ruolo decisivo nell’evoluzionistico sviluppo del raggrupparsi in comunità, del dotarsi di rifugi e difese, piuttosto che di incentivo al nomadismo. Quel che però è certo è che l’ambiente esterno non è stato considerato solo come ostile e pieno di pericoli, l’uomo primitivo comprendeva bene che tutte le fonti della sua sopravvivenza erano da esso fornite. Non stupisce quindi che un significativo tassello culturale, a lungo esistente prima dell’affermarsi della “civiltà”, sia consistito nell’animismo, ossia nel considerare l’intera natura come un essere vivente e spirituale, al quale prestare il giusto rispetto sia per evitarne i possibili pericoli sia per rendergli grazie per i doni offerti. Un atteggiamento culturale che si è articolato, e successivamente rafforzato con la comparsa in scena del sacro, del divino,  con il nascere dei miti e dei tabù presenti in tutte le culture umane. Quello che importa cogliere in questo primigenio rapporto dell’uomo con il limite è il persistente manifestarsi di una evoluzionistica istintiva “propensione” a non subirne passivamente l’esistenza, e quindi a tentare di aggirarli, di sorpassarli, fatto salvo, ma non sempre nemmeno quello, il rispetto per quelli rafforzati da un valore sacrale  ……

……. La condizione della specie umana è contraddistinta dall’essere circoscritta da limiti che sono mobili e cangianti, in quanto – a differenza degli altri animali – ha una storia articolata in culture che si modificano nel corso del tempo. Con il paradosso che l’uomo è l’essere confinario che non ha confini, proprio perché nel trovarli, per lo più, li supera……

Bodei introduce in questo passaggio come centrale l’evoluzione storica basata su culture che si modificano; alla base di tutte, nel mondo occidentale, sta indubbiamente la cultura greca, la quale nasce e si evolve in gran misura proprio attorno al concetto di limite. Per il filosofo presocratico Anassimandro all’origine di ogni cosa vi è l’Apeiron, l’infinito, l’indistinto, l’illimitato, l’inconoscibile, il cui movimento rotatorio, come una sorta di Big Bang, genera, rompendone l’originaria unità, l’apparizione di tutti gli enti reali e distinti, la realtà così come la conosciamo. Per Anassimandro quindi ciò che si può conoscere è soltanto il mondo delle cose finite e limitate, la cui forma limitata costituisce esattamente l’essenza delle cose. Non stupisce quindi ritrovare nelle concezioni geografiche greche e romane, poi riprese a lungo in quelle medioevali, l’idea che anche il mondo abitato dagli uomini fosse compreso entro limiti insuperabili: le colonne d’Ercole (di Gibilterra), il Mar Rosso ed il Mare del Nord con l’Ultima Thule. Più in generale nella cultura greca il concetto di limite va ben oltre l’ontologia dei caratteri universali della realtà piuttosto che le invalicabili barriere geografiche e coinvolge ogni aspetto della vita umana, dall’etica alla politica …..

…….. in Aristotele, ed il suo insegnamento farà scuola, viene infatti considerato degno di nota e preso in esame solo ciò che è finito. La perfezione consiste per ciascun essere nell’avere un limite (peras in greco)…….

Questa fondamentale importanza del limite si combina con un altro concetto centrale: quello della polarità. Se tutta la realtà, è sempre Anassimandro a dirlo, si forma nella rottura dell’Apeiron con l’incontro/scontro dei contrari, i quali si confermano a vicenda come la notte con il giorno, così anche la vita umana è contrassegnata da dualità: ad esempio il bene ed il male, la passione e la razionalità. Non è quindi nella natura umana la ricomposizione unitaria dell’irraggiungibile Apeiron e gli uomini non possono andare oltre il posto che la Natura ha assegnato loro. L’uomo che non accetta questo limite, che non fa del metron, la misura, la norma per gestire le proprie dualità, la regola del proprio vivere, commette hybris, e cioè tracotanza, eccesso, superbia, orgoglio, esponendosi cosi alla nemesis, la vendetta, degli dei……

….andare oltre i confini, i limiti, stabiliti dalla divinità, ta metra Dios, è hybris che viene sanzionata quale esorbitante pretesa di modificare lo stato delle cose…….

Prometeo, il ladro del fuoco, e Icaro, con la sua pretesa di volare, sono entrambi eterni testimoni del peccato di hybris. Nella così circoscritta attività umana la stessa tecnica, secondo i Greci, doveva sottostare al rispetto dei limiti…….

…….. a parte qualche tentativo di intervento sulla natura grazie a tecniche che però non dovevano alterarla la cultura antica non conosceva, e non avrebbe condiviso, il pathos per il progresso ….

Il modo di intendere il concetto di limite della cultura greca transita, anche attraverso quella romana, nella civiltà cristiana medioevale assumendo però un carattere diverso strettamente connesso al passaggio dal politeismo al monoteismo. Se per i greci il limite era inteso come medietà tra forze contrarie ed opposte e gli Dei si facevano custodi e severi giudici di chi commetteva hybris per il cristianesimo medioevale il limite diventa il segno distintivo della sottomissione dell’uomo a Dio in quanto tale. L’uomo, secondo la teologia cristiana, nasce imperfetto, avendo già nell’Eden colpevolmente violato il limite imposto, e non può che orientare tutta la sua vita a recuperare la perfezione del ritorno a Dio vivendo in piena osservanza dei dogmi e dei precetti divini di cui la Chiesa è depositaria. Dogmi e precetti che prescrivono cosa e come può essere fatto, e cosa è vietato all’uomo fissando così limiti che, essendo parola di Dio, non possono essere in alcun modo valicati per non commettere peccato mortale ed essere così condannati a dannatio aeterna. Due sono le possibili complicazioni negative che derivano da un credo religioso in cui la parola di Dio è contemplata da testi sacri, dal Libro di Dio: la discrezionalità della loro interpretazione ed il rischio di una lettura meccanicamente grammaticale. Non a caso quindi molti dei limiti così sanciti si sono inevitabilmente scontrati con il progresso culturale che in tutta l’Europa si afferma al termine del Medioevo. Con il trecentesco umanesimo inizia infatti la crisi di questa impalcatura ideologica. È questa l’epoca nella quale prende avvio quella che Remo Bodei definisce la “fissazione della modernità”……

……. Sebbene si debba rifuggire da una concezione trionfalistica della modernità essa ha indubbiamente rovesciato i principali dogmi ereditati dalla religione cristiana…. ha distrutto le possenti mura che impedivano alla conoscenza di penetrare negli arcana naturae, negli arcana Dei e negli arcana imperii  ……..

Si è così aperta una fase di continue svolte, in cui le sfide ai limiti imposti dalla tradizione, trovano un primo decisivo conforto nel superamento dei limiti geografici, la progressiva ricerca di terrae incognitae, non solo amplia, ben oltre le sole Colonne d’Ercole, i confini delle terre conosciute ma al tempo stesso certifica la legittimità di sguardi che vadano “oltre” in ogni campo. Una articolata e complessa fase che progredisce lungo diversi secoli, ovviamente qui nemmeno sinteticamente riassumibile, che trova un suo primo decisivo compimento con la cartesiana esaltazione della ragione e poi, definitivamente, con l’illuminismo settecentesco che sancisce l’avvento dell’epoca della piena modernità. Accanto al pensiero razionale che per essere tale non può contemplare limitazione il Settecento, e ancor di più l’Ottocento, vedono il prepotente affacciarsi sulla scena di due decisivi fattori: l’economia e la tecnica. Entrambi si inverano all’insegna della totale libertà di movimento e del radicale rifiuto, dapprima meditato e fortemente voluto poi progressivamente sempre più evoluto in uno schema mentale pressoché inconsapevole, di ogni limite. Così si muove e si struttura l’economico capitalistico dapprima all’insegna del “laissez-faire” e poi con l’insofferenza verso ogni ingerenza limitativa da parte della politica, e allo stesso modo si rapporta con le proprie finalità la tecnica, convinta di perseguire, non avendo limiti, un indefinito e infinito miglioramento della vita umana, ad iniziare, guarda caso,  dalla “produzione”. E’ da questo connubio fra il pensiero razionale, che si ritiene legittimato alla conoscenza senza confini, l’economico, che non accetta barriere, e la tecnica, che si autonomina salvifica risorsa umana, che si completano al culmine della modernità otto/novecentesca le basi dell’attuale concetto di limite. Ovvero del suo sempre più evidente ridimensionamento. Non mancano lungo questo percorso voci e riflessioni che già colgono rischi e contraddizioni, fra le tante come non citare quella di Leopardi ……. le magnifiche sorti e progressive ……. e poi il …… “Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso” ….. nella “Gaia scienza” di Nietzsche ……

…… non è un grido di giubilo perché scarica sugli uomini la terribile responsabilità di vivere in un mondo privo di stabili punti di riferimento e tendenzialmente votato al nichilismo ……

Ma nulla sembra più in grado di fermare questa corsa che non ha ormai un traguardo ultimo da raggiungere, “l’andare oltre è ormai la cifra dei nostri tempi ……

……… Se andare oltre i limiti stabiliti dalla divinità era nel passato una hybris il proiettarsi verso l’ignoto costituisce il maggior vanto dell’età moderna…….Il limite è ormai  immancabilmente provvisorio, chiude per aprire, è fatto per essere sormontato. Questo è il senso più pregnante della parola progresso che non coincide più né con la trasgressione né con la hybris, ma si nutre piuttosto del bottino strappato agli arcana naturae, agli arcana Dei e agli arcana imperii……..

Il contemporaneo rifiuto del limite, consapevole o inconsapevole che sia, ormai questo comporta, e nulla pare in grado di fermarlo, non ci sono riuscite le pur autorevoli voci contrarie ma neppure le due immani tragedie belliche del Novecento che, con il connesso Olocausto, tragicamente attestano che l’assenza di limite si è ormai estesa in campo etico. Fino ai giorni nostri in cui l’umanità è chiamata a rispondere a due segnali di allarme, indubbiamente provocati da questa inarrestabile corsa verso “l’oltre”, due ultimi appelli ad una nuova riflessione sul concetto di limite, o meglio ancora sulla sua attuale assenza: la sempre più ingestibile fragilità eco-sistemica del Pianeta e l’affacciarsi crescente di livelli di disuguaglianza economica e sociale che ormai investono l’intera popolazione mondiale. Entrambi rappresentano il banco di prova decisivo per verificare la capacità umana di salvare il pianeta e di realizzare una maggiore giustizia sociale, e come tali richiedono politiche mirate ed efficaci, in grado di intervenire su tutte le componenti che le compongono a partire dal ruolo e dalla qualità del progresso tecnologico. Ed appare ormai altrettanto evidente il ruolo centrale di un nuovo concetto del limite per poterle definire ed attuare. Non appare impresa facile, le stanze della politica appaiono, anche in questa fase pandemica, impermeabili a riflessioni che vadano oltre la gestione dell’ordinario e che non siano ispirate dal logoro mito della “crescita”. Ma è tutta la cultura umana che è chiamata ad uno sforzo straordinario ……..

……….La generica domanda “in che misura siamo entrati in un mondo dai confini labili o inesistenti” si dovrebbe suddividere in questi specifici interrogativi:

*   ci sono limiti che, diversamente da quelli scientifici o intellettuali, non dovremmo mai infrangere?

*   mediante quali criteri dobbiamo distinguere gli ostacoli che è giusto o lecito rovesciare?

Domande che ruotano attorno ad una (ri)definizione del concetto di limite che certo non può più essere quello degli antichi, e nemmeno quello affidato a società teocratiche, ma che al tempo stesso impone una revisione autocritica dell’intero percorso della modernità pur nel riconoscimento dei suoi grandissimi meriti nello sviluppo dell’umanità …….

………. Il punto è che per comprendere davvero il limite bisognerebbe comprenderlo da entrambi i lati, per tracciare un limite al pensiero dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limite, dovremmo cioè poter pensare quello che pensare non si può………

Sperando infine di poter smentire l’amara constatazione di Machiavelli, peraltro poi ben condivisa fra gli altri da Nietzsche, Simone Weil e Foucault, sulla capacità dell’uomo di vivere con il metron greco, con temperanza e misura ………….

 ..tenere la via di mezzo non si può perché la nostra natura non ce lo concede…

 

P.S. =  Questo post era già pronto per essere pubblicato quando ci siamo imbattuti,  leggendo un articolo di Carlo Galli (docente di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Bologna, saggista – il suo ultimo testo “Forme della critica” ha suggerito “criticismo” come “parola del mese” di Novembre 2020) che commentava il tormentato avvio della campagna di vaccinazione covid, nel seguente passaggio che esemplifica, al di là delle specifiche finalità dell’articolo, uno schema mentale, diffuso e condiviso a destra come a sinistra, relativo al rapporto tra scienza e natura, da tenere ben presente nell’avviare una nuova riflessione sul senso del limite ……

…….  la scienza ha in prospettiva l’obiettivo di garantire la signoria dell’Uomo sulla natura, o almeno di sottrarci il più possibile dal dominio della natura su di noi. La natura va indagata perché sia meglio domata, va studiata perché sia meglio utilizzata, perché si possa fare del mondo, esterno ed ostile, la casa dell’Uomo …..

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