Dati e numeri sono elementi fondamentali
per raccontare e capire una vicenda pandemica, e così è stato, è, per quella
che da ormai un anno ha colpito l’intero pianeta, persino con un eccesso nella
loro raccolta e diffusione incontrollata. Un fenomeno che abbiamo analizzato
nella “Parola del mese” dello scorso Dicembre: infodemia. I dati ed i numeri
raccolti testimoniano al tempo stesso le priorità, i diversi gradi di
attenzione, con i quali viene letta la pandemia nel suo insieme. Non stupisce
di certo che quelli sanitari, epidemiologici, abbiano la preminenza, e allo
stesso modo che subito dopo seguano quelli relativi alle ricadute su economia e
disagio sociale. Ma, con l’esclusione di questi due aspetti, sembra prevalere,
per tutte le altre componenti del quadro globale delle ricadute pandemiche, una
preoccupante carenza di informazioni adeguate. E’ il caso del “mondo della
cultura” inteso in senso lato, a noi di CircolarMente ovviamente molto caro. A partire
ad esempio dagli stessi dati e numeri dell’impatto sulla scuola, insufficienti o
troppo poco analizzati e diffusi, ma ancor più è difficile reperirne per la
variegata costellazione di imprese e attività che compongono la “cultura”
diffusa del nostro paese. Un primo, significativo, recupero è venuto in questi
giorni dall’Osservatorio di Impresa cultura della Confcommercio. Lo
pubblichiamo perché, seppure nella sua sinteticità, offre uno spaccato
oggettivo di quanto si è verificato in questo mondo nel corso del 2020. Dati e
numeri si commentano da sé. E ancora non sono sufficienti: si riferiscono infatti
esclusivamente a quanto è successo alle “imprese culturali”. Sfugge ancora il
vastissimo mondo dell’associazionismo culturale, e sociale, in gran misura
sostenuto dal volontariato, e la sensazione è purtroppo quella che qui si stia
verificando un disastro ancora più grave. Sicuramente non è semplice
raccogliere dati e numeri riferiti ad un processo per ora in gran parte sotterraneo
che riguarda una platea vastissima e difficilmente misurabile di circoli,
iniziative di base, momenti di incontro, gruppi eterogenei di varia natura e
ispirazione. Inevitabilmente le reali ricadute pandemiche su queste attività,
fondamentali per la buona salute della “cultura” del nostro paese ed ormai
ferme da un anno intero, potranno essere misurate solo al momento della
auspicatissima fine dell’incubo covid.19. La speranza è quella di essere
smentiti, di assistere il giorno stesso del via libera ad un rifiorire diffuso
e sorridente di un mondo tanto trascurato, sottovalutato, ma essenziale per la
salute complessiva del paese. Per il momento i dati ed i numeri della
Confcommercio non sembrano indurre a così tanto ottimismo.
CONSUMI CULTURALI DIMEZZATI" NEL 2020
Le cifre sono impressionanti per quanto del tutto attese: l'indagine dell'Osservatorio di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, in collaborazione con Swg, sui consumi culturali degli italiani nel 2020 mette nero su bianco il disastro di un settore vittima dell'emergenza sanitaria. Con il Covid-19 i consumi di beni e servizi culturali si sono dimezzati (-47%) passando da 113 euro di spesa media mensile per famiglia di Dicembre 2019 a circa 60 euro a Dicembre 2020. Il dato più significativo della ricerca Confcommercio-Swg è quello del crollo della spesa mensile che dà la misura delle enormi difficoltà del settore
Questo è il quadro di
dettaglio per singola voce e attività
Tiene la lettura sia dei libri, con una preferenza per il cartaceo sebbene oltre
un italiano su tre utilizzi anche il formato digitale, che dei quotidiani,
consultati principalmente in versione gratuita online e con un rapporto di
circa 1 a 2 tra lettori in digitale a pagamento e lettori in cartaceo: + 9% per
i libri, +12% per i giornali, crollano al meno 20% riviste e fumetti. Unici
dati in segno positivo riguardano la tv a pagamento, piattaforme streaming
incluse: la differenza tra dicembre 2019 e dicembre 2020 è considerevole +37% e
con un terzo di italiani che pensa di utilizzare prevalentemente anche nei
prossimi sei mesi piattaforme streaming a pagamento a testimonianza di un
crescente interesse per questo tipo di offerta televisiva rispetto a quella
generalista: la forma di fruizione tradizionale della cultura ha lasciato spazio
al digitale con la visione di spettacoli dal vivo, opere, balletti e musica
classica soprattutto sul web o in TV. Una tendenza che, alla luce delle attuali
restrizioni, sembra confermarsi anche per la prima parte del 2021. Le
restrizioni imposte dalla pandemia e la conseguente spinta sul digitale
sembrano aver mutato anche la declinazione del concetto di cultura da parte
degli italiani con il rischio di renderne più effimeri significati e sfumature.
Situazione drammatica, in particolare, per gli spettacoli dal vivo bloccati
dal lockdown e dalle successive misure di contenimento della pandemia: crollo
degli spettatori di circa il 90% per cinema, concerti, teatro e forti riduzioni
di spesa, con punte di oltre il 70%, da parte dei consumatori tra Dicembre 2019
e Settembre 2020
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