martedì 1 novembre 2022

La Parola del mese - Novembre 2022

 

La parola del mese

Una parola in grado di offrirci

nuovi spunti di riflessione

NOVEMBRE 2022

Non bastassero le tante problematiche che già caratterizzano l’attuale emergenza ambientale e climatica, da tempo al centro di molte delle nostre riflessioni, un ulteriore fattore peggiorativo prosegue lungo un percorso che appare inarrestabile: l’inurbamento urbano su scala impressionante. Secondo il “World Urbanization Prospect”, pubblicato nel 2019 dal Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU, entro il 2050, anno traguardo simbolo per molti impegni di transizione ecologica, ben il 68% della popolazione mondiale vivrà in una città. Il dato attuale, che vede già urbanizzato il 55% della popolazione mondiale, crescerà ulteriormente come effetto della inesorabile migrazione umana dalle aree rurali a quelle urbane. Questo fenomeno, accompagnato dalla esponenziale crescita demografica (che sempre dati ONU, dovrebbe proseguire fino al 2100 a raggiungere la stratosferica cifra di 10,9 miliardi di persone, per poi iniziare una lenta contrazione; altre proiezioni fermano il picco di crescita a 9 miliardi circa) rischia di accentuare a dismisura l’impatto umano sul pianeta e di creare insormontabili problemi di governo delle aree urbane. All’interno di questo preoccupante quadro si colloca un parallelo processo: in gran misura questo massiccio inurbamento si indirizzerà, soprattutto in Asia ed in Africa, verso molte delle attuali già grandi città. Per le quali non sembra fuori luogo la denominazione di …..

MEGALOPOLI

megalòpoli = sostantivo femminile composto dalle parole greche  megalo - e -poli, (che costituisce una grande città, madre di città)  coniato per primo dal geografo francese Jean Gottmann nella sua omonima opera (1961) per designare la grande area urbanizzata che, lungo la costa nord -orientale degli Stati Uniti d’America, si estende per quasi 1000 km da Washington a Boston attraverso le metropoli di New York, Filadelfia, Baltimora. Nell’uso corrente il termine è utilizzato per indicare zone, o città, molto vaste e altamente urbanizzate, che rappresentano lo stato evolutivo più critico della crescita metropolitana. In particolare il termine megalopoli indica una vasta regione urbanizzata costituita da una ininterrotta connessione/aggregazione fisica di più aree metropolitane (ma anche da una sola grande città) fra di loro legate da forti legami territoriali e funzionali. Convenzionalmente sono definite tali le aree urbane che contano almeno 10 milioni di abitanti.


DATI (in pillole) per inquadrare il fenomeno:

*   Il citato rapporto delle Nazioni Unite evidenzia che, in aggiunta all’eclatante caso di Tokyo, attualmente la città più grande del mondo con i suoi 37 milioni di abitanti, è stimabile un trend di crescita così riassumibile (prime venti megalopoli):

Popolazione in milioni di abitanti

 

2018

2030

Tokio (Giappone)

37.468

38.139

Delhi (India)

28.850

36.060

Shangai (Cina)

24.483

30.750

Mumbai (india)

21.357

27.796

San Paolo (Brasile)

21.296

23.444

Pechino (Cina)

21.240

27.706

Città del Messico

21.157

23.864

Osaka (Giappone)

20.336

19.975

Il Cairo (Egitto)

19.127

24.502

New York (USA)

18.603

19.885

Dakka (Bangladesh)

18.237

27.373

Karachi (Pakistan)

17.121

24.837

Buenos Aires (Argentina)

15.333

16.956

Calcutta (India)

14.980

19.092

Istanbul

14.365

16.694

Chongqing (Cina)

13.744

17.380

Lagos (Nigeria)

13.661

24.239

Manila (Filippine)

13.131

16.755

Guangzhou (Cina)

13.069

17.754

Kinshasa (Congo)

12.070

19.996

*    (non compaiono nell’elenco iconiche città comunque famose per le loro dimensioni come ad esempio Londra (9 milioni di abitanti) Parigi (2,5 milioni più svariati altri milioni dell’hinterland), Mosca (12,5 attuali ma con trend in diminuzione) Los Angeles (4,3) Berlino (3,8). Le due città italiane più grandi Roma e  Milano valgono rispettivamente 3,7 milioni e 3,25 (ma più di 7 considerando l’hinterland)

*   Entro il 2030, le megalopoli del mondo saranno 43, concentrate soprattutto nelle regioni in via di sviluppo, cioè quelle aree in cui anche la crescita demografica avrà un ritmo più elevato. Il 35% dell’aumento di popolazione delle aree urbane del mondo da qui al 2050 è previsto soprattutto in India, Cina e Nigeria: tutti paesi in cui, attualmente, una parte consistente della popolazione vive ancora in aree rurali

*   Le popolazioni urbanizzate che nel 1950 erano appena un terzo della popolazione mondiale (751 milioni di residenti) già salite al 55% nel 2018 (4,2 miliardi), secondo le stime delle Nazioni Unite toccheranno un totale complessivo di 6 miliardi di persone nel 2050, pari al 68%

*   Il 54% delle aree fortemente urbanizzate sono concentrate in Asia, seguita da Europa e Africa (13% ciascuna). Se si guarda però alle aree continentali quelle più urbanizzate del pianeta sono l’America del Nord (nel 2018, l’82% della sua popolazione viveva in aree urbane), l’America Latina (81%) e l’Europa (74%)

*   L’Asia sta recuperando molto velocemente negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’aumento della popolazione nei suoi due stati più significativi, India e Cina, che si giocheranno la sfida del rapporto tra città e campagne nei prossimi decenni, e molto probabilmente entro il 2050 l’India avrà superato la Cina, l’attuale nazione più popolata, come paese più popoloso del mondo

*   Di contro, nei paesi asiatici ed europei a basso tasso di fertilità la tendenza è inversa: crisi demografica, stagnazione economica, emigrazione e catastrofi naturali hanno contribuito in alcune aree del mondo a un declino della popolazione dei centri urbani. È il caso di alcune città in Giappone e in Corea, ma anche di città europee in Stati quali la Federazione Russa, Ucraina, Polonia e Romania. Si tratta comunque di un trend minoritario

*   In termini progettuali la proposta più ambiziosa di nuove megalopoli si registra in Cina: il governo ha varato il progetto di una da 42 milioni di abitanti su una superficie di 26.000 chilometri quadrati che unirà 9 città – Guangzhou, Shenzhen, Foshan, Dongguan, Zhongshan, Zhuhai, Jiangmen, Huizhou e Zhaoqing – ubicate lungo il delta del fiume delle Perle – attraverso 29 linee ferroviarie veloci che connetteranno le nove città in meno di un’ora, e un collegamento privilegiato con la vicina Hong Kong, per un totale di circa 5.000 chilometri di nuove rotaie; attualmente quest’area è la principale zona dell’attività manifatturiera cinese e da sola rappresenta un decimo dell’industria di tutta la Cina. La megalopoli del Delta delle Perle non sarà la sola nello sviluppo urbano cinese: nei prossimi dieci anni saranno costruiti agglomerati urbani con 50-100 milioni di abitanti, e altri, di più ridette dimensioni, con 10-25 milioni di abitanti. Attorno a Pechino e Tianjin, nel nord del paese, è in corso la costruzione di un anello ferroviario ad alta velocità che costituirà l’area industriale Bohai: la nuova linea ferroviaria tra le due città diventerà l’asse di collegamento delle città satellite, creando un’agglomerazione urbana di 260 milioni di abitanti

*   Le proiezioni indicano però che a fronte di questo accentuato inurbamento non dovrebbe comunque corrispondere una equivalente crescita economica, e quindi è decisamente possibile che le disuguaglianze economiche delle megalopoli vedano un consistente aumento

*   Di pari passo all’aumento della povertà con lo sviluppo di città tutte le previsioni segnalano un inesorabile aumento di fenomeni allarmanti quali l’aumento della criminalità, il traffico congestionato e l’inquinamento urbano.

ANNOTAZIONI (sempre in pillole):

*   Nella definizione originaria di Gottmann, la megalopoli prevede una struttura poli-nucleare, specializzata, con conformazione a nebulosa, non necessariamente caratterizzata da un continuum urbano. Ma è comunque la densità dell’insediamento a creare le reti di relazioni sovrapposte che rendono unite e interconnesse le sue diverse componenti interne.

*   A suo avviso (scrive nel 1961) le numerose differenti zone una volta entrate in stretta relazione formano un mosaico di paesaggi, tipi di utilizzazione del suolo, funzioni economiche, stili di vita, che per poter funzionare dovrebbero essere in armonia fra di loro, ma al contrario l’esperienza storica indica che la megalopoli non si caratterizza per equilibrio e stabilità, ma piuttosto come insieme di spinte contrapposte in un processo conflittuale irto di contraddizioni e problematiche

*   L’esempio reale sul quale Gottmann costruì la sua idea di megalopoli è quello della fascia costiera urbanizzata nord-orientale degli Stati Uniti d’America, che si estende da Boston a Washington D.C. Si tratta dell’area corrispondente, per grossa parte, al territorio delle colonie fondatrici, e quindi a quella di più antica urbanizzazione comprendente i centri urbani di New York, Washington, Baltimora, Filadelfia, Boston, conosciuta anche con il termine megalopoli atlantica. Ancora oggi resta un esempio calzante vista la complementarietà funzionale dei suoi principali centri, dove New York si caratterizza per la presenza di funzioni trainanti nel campo della finanza e delle comunicazioni, Washington per i principali organismi governativi, Filadelfia per gli imponenti traffici e commerci, Boston per le funzioni culturali e di ricerca. Territorialmente si tratta di una forma di agglomerato/conurbazione continua, nella quale l’alternarsi delle singole aree metropolitane è segnato solo dalla presenza di piccole aree boschive che interrompono, simbolicamente, un continuum urbano costituito da circa 40 milioni di abitanti e con un’estensione di 700 km (sulla base di un’idea di megalopoli così intesa la stessa Pianura Padana, da Torino a Trieste, potrebbe assumere, con trend a crescere, caratteristiche tali da poter essere definita con tale termine)

*   La megalopoli intesa come mosaico sociale, culturale, indipendente economicamente, può travalicare i confini nazionali. E’ questo il caso di quella denominata “laurenziana” che si sviluppa intorno al sistema dei Grandi Laghi con connessione diretta all’Oceano Atlantico dal fiume San Lorenzo e che si estende fra Stati Uniti e Canada strutturata sulle attività industriali, finanziarie, commerciali, abitative di Montreal, Toronto, Chicago e Detroit. Un elemento fisico che accomuna queste città, e diviene strutturale nella composizione fisica della megalopoli laurenziana, è la presenza di una “via di comunicazione e traffico” rappresentato da un fiume, un sistema di laghi, canali, una grande arteria ferroviaria o autostradale, un fronte costiero con impianti portuali.

*   Tra le conseguenze dell’urbanizzazione selvaggia, le più gravi sono quelle ambientali e sociali: secondo le Nazioni Unite, infatti, le città occupano oggi il 3% della superficie terrestre, ma consumano tra il 60% e l’80% dell’energia prodotta su tutto il pianeta e causano il 75% delle emissioni di carbonio

*   L’alta densità di popolazione è poi la causa di altre rilevanti problematiche con ovvie ricadute di ordine ambientale: intenso traffico, alti costi delle abitazioni, spesso sono di dimensioni molto ridotte, conseguenze dirette ed indirette sulla salute (come dimostrato dalla pandemia da Covid-19, nelle aree dove la popolazione si concentra in maggior numero, i rischi legati alla diffusione di malattie possono essere molto seri). Sempre secondo dati ONU il 90% degli abitanti urbani respira aria non sicura (sono stati stimati 4,2 milioni di decessi all’anno direttamente collegabili all’inquinamento ambientale e atmosferico) e più della metà della popolazione urbana mondiale è costantemente esposta a livelli di inquinamento atmosferico 2,5 volte più alti del normale livello di guardia

*   Non tutte le megalopoli sono in grado di garantire equamente a tutti i servizi di base come acqua ed elettricità. Mentre alcune città sono riuscite nel tempo a costruire infrastrutture su tutto il territorio, altre faticano a garantire le risorse soprattutto alle zone più periferiche. Un esempio è quello di Città del Messico: nonostante risorse idriche sufficienti in rapporto alla popolazione, l’assenza di una adeguata rete di distribuzione costringe i residenti delle aree più povere a utilizzare acqua non trattata, con inevitabili conseguenze in termini di salute e di disagio sociali.

*   Questo problema è collegato a quello delle cosiddette “baraccopoli” (slums in inglese e favelas in spagnolo). Si tratta di insediamenti informali che spesso circondano le megalopoli, caratterizzati da povertà, instabilità sociale e totale assenza di infrastrutture. Sono una conseguenza della rapida urbanizzazione, che molte città non riescono a sostenere, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. La città di Karachi in Pakistan rappresenta un esempio di questa situazione: circa 2,5 dei suoi 15 milioni di abitanti vivono all’interno di una baraccopoli.

*   In aggiunta all’inquinamento diretto ed indiretto incidono poi i problemi legati allo smaltimento della impressionante massa di rifiuti ed al sistema fognario. Le migliaia di tonnellate di metri cubi di spazzatura prodotte, se non gestiti correttamente, possono portare a gravi conseguenze ambientali e sociali, visto che ad essere pressochè totalmente escluse da questi servizi sono le aree metropolitane più marginalizzate (baraccopoli)

*   Una crescita spropositata delle città sicuramente potrebbe inoltre depauperare le risorse idriche e alimentari di una regione ben più ampia di quella occupata e ne soffocherebbe definitivamente gli ecosistemi naturali

*   Non a caso, quindi, proprio le attuali e future megalopoli sono, già ora, considerate tra i fattori decisivi per il raggiungimento di tutti gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) previsti dall’ONU in tutti i suoi studi e le sue proposte (a partire dalla cosiddetta Agenda 2030) In che modo? Sicuramente cercando di intervenire sulle logiche, economiche e politiche, alla base della loro crescita, combattendo le diseguaglianze, potenziando i trasporti pubblici urbani e rendendoli fruibili a un numero crescente di cittadini, rafforzando e implementando i sistemi di gestione dei cicli di rifiuti. Ma anche tutelando il patrimonio culturale e artistico, incoraggiando la partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della città, valorizzando le economie di rete all'interno dello spazio urbano e prediligendo la rigenerazione urbana alla speculazione edilizia. Un processo di “mitigazione” non risolutivo, ma assolutamente necessario ed urgente verso il quale più aree metropolitane stanno già tendendo.

*   Lo testimoniano le analisi del Global Green Economy Index, redatte annualmente dalla società di consulenza specializzata in temi ambientali Dual Citizen Llc, che ha stilato una lista delle dieci città più virtuose sulla base di una serie di parametri che vanno dall'attenzione per il cambiamento climatico all'efficienza industriale, dall'educazione ambientale alle politiche urbane di sensibilizzazione e coinvolgimento dei cittadini. Secondo queste analisi in testa alla classifica si posiziona la capitale danese, Copenaghen, considerata un modello indiscusso di green economy. Al secondo e terzo posto ci sono Stoccolma e Vancouver, seguite da Oslo, Singapore (in virtù dei suoi quartieri popolari sviluppati in bioedilizia) e New York. Completano poi la classifica Berlino, Helsinki, Parigi e la stessa Tokyo.

Completiamo infine questa sintetica panoramica di inquadramento con una analisi critica del fenomeno contenuta nell’interessantissimo saggio

a cura di Ilaria Agostini


(ricercatrice presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna - Facoltà di Architettura) che, coautrice del saggio, dedica a questo tema il capitolo 4 che ha titolo “Megalopoli e destino delle città. Per una critica del gigantismo” di cui qui riassumiamo, per punti, i passaggi più significativi:

*   Le numerose megalopoli già compiutamente formatesi nel corso degli ultimi decenni, e più ancora quelle ventilate in un imminente futuro, sono da molti considerate l’esito di processi casuali a loro volta effetto collaterale del procedere del progresso in quanto tale. Così non è, esse sono il risultato, in costante evoluzione, di deliberate scelte politiche ispirate da una idea di “gigantismo” strettamente connessa al mito della “crescita infinita” e della sacralità delle logiche di mercato

*   Siamo cioè di fronte all’esito dell’accelerazione che l’imperante neo-liberismo ha globalmente impresso, anche in campo urbanistico ed abitativo, ai più generali processi economici, sociali, ambientali, con il risultato, tutt’altro che completato, di un percorso di definitiva appropriazione degli spazi terrestri, di una loro gerarchizzazione su scala mondiale costantemente incentivata da una idea di “aumento di potenza” che il pianeta non può però sostenere

*   La corsa al gigantismo è ulteriormente spinta dalla perenne competizione di mercato fra Stati, e aree continentali, per affermarsi, di più e meglio, proprio nella capacità di attrarre ricchezza, potere, funzioni, produzioni, competenze, prestigio

*   Questo “paradigma gigantista”, che non tollera compromessi e vie di mezzo, sta così omogeneizzando l’idea di città dell’intero mondo conferendole connotati totalizzanti che annullano ogni specificità storica, ogni carattere originale. Le megalopoli sono, e sempre più saranno, identiche tra di loro e si differenzieranno unicamente per le dimensioni performanti raggiunte

*   Manifestandosi come un irresistibile calamita le megalopoli (ma sono molti i suoi attuali sinonimi: metropoli, mega-città, città globale, iper-città, città-mondo, e città-stato) sono strutturalmente preposte ad un inarrestabile aumento demografico (come vedremo molto differenziato nei suoi strati) garantito soprattutto  dall’afflusso delle popolazioni di  vasti territori agricoli circostanti così selvaggiamente saccheggiati da rendere impossibili i livelli minimi di sussistenza

*   Il loro nascere ed il loro inarrestabile crescere si fonda in particolare su alcuni fattori: la mutazione dei sistemi produttivi, che implica una dimensione del lavoro sempre più flessibile e spesso la sua scomparsa, la finanziarizzazione dei capitali globali, il ruolo trainante della tecnologia, il peso dei flussi d’informazione e delle connessioni di Rete, la gigantesca movimentazione di uomini e merci (aspetti ovviamente meritevoli di specifica attenzione, ma qui solo citati)

*   L’insieme di questi componenti ha implicato la necessità di concentrare centri di decisione, di progettazione, di ricerca e di innovazione e la dimensione delle aree centrali delle megalopoli si sta inesorabilmente imponendo come l’habitat urbano più idoneo per tali scopi, smentendo così, clamorosamente, l’idea che le facoltà offerte dalla attuale iper-connessione globale siano in grado di colmare da sole le distanze. Al contrario, proprio grazie alla concentrazione di potenzialità telematiche e connettive, e con l’ausilio dei trasporti a sempre più alta velocità, si è ormai innescata una irreversibile concentrazione, fisica e spaziale, di poteri e capitali

*   Concorre non di meno poi, di fianco a questo “nuovo”, il peso della “vecchia” rendita fondiaria e immobiliare. La grande finanza, ormai senza confini e barriere, investe, va da sé a fronte di certezza di profitto, risorse incredibili su grattacieli, centri commerciali, sedi istituzionali e universitarie, musei, stadi, centro polifunzionali, infrastrutture, vale a dire tutto ciò che consente al “nuovo” di concretizzarsi fisicamente

*   La marcia verso le megalopoli, che ad oggi sembra inarrestabile, poggia proprio su questi due piedi: il “nuovo” produttivo, tecnologico, iper-connesso, e i ritorni finanziari garantiti dalla “vecchia” cementificazione. I registi, gli ispiratori, del gigantismo urbanistico siedono nelle rispettive, ma quasi sempre collegate, stanze di queste due componenti

*   Il loro peso decisionale è ormai tale che lo stesso potere politico ha di fatto convintamente aderito all’elefantiasi urbana sperando, in questo modo, di sedere al tavolo delle decisioni. Le megalopoli sono infatti anche il frutto di specifiche pianificazioni urbanistiche e di correlate scelte politiche, tutte improntate alla stessa idea di “gigantismo”. Al momento sembra quindi ormai evidente che esse siano l’esito combinato di questi fattori ma, al tempo stesso, una volta avviato il processo di concentrazione urbana, un ulteriore fattore di accelerazione

*   Non deve allora stupire se l’effetto congiunto di questi fattori sta conferendo a tutte le megalopoli, con rarissime e parziali eccezioni una configurazione urbana ed abitativa coerente con le logiche di potere, economico e politico, e con le inevitabili ricadute in termini di giustizia sociale: la loro struttura standard vede un “nucleo centrale” (o più nuclei nel caso di confluenza in un’unica megalopoli di più metropoli già preesistenti) nel quale si concentrano i palazzi del potere, economico ed istituzionale, e le poli-funzioni ad essi connesse, una prima fascia di “quartieri ricchi” che si allarga in successive “periferie sempre meno benestanti” per terminare ai suoi margini estremi in vere e proprie “zone di relegazione” nelle quali sono parcheggiati i poveri

*   Una simile struttura genera differenti ricadute ambientali ed ecologiche (vedi sopra) tali comunque da non poter essere trascurate, ma nella visione gigantista l’attenzione verso di esse si è finora limitata a “rimedi, aggiustamenti, disinquinamenti”. Che, del tutto o quasi assenti nelle “zone di relegazione”, puntano, a crescere verso il “nucleo centrale”, a soluzioni, o presunte tali, sempre più tecnologicamente sofisticate e, soprattutto, viste come una ulteriore occasione per generare nuove opportunità di mercato e di profitto (la cosiddetta green economy ha molto spesso questa caratteristica)

*   Ilaria Agostini chiude la sua analisi con considerazioni sulla valenza dell’ipotesi di “città-stato”, vale a dire l’aspirazione, che sembra sempre più emergere, delle megalopoli di realizzare una loro autonomia di potere giustificata proprio dalle loro dimensioni, dalla potenza economica e politica in loro concentrata, dal loro essere incubatori e acceleratori della cosiddetta “new economy”. E’ una ambizione che per quanto ancora solo abbozzata, meriterà di essere monitorata ed analizzata perché possiede caratteristiche potenziali tali da porre effettivamente in crisi le strutture del potere esistenti.

Nessuna città dovrebbe essere tanto grande che un uomo una mattina non possa uscirne camminando.

(Cyril Connolly, critico letterario e scrittore britannico)

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