venerdì 8 maggio 2015

Babel


BABEL
Libro/dialogo di Zigmunt Bauman ed Ezio Mauro

La crisi dell’autorità, della politica e della modernità
Noi che viviamo nell’interregno fra il “non più” e il “non ancora”

 Sembra davvero interessante questo libro a forma di dialogo in cui Zigmunt Bauman, instancabile sociologo e filosofo polacco, famoso per la sua definizione di “società liquida” ed Ezio Mauro, direttore di La Repubblica, discutono in un rimando di domande, risposte, provocazioni e reciproche sollecitazioni.
Il tema al centro del loro dialogo è quello della limitatezza, al limite dell’assenza, di strumenti e percorsi adatti ad affrontare l’attuale fase di transizione, di passaggio dalle forme novecentesche di partecipazione e decisione, che sembrano aver esaurito il loro ruolo e la loro capacità di strumenti adeguati alle problematiche da affrontare, ad altre forme tuttora non sufficientemente definite e consolidate.
Dice Mauro, in un articolo di presentazione del libro….”non ci sono movimenti politici che, avendo messo in crisi il vecchio mondo, siano oggi pronti ad ereditarlo, non c’è un’ideologia che selezioni il pensiero vincente e lo diffonda, non c’è uno spirito costituente-morale, politico, culturale-che prometta di dare forma a nuovi istituzioni per il mondo nuovo…..in questo quadro, dove lo stesso concetto di “democrazia” pare aver perso la sua indiscutibilità e validità, la politica, nelle forme storicamente concretizzatesi all’interno delle regole democratiche ma troppo appiattite sul contingente, sembra non servire più stante la sua incapacità di dare risposte ai problemi concreti, ma soprattutto alle inquietudini sul futuro, nostro ed ispecie quello dei nostri figli. E questo interregno fra il “non più” ed il “non ancora” diventa il luogo in cui si libera l’irrazionale della decadenza, una ribellione sotto traccia mossa più dall’angoscia che dalla speranza.
Risponde Bauman….prendiamo come esempio la crescita incessante della disuguaglianza sociale….non possiamo più leggerla nei termini di semplice dicotomia tra ricchi e poveri…l’aspetto morfologico della nuova divisione è costituito dall’opposizione fra mobilità e fissità….. Questa nuova divisione è a sua volta il risultato della fine della fase “solida” della modernità capitalistica, nella quale sia la forza lavoro che il capitale,  in qualche modo obbligati a coesistere, avevano elaborato un “modus co-vivendi”, saltato definitivamente da quando il capitale finanziario ha defenestrato il capitale industriale. Nella liquidità di questo interregno, avendo di fronte un capitale che è diventato libero di spostarsi in qualsiasi momento, si sono di riflesso svuotati di efficacia forme organizzative ed associative, strumenti e modi di contrapporsi che avevano svolto, in qualche modo, il loro ruolo nella fase “solida”.
Forse vale la pena di leggerlo e di condividerlo anche qui, in questo blog.

1 commento:

  1. Leggerò questo libro, sperando che mi offra qualche elemento di chiarezza vera su qualcosa che mi è chiaro, ma in superficie. Mi spiego: da anni, molti ormai, tutti gli indicatori oggettivi - cronache, dati, analisi, situazioni di fatto - testimoniano di una avvenuta trasformazione che ha radicalmente mutato l'economia, la società, la politica, la cultura, l'intera sfera dell'umano vivere. Eppure Bauman e Mauro dicono, a ragion veduta, di un interregno, di una fase in cui convivono il "non più" ed il "non ancora". Fanno riferimento alla capacità collettiva di metabolizzare nel profondo delle coscienze la consapevolezza che questo cambiamento, piaccia o no, è avvenuto, è cosa fatta. Eppure la storia insegna che un cambiamento, soprattutto se radicale, diventa definitivamente tale quando si installa in forma compiuta nel profondo del nostro sentire, individuale e collettivo. In questo senso mi iscrivo nel numeroso novero di chi non si è ancora sufficientemente adeguato. Razionalmente credo di aver acquisito conoscenza adeguata di questo nuovo quadro ma sono al tempo stesso consapevole di muovermi nell’interregno. Continuo a tradurre il nuovo con un vecchio e non aggiornato dizionario. Con tanti altri vivo i tempi nuovi come se fossero una parentesi, ancora fiducioso nell’intimo, ed impegnandomi perché ciò accada, che passata qualche altra buriana tutto tornerà più o meno come prima. Ed è invece tempo di compiere questo passaggio, di adeguare idee, modi di fare, strumenti ad una situazione che sta andando verso orizzonti davvero preoccupanti. Per dirne una: ho letto l’articolo di presentazione di Babel, e poche pagine prima mi sono imbattuto in una notizia apparentemente estemporanea ma che tale non è. In Cina stanno per inaugurare la prima fabbrica senza operai, tutto automatizzato, pochi ingegneri ai quadri comando e niente tute blu. E questo avviene nella Cina delle centinaia di milioni di operai a salari bassissimi; evidentemente le nuove logiche del profitto e di cancellazione del conflitto sociale spingono ad andare oltre, oltre l’umano. E’ assurdo pensare di contrastare tali logiche muovendoci come se poggiassimo ancora sula “solidità” di cui parla Bauman. E’ tempo di andare oltre, è tempo di adeguare le nostre coscienze alla ferocia dei tempi nuovi. Lungi da me l’idea di adeguarmi alla sciocca banalità di chi ciancia della fine della contrapposizione destra-sinistra. Pensò però che se al nome destra dobbiamo associare le logiche che portano alle fabbriche senza operai è urgente associare al nome sinistra una capacità di contrastarle del tutto nuova. Leggerò Babel, certo non perché Bauman e Mauro siano iscrivibili tout court nel pantheon della sinistra, ma perché questo salto di coscienza può avvenire solo attraverso il canale della cultura, della conoscenza, delle consapevolezze, vere, da esse prodotte. Leggerò Babel perché spero si riveli utile in questo senso.

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