BABEL
Libro/dialogo di
Zigmunt Bauman ed Ezio Mauro
La
crisi dell’autorità, della politica e della modernità
Noi
che viviamo nell’interregno fra il “non più” e il “non ancora”
Il tema al centro del loro dialogo è quello
della limitatezza, al limite dell’assenza, di strumenti e percorsi adatti ad
affrontare l’attuale fase di transizione, di passaggio dalle forme
novecentesche di partecipazione e decisione, che sembrano aver esaurito il loro
ruolo e la loro capacità di strumenti adeguati alle problematiche da
affrontare, ad altre forme tuttora non sufficientemente definite e consolidate.
Dice Mauro, in un articolo di presentazione
del libro….”non ci sono movimenti
politici che, avendo messo in crisi il vecchio mondo, siano oggi pronti ad
ereditarlo, non c’è un’ideologia che selezioni il pensiero vincente e lo
diffonda, non c’è uno spirito costituente-morale, politico, culturale-che
prometta di dare forma a nuovi istituzioni per il mondo nuovo…..in questo quadro,
dove lo stesso concetto di “democrazia” pare aver perso la sua indiscutibilità
e validità, la politica, nelle forme storicamente concretizzatesi all’interno
delle regole democratiche ma troppo appiattite sul contingente, sembra non servire
più stante la sua incapacità di dare risposte ai problemi concreti, ma
soprattutto alle inquietudini sul futuro, nostro ed ispecie quello dei nostri
figli. E questo interregno fra il “non più” ed il “non ancora” diventa il luogo
in cui si libera l’irrazionale della decadenza, una ribellione sotto traccia
mossa più dall’angoscia che dalla speranza.
Risponde Bauman….prendiamo come esempio la
crescita incessante della disuguaglianza sociale….non possiamo più leggerla nei
termini di semplice dicotomia tra ricchi e poveri…l’aspetto morfologico della
nuova divisione è costituito dall’opposizione fra mobilità e fissità….. Questa
nuova divisione è a sua volta il risultato della fine della fase “solida” della
modernità capitalistica, nella quale sia la forza lavoro che il capitale, in qualche modo obbligati a coesistere,
avevano elaborato un “modus co-vivendi”, saltato definitivamente da quando il
capitale finanziario ha defenestrato il capitale industriale. Nella liquidità
di questo interregno, avendo di fronte un capitale che è diventato libero di
spostarsi in qualsiasi momento, si sono di riflesso svuotati di efficacia forme
organizzative ed associative, strumenti e modi di contrapporsi che avevano
svolto, in qualche modo, il loro ruolo nella fase “solida”.
Forse vale la pena di leggerlo e di
condividerlo anche qui, in questo blog.
Leggerò questo libro, sperando che mi offra qualche elemento di chiarezza vera su qualcosa che mi è chiaro, ma in superficie. Mi spiego: da anni, molti ormai, tutti gli indicatori oggettivi - cronache, dati, analisi, situazioni di fatto - testimoniano di una avvenuta trasformazione che ha radicalmente mutato l'economia, la società, la politica, la cultura, l'intera sfera dell'umano vivere. Eppure Bauman e Mauro dicono, a ragion veduta, di un interregno, di una fase in cui convivono il "non più" ed il "non ancora". Fanno riferimento alla capacità collettiva di metabolizzare nel profondo delle coscienze la consapevolezza che questo cambiamento, piaccia o no, è avvenuto, è cosa fatta. Eppure la storia insegna che un cambiamento, soprattutto se radicale, diventa definitivamente tale quando si installa in forma compiuta nel profondo del nostro sentire, individuale e collettivo. In questo senso mi iscrivo nel numeroso novero di chi non si è ancora sufficientemente adeguato. Razionalmente credo di aver acquisito conoscenza adeguata di questo nuovo quadro ma sono al tempo stesso consapevole di muovermi nell’interregno. Continuo a tradurre il nuovo con un vecchio e non aggiornato dizionario. Con tanti altri vivo i tempi nuovi come se fossero una parentesi, ancora fiducioso nell’intimo, ed impegnandomi perché ciò accada, che passata qualche altra buriana tutto tornerà più o meno come prima. Ed è invece tempo di compiere questo passaggio, di adeguare idee, modi di fare, strumenti ad una situazione che sta andando verso orizzonti davvero preoccupanti. Per dirne una: ho letto l’articolo di presentazione di Babel, e poche pagine prima mi sono imbattuto in una notizia apparentemente estemporanea ma che tale non è. In Cina stanno per inaugurare la prima fabbrica senza operai, tutto automatizzato, pochi ingegneri ai quadri comando e niente tute blu. E questo avviene nella Cina delle centinaia di milioni di operai a salari bassissimi; evidentemente le nuove logiche del profitto e di cancellazione del conflitto sociale spingono ad andare oltre, oltre l’umano. E’ assurdo pensare di contrastare tali logiche muovendoci come se poggiassimo ancora sula “solidità” di cui parla Bauman. E’ tempo di andare oltre, è tempo di adeguare le nostre coscienze alla ferocia dei tempi nuovi. Lungi da me l’idea di adeguarmi alla sciocca banalità di chi ciancia della fine della contrapposizione destra-sinistra. Pensò però che se al nome destra dobbiamo associare le logiche che portano alle fabbriche senza operai è urgente associare al nome sinistra una capacità di contrastarle del tutto nuova. Leggerò Babel, certo non perché Bauman e Mauro siano iscrivibili tout court nel pantheon della sinistra, ma perché questo salto di coscienza può avvenire solo attraverso il canale della cultura, della conoscenza, delle consapevolezze, vere, da esse prodotte. Leggerò Babel perché spero si riveli utile in questo senso.
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