COME CAMBIA LA FELICITA'
Bolton 1938 - 2015
Non vanno certamente
presi come dati scientifici, non fosse altro che per i legittimi sospetti sulle
metodologie seguite per effettuarli e per la validità del campioni preso in
esame, ma è vero che alcuni “studi”, o sondaggi che dir si voglia, offrono
comunque spunti interessanti di discussione. L’ultimo, di cui ora parleremo,
affronta poi una questione di poco conto: il detersivo considerato il migliore?
No! Semplicemente: cosa è per te la felicità? L’aspetto intrigante è che questo
studio/sondaggio è stato fatto in Inghilterra, nella stessa cittadina, Bolton
(grigio centro industriale alle porte di Manchester), dove venne svolto, nel
1938, analogo sondaggio. Il confronto fra le risposte fornite allora, alla
vigilia della seconda guerra, ed oggi offre quindi uno spaccato, non tanto sul loro
valore in assoluto, su come sono mutate le aspettative attorno alla felicità
nello stesso contesto. Risultato? Nel 1938 il primo ingrediente per la sicurezza
era la sicurezza economica, il possesso dell’essenziale per vivere. Nel 2015? La
stessa cosa. Ma è l’unico dato rimasto immutato. Ad esempio il conforto della
religione, nel 1938 al terzo posto, precipita al decimo ed ultimo posto,
oppure: la conoscenza, intesa come opportunità di imparare nuove cose, passa
dal secondo posto a metà classifica. Nel 2015 balza al secondo posto vivere il
tempo libero condividendo risate ed allegria con le persone amate, parenti ed amici,
meglio di quanto detto nel 1938 quando il tempo libero era in fondo alla
classifica. Prevaleva al tempo una idea di felicità legata alla vita quotidiana
a casa e all’interno della comunità, ai nostri giorni il possesso di un maggior
numero di beni non pare essere sufficiente per garantire uno spicchio di
felicità, troppo spesso il maggior benessere si trascina dipendenza dai beni
stessi, nevrosi per raggiungerli. Non per nulla la realizzazione in campo
sociale, ben piazzata nel 1938, è stata sostituita oggi dalla sicurezza, i cui
pilastri sono la rete del welfare e l’aspettativa di vita (non per nulla i
paesi scandinavi che primeggiano in questi campi occupano i primi posti nella
classifica mondiale della percezione di felicità fra gli abitanti di una
nazione). Che dire? A voi l’ardua sentenza, attendiamo i vostri commenti. Per intanto
estrapoliamo una frase dal commento che il filosofo Maurizio Ferraris fa a margine
su questo studio….posto che la felicità è
un accordo tra il nostro stato interno e lo stato del mondo in cui viviamo, non
è difficile concludere che ci sono tante versioni della felicità quante sono le
storie e le geografie che le circondano…..
Mi sono chiesta tante volte cosa è per me, persona comune con l'esperienza di vita intensa e ad oggi abbastanza lunga, la FELICITA' anche alla luce di eventi che hanno toccato la mia famiglia.
RispondiEliminaCredo di aver capito che, a parte la grande felicità che ti può dare la nascita di un figlio o di un nipote, il periodo di innamoramento che, essendo molto intensa, dura ...quanto dura!!! Spesso sopravvengono poi le preoccupazioni, le ansie, le gelosie e a volte anche veri e propri dolori a interrompere il periodo gioioso.
La felicità, e concordo con Maurizio Ferraris, è personale e legata alle storie e alle geografie che ci circondano. Sono piccoli momenti che vengono anche inaspettati e per me sono legati alla vista di un bel quadro, di uno spettacolo della natura o ad un luogo che hai tanto sognato di visitare, a una serata con gli amici, alla condivisione di un libro o piuttosto di un film o di uno spettacolo teatrale, all'ascolto di un brano musicale, magari quando prepari la cena ed altre cose del genere che ti fanno stare bene, ma durano un attimo!
In questa nostra società così complessa dove prevalgono le notizie negative che ci condizionano la vita avere piccoli momenti di gioia è sempre più difficile e credo non ci sia un modo per imparare ad essere felici ma piccoli sprazzi di luce in un mondo buio.
Cerchiamo di coltivarli questi attimi che ci aiutano a sopravvivere senza pensare troppo e accumuliamoli nel ricordo per i tempi più tristi.
Leggo oggi su" La Repubblica " di martedì 12 maggio un articolo curioso, che rimanda al tema della felicità. Si parla di un monaco buddista d'eccezione Matthieu Ricard , genetista molecolare, definito, sulla base di approfondite valutazioni scientifiche, l'uomo più felice del mondo, che ha concesso alla scienza di studiare, monitorare la sua condizione di benessere durante la meditazione, perché le industrie farmaceutiche ne possano trarre suggerimenti per combattere la depressione. La questione appare di grande interesse, certamente richiederebbe un approfondimento, volto a chiarire, in prima battuta, l'uso dei termini. Comunque mi ha stupito l'ibridazione dei linguaggi e delle esperienze. Anche qui i confini sembrano essere utili proprio per essere, non elementi di contrapposizione, ma sponde diverse su cui affacciarsi.
RispondiEliminaInoltre ha in me sollecitato alcune domande o perplessità :
1) se la felicità possa essere considerata in una sola maniera o ,come diceva Aristotele a proposito dell'essere, possa essere detta in tanti modi diversi. Esiste un denominatore comune della felicità che la scienza possa indagare?
2) mi lascia perplessa il fatto che la particolare esperienza di Ricard, che si colloca all'interno di una scelta di vita e di un percorso particolari, possa trovare una traduzione in termini di farmaco o di applicazione digitale buono per ogni sorta di sofferenza e mi viene in mente un racconto di Primo Levi che definisce il dolore una sorta di sentinella dell'umano, una sorta di pegno da pagare per non incorrere in altre tragedie.