Il “Saggio” del mese
GIUGNO 2020
……La
catastrofe sarà innescata da un evento
imprevedibile …… quel che solo pochi scorgevano sarà ad un tratto noto ai più:
l’economia organizzata in vista dello “star meglio” è il principale ostacolo
allo “star bene”…
Ivan
Illich “Convivialità”
Inizia con questa citazione il breve
saggio di Donatella di Cesare (filosofa, saggista e editorialista
italiana, insegna Filosofia teoretica alla Università "La Sapienza"
di Roma. È una delle filosofe più presenti nel dibattito pubblico italiano e
internazionale, sia accademico sia mediatico) dal
titolo, che apertamente mette in relazione la forma di cvd19 e la sua influenza
su tutti noi, “Virus sovrano?”
con il quale in poche, ma dense,
pagine, suddivise in brevi capitoli a sé stanti, propone una lettura
complessiva della pandemia, e dei suoi aspetti più rilevanti, vista con lo
sguardo della filosofia al tempo stesso attento a riflessioni politiche e
sociali.
Il male che viene
E’
opinione diffusa che questa pandemia rappresenti un evento “senza precedenti”.
Ed in effetti, anche se ogni evento storico, inserendosi nel generale percorso
storico, non è mai un unicum, sono poco intonati i paragoni con altre vicende,
anche recenti, di forte impatto. Questo
terzo millennio, ad esempio, è stato inaugurato dal clamoroso atto terroristico
delle Torri Gemelli, un evento mediaticamente formidabile ma le cui ferite si
sono via via chiuse nel consolidato percorso della globalizzazione
neoliberista. E l’umanità pressoché intera lo visse al tempo da spettatrice,
mentre oggi una pandemia senza confini ha reso tutti noi vittime, non in senso solo
metaforico. Questo coinvolgimento
ineludibile di corpi e di spiriti, con modalità che già del loro meritano
attenzione, ha accentuato la percezione, che già circolava in germe, di un
evento fatale ……. che irrompe nel cuore del sistema
…… con una valenza di chiara irreversibilità. Il raffronto con l’altro
passaggio storico che ha segnato in profondità il nuovo millennio, la crisi
economica del 2008, ne evidenzia poi un altro aspetto fondamentale: quella
crisi fu la inevitabile evoluzione di contraddizioni tutte “interne al
sistema”, la pandemia, per quanto fattrice di dolosi percorsi umani, è per
definizione “extrasistemica” e come tale in grado colpire a più livelli e più
in profondità.
Tra calcoli e
pronostici sulla “fine del mondo”
Eppure
non era poi così imprevedibile: un rapporto congiunto della Banca Mondiale e
dell’OMS nel Settembre 2019, facendo seguito a precedenti segnali di allarme,
parlava esplicitamente di …….un patogeno in rapido movimento in grado di uccidere
decine di milioni di persone, devastare economie e destabilizzare la sicurezza ……. Pochi mesi prima del disastro quegli stessi
scienziati ora ansiosamente interpellati erano del tutto inascoltati. Il
repentino e globale irrompere del virus ha così comportato il prevalere di una
universale attesa colma di angoscia che si interroga, come mai prima di ora, su
un futuro imprevedibile. La “fine del mondo”, assunta come orizzonte possibile
da climatologia, geofisica, oceanografia, biochimica, ecologia, sempre troppo
poco ascoltate, agita fin dall’antichità le culture di tutto il mondo. Mai in
contemporanea con la paura di una parte
del mondo, di una civiltà, si è sin qui sempre accompagnata la fiduciosa
crescita di un’altra cultura, persino confinante. Così non è al tempo del
coronavirus. La sua potenzialità già universale è stata ingigantita da una
globalizzazione che ha reso il mondo intero un solo paese. Non solo le scienze
empiriche richiamano la “possibile” fine del mondo”, anche quelle sociali la
indicano come possibile scenario. Ad esempio due donne, Isabelle Stengers (chimica e filosofa della scienza) e Donna Haraway (filosofa e militante femminista) da tempo
ammoniscono sulla …… sopravvivenza in un pianeta infetto ……. Anche in questi preannunci si coglie il
carattere nuovo, rispetto a quelle del passato, dell’attuale “fine del mondo”:
non più premonizioni teologiche o scenari politici, ma il senso storico di uno
sbocco strettamente connesso alla modernità scientifica e all’uso
autodistruttivo che l’uomo stesso di essa fa. …… siamo i primi a dover pensare di essere
forse gli ultimi…… Sembra così scomparire la fiducia nel futuro,
l’idea stessa di progresso. Viene alla luce, non come nota a margine, la disfatta della politica
ormai organicamente priva di slancio sul domani, appiattita sul presente,
vissuto come un succedersi di emergenze. Sarà ancora una volta la scienza a
sciogliere queste nubi su un possibile, e migliore, domani? E’ lecito dubitarne
se si guarda al concreto funzionamento dell’attuale civiltà tecno-scientifica
L’asfissia
capitalistica
Quel
che è certo, nubi sul domani persistendo, è che il virus ha imposto alla
accelerazione del turbocapitalismo globale un imprevisto e profondo
rallentamento. Stanno di conseguenza irrompendo sulla scena problemi
giganteschi di sopravvivenza di vasti settori economici e produttivi, con gli
inevitabili disastri di tenuta sociale.
……. eppure
in questa sosta forzata viene alla luce l’aberrazione della frenesia di ieri …….
Ancora il giorno prima dello scoppio della pandemia l’umanità intera, condizionata
dalla vorticosa economia del tempo nell’era del capitalismo avanzato e solo apparentemente
libera, era invece sotto il giogo dell’imperativo della crescita infinita,
della produzione per la produzione, dell’ossessione del rendimento. Le paure
sulla “fine del mondo” dovrebbero almeno produrre la benefica ricaduta di
riflettere sulla insostenibilità di questo stato di cose e la consapevolezza di
una umanità ridotta al classico criceto nella ruota. Mai come prima cvd19 offre
la possibilità di interrompere questa folle corsa evitando il conseguente salto
autodistruttivo
Onnipotenza e
vulnerabilità
Il
paradosso della pandemia è consistito anche nel fatto che un essere
infinitesimale abbia avuto una potenza tale da sconvolgere non solo la nostra
salute ma l’economia, gli equilibri geopolitici, gli stili di vita, intere realtà
sociali ed il rapporto tra popoli. Tutto quello che concretamente rappresentava
il primato umano sul pianeta è stato sconvolto fin dalla sue basi. Mai come
stavolta l’onnipotenza umana è stata messa in discussione. Ma non si è trattato
di un castigo divino, e neppure di una nemesi della storia. Questo
sconvolgimento radicale della sensazione di onnipotenza è la logica ed
inevitabile conseguenza di scelte ecologiche ed ambientali miopi e devastanti. Eppure
non c’è certezza che l’ammonimento sia stato realmente colto. La controprova
consisterà nel non cadere nell’errore di ritenere che sia sufficiente colorare
di verde, di green, economia ed agire umano, …… un nuovo modo di abitare la terra è
impensabile senza congedarsi dall’economia planetaria capitalistica ……. la vera causa ultima del violento processo di
dominio sulla natura. Già anni fa Jean Baudrillard profeticamente scriveva ….. il virus è il
genio maligno dell’alterità …… in tal senso è il peggio ed il
meglio: infezione letale ma anche contagio vitale. La perdita dell’immeritata
sensazione di onnipotenza deve indurci in sostanza a ripensare l’abitare questa
terra ……. un
abitare che non è sinonimo di avere, di possedere, bensì quello di essere, di esistere,
un abitare che non significa essere radicati alla terra, bensì respirare
nell’aria …… proprio quel respiro che il virus ci sta impedendo
Stato d’eccezione e virus sovrano
Da
molti è stato citato “lo stato d’eccezione”, una definizione usata da Giorgio
Agamben nel suo libro (del 1995!) “Homo sacer, il potere sovrano e la nuda
vita”, in cui riprendeva precedenti riflessioni sul tema di Carl Schmidt, di
Michel Foucault, di Hanna Arendt. Attorno a questo richiamo nel pieno della
pandemia le opinioni si sono diversificate. Resta indubbio, al di là della
specifica necessità di contenimento del contagio che ancora una volta la
legislazione per decreto si è imposta come il formato ormai abituale di
esercizio del potere, anche se il ”sovrano” non è più da tempo il monarca
dell’ancient règime. La “sovranità” sempre più si manifesta nella pratica
amministrativa, il tiranno è stato sostituito dal funzionario subalterno, dal
burocrate di turno, dal gendarme ostinato. Che da decenni “mettono la faccia” a
rappresentare un potere che, incapace di governare l’attuale complessa
modernità, ricorre abitualmente alla legislazione d’urgenza nel vano tentativo
di rincorrere quei problemi che la sua stessa iniziale inerzia ha contribuito a
creare. Se il paradigma dello “stato d’eccezione” può quindi risultare sempre
più valido, l’insistenza di Agamben sembra troppo legata ad una visione
novecentesca del potere, perché ……. quello odierno è molto più intricato e la sovranità
tutt’altro che monolitica …… Non a caso oggi il biopotere è sempre
di più anche psicopotere, al controllo dei corpi e delle vite sempre più si
aggiunge quello dei pensieri, degli stati d’animo, delle emozioni.
Democrazia immunitaria
La
difesa della democrazia, obiettivo universalmente condivisibile, non deve però
sottovalutare lo stretto legame che essa ha con l’appartenenza nazionale:
sempre e comunque la “democrazia” è in primo luogo quella del paese di
appartenenza. Il che implica un rischio di chiusura comunitaria, di
valorizzazione implicita, e in buona misura anche inconsapevole, della
“appartenenza”: la democrazia, inevitabilmente, quindi …. cattura e bandisce, include ed esclude …… E’ questa la base sulla quale poggia una
possibile “democrazia immunitaria”, …… ma si può parlare davvero di “democrazia” là dove
l’immunizzazione vale per alcuni e non per altri? ….. Ma soprattutto se le libertà democratiche
fondamentali, non universalmente applicate, richiedono in effetti una sorta di
“noli me tangere”? anteponendo così la “protezione” alla “partecipazione”? L’immunità, invocata a difesa invalicabile
delle libertà individuali e collettive, come si collega con “l’appartenenza”, o
meglio con le tante “appartenenze”, di genere, territoriali, di censo, di
classe e ceto? Non si corre il rischio che questa immunità, per sostenersi,
alimenti una “anestesia” nei confronti “dell’altro”, che sfoci nella
“indifferenza” per chi non rientra nel recinto immunizzato? Già Hanna Arendt,
nella sua analisi dei totalitarismi, aveva lanciato il monito di una sorta di
“doppio binario” ……. più si fa esigente ed esclusiva l’immunizzazione per chi
è dentro più diventa implacabile l’esposizione dei superflui lì fuori. Così
funziona la democrazia immunitaria ……
Non mancano nel recinto immunizzato ingiustizie e differenze “interne”, ma se
essa mira a proteggere ciascun cittadino “in essa incluso” non solo si diffonde
la fobia del contatto con chi immune non è, ma, come ben ha spiegato Roberto
Esposito, …….. dove
prevale l’immunità viene meno la stessa comunità …… Il significato etimologico della parola latina
“immunitas, di non semplice traduzione, consiste nell’essere dispensati dal
dono, dal tributo, dall’onere verso gli altri, essere “immuni” è il contrario
di “comuni”, ossia del condividere un impegno reciproco al dono, al tributo,
all’onere verso gli altri. La storia degli ultimi anni, specie nella parte
“ricca” del mondo racconta di un crescente ritirarsi della comunità in questo suo
opposto, l’immunità. Lo attestano il diffuso rifiuto dell’altro, dello
straniero, dell’intruso, e la collegata richiesta sempre più pressante di
protezione, di sicurezza, di distanziamento. Quanto potrà aver pesato su questo
quadro la pandemia? Quanto avrà inciso, nelle misure per fronteggiarla, il sovrapporsi,
di medicina e politica? Quanto l’attuale muoversi sociale sarà condizionato da
una temperie in cui ……. non si sa dove finisca il diritto e dove cominci la
sanità ……?
Il governo degli esperti: scienza e politica
Già
subalterna all’economia la politica nell’era della pandemia lo è divenuta anche
verso gli “esperti scientifici” …….ma chi è l’esperto? Come intendere il suo mediare il
sapere scientifico con le ricadute pratiche?
………. Va detto che un esperto, pur non essendo necessariamente uno scienziato
“puro”, è colui che coniuga competenza scientifica con capacità gestionali.
Nell’era della eccezionalità divenuta forma ordinaria di governo l’esperto
viene sempre più spesso chiamato a supplire alle carenze della politica, ma
resta però vero che il possesso di competenze scientifiche non è di per sé
sinonimo di saggezza e lungimiranza. Vale ancora la vicenda esemplare
dell’esperto timoniere di Agamennone capace di riportare il Re in patria da
Troia attraverso mari perigliosi, ma solo per consegnarlo di fatto alla sua
uccisione, come a dire che se era giusta la rotta non altrettanto lo fu la
meta. In campo politico, come dimostra la stessa vicenda cvd19, la figura
dell’esperto chiamato ad affiancare i governanti spesso è poi strumentalmente
usato a come parafulmine per gli eventuali insuccessi e per le certe critiche
verso provvedimenti quasi sempre impopolari. Ma la politica, quella vera, non
può affidarsi totalmente all’esperto, la buona amministrazione, che dovrebbe
essere già un valore a sè, non può prescindere da un orizzonte ideale verso il
quale tendere, una competenza questa che non è dote garantita dagli esperti.
Salvo che la politica rinunci all’idealità, completando così il suo suicidio.
Fobocrazia
Termine
che indica un potere esercitato sulla paura (phòbos in greco), sull’allarme
protratto all’infinito. La psicopolitica non è una novità: già Machiavelli
ammoniva che se la paura domina gli animi allora con la paura è possibile
dominare gli animi altrui. Tutto il Novecento è stato percorso dalla paura, dal
terrore, fino a sfociare in una vera fobocrazia, la quale non va confusa con la
tirannide, un regime che ancora distingue amici e nemici, mentre la paura fonde
tutti e tutto in un indistinto contesto. Oggi in più ……. la paura è divenuta un’atmosfera
……. uno stato dell’animo, del singolo e della collettività, che altro non cerca
che un capro su cui scaricarsi. Ieri il migrante piuttosto che il ladro, oggi
il contagiato o l’estraneo senza mascherina incrociato per strada. Buona parte
della politica “annunciata” guarda alla paura per offrire una sicurezza quasi
mai realizzabile, per la semplice ragione che è il potere stesso che la deve continuamente
alimentare per mantenere consenso ….. si accendono e si spengono focolai di apprensione
collettiva senza alcuna strategia se non la chiusura immunitaria di una
comunità divenuta passiva …..
Pieni poteri
Il
potere fobocratico è chiaramente visibile dietro la metafora della “guerra”
dichiarata al virus, dietro gli appelli all’unità della nazione, dietro il
continuo ribadire l’eccezionalità della fase. Con una differenza fondamentale
rispetto al precedente storico della “eccezionalità” del terrorismo: il suo
carattere “sanitario”. Se va da sé che non ….. vanno rifiutate in modo ingenuo ed
avventato i rimedi e le cure che possono frenare l’epidemia …… non si deve però cadere nel vortice di misure
securitarie e biosecuritarie. Occorre essere lucidamente vigilanti, fino a diffidare delle proprie pulsioni, per
evitare che la pandemia inauguri un’era del sospetto generalizzato, dove
l’estraneo è comunque e sempre un possibile untore, una minaccia permanente. La
conseguenza, disastrosa per la democrazia, sarebbe quella …… di non avere più un mondo in comune, di
non condividere più neppure lo spazio pubblico della polis …….
Il contagio del complotto
A
tutto ciò è strettamente collegato l’incredibile dilagare delle teorie
complottistiche a spiegare la nascita, la diffusione, la vera finalità del
virus. …… cosa
c’è dietro?, la domanda ripetuta ossessivamente ….. Il complottismo,
da molto tempo, rappresenta una esasperazione così diffusa, così partecipata,
da non poter essere iscritta a semplice ossessione minoritaria. Con il web è
anzi divenuto un modo mainstream di leggere la realtà, che richiede specifiche
attenzioni. ……. non
c’è avvenimento che non abbia un colpevole …… Se da una parte si
deve constatare che il congedo dalle religioni tradizionali e dalle ideologie
politiche ha lasciato spazio anche a credulità e dogmatismi, è altrettanto innegabile
che la crescente complessità in cui viviamo chiama a gran voce la scorciatoia
della semplificazione. A che pro misurarsi con spiegazioni spesso parziali
quando trovato il colpevole la questione è risolta? Quanto più lo scenario
appare intricato tanto più aumenta la smania di trovare, proprio perchè
semplificante, una spiegazione ultima. ……. da qui l’analogia con il mito, la cui efficacia non sta
nella veridicità ma nelle esigenze a cui risponde, nelle emozioni che suscita,
nelle suggestioni che accende ….. Il complottismo però non si limita
a presupporre immaginifiche spiegazioni e colpevoli, individuatoli si muove concretamente
per contrastarli, per fermarli ……. non si deve dimenticare che il complottismo è il cardine
di un certo populismo ….. Ed al tempo stesso, in relazione non
casuale, è l’altra faccia della fobocrazia, che, per alimentarsi e per
raccogliere consensi, ha continuamente bisogno di riversare i propri fallimenti
ed errori su un nemico. Il “virus cinese” trumpiano non ne è che l’ultima
testimonianza. Esiste peraltro l’altra
faccia della medaglia: fatta la tara ai suoi limiti ed ai suoi pericoli il
complottismo, alla fin fine, altro non è che un sintomo ……. esprime il desiderio, per quanto
ingenuo, di capire di più, di vederci chiaro
…… Ancora una volta la buona politica è chiamata a battere un colpo
Mantenere la distanza
L’angoscia
del contatto si è diffusa di pari passo con il virus rendendo, a compensazione,
più accettabile il rinserrarsi nello spazio dell’intimità domestica. E’ quanto
mai attuale la celebre frase di Elias Canetti ad incipit di “Masse e potere”:
…… nulla teme l’uomo di più che essere toccato dall’ignoto
…… Una frase che si applica al moderno abitare ovunque protetto dal Diritto,
che non a caso ha alla sua base l’integrità della sfera domestica sancita come
estensione del nostro stesso corpo. Ed il corpo di tutti noi è stato al centro
del contenimento del contagio fondato sull’assioma del “distanziamento
sociale”, ben più dei dispositivi di protezione loro limitato surrogato.
Accorgimenti e precauzioni che hanno una loro indiscutibile valenza sanitaria,
e quindi immediatamente fatti propri dalla stragrande maggioranza, ma che in un
certo modo incidono sull’essenza stessa della comunità, della civiltà
dell’apertura verso l’altro, della ospitalità, della fiducia, del gioco, della
danza, della festa. Una limitazione che, per quanto comprensibile dato il
contesto pandemico, non può non avere conseguenze politiche nel suo cancellare
la dimensione della folla, dell’assembramento. Ancora una volta è Canetti a
dirci quanto questa dimensione abbia peso e ruolo ……. solo nella massa l’uomo può essere liberato
dal timore di essere toccato …… La conseguenza politica non consiste
però nel favorire l’individualismo, che si nutre nell’era neoliberista di ben
altri stimoli e ruoli, ma nel contrapposto incentivo alla fobia della massa,
che è strettamente legata, come altra faccia della stessa medaglia, all’avvento
della società massificata. Il
“distanziamento”, termine all’apparenza asettico, ha, come immediata
conseguenza nell’era della comunicazione mediatica, una evidente ricaduta …… la privazione
sensoriale del prossimo ……
Sostituito dal paradigma immunitario per eccellenza: lo schermo, gli schermi
che ormai ci circondano costantemente e che, da tempo per altro, hanno smesso
di essere semplici superfici per divenire di fatto il prossimo stesso, il mondo
tutto. …… ma
il rapporto con lo schermo non è quello con lo sguardo ….. Il medium
digitale, in crescente feticizzazione, mentre consente di comunicare, di fatto
separa, ci fornisce una sorta di assicurazione della disponibilità dell’altro
senza però oberarci della sua presenza fisica. La messa a distanza è il codice
base della comunicazione nell’era immunitaria. Ponendoci così nell’ansia del
non saper utilizzare tutte le possibili prossimità tecnologiche, e dimentichi
che questo scenario non può costituire il noi della comunità politica.
Pandemia psichica
Se
il virus colpisce il corpo, la pandemia è però anche un’emergenza psichica. Il
primo aspetto impone il proteggersi, il difendere l’organismo, la seconda
rischia di paralizzare le relazioni umane, di ostacolare i contatti affettivi,
di contribuire pesantemente alla tristezza, alla rabbia, all’irritabilità, alla
violenza domestica, all’insinuarsi subdolo dell’idea che la vita non sarà più
quella di prima, oppure più semplicemente ad uno stato d’animo che si potrebbe
definire di noia esistenziale, ovvero come contrappasso di una irragionevole
frenesia di consumare ogni spazio di riapertura. Vengono in mente parole di
Valter Benjamin ……. la noia è l’uccello incantato che cova l’uovo
dell’esperienza, ma ogni minimo rumore delle frasche lo mette in fuga
…….
Confinamento e sorveglianza digitale
Un
dato non è stato a sufficienza evidenziato: ai primi di Aprile 2020 metà degli
abitanti della terra, quasi quattro miliardi di persone, sono stati costretti
in contemporanea a rimanere in casa. Una
fotografia impressionante. Una situazione che però non è definibile come una
sorta di prigione per la semplice ragione che le prigioni, quelle vere, sono
rimaste un mondo a sé con l’esplosione di veri e propri drammi, troppo presto, ma
non a caso, dimenticati. Poco alla volta
quei quattro miliardi di persone stanno riprendendo, con gradualità diverse da
paese a paese, ad uscire di casa anche grazie al ricorso, seppure anche in
questo caso con diverse modalità, a tecniche varie di diagnostica, di
tracciamento degli spostamenti e dei contatti, di monitoraggio della socialità.
…… ecco
dunque, in tutta la sua ambivalenza, la scelta fra confinamento e controllo
digitale …… Una scelta che evidenzia che ormai la presenza di
dispositivi digitali in tutte le pieghe del nostro vivere è in buona misura
irrinunciabile, ma al tempo stesso che non è di pochi “resistenti” il timore
che diventi una forma continuativa di controllo sociale. In Corea del Sud sono
stati resi notti i movimenti di cittadini infetti esponendoli così
all’umiliazione pubblica, in Cina è stata adottata un’app che emette un codice
rosso, verde o giallo, legato allo stato di salute, per consentire se e dove
muoversi. Forse è tempo che alla favorevole accettazione di strumenti in grado
di agevolare la gestione sanitaria della pandemia si accompagni la
consapevolezza del forte rischio che ……. un regime di visibilità permanente consegni tutti ad
una potenziale inquisizione ……
Spietatezza della crescita
Inevitabile
nei commenti della pandemia il ricorso a paragoni con altri simili avvenimenti
storici, non del tutto pertinenti perché la pandemia attuale, in un mondo
globalizzato, non ha precedenti. Ma l’accostamento alla peste nera del 1348 ha
una sua specifica validità. Da quella epidemia ebbe inizio, nel fervore del
Rinascimento, la corsa all’arricchimento, al benessere, al guadagno. Ci si
lasciò alle spalle lo stile di vita agricolo, e quindi il naturale accompagnare
il ciclo naturale della produzione, per avviare, con l’audacia messa in moto
dal reagire ad un morbo apocalittico che uccise un terzo della popolazione
europea, l’esplosione dei commerci, dei viaggi e delle scoperte di terre nuove,
dell’aumento della produzione di un numero crescente di beni, “della crescita e
del progresso”. E’ partito allora il grande sogno europeo della globalizzazione
come dimensione naturale del guadagno, del profitto. Un sogno che, fra mille contraddizioni,
è comunque durato fino a poco prima della pandemia cvd19. Allorquando il disastro ambientale e
l’esplosione impressionante di disuguaglianze ha progressivamente innescato
domande sempre più pressanti e sempre più diffuse sul senso ultimo di questa
corsa globale all’arricchimento. Domande
che sono state poi rese ancor più lucide e condivise dalla pandemia. Con un
effetto esattamente contrario a quello della reazione alla peste del Trecento.
Il termine crescita, se inteso solo nella sua accezione di arricchimento, ha
per molti ormai un connotato negativo. I prossimi anni diranno se …….. in uno scenario
dove le ricchezze materiali sembrano svuotate di senso si può stagliare un
futuro fatto di sobrietà conviviale, scevra del superfluo, che porti alla luce
legami dell’esistenza altrimenti dimenticati, che è necessario chiedersi per
cosa vivere in futuro, che è indispensabile guardare ai confini ultimi ……
Il lockdown delle vittime
La
storia delle epidemie antiche, a partire dai racconti di Tucidide, insegna che
la morte in fondo è sempre stata vista come un contagio. Eppure in passato, ed
ancora fino a tempi non troppo lontani, la morte era al tempo stesso
naturalmente accettata nello spazio pubblico, era una “normale” compagna di
viaggio. Non è più così ….. nell’attuale cultura igienizzante la morte deve essere
ripulita, disinfettata, sterilizzata ….. Il disumano trattamento che
in molti casi, specie qui da noi, è stato riservato ai morenti ed ai morti
della pandemia lo dimostra. In tragica aggiunta ha poi messo a nudo il
mascheramento della morte dei più anziani, allontanati dalla vista del mondo in
quelle che, eufemisticamente chiamate “case di riposo”, altro non sono che uno
spazio in cui la vecchiaia viene segregata e liquidita “prima della morte”.
Anche i decessi sono stati ormai inseriti nel ciclo della produzione economica,
la loro rimozione, in quanto “fatto disturbante”, è stata esasperata nell’era
del capitalismo avanzato. La morte non è funzionale al capitalismo dei consumi,
alla sua logica di coazione alla crescita. Byung-chul Han ha sottolineato che
“il capitale viene accumulato contro la morte, che è vista come la perdita
assoluta”. Sempre la storia insegna che il non riconoscere la dignità alla e
della morte mina l’intera comunità, impedisce il lavoro del lutto, inibisce la
memoria personale e collettiva, implica ……. l’impossibilità di elaborare il passato, e quindi
sospende il presente, sbarra il futuro, è una perdita di mondo, perdita di
memoria …..
La catastrofe del respiro: indenni?
…….
Forse un
giorno, finalmente il virus si ritirerà dall’aria, ma ne resterà a lungo il
fantasma …… Anche in chi, sopravvissuto non solo al virus, ma anche
ai molteplici effetti negativi collegati, si sentirà più forte, pervaso da una
sensazione di forza più grande persino dell’afflizione altrui. Ed anche se non
sarà stata una guerra purtroppo molti potranno essere i perdenti, ed ancora una
volta rischiano di essere i più indifesi, i più esposti. Ed il respiro, simbolo
stesso dell’esistenza e terreno di attacco del virus, manterrà un ruolo
centrale per capire che cosa potrà davvero essere il mondo questa pandemia.
Peter Sloterdijk ha usato il termine “atmoterrorismo” per definire azioni che
mirano a colpire l’atmosfera in cui vivono le sue vittime. E con lui sono
innumerevoli gli intellettuali che hanno visto nel respiro la chiave di lettura
delle vicende umane. …… ma l’aria ha perso già da tempo la sua innocenza …… L’integrità del nostro respirare è un miraggio
del passato, ma ancor più dopo il virus la cura del respiro, in senso concreto
e metaforico al tempo stesso, ci costringerà ad una cura ossessiva di sé, ad
una medicalizzazione continua, ma anche ad una chiusura selettiva, a sistemi
immunitari sempre più ampi e potenti, cercando così di coniugare salute e
società. …….. l’edificazione
dell’immunità, il recupero del respiro, va ben al di là di categorie
biochimiche o mediche, mostra evidenti caratteri politici, giuridici,
religiosi, psichici ……. Rischiando di farci dimenticare che la lotta
che si verifica tra virus ed anticorpi è un gioco intricato, nel quale se il
sistema immunitario va troppo a fondo nella difesa rischia di compromettere lo
stesso organismo che vuole difendere. Le morti per covid19 si spiegano in gran
misura per questa ragione. Se poi già l’aria non è più la stessa occorre capire
che l’integrità totale è ormai irraggiungibile, che altri virus, del corpo e
della società, possono aggredirci. Per funzionare al meglio, in un caso e
nell’altro, gli anticorpi …….. devono interpretare la parte degli estranei ……. sarà necessario convivere con questo virus e con altri,
il che significa coabitare con il resto della vita in ambienti complessi nel
segno di una riscoperta co-vulnerabilità …….
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