Da un’intervista (L’Espresso n° 5/2015) a Patrick
Cockburn, corrispondente dal Medio Oriente per il Financial Times e per
l’Indipendent, autore del libro “L’ascesa dello Stato Islamico” (Ed. Stampa
Alternativa - 2015).
E’ probabile, secondo Lei, un
attentato Jidahista in Italia?
Yes,
sure. Si, sicuro. Non sono tanti i mussulmani europei attratti dal richiamo
Jidahista, anzi sono decisamente pochi, ma è davvero difficile riuscire a
controllarli. Ogni pase, Italia compresa, rischia in proporzione al profilo di
coinvolgimento nelle guerre contro il terrorismo islamico. Certo c’è da sperare
che nessun uomo di governo Italiano ripeta quello che fece l’allora Ministro
Calderoli quando si presentò in televisione con una t-shirt con vignette su
Maometto
Ma allora che possono fare i Governi?
Certo
bisogna rafforzare la sicurezza ed i servizi di intelligence, ma sono
controproducenti quelle misure che criminalizzano l’intera comunità mussulmana
E allora che cosa si può fare?
Si
deve cercare di fermare i sette conflitti che si stanno combattendo: Pakistan,
Somalia, Nigeria, e soprattutto quelli in Iraq, Siria, Yemen e Libia. Le
scintille che da lì nascono si possono trasformare in fiamme in Europa. E
sarebbe utile che l’Occidente smettesse di provocare ed alimentare guerre nel
M.O. In Libia l’attuale guerra tra bande è l’eredità dell’intervento Nato
contro Gheddafi, in Siria, il principale santuario dei Jidahisti, tutto nasce
dall’ondeggiante guerra al dittatore Assad, nel vicino Iraq fino al 2011 la
violenza, seppure forte, era sotto controllo ed è degenerata dopo il pasticcio
Siriano.
Come giudica la reazione dei leader e
dei media europei agli attentati parigini?
Quanto
mai istruttiva. In Nigeria Boko Haram compie quotidiani massacri che passano
quasi inosservati proprio mentre leader e media usano, per i fatti di Parigi,
espressioni senza senso delle proporzioni, mostrando così proprio quella paura
che i terroristi volevano provocare. E non credo all’unità di facciata
conseguente, ogni Stato all’atto pratico va per conto suo, basta pensare alla
Turchia e all’Arabia Saudita.
Tornando al M.O. quanto incide la
contrapposizione tra sunniti e sciiti?
Qualcuno
dice che tra i due gruppi la convivenza è stata a lungo più pacifica, ma già
mille anni fa i sunniti bruciavano le moschee sciite. Certo tutto è precipitato
dopo la rivoluzione Iraniana sciita di Khomeinì nel 1979 e con la contrapposta
diffusione del fondamentalismo wahhabita, nemico degli sciiti, sponsorizzato e
sovvenzionato, in funzione anti Iran khomeista, dall’Occidente e dall’Arabia
Saudita, fino a farlo diventare sempre più influente nell’area sunnita. E’ in
questo crogiolo che sono nate Al Quaeda e l’Isis.
Che differenze ci sono tra loro?
Hanno
un’ideologia molto simile, un’idea militare della religione, tattiche legate
agli attentati suicidi, ma l’Isis è forse più antisciita ed è una vera macchina
da guerra
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